IL DECAMEROTICO ALL’ORIGINE DELLA COMMEDIA SEXY

Decamerotico

Sbocciato in fretta, presto abbandonato, è considerato il punto più becero del cinema italico. Eppure, rivisto nell’epoca del Trono di Spade e di Spartacus, il decamerotico fa quasi tenerezza. Abbiamo selezionato quattordici pellicole del genere boccaccesco che ci faranno rivalutare il genere, o tutt’al più ci strapperanno qualche sana risata.

 

Da Pasolini al Decamerotico

Nel 1972 Pier Paolo Pasolini diresse Il Decameron, tratto dalla celeberrima raccolta di novelle di Giovanni Boccaccio. Primo capitolo di quella “trilogia della vita”, proseguita con I Racconti di Canterbury e Il Fiore delle Mille e una Notte.
I censori, tenuto conto dell’alto valore letterario dell’opera di Boccaccio, non osarono bloccare il film benché, per la prima volta in Italia, insistesse sulle nudità femminili. A questo punto i produttori di pellicole con molte inferiori ambizioni artistiche utilizzarono la scusa dell’ispirazione boccaccesca per mostrare altrettante nudità. Infine, “sdoganate” una volta per tutte queste nudità, dal genere decamerotico, nello stesso decennio, si poté passare alla commedia sexy di ambientazione moderna.

I decamerotici erano film che, come i racconti di Boccaccio, raccontavano storie di mogli infedeli, mariti cornuti, figli illegittimi, nobili goderecci, artisti avventurieri, frati birboni e suore ninfomani. A dare originalità al genere concorrevano anche i titoli dei film, roba fine come: La bella Antonia prima monica e poi dimonia, Donne e magia con satanasso in compagnia, Sollazzevoli storie di mogli gaudenti e mariti penitenti, … E si salvò solo l’aretino Pietro con una mano davanti e l’altra dietro, I Racconti di Viterbury, Come fu che Masuccio Salernitano fuggendo con le brache in mano riuscì a mantenerlo sano.

Film che per la simpatia dei caratteristi, la bellezza delle starlette, la cornice medioevale, bucolica, solare e vagamente fiabesca, svolgevano egregiamente il loro compito: far ridere e fare incassare soldoni ai produttori.
Nei cinque anni successivi all’uscita del prototipo pasoliniano sono stati girati una cinquantina film sulla stessa falsariga, il che renderebbe il decamerotico il filone cinematografico che si è rivelato più prolifico nel più breve tempo in tutta la storia del cinema.

Malgrado le situazioni presentate fossero tutte piuttosto simili, alcuni film hanno saputo svettare sugli altri e possono strappare un sorriso ancora oggi.
Ecco una selezione speriamo non troppo arbitraria.

 

Quel gran pezzo della Ubalda tutta nuda e tutta calda

(Mariano Laurenti, 1972)

Dopo sei mesi di guerra, Olimpio De Pannocchieschi (Pippo Franco) torna dalla moglie Fiamma (Karin Schubert), la quale nel frattempo si è fatta più di un amante e, non volendo più giacere con il consorte, inventa un fantomatico voto di castità. Olimpio rivolge allora le sue attenzioni a madonna Ubalda (Edwige Fenech), moglie del suo geloso e manesco vicino, il mugnaio mastro Oderisi (Umberto D’Orsi, il conte Catellani di Fantozzi). Tra i due litiganti, sarà un fratacchione partenopeo a godersi le mogli di entrambi.

Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda è il capolavoro assurto a bandiera di tutto il genere, e che rese una star la Fenech. Rivalutato da un politico cinefilo come Walter Veltroni come emblema di liberazione sessuale (per la verità, nel film, la libidine dei protagonisti non è mai consumata ma sempre punita per non fare arrabbiare troppo la censura), oggi si apprezza per il ritmo scoppiettante, per le donzelle odiose e bellissime come si conviene, e soprattutto per l’interpretazione di Pippo Franco, scatenato come un cartoon e dalle battute sempre pronte (e nemmeno tanto volgari come si crederebbe).

Disponibilità: esistono più edizioni Dvd (Quinto Piano, General Video, Aegida, Mondo Home Entertainment).

 

Boccaccio

(Bruno Corbucci, 1972)


Bruno (Pippo Franco) e Buffalmacco (Enrico Montesano) sono due spiantati che campano di espedienti, cornificando ghibellini ubriaconi e vecchi strozzini, e spillando soldi al citrullo Calandrino. Prima di filarsela per lo scoppio della peste, aiuteranno anche l’amico Lambertuccio (Alighiero Noschese) a scampare alla forca e a un destino ben peggiore (il matrimonio riparatore con una racchia).

Tra i film nati sulla scia dell’opera di Pasolini è forse l’unico che può essere considerato cinema di serie A: nessuna volgarità, nudi non eccessivi, messa in scena ricca e curata, intermezzi musicali che ricordano i lavori di Garinei e Giovannini, attrici che non si limitano a essere belle da vedere ma recitano davvero. Nel cast anche Lino Banfi, nei panni di padre Ignazio da Canosa.

Disponibilità: in Dvd Filmauro.

 

Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno

(Alberto “Bitto” Albertini, 1972)

Il pittore Ricciardetto tenta di portarsi a letto la moglie del podestà di Montelupone. Scoperto e condannato a morte, verrà salvato da una nobildonna penitente, mentre altre avventure piccanti coinvolgono gli altri abitanti del posto. Leggendario e sporchissimo decamerotico che incassò un miliardo di lire. Non c’è una vera e propria trama (la parte del vescovo ospite nel convento sembra messa per allungare il brodo senza avere una propria conclusione o un peso nella trama). Ma, tra una defecazione in faccia e l’involontaria sodomizzazione di una capretta, la risataccia sguaiata ci scappa più che con un qualsiasi Scary Movie.
Cultissimi i titoli di testa, cantati dal grande doppiatore Gianni Musy (Gandalf) su disegni alla Mordillo.

Disponibilità: Youtube.

 

La Calandria

(Pasquale Festa Campanile, 1972)

Dall’omonima commedia del cardinal Bibbiena. Il latin lover Lidio (Lando Buzzanca) scommette col signore di Norcia di riuscire a concupire Fulvia (Agostina Belli), giovane moglie del vecchio e impotente Calandro (Salvo Randone). Per riuscirci si traveste da donna e si sostituisce alla cortigiana veneziana ingaggiata per insegnare le arti amatorie a Fulvia.

A Qualcuno Piace Caldo e Tootsie ambientati nel medioevo: equivoci, personaggi di contorno spassosi (la vecchia madre di Calandro, il medico ciarlatano interpretato da Mario Scaccia…) e un finale identico all’Ubalda, ma girato meglio.

Disponibilità: in Dvd 01 Distribution.

 

Jus primae noctis

(Pasquale Festa Campanile, 1972)


Ariberto De Ficulle, sposando la nipote del re, diventa signore di un piccolo feudo che si diverte a tiranneggiare con vari balzelli, arrivando perfino a imporre lo ius primae noctis: un istituto immaginario, attribuito al medioevo, secondo il quale il signorotto aveva il diritto di portarsi a letto per primo la novella sposa dei suoi villici. L’astuto popolano Gandolfo, innamorato della bella Venerata (Marilù Tolo), farà di tutto per gabbarlo e rendergli la pariglia.

Stessi regista e attore de La Calandria. Magari le battute sono meno fulminanti, ma la gara di sagacia tra due attori solitamente sottovalutati come Lando Buzzanca e Renzo Montagnani merita assolutamente la visione.

Disponibilità: in Dvd Koch Media.

 

Fra’ Tazio da Velletri

(Romano Gastaldi e Joe D’Amato, 1973)

Il cacciatore Nuccio (Glauco Onorato, storica voce di Bud Spencer) si spaccia per il frate guaritore Tazio da Velletri per restare solo con le mogli altrui. Alla fine il vero frate subirà le vendette dei mariti cornuti. Trama esile ma che, quando rischia di annoiare, sposta l’attenzione sui personaggi di contorno (i sicari siciliani, la grassa locandiera, e perfino Dante), garantendo il divertimento fino alla fine.

Disponibilità: negli anni novanta uscì nella collana di vhs da edicola “Decamerotico – la commedia boccaccesca all’italiana”. In rete dovrebbe trovarsi un vhsrip.

 

Quando le donne si chiamavano madonne

(Aldo Grimaldi, 1972)


Tre giovani in vacanza a Prato si ingegnano per conquistare tre coetanee, mentre l’adultera Giulia (Edwige Fenech) rischia il rogo per aver tradito il marito.
Una strana struttura, con due trame parallele, la seconda delle quali si ramifica a sua volta in tre sottotrame.

A tratti noiosetto (anche se il romanaccio Mario Carotenuto che parla toscano è imperdibile), ma l’ambientazione è ben allestita e le musiche (di Giorgio Gaslini dei Goblin) buone. Ideale per chi cerca un film più garbato e meno volgare rispetto alla media del genere.

Disponibilità: in Dvd 01 Distribution.

 

Racconti proibiti… di niente vestiti

(Brunello Rondi, 1972)

Lorenzo del Cambio (Rossano Brazzi), poeta dongiovanni, ha passato la vita girovagando nei monasteri e fornicando con ogni suora che gli andasse a genio grazie a una bolla papale contraffatta. Un giorno, per compiacere un’amica, prende sotto la sua ala Uccio, figlio di quest’ultima.

Per iniziare il giovane all’amore e alle altre questioni della vita, Lorenzo gli racconta le piccanti esperienze di vari conoscenti. Uccio imparerà a dovere, al punto di rubare la bolla papale al suo mentore. Ormai stanco, Lorenzo decide di ritirarsi e passare il testimone. Trovatosi faccia a faccia con la Morte, scoprirà che questa ha le sembianze di una donna bella e poco vestita, accettando quindi la fine di buon grado.

Gli episodi narrati non sono il massimo dell’originalità, ma l’ambientazione medioevale è più ricca che in altri titoli, il cast femminile è di tutto rispetto (c’è anche Silvia Monti, futura moglie dell’imprenditore Carlo De Benedetti), e il finale è quasi commovente.

Disponibilità: Youtube.

 

Canterbury n. 2 – Nuove Storie d’Amore nel ‘300

(John Shadow, 1973)


In una notte di temporale, lo scrittore Geoffrey Chaucer e il cavaliere Quick pernottano in una locanda ascoltando le storie degli altri avventori.
Una nobildonna baratta la sua virtù in per il ritorno dell’amato marito dalla guerra.
Una dama gode nell’esser leccata dai cani, e ne finirà divorata.
Tre amici trovano un bottino in un bosco e finiscono per ammazzarsi l’un l’altro.
Un re della magna Grecia tratta il riscatto della figliastra rapita anni prima.

Un decamerotico “maledetto” e sui generis, a partire dal regista: infatti per molto tempo si credette che John Shadow fosse uno dei tanti pseudonimi del prolifico Aristide Massaccesi: in realtà è esistito davvero e fu marito dell’attrice svedese Ewa Aulin.
Per una volta la comicità non è solo quella scollacciata, ma sconfina anche nello humor nero, fino a trasformarsi in una fiaba morale sullo homo homini lupus. Gli squarci surreali (Chaucer e Quick “entrano” magicamente nelle storie che ascoltano), la fotografia dai toni accesi e la colonna sonora (una nenia spettrale dei fratelli De Angelis) suggellano il capolavoro. Se David Lynch si fosse cimentato con il genere, il risultato sarebbe stato forse simile.

Disponibilità: sparito nel nulla per molti anni, oggi passa talvolta a notte fonda sulle reti Mediaset. In rete dovrebbe trovarsi un tvrip in italiano e uno in inglese con alcune scene tagliate nella versione italiana.

 

Decameron proibitissimo. Boccaccio mio statte zitto…

(Marino Girolami, 1972)


Come nell’opera del Boccaccio, per sfuggire alla peste alcuni giovani alloggiano in un castello e si raccontano delle storielle (novelle). Eccole.
Un frate napoletano attenta alla virtù di una vedova giovane e bella che lo sistemerà a dovere.
Un nobile veneto (Riccardo Garrone), dopo che una zingara ha predetto che chi giacerà con sua moglie morrà, cerca di spingere un sempliciotto sacrificabile nel suo letto.
Un giovane frate romagnolo fa entrare di nascosto nel convento una ragazza di cui è innamorato.
Segregata in casa da un marito geloso, una giovane toscana si innamora del pittore vicino di casa.
Un gentiluomo derubato per strada trova l’aiuto e le attenzioni di una moglie ciociara trascurata dal marito bifolco.
Un signorotto siciliano (Gianni Musy) viene cornificato nottetempo da un suo palafreniere che al buio si è sostituito a lui nel talamo nuziale.

Forse il decamerotico perfetto: non il più elegante, né il più sguaiato, ma sicuramente quello in cui la formula del genere è più riuscita. Le storie infatti sono tutte spassose e ben recitate, quasi dispiace che terminino in fretta.

Disponibilità: Youtube.

 

Fiorina la Vacca

(Vittorio De Sisti, 1972)


Film ispirato alle opere del drammaturgo rinascimentale Ruzante.
Un contadino (Gastone Moschin) vende la vacca Fiorina per partire come soldato di ventura. Questa passa di proprietario in proprietario, fino a un riccone che prenderà con sé come amante anche la moglie del protagonista.

La struttura episodica non è data da racconti narrati a voce, ma dai passaggi di proprietà di Fiorina. La comicità è nella media, ma il cast è ottimo, tra cui una giovane e ingenua Ornella Muti.

Disponibilità: in Dvd Minerva Pictures – Prisma s.r.l.

 

Fratello homo sorella bona

(Mario Sequi, 1972)


Nella Firenze del Trecento quattro giovanotti e quattro amiche prostitute, sempre per sfuggire alla peste, fingono di abbracciare la vita monacale in un paesino di provincia. Qui il podestà intende dare in sposa la figlia adolescente a un vecchio notaio. Quando però la ragazza si innamora di uno dei falsi frati scatta il piano per sabotare le nozze.

Anche privo di attori famosi, si tratta di uno dei decamerotici più gradevoli: la trama è compatta e scorrevole, la satira della vita monastica non scade nella trivialità, e il comparto femminile (tra cui Krista Nell e Patrizia Adiutori) è comunque di tutto rispetto.

Disponibilità: un tvrip sul web.

 

Chiavi in Mano

(Mariano Laurenti, 1995)


Tornato dalle crociate, il prode Baccello da Sarnano, detto il Favagrossa (Martufello), scopre che la moglie Ubalda (Cinzia Roccaforte) si è data al meretricio, in società con il fabbro Guidalberto da Giussano, detto Capoccione il Leghista (Sergio Vastano), che ha fatto un duplicato della chiave della sua cintura di castità.
Baccello allora decide di rendere la pariglia al fabbro, insidiandone la moglie, Madonna Genuflessa (Angela Cavagna). Finiranno coinvolti nelle sue disavventure anche una principessa in disgrazia che campa di furtarelli (Ramona Badescu) e un magistrato poco integerrimo (Silvio Spaccesi).

A distanza di più di vent’anni, Mariano Laurenti tenta il remake di Quel gran pezzo della Ubalda tutta nuda e tutta calda. Certe battute da asilo (Ponzio Pilota) fanno cascare le braccia, ma i rimandi all’italia trash e teledipendente di oggi creano gag anacronistiche simpatiche stile Flintstones, e gli attori riescono a non far rimpiangere troppo gli originali.

Disponibilità: la vecchia Vhs Medusa, o un tvrip sul web.

 

Decameron Pie

(David Leland, 2007)


Orfana a causa della peste, Pampinea Anastagi (Mischa Barton) è insidiata dal bieco Gerbino Della Ratta (Tim Roth). Si rifugia quindi in un convento dove, per sfuggire all’ira di Gerbino, ha trovato lavoro come giardiniere il suo vecchio spasimante Lorenzo De Lamberti (Hayden Christensen). Ma Pampinea era stata promessa in sposa anche a un principe russo…

Decamerotico decisamente apocrifo, non solo perché fuori tempo massimo, ma anche perché di produzione internazionale. Le situazioni pecorecce e sguaiate tipiche del genere sono sostituite da battutacce e doppi sensi alla American Pie, ma con esiti più fiacchi. Tutto da buttare, quindi? Nient’affatto. Lo sfarzo di fotografia, la location e i costumi (di Roberto Cavalli, anche produttore) non hanno nulla da invidiare agli adattamenti shakespeariani firmati da Kenneth Branagh, e il film gioca seriamente sia sulla componente avventurosa che quella sentimentale.

Insomma, se si cerca una trashata pura, non ci si diverte. Se si cerca un film di amori e duelli dai toni spensierati, dove le nudità sembrano prese da altri film e inserite a forza, merita una chance. “Tender” dei Blur scorre leggiadra lungo i titoli di coda. Particina per Elisabetta Canalis, forse perché era legata a George Clooney.

Disponibilità: Dvd e Blu-ray Eagel Pictures.

 

(Immagini trovate su Internet: © degli aventi diritto).

 

 

3 commenti

  1. Il disegnatore dei titoli di testa di “Metti lo diavolo tuo…” è il grande Vittorio Vighi, che disegnava “alla Mordillo” prima dello stesso Mordillo!

  2. Genere davvero terribile il decamerotico. Tuttavia, fra i titoli che a mio avviso si salvano, citerei il proto-decamerotico “Le piacevoli notti”, il “Boccaccio” di Bruno Corbucci, “Fiorina la vacca”, “La Calandria” e “Racconti proibiti… di niente vestiti”.

  3. Un’altro sottogenere cinematografico di quel periodo, anche questo ironicamente e involontariamente ispirato da Pasolini (ma anche dallla Cavani), è stato il NAZIPORNO.

    A quando un servizo di Giornale Pop sul tema?

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