FOTOGRAFATA SULLA SEDIA ELETTRICA

FOTOGRAFATA SULLA SEDIA ELETTRICA

La sera del 12 gennaio 1928, Ruth Snyder, 32 anni, si dibatte in piena crisi isterica mentre viene legata alla sedia elettrica nel carcere di Sing Sing. Il direttore del New York Daily News, il noto tabloid, vuole avere a tutti i costi un’immagine dell’esecuzione sulla sedia elettrica. Per questo ha fatto nascondere una macchina fotografica in miniatura sulla caviglia del suo migliore reporter, Thomas Howard.
Il giornalista, senza farsi scoprire dalle guardie, riesce a scattare l’istantanea premendo un pulsante nella tasca collegato con un filo all’otturatore.
Il giorno dopo, il Daily News esce a tutta pagina con la foto di Ruth Snyder mentre muore sulla sedia elettrica, raggiungendo un milione e mezzo di copie vendute. Un record mondiale.

FOTOGRAFATA SULLA SEDIA ELETTRICA
Ruth Snyder sulla sedia elettrica nella grande foto di prima pagina del Daily News



Ruth nasce a Manhattan nel 1895, il cuore pulsante di New York, una città che proprio in quel periodo sta diventando la più importante del mondo. Da una decina di anni sono stati costruiti la Statua della Libertà e il Ponte di Brooklyn, e quando Ruth è ancora bambina si innalzano i primi grattacieli. Il mondo sta diventando più divertente, con lei nascono il cinema e, grazie alla stampa a colori, i fumetti. E anche più comodo, con la diffusione delle lampadine, delle automobili e dei telefoni. Ruth, come tanti americani, ha l’impressione di passare dall’antichità al futuro nel giro di pochissimo tempo.

A 13 anni smette di andare a scuola per fare la centralinista, ma di sera studia stenografia e dattilografia sperando di diventare segretaria. Vorrebbe avanzare socialmente e sposarsi. Siccome è bella, bionda e prosperosa, oltre che dotata di un carattere radioso e frizzante, ci riuscirà senza problemi.

La grande occasione le capita quando, dopo un pasticcio combinato al centralino, lo sconosciuto all’altro capo del filo, colpito dal suo buffo modo di scusarsi, le dice che se davvero cerca un posto come segretaria magari glielo può dare lui. L’interlocutore è Albert Snyder, 32 anni, azionista e direttore della rivista nautica Motor Boating.

I due si innamorano appena si incontrano e siccome Ruth dice di voler arrivare vergine al matrimonio, nel giro di un mese si sposano. Ruth Brown cambia così il proprio nome in Snyder. Appena nasce la loro figlia, Lorraine, si trasferiscono in una villa a Long Island, un grande quartiere residenziale della metropoli immerso nel verde.

Ruth trova il posto noioso, perché ama la vivace confusione del centro, ma finalmente adesso ha un’auto tutta sua, la radio (appena inventata) e tanti soldi da spendere per i vestiti. La vita matrimoniale tra il serioso intellettuale occhialuto e la giovane sempre vogliosa di divertirsi, però, mostra subito la corda.
Albert passa tutto il tempo a lavorare in redazione e, nei fine settimana, alla frivola compagnia della moglie preferisce dedicarsi alla lettura di un libro, pescare in barca o trafficare in garage con l’auto.

Nel frattempo la mamma di Ruth, rimasta vedova, si trasferisce in casa Snyder, e anche lei si rende conto della sgradevole situazione. Albert non ama la vita mondana come la moglie e le rinfaccia che Jessie, la sua vecchia fiamma morta dieci anni prima, fosse molto meglio di lei. Addirittura, mette il suo ritratto sopra il letto coniugale.

La madre consiglia a Ruth di divorziare, invece lei preferisce circondarsi di amanti, per avere un po’ di quel calore che il marito le nega. Siamo nei “ruggenti” anni venti, quando l’agiatezza diffusa si accompagna a divertimenti sempre più sfrenati, come abbiamo visto in tanti film di gangster.

È il mondo delle grintose ragazze che appaiono nelle comiche mute di Stanlio e Ollio girate in quegli anni. Sono ragazze che indossano gonne corte e hanno rinunciato agli stretti busti delle loro mamme per sentirsi libere. Ballano il jazz, una musica trasgressiva come lo saranno in futuro il rock e il rap. E dopo aver ballato con uno sconosciuto sempre diverso, Ruth finisce allegramente nel suo letto.
Tutte queste avventure la fanno sentire di nuovo dinamica, esuberante e desiderata. Albert non ne sa nulla, anche se lei torna spesso a casa a notte fonda.  

Nel 1925, in un appuntamento al buio, Edith conosce Judd Gray, venditore di biancheria intima femminile. È un uomo non bello, grassoccio, dai capelli rossi e gli occhiali a fondo di bottiglia, ma che con le donne ci sa fare. Dopo essere andato una volta a letto con lui non lo dimentica come gli altri, anzi, inizia a frequentarlo assiduamente.

Anche a Judd piace fare la bella vita e ha un matrimonio poco appagante. Lui la fa ridere, la coccola, le fa tanti regalini, la fa “sentire donna”. I loro momenti di intimità li trascorrono al Waldorf Astoria, l’albergo più elegante di New York. In quelle occasioni, Ruth gli confessa che ha cercato più volte di uccidere il marito.

Una volta, simulando un incidente, aveva fatto saltare il cric che teneva sollevata l’auto mentre lui era disteso sotto a riparare una gomma. Un’altra volta era uscita di casa lasciando aperto il gas. Infine, aveva chiuso Albert in garage mentre il motore dell’auto girava a vuoto, cercando di avvelenarlo con il monossido di carbonio. Nelle prime due situazioni il marito si era salvato per caso, nella terza forzando la serratura del garage, mai aveva sospettato della moglie.

Judd Gray rimane sconvolto ascoltando queste storie e accusa l’amante di essere una donna malvagia. Lei si difende sostenendo che suo marito merita di morire perché sta distruggendo il suo equilibrio mentale. Ruth ripete quei discorsi per un anno e ormai l’amante, che non vuole perderla, non ha più la forza per contraddirla. Lei gli spiega che suo marito ha firmato una polizza d’assicurazione in suo favore: in caso di morte violenta riceverà 100 mila dollari, un bel capitale a quei tempi. Dopo di che loro due potranno sposarsi e vivere senza problemi economici.

Judd tentenna, ma Ruth gli ordina di comprare il materiale necessario per l’omicidio: una bottiglia di cloroformio, un pesante contrappeso per finestre a ghigliottina e un filo metallico. Ha un piano infallibile in mente. Il 19 marzo 1927, come d’accordo, Judd entra in casa Snyder da una porta che l’amante gli ha lasciato aperta. Quella sera non c’è nessuno, così Judd, ancora poco convinto, può nascondersi in un punto appartato dell’edificio.

Poi i coniugi Snyder rientrano, Albert va subito a dormire, mentre Ruth raggiunge Judd. Gli fa bere parecchi alcolici per infondergli coraggio, quindi lo manda in camera da letto per colpire Albert con il contrappeso. Il marito si sveglia quando riceve il primo colpo e, urlando come un pazzo, si scaglia sull’aggressore. Allora Ruth prende lei il contrappeso e colpisce ripetutamente Albert. L’uomo annaspa ancora nel sangue, quando la moglie gli preme sul volto il cotone imbevuto di cloroformio per addormentarlo. Poi afferra il filo metallico e glielo stringe forte intorno al collo, fino a strangolarlo.

Dopo tanti tentativi andati a vuoto, Ruth vuole essere sicura di averlo fatto fuori una volta per tutte. Il piano è quello di simulare un furto, per questo la donna si fa legare dall’amante alla spalliera del letto. Prima che lui finisca di imbavagliarla, gli dice: «Passeranno mesi o anni, prima che ci si riveda. O forse non ci incontreremo mai più». In quella maniera brutale, Judd capisce che non l’ha mai amato, lo ha utilizzato solo perché le serviva un complice.

La mattina dopo, Ruth trascina il letto fino a dove può essere raggiunta da Lorraine, la figlia di 9 anni che dormiva nella camera di un’ala lontana dell’edificio. La bambina le toglie il bavaglio e corre a chiamare un vicino. Al quale la donna dice che, invece di slegarla, deve correre dalla polizia. George McLaughlin, il commissario che libera Ruth dalla corde, si accorge subito che non è legata strettamente.

La donna dice che a uccidere il marito è stato uno sconosciuto dai folti baffi neri, sicuramente un immigrato italiano. Per evitare dubbi in proposito, Ruth aveva lasciato sul pavimento un quotidiano in lingua italiana, come se fosse caduto dalla tasca del malvivente mentre scappava con pellicce e gioielli. Stranamente la donna non presenta un graffio, mentre i gioielli e le pellicce che sarebbero stati rubati vengono trovati nascosti in casa. E in cantina si scoprono gli oggetti usati per il delitto.

Nell’agenda della signora Snyder il nome di Judd Gray è cerchiato in rosso, e dalla banca risulta che a costui abbia dato un assegnato di 200 dollari. Appena le fanno il suo nome, Ruth immagina che l’amante abbia confessato tutto, e allora lo accusa del delitto. Da parte sua, Judd all’inizio nega ogni coinvolgimento, ma quando apprende delle accuse di Ruth ammette di avere ferito suo marito, anche se a ucciderlo è stata lei.

Durante il processo, nell’aprile del 1927, i due continuano a rinfacciarsi reciprocamente le accuse. Alla fine la donna cede, e alla domanda sul perché avesse ucciso il marito, risponde stanca «per liberami di lui». Entrambi vengono condannati a morte sulla sedia elettrica.
Le simpatie della stampa sono tutte per Judd, un debole manipolato dalla cinica donna fatale. In attesa della sedia elettrica, Ruth riceve 164 lettere con proposte di matrimonio.

Lo scrittore James Cain ha dichiarato di aver tratto ispirazione proprio dal caso di Ruth Snyder per le sue due celebri opere teatrali: La fiamma del peccato, portata sul grande schermo dal regista Billy Wilder, e Il postino suona sempre due volte, dalla quale Luchino Visconti ha tratto il film Ossessione.



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2 commenti

  1. C’è una parte del racconto che mi lascia perplesso. Anche se negli anni 20 la miniaturizzazione degli apparecchi fotografici era appena iniziata, la Leica A (presentata nel 1925) aveva dimensioni abbastanza ridotte da poter essere facilmente nascosta sotto un cappotto (era gennaio) o legata alla caviglia (pesava solo 350 grammi). Quindi, in un’epoca in cui fotografia era sinonimo di banco ottico o di scatole Kodak, erano disponibili anche fotocamere di dimensioni contenute. Ma poi scattare una foto non era una cosa così semplice: non bastava prendere il pulsante (o il cavo ad esso collegato): il tesoriere avrebbe dovuto posizionarsi alla giusta distanza (l’obiettivo è fisso), mettere a fuoco manualmente (e va bè l’abbiamo fatto tutti fino agli anni 80, ma in questo caso di nascosto), calcolare il tempo di esposizione in base alla luce della stanza… Insomma non credo bastino le dimensioni ridotte di una fotocamera a spiegare la foto dell’esecuzione. Ho il sospetto che per ottenere quello scatto il direttore del New York Daily News abbia necessariamente dovuto incoraggiare la distrazione delle guardie presenti con un sostanzioso foraggiamento.

  2. Errata corrige:
    Prendere è permere
    Tesoriere è reporter
    Maledetto swipe!

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