IVAN MILAT, IL SERIAL KILLER DEI CAMPEGGIATORI

IVAN MILAT, IL SERIAL KILLER DEI CAMPEGGIATORI

Nel settembre del 1992 alcuni boy-scout intravedono qualcosa di inquietante in mezzo alla sterpaglia della foresta australiana di Belanglo. Avvertono subito la polizia che, recatasi sul posto, scopre i corpi di due turiste inglesi 22enni, Caroline Clarke e Joanne Walters. I cadaveri presentano segni di coltellate: 35 su tutto il corpo nel primo, 10 sulla testa nel secondo.
Per terra vengono trovati anche alcuni bossoli di fucile calibro 22. In effetti su una delle ragazze c’è anche un foro di proiettile. Le due avevano lasciato cinque mesi prima la città di Sidney (un centinaio di chilometri più a nord) per fare una vacanza in sacco a pelo.

Sempre nella stessa foresta, che è un grande parco nazionale recintato, nell’ottobre dell’anno successivo un uomo scopre casualmente un cranio e un femore. Appartengono a due altri saccopelisti, Deborah Everist e James Gibson, entrambi diciannovenni.
Il mese dopo un sergente delle guardie forestali trova un altro cranio umano in una radura. Grazie alle impronte dei denti viene identificato nella turista tedesca Simone Schmidl, una ventenne di Regensburg. L’ultima volta era stata vista nel 1991 mentre faceva l’autostop con un paio di amici. Dai resti si direbbe che anche lei sia stata uccisa a coltellate.
Nello stesso punto c’è uno zaino che apparteneva a un’altra tedesca, la sua amica Anja Habschied, 20 anni. Durante l’accurata ricerca fatta da centinaia di guardie forestali, il suo corpo e quello del fidanzato, il connazionale Gabor Neugebauer (21 anni), vengono scoperti semisepolti a una cinquantina di metri di distanza. Morti accoltellati anche loro. Anja è stata persino decapitata, ma la sua testa non verrà mai trovata.

In tutto, nella foresta di Belanglo vengono quindi trovati sette corpi. Bisogna scoprire l’assassino prima che commetta altri omicidi. Che si tratti del medesimo serial killer non ci sono dubbi, anche perché tutte le vittime erano state uccise sdraiate a faccia in giù e, in seguito, i corpi sommariamente sepolti sotto cumuli di rami e di sassi. Oltre al fatto che ognuna di esse presenta ferite di armi da taglio.
Prima di essere finite le vittime erano state ferocemente picchiate. In un luogo c’erano sei mozziconi di sigaretta: un indizio che l’assassino ha passato parecchio tempo con loro (purtroppo la tecnologia per l’esame del Dna non è ancora utilizzabile, altrimenti si potrebbero ricavare tracce genetiche dalla saliva sui filtri).
Probabilmente le cinque ragazze e i due maschi sono stati violentati, a giudicare da come sono stati strappati i loro indumenti intimi. Questi delitti, pensano gli investigatori, devono essere stati commessi da un paio di criminali che agiscono insieme, perché uno solo difficilmente potrebbe torturare due persone senza farsene sfuggire una.

La polizia esamina le trascrizioni delle targhe dei veicoli fatte nell’ingresso a pagamento del parco di Belanglo, nei periodi in cui si suppone siano avvenuti gli omicidi. Essendo mesi diversi, si cerca un’auto presente in tutte quelle occasioni.
L’elenco si restringe a 32 persone, a ciascuna delle quali viene assegnato un investigatore che lavorerà in incognito per non destare sospetti.

Il 13 novembre 1993, dalla Gran Bretagna arriva alla polizia la lettera di un certo Paul Onions, che tre anni prima, il 25 gennaio 1990, aveva fatto una vacanza con il sacco a pelo in Australia. Onions racconta che, nei pressi di Sidney, aveva accettato il passaggio in auto da un uomo che si faceva chiamare Bill. A un certo punto, questi gli aveva puntato addosso una pistola, mentre con l’altra mano cercava di legarlo con la corda. Onions era riuscito a darsela a gambe, salvando la pelle.
Questa testimonianza è particolarmente importante perché si riferisce a un giorno preciso. Essendo feriale, controllando i registri delle aziende dove lavorano i 32 sospetti si può vedere chi non era al lavoro. L’unico assenteista dell’elenco risulta essere un uomo di nome Ivan Milat.

L’investigatore messo precedentemente alle sue costole ne ha appena completato il profilo. Ivan Milat nasce nel 1944 a Guildford, una cittadina vicino a Sidney. Nel 1971, a 27 anni, viene denunciato da due giovani autostoppiste per rapimento. Ha anche violentato una delle due, minacciandola con un coltello. Però al processo viene assolto perché le ragazze non riescono a provare le accuse.

Ivan Milat trascorre poi qualche anno in prigione per una serie di piccoli furti. Mettendo apparentemente la testa a posto, insieme al fratello Richard trova impiego nell’azienda che cura la manutenzione della strada tra Sidney e Melbourne, le due principali città dell’Australia. La grande strada passa accano al parco di Belanglo. Chi conosce bene Ivan Milat è colpito dalla sua ossessione per i coltelli e le pistole, che si porta sempre dietro.

Con tutti questi elementi in mano, la polizia australiana decide che è arrivato il momento di far venire Paul Onions dalla Gran Bretagna. Dalle fotografie, il testimone riconosce subito Ivan Milat come l’uomo che gli aveva puntato la pistola addosso.

Un paio di settimane dopo, il 22 maggio 1994, cinquanta agenti delle unità speciali di polizia circondano la casa del 49enne Ivan Milat a Campbelltown, una cinquantina di chilometri da Sydney. L’uomo non oppone resistenza mentre viene ammanettano.
Nello stesso momento, altri trecento agenti assaltano le abitazioni dei suoi cinque fratelli: Richard, Alex, Boris, Walter e Bill, perché la polizia è sempre convinta che gli assassini siano due.

La perquisizione della casa di Ivan Milat porta alla scoperta di un deposito di armi da fuoco, compreso un fucile calibro 22 come i bossoli trovati accanto a una coppia uccisa. C’è pure una grossa spada, con la quale si suppone sia stata decapitata Anja Habschied. Viene infine trovato materiale appartenuto ad alcune vittime, come vestiti, attrezzatura da campeggio e minitelecamere.
Per poterlo rinchiudere subito in prigione, Ivan Milat viene immediatamente giudicato e condannato per detenzione illegale di armi e degli oggetti rubati alle vittime. Mentre i fratelli vengono scagionati, dato che su di loro non è emerso niente di compromettente.

Il processo per omicidio si svolge a Sidney due anni dopo, nel marzo del 1996. L’avvocato difensore sostiene che non ci siano prove che sia stato Ivan Milat a uccidere i saccopelisti. Cerca di dirottare i sospetti sul fratello Richard, che è notoriamente un personaggio un po’ fuori di testa, mentre Ivan viene considerato da tutti un grande lavoratore e un tipo posato. Mania per le armi a parte.

Il pubblico ministero chiede all’imputato come mai, allora, i beni delle vittime si trovavano in casa sua. «Qualcuno sta tentando di incastrarmi», risponde lui alludendo alla possibilità che il fratello abbia cercato di scaricargli addosso i delitti. Ma Richard era sempre a lavoro nei periodi in cui erano stati commessi gli omicidi, mentre Ivan si era preso dei giorni di permesso.

Ivan Milat viene condannato a sette ergastoli, uno per ogni vittima, più a 18 anni per sequestro e tentato omicidio nei confronti di Paul Onions. Gli è anche negata la possibilità di ottenere, un giorno, la semilibertà.

Negli anni successivi, Ivan Milat viene sospettato da dieci a trenta altri omicidi di ragazze scomparse mentre erano in vacanza con il sacco a pelo, ma essendo stato condannato al carcere a vita, i magistrati ritengono sia inutile aprire altri procedimenti. Inoltre, i resti di queste vittime non sono mai stati trovati.

Nella prigione di Maitland Gaol, il serial killer cerca inutilmente di evadere insieme a un trafficante di droga. Il trafficante, per la delusione, si impicca subito dopo, Ivan Milat, invece, viene rinchiuso nel supercarcere di Goulbum.

Ivan Milat si è sempre dichiarato innocente e per protesta decide di commettere atti di autolesionismo, ingoia una lametta da barba, alcune graffette e persino una molla staccata dal pulsante del wc.
Nel gennaio del 2009, con un coltellino di plastica sottratto alla mensa, si amputa il mignolo sinistro, che, sempre in segno di protesta, imbusta e invia al tribunale che gli rifiuta la revisione del processo.

Nel 2011, perde 25 chili a causa di uno sciopero della fame per ottenere una Playstation con la quale giocare in cella.
Nel 2019 muore all’età di 74 anni a causa di un tumore.

Il suo avvocato, John Marsden, ha dichiarato che Ivan Milat ha commesso i delitti con l’aiuto di una donna della quale, però, ignora il nome.



(Per gli altri articoli sui delitti famosi pubblicati da Giornale POP clicca QUI).







Contatto E-mail: info@giornale.pop

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati con *

Dichiaro di aver letto l'Informativa Privacy resa ai sensi del D.lgs 196/2003 e del GDPR 679/2016 e acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità espresse nella stessa e di avere almeno 16 anni. Tutti i dati saranno trattati con riservatezza e non divulgati a terzi. Potrò revocare il mio consenso in qualsiasi momento, integralmente o parzialmente, con effetto futuro, ed esercitare i miei diritti mediante notifica a info@giornalepop.it

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*