ALEXANDRE STAVISKY, IL GRANDE TRUFFATORE

ALEXANDRE STAVISKY, IL GRANDE TRUFFATORE

Il 9 gennaio 1934, la polizia francese circonda uno chalet sul Monte Bianco, a Chamonix. I gendarmi fanno irruzione: l’edificio ha poche stanze, ma stranamente ci mettono più di un’ora a trovare la persona che stavano cercando. L’uomo è disteso su un divano, agonizzante. Morirà poco dopo, ucciso da due colpi esplosi da una pistola trovata ancora fumante.

L’inchiesta viene chiusa in fretta e furia. “È un suicidio”, spiegano le autorità.
Alla versione ufficiale su questa morte però non credono in molti. Quell’uomo infatti era Alexandre Stavisky, il più geniale truffatore del ventesimo secolo. A 47 anni se n’era andato lasciandosi alle spalle un ultimo enigma, quello sulla sua fine.

Tutto inizia nel 1886, quando, da qualche parte dell’Ucraina (che all’epoca faceva parte dell’impero russo), Alexandre Stavisky nasce in un’agiata famiglia ebrea. A 14 anni si trasferisce a Parigi con i genitori e successivamente prende la nazionalità francese.

Lasciata la scuola, lavora come operaio in una fabbrica di zuppe in scatola, poi come cantante di café-chantant e infine come tuttofare in una sala da ballo. Viene sempre cacciato perché sul lavoro si dimostra incapace come lo era negli studi, ma è un bel giovane dai baffi impomatati, dai modi suadenti e dalla parlantina sciolta.

Dopo aver rubato alcune protesi d’oro al padre dentista, Alexandre si mette in società con il nonno Abraham, gestore di un teatro parigino, il Tolies Marigny. E assieme a lui, altrettanto desideroso di lussi e soldi facili, mette insieme il suo primo raggiro.

Promettendo l’assunzione per una serie di spettacoli, i due ingaggiano un numero enorme di attori e li convincono a versare un piccolo anticipo a titolo di finanziamento. Gli spettacoli ovviamente non vengono messi in scena e nonno e nipote spariscono con la cassa.

Se la godono, ma per poco. Nonno Abraham muore tra donne e champagne, il giovane “Sasha” viene invece arrestato. Grazie alla difesa di un avvocato ben inserito negli ambienti politici parigini, gli vengono inflitti soltanto quindici giorni di carcere.

È l’inizio di una serie ininterrotta di truffe. Un inesistente strumento per paralitici venduto a un’anziana vedova, un prodigioso farmaco rifilato a una suora con la madre gravemente malata e molte altre trovate fantasiose.

Alexandre riesce sempre a schivare la legge, perché le vittime non lo denunciano per la vergogna di essersi fatte truffare o perché pensano che sia tempo perso. In effetti, i pochi che lo fanno rimangono delusi dato che i suoi avvocati riescono sempre a evitargli il carcere.

È durante la Prima guerra mondiale che Stavisky inizia a pensare in grande. Nella confusione del conflitto, fonda una banca d’affari e riesce a ottenere dal governo italiano un favoloso anticipo per la fornitura di ventimila bombe, che in realtà non esistono.

Nel 1926, viene arrestato per aver falsificato e diffuso titoli di stato e buoni del tesoro. Stavolta le protezioni non bastano. Il padre Emmanuel, sprofondato per la vergogna, prende la pistola e si uccide.
Il processo non è ancora iniziato, quando, dopo pochi mesi, Alexandre esce di prigione grazie a un certificato medico che attesta un male incurabile. Falso pure quello, naturalmente.

Le udienze vengono continuamente rinviate, fino a sparire dal calendario del tribunale grazie a un accordo con la polizia, di cui diventa informatore.
Nello stesso periodo, Alexandre sposa Arlette Simon, una bellissima modella di Chanel che gli dà due figlie: anche se la tradisce senza ritegno, lei gli rimarrà sempre accanto.

ALEXANDRE STAVISKY, IL GRANDE TRUFFATORE

Arlette Simon, la bella moglie di Alexandre Stavinsy

Alexandre investe i soldi guadagnati attraverso il traffico di droga con la Turchia e la rendita di alcune bische clandestine aprendo tre gioiellerie, diventando impresario del Teatro Impero e comprando azioni dei quotidiani di alcuni partiti. Non per guadagnare dalle vendite di questi ultimi, tutti in perdita, ma per stringere amicizie con i potenti della politica.
Infatti, ben presto è invitato nei salotti buoni di Parigi.

A proposito di politica, nel suo ruolo di informatore privilegiato della polizia, diventa intimo di Jean Chiappe, il prefetto di Parigi legato agli ambienti di Action Francaise, un’organizzazione dell’estrema destra che tra la fine degli anni venti e i primi dei trenta guarda con simpatia a Benito Mussolini e a Hitler, che sta per conquistare il potere in Germania.

Il geniale truffatore tenta la sua più grande impresa. Grazie ai suoi appoggi, riesce ad accordarsi con alcuni direttori di banca corrotti per depositare diamanti falsi come garanzia per fondi di investimento. Molti ingenui accorrono per comprare i fondi, attirati dagli altissimi interessi promessi, anche se, per contratto, li potranno ritirare soltanto dopo molti anni.

Un giro d’affari di seicento milioni di franchi (equivalenti ad alcune decine di milioni di euro attuali), che, nel 1933, finisce per insospettire un onesto funzionario di banca, il quale denuncia tutto alla magistratura.

Alexandre Stavisky

Quando lo “Scandalo Stavisky” esplode, i giornali si chiedono come abbia potuto orchestrare, quell’uomo equivoco, una truffa così enorme tra la compiacenza generale.
Anche se il suo capolavoro deve ancora arrivare: braccato dalla polizia, a Stavisky viene l’idea di morire. Per finta, s’intende.

I giornali ricevono la notizia del suo trapasso il 23 dicembre 1933: il grande truffatore, corrompendo le autorità locali, riesce a farsi registrare tra le vittime di un disastro ferroviario sulla linea Parigi-Ligny. Invece di sparire, però, torna a Parigi per salutare Arlette e i figli Claude e Michelin.

Qui viene visto e riconosciuto da una cameriera, che fa scattare l’allarme. Stavisky tenta di rifugiarsi a Chamonix, dove viene raggiunto dalla gendarmeria e, il 9 gennaio 1934, trovato morto.

Secondo i giornali dell’opposizione Stavisky non si è ucciso: l’hanno fatto fuori i poliziotti per ordine dei politici, spaventati da quello che avrebbe potuto dire al processo dal quale stava fuggendo.
In effetti, la dinamica del suicidio è sospetta.

Il cadavere è stato trovato sul divano, ma un proiettile che gli ha trapassato il cranio si è conficcato sul muro di un’altra stanza. Soprattutto, è stato colpito alla testa due volte con una pistola non automatica, e non si è mai sentito di un suicida in grado di premere due volte il grilletto.

Illustrazione satirica di Galland sulle incongruenze del “suicidio” di Alexandre Stavisky

Il prefetto Jean Chiappe viene trasferito, perché i poliziotti sul Monte Bianco li aveva mandati lui. Poi il caso diventa politico. Per protesta del trasferimento di Chiappe, il 6 febbraio, i fascisti dell’Action Francaise assaltano il parlamento. Gli scontri provocano quindici morti e fanno cadere il nuovo governo, in carica da un solo giorno. Il caos si protrae a lungo.

A occuparsi della vicenda è anche lo scrittore Georges Simenon, creatore del celebre ispettore Maigret, il quale, in un’inchiesta, afferma che, per risolvere il caso Stavisky, sarebbe stato necessario indagare sui suoi rapporti con la malavita e le complicità di cui godeva all’interno della polizia e negli ambienti politici.

Accusa anche in modo diretto, citandoli per nome, alcuni gendarmi che non c’entrano niente: lo scrittore doveva aver delegato le indagini a investigatori poco affidabili.
Simenon viene minacciato da lettere anonime, mentre il ministro degli Interni francese comunica all’autore belga che in quanto straniero può essere espulso dal Paese in qualsiasi momento.

Stavisky non è il solo a perdere la vita in circostanze misteriose. Un magistrato, Albert Prince, sembrava infatti pronto a fare i nomi di tutti i politici e i banchieri collusi con l’abile faccendiere ucraino, ma dopo pochi giorni muore sucida. Anche se in molti pensano che non si sia sparato da solo.

Il processo per la truffa dei titoli taroccati si conclude nel 1935, con l’assoluzione dei banchieri e dei politici coinvolti. Anche la vedova Arlette viene scagionata perché ritenuta all’oscuro dei traffici del marito. Il mistero sulla morte di Stavisky rimane insoluto.

Nel 1974, il geniale truffatore di origini ucraine finisce sul grande schermo. Il regista Alain Resnais rievoca lo scandalo che quarant’anni prima aveva scosso la Francia nel film Stavisky, il grande truffatore. A vestire i panni del protagonista è Jean-Paul Belmondo.

Jean-Paul Belmondo nei panni di Alexandre Stavisky

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