ALCATRAZ, L’INCREDIBILE FUGA DI FRANK MORRIS

ALCATRAZ, L'INCREDIBILE FUGA DI FRANK MORRIS

L’1 giugno 1962, tre detenuti della famigerata prigione di Alcatraz sistemano nei loro letti delle teste di cartapesta. Per renderle realistiche, ci incollano sopra capelli veri. Così i secondini, quando passeranno di notte per illuminare le celle con le pile elettriche, penseranno che stiano dormendo. Quindi i prigionieri rimuovono le grate dei condotti di ventilazione e si infilano negli stretti cunicoli che precedentemente avevano sgombrato da ogni ostacolo. Qui raccolgono le componenti parzialmente montate di una zattera, che vi avevano nascosto, e poi continuano a strisciare fino a raggiungere il tetto del carcere. Un quarto complice, che avrebbe dovuto seguirli, non si vede ancora. Non c’è tempo per aspettarlo: il trio scende dal tetto e si dirige verso il mare che circonda il carcere. Sulla riva legano le parti della rudimentale zattera e, guardandosi per l’ultima volta negli occhi per darsi coraggio, si gettano su di essa nelle acque vorticose.
Dietro questa clamorosa evasione c’è la mente geniale di un uomo: Frank Morris.

ALCATRAZ, INCREDIBILE FUGA DI FRANK MORRIS

 

Frank nasce a Washington, la capitale degli Stati Uniti, nel 1926. Abbandonato dalla madre quando è ancora piccolissimo e rimasto orfano del padre a 11 anni, viene adottato da diverse famiglie, nessuna delle quali lo tiene a lungo per il suo pessimo carattere. A 13 anni viene denunciato per furto e, in seguito, ancora minorenne, finisce in carcere per possesso di droga e rapina a mano armata. Da adulto non fa che entrare e uscire di prigione. No, non dopo aver scontato la pena: evade prima. La sua abilità nella fuga è tale che, in uno dei momenti in cui riescono a tenerlo dentro abbastanza a lungo, viene studiato da alcuni psicologi. I quali accertano che Frank Morris possiede un altissimo quoziente intellettivo, purtroppo sprecato. D’altra parte, il re dell’evasione non è infallibile. Nel carcere di Atlanta viene bloccato un attimo prima che riesca a scavalcare il muro di cinta insieme ad altri tre detenuti. A questo punto, le autorità decidono di trasferire lui e i suoi tre compari ad Alcatraz, la prigione che sorge su un isolotto nella Baia di San Francisco.

Chiamata The Rock, cioè “la Rocca”, Alcatraz è nota per la durezza dei secondini e per il fatto che da lì nessuno sia mai riuscito a evadere. Infatti, benché San Francisco sia talmente vicina che dal carcere si sentono scampanellare i tram, è impossibile superare a nuoto le fortissime correnti marine che circondano l’isola.

Quando, il 20 gennaio 1960, viene registrato ad Alcatraz con la sigla AZ1441, il detenuto Frank Morris dovrebbe arrendersi all’evidenza. Invece pensa subito all’evasione, convinto che una via di fuga esista sempre. Ne discute con i tre prigionieri che avevano cercato di tagliare la corda insieme a lui dal carcere di Atlanta: Alien West e i fratelli John e Clarence Anglin.

Alien West, nato a New York nel 1929, è uno specialista di furti d’auto e al suo attivo ha anche un dirottamento aereo. I fratelli Anglin sono nati in Georgia: John nel 1930 e Clarence l’anno dopo. Stanchi del duro lavoro di coltivatori nella piccola fattoria di famiglia, a un certo punto i due avevano preferito rapinare le banche. Per tutti, la pacchia era finita con dure condanne al carcere.

Dato che il braccio di mare non può essere attraversato a nuoto, secondo Frank Morris occorre costruire una zattera. Per farlo dovranno mettere da parte pezzi di stoffa degli impermeabili e tutti i materiali galleggianti che riusciranno a trovare. Non si tratta di un’operazione breve: per radunare abbastanza contenitori di plastica impiegano due anni.

ALCATRAZ, INCREDIBILE FUGA DI FRANK MORRIS

Il condotto di aerazione

 

Nei primi mesi del 1962, Morris, West e gli Anglin allentano le grate dei condotti di ventilazione delle loro celle, usando i cucchiai che hanno rubato in mensa. Finché, una notte, Morris rimuove del tutto una grata e si infila nel condotto per esplorarlo. Deve capire dove conduce e se sia possibile uscire dal penitenziario attraverso di esso. Riesce a fare solo pochi metri, perché una barriera in muratura impedisce il passaggio delle persone. Per fortuna, negli anni, la coesione tra i mattoni è stata indebolita dalla salsedine marina.

Lavorando a turni senza farsi scoprire dalle guardie, i quattro rimuovono gli instabili mattoni fino a rendere agibile il percorso. In questi stretti corridoi cominciano poi a montare e a depositare alcune parti dello zatterone. Quando la notte dell’11 giugno dello stesso anno viene dato il via all’evasione, Alien West si trova ancora nella sua cella, perché non riesce ad aprire la griglia del canale di ventilazione, pur avendolo già fatto diverse volte nei mesi precedenti. A forza di riprovare, alla fine ci riesce, solo che, essendo ingrassato nelle ultime settimane, non passa più nel cunicolo e così deve rinunciare alla fuga. Secondo alcuni autori che hanno studiato questa clamorosa evasione, in realtà West non ha seguito i compagni inventandosi difficoltà di ogni genere perché si era reso conto che sarebbe finita con la morte certa.

Il mattino dopo, durante la conta giornaliera in cortile, le guardie si rendono conto che alcuni detenuti mancano all’appello. Un secondino va davanti alla cella di Frank Morris, gridando che è ora di alzarsi. Siccome la figura sul letto non si muove, allunga la mano tra le sbarre per afferrare i capelli di quella che sembra la testa del detenuto. Quando la testa di cartapesta rotola sul pavimento, la guardia spicca un salto per lo spavento. Dopo pochi minuti, vengono attivate le assordanti sirene per dare l’allarme.

La piccola isola di Alcatraz viene perlustrata a fondo. Esaminando accuratamente le celle, le guardie si accorgono che anche la grata di West è stata forzata. In cambio dei dettagli del piano di fuga, il detenuto riceve l’assicurazione che non verrà punito. Nei giorni seguenti, intorno alla Baia vengono rinvenute alcune parti della zattera e un sacchetto impermeabile con gli oggetti personali dei fratelli Anglin.

Degli evasi nessuna traccia: sono stati trascinati via dalle correnti o la loro incredibile fuga ha avuto successo? Il fatto che siano stati trovati gli effetti personali di due di loro fa propendere per la prima ipotesi.

L’anno dopo, il 1964, il governo ordina la chiusura di Alcatraz. La prigione, già troppo costosa da gestire e sempre al centro delle polemiche per la sua durezza, dopo l’evasione si era rivelata anche poco sicura. Alien West viene trasferito in un altro penitenziario, prima di essere scarcerato nel 1967. Successivamente arrestato per altri furti, evade e viene di nuovo catturato. In un carcere della Florida, nel 1972, uccide a coltellate un altro detenuto, e per questo delitto è condannato all’ergastolo. Muore in carcere per peritonite nel 1978, a 52 anni.

Gli agenti dell’Fbi hanno continuato a dare la caccia ai tre fuggiaschi di Alcatraz, nell’ipotesi che siano sopravvissuti. Nel 1979, dopo 17 anni di indagini, il caso viene dichiarato ufficialmente chiuso in mancanza delle prove che gli evasi siano ancora in vita. Il documento finale dell’Fbi ne spiega i motivi: con le forti correnti e la fredda temperatura dell’acqua nessuno sarebbe sopravvissuto per molti minuti. Secondo quanto raccontato da Alien West, il piano prevedeva il furto di un’auto e la rapina in un negozio di vestiti, ma nei giorni successivi alla fuga non si sono registrati reati del genere intorno alla Baia. È anche significativo il fatto che nessuno dei tre delinquenti abituali sia poi stato arrestato mentre commetteva qualche crimine.

Particolare del manifesto di “Fuga da Alcatraz”, film ispirato all’evasione di di Frank Morris

 

Nello stesso anno in cui le indagini vengono chiuse, esce nelle sale cinematografiche il film Fuga da Alcatraz, diretto da Don Siegel, con Clint Eastwood nella parte di Frank Morris. Oggi, l’ex prigione di Alcatraz, proclamata monumento nazionale, è una delle mete più frequentate dai turisti in visita a San Francisco. E l’11 giugno di ogni anno gli appassionati di sport estremi commemorano la fuga da Alcatraz, affrontando le correnti della Baia a bordo di imbarcazioni professionali molto più sicure dell’instabile zattera dei tre evasi.

La sorte dei fuggitivi rimane tuttora avvolta nel mistero. I familiari dei fratelli Anglin hanno detto di avere ricevuto le loro cartoline dal Sud America e alcuni amici sostengono che gli evasi abbiano vissuto per qualche tempo in una fattoria dell’Alabama.

Le indagini, chiuse dall’Fbi, sono state riprese dagli U.S. Marshal, un altro ente investigativo americano. Ancora nel 2009, il vicesceriffo Michael Dyke, appartenente a questo corpo, ha dichiarato: «Finché non ci sarà la certezza che siano morti, noi continueremo a raccogliere informazioni su quei tre».

 

(Per leggere gli altri articoli sui delitti famosi pubblicati da Giornale POP clicca QUI).

 

Contatto E-mail: info@giornale.pop

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati con *

Dichiaro di aver letto l'Informativa Privacy resa ai sensi del D.lgs 196/2003 e del GDPR 679/2016 e acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità espresse nella stessa e di avere almeno 16 anni. Tutti i dati saranno trattati con riservatezza e non divulgati a terzi. Potrò revocare il mio consenso in qualsiasi momento, integralmente o parzialmente, con effetto futuro, ed esercitare i miei diritti mediante notifica a info@giornalepop.it

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*