MYRA HINDLEY E IAN BRADY, TORTURATORI

MYRA HINDLEY E IAN BRADY, TORTURATORI

La brughiera è un terreno che, a causa delle sue componenti acide, permette solo la crescita di erbacce e arbusti, come sanno bene i lettori di Sherlock Holmes e di altri romanzi inglesi dell’ottocento. Non ci viene in mente di associarla alla scintillante Gran Bretagna della prima metà degli anni sessanta, quando i Beatles mietevano i loro successi, ma la brughiera, con la sua atmosfera un po’ sinistra, era sempre lì per servire da sfondo alle imprese di una coppia di pazzi criminali.

Ian Brady nasce nel 1938 in uno dei più poveri sobborghi della città scozzese di Glasgow. È figlio di Peggy Stewart, ragazza-madre in un’epoca nella quale una donna nubile con un bambino viene considerata quasi una prostituta. Lascia il piccolo in casa a piangere da solo per gran parte delle giornate, mentre lei lavora come cameriera, finché capisce che non è in grado di accudirlo.

Così, quando Ian ha quattro mesi, Peggy lo dà in adozione “ufficiosa” alla famiglia Sloane, cui passa un modesto compenso per il disturbo. Lei lo va a trovare ogni domenica, almeno fino a quando il bambino compie 12 anni. A quel punto, Peggy parte per Manchester con l’uomo che ha appena sposato e non tornerà più in Scozia.

Non si può dire che Ian cresca bene nella nuova famiglia. Gli Sloane cercano di essere premurosi, ma lui si sente un estraneo e diventa sempre più solitario e difficile. Ha continui scatti d’ira e alcune volte sbatte furiosamente la testa contro il muro. No, non è un bambino normale, e pur essendo intelligente, prende brutti voti perché non si impegna a scuola. Preferisce passare il tempo torturando e uccidendo i gatti.

Dai 13 ai 16 anni viene denunciato più volte per furto, finché un tribunale decide di spedirlo a Manchester, dalla madre e da suo marito, Patrick Brady, dal quale verrà adottato. Però continua a comportarsi da malavitoso e a 17 anni viene incarcerato. Dopo due anni, nel 1957, torna in famiglia e, almeno apparentemente, mette la testa a posto. Nel 1959 trova un lavoro da magazziniere in una ditta chimica, dove, pochi mesi dopo, viene assunta come segretaria Myra Hindley. Almeno all’inizio, quella tizia dal carattere deciso non gli dice proprio niente.

Myra Hindley nasce nel 1942 nella periferia di Manchester. Nei primi tre anni di vita non incontra mai papà Bob, impegnato nella Seconda guerra mondiale come paracadutista, e vede poco anche mamma Nellie, sempre al lavoro per mantenere la famiglia. Di lei si occupa nonna Ellen fino al ritorno del padre dal fronte. A quel punto Bob inizia a lavorare come muratore, ma guadagna troppo poco e, alla nascita della seconda figlia, è costretto a rimandare la primogenita dalla nonna. Myra vedrà ancora ben poche volte i genitori, e ne soffrirà molto.

A scuola la ragazza è bravina, ma rimane vittima delle compagne di classe che continuano a prenderla in giro senza una ragione particolare. Un caso di bullismo, si direbbe oggi. Il padre, che nel frattempo è diventato un alcolizzato, si rifà vivo solo per violentarla, stando almeno a quanto racconterà in seguito la stessa Myra.

A 15 anni si lega con un ragazzino di 13, Michael, che considera come un fratello minore. Un giorno lui la invita in un laghetto artificiale, lei rifiuta e se ne pentirà per tutta la vita, perché Michael vi muore affogato. Myra ne è sicura, se fosse stata presente l’avrebbe salvato. Da quel giorno, la ragazza si veste sempre di nero, diventa melanconica e di sera va in chiesa ad accendere i ceri per l’amico scomparso.

A 17 anni un bravo ragazzo chiede Myra Hindley in sposa, ma lei preferisce trasferirsi nel trafficato centro di Manchester per cercare una vita più eccitante di quella della futura massaia. La vita eccitante la trova un paio di anni dopo, quando incontra il magazziniere Ian Brady nella fabbrica dove l’hanno appena assunta come segretaria.

Nel diario, Myra scrive che rimane affascinata dai modi misteriosi e scostanti di Ian. Insomma, dai suoi comportamenti da balordo che avrebbero fatto scappare a gambe levate qualsiasi altra ragazza. Lui non la guarda nemmeno e deve essere lei a invitarlo fuori la prima volta. Quello strano giovane le descrive subito i suoi unici interessi: il nazismo e le torture. Le presta anche dei libri su questi due poco edificanti argomenti, che lei divora. Alla fine vanno a vivere insieme.

Malgrado il suo carattere indipendente, Myra Hindley cerca di compiacere Ian Brady trasformando il proprio aspetto, per assomigliare alle aguzzine naziste delle illustrazioni pornografiche sulle quali lui fantastica: si tinge i capelli di biondo, calza lunghi stivali neri e indossa minigonne vertiginose.

Accetta volentieri di farsi fotografare durante i loro rapporti sessuali, non va più in chiesa quando l’amante le rivela che Dio non esiste e si fa convincere che non c’è niente di male nel commettere i peggiori delitti.

Un giorno Ian Brady le chiede se sarebbe disposta a guidare l’auto mentre lui rapina una banca e Myra Hindley, per dimostrargli tutta la sua buona volontà, va a lezione di guida e di tiro a segno, dopo aver comprato due pistole. La rapina non si farà mai, ma ora Ian può dirsi veramente sicuro della fedeltà della sua donna. E poi i delitti che gli interessano sono ben altri. Vedrà che si divertirà un sacco anche lei, promette a Myra.

La sera del 2 luglio 1963, la sedicenne Pauline Reade scompare mentre sta andando a un ballo da sola. L’11 novembre, il dodicenne John Kilbride dà una mano ai commercianti del mercato per guadagnare qualche soldo. Dopo di che, nessuno lo rivede più. Il 16 giugno 1964 a scomparire nel nulla è il dodicenne Keith Bennet, mentre stava andando a trovare la nonna. La penultima sparizione misteriosa avviene il 26 dicembre. Lesley Ann Downey, una bambina di 10 anni, non tornerà a casa dopo essere andata alla fiera. Autori di questi quattro rapimenti sono i poco più che ventenni Ian e Myra.

La fanno sempre franca, finché non commettono l’errore di coinvolgere una terza persona, David Smith, un diciasettenne con precedenti penali che ha appena sposato la sorella di Myra. David si esalta ascoltando i discorsi nazistoidi del “cognato”, apparendo così affidabile alla coppia.

La sera del 7 ottobre 1965, Myra Hindley invita David Smith a casa dove li aspetta il suo compagno. David sobbalza, quando vede che in salotto Ian Brady sta torturando un certo Edward Evans, un ragazzo di 16 anni. Il malcapitato, ricoperto di ferite, si lamenta e piange sul pavimento. All’improvviso, Ian lo colpisce due volte sulla testa con un’ascia.

Quando ormai il poveretto sembra quasi morto, gli stringe un filo elettrico intorno alla gola gridandogli “crepa, maledetto bastardo!”. Myra scoppia a ridere imitando le smorfie che Edward ha fatto agonizzando, e va a preparare il tè. In passato, David aveva sentito i due vantarsi di quattro omicidi, ma era convinto che fossero solo fantasie.

Adesso che ha visto con i propri occhi che è tutto vero, sta per svenire. Ma per non finire male anche lui, finge di aver gradito lo spettacolo e dà una mano a Ian per trasportare il cadavere in soffitta. Ormai è notte, David promette di tornare l’indomani mattina per aiutarli a seppellire il corpo nella brughiera.

Invece corre ad avvertire la polizia. Gli agenti arrivano in forze, circondano la casa e la perquisiscono fino a trovare il cadavere. Ian Brady si difende dicendo che, in realtà, era stato David Smith a uccidere Edward, e che lui aveva solo promesso di aiutarlo a nascondere il corpo. Myra Hindley, che conferma questa versione, viene rilasciata.

Pochi giorno dopo, però, nella sua macchina vengono trovati i fogli dove la giovane aveva progettato nei minimi dettagli l’ultimo omicidio. Contrariamente alle apparenze, lei era la mente e Ian il braccio. La polizia, che fino a quel momento non sapeva a chi credere, inizia a esplorare la vicina brughiera, dove sotto il terreno ancora smosso individua il luogo di sepoltura di due cadaveri, quelli di John e di Lesley Ann.

Perquisendo a fondo la casa della coppia gli agenti trovano anche, dentro un libro di preghiere, le foto in cui si vede Lesley Ann, la bambina di 10 anni, mentre viene violentata. In giro c’è pure un nastro audio, dove si sentono le grida disperate della piccola, mentre i suoi due aguzzini le ordinano di stare ferma.

Nel maggio del 1966 la coppia diabolica viene condannata all’ergastolo, solo perché la pena di morte è stata abolita da poche settimane. Myra continua a proclamarsi innocente, afferma di essere stata manipolata dal compagno, con il quale tronca ogni rapporto nel 1970. Nel 1986, la mamma di Keith Bennet le scrive chiedendole di sapere cosa ne è stato di suo figlio di 12 anni, una delle due vittime delle quali non si è trovato il corpo.

A quel punto, Myra decide di ammettere il suo coinvolgimento nei cinque omicidi. Ormai non ricorda bene dove fossero sepolti tutti i cadaveri, ma grazie alle sue indicazioni nel 1987 vengono trovati i resti di Pauline Reade, riconoscibili per il vestitino rosa che indossava, mentre Keith sarà l’unico a non venire mai individuato.

Myra Hindley racconta che era lei stessa ad avvicinare le vittime, perché una ragazza desta meno sospetti. Promettendo un compenso in denaro, le portava in luoghi isolati dove il suo compagno le faceva prigioniere. Poi insieme le torturavano e le violentavano di qualunque sesso fossero le vittime, godendo della loro sofferenza. Infine le uccidevano per strangolamento o, in un caso, per decapitazione. Scattavano foto e registravano le grida per rivivere quelle forti emozioni in seguito.

Come in Italia, in Gran Bretagna esiste l’istituto della semilibertà, ma soltanto per questi due “mostri” la condanna all’ergastolo viene presa alla lettera. Myra Hindley muore di polmonite nel 2002, a 60 anni, per una crisi respiratoria acuta causata da un’infezione bronchiale, dopo aver scontato la più lunga pena registrata nel Regna Unito.

Ian Brady muore nel 2017, a 79 anni, dopo aver cercato diverse volte di suicidarsi nell’ospedale psichiatrico nel quale è stato rinchiuso, tanto da esser costretto all’alimentazione forzata attraverso sonde gastriche per evitare che si lasci morire per fame.





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