IL SESSANTOTTO DI ROCKY JOE

IL SESSANTOTTO DI ROCKY JOE

“Ashita no Jo”, vale a dire “Jo del domani”, è un manga noto in Italia con il titolo di “Rocky Joe”. Siccome da noi è stata trasmessa prima la serie dei cartoni animati su Rete 4 a partire dall’aprile del 1982, era funzionale associargli un titolo che ricordasse “Rocky”, la serie di film con Sylvester Stallone che all’epoca era all’apice del suo successo.

 

Nel quartiere del sottoproletariato

Il manga originale è stato scritto da Asao Takamori, con lo pseudonimo di Ikki Kajiwara, autore anche di altri personaggi, come l’Uomo Tigre. Mentre ai disegni c’è Tetsuya Chiba. Il fumetto fu pubblicato in Giappone dal gennaio 1968 al marzo del 1973 dalla casa editrice Kodansha sul settimanale Shonen Magazine.

Sulla carta potrebbe essere ascritto al genere spokon (fumetti ambientati nel mondo dello sport) della categoria shonen manga (fumetti per ragazzi), ma a dire il vero questo manga ha rappresentato per un’intera generazione di giapponesi molto di più. È stato uno dei fumetti simbolo della protesta studentesca del ’68 nipponico e delle rivendicazioni del movimento operaio.
Il quartiere Sanya di Tokyo, una sorta di ghetto abitato dal sottoproletariato, può essere considerato una sorta di co-protagonista delle vicende narrate nella prima parte della storia.

Il protagonista, Jo Yabuki (letteralmente “piedi piccoli”), è un orfano povero e apparentemente senza un futuro, che vaga alla ricerca di un riscatto e di una identità.


Per dare l’idea di quale fosse il sentimento popolare rispetto a questo manga “sui generis” basta ricordare due episodi.
Dopo la pubblicazione dell’episodio in cui il principale antagonista di Jo, Tooru Rikishi, benché vincitore dell’incontro trova la morte sul ring per mano del protagonista, in Giappone fu organizzato un vero e proprio funerale a cui parteciparono centinaia di persone.
Due anni dopo, nel corso di un dirottamento di un volo della Japan Airlines a opera di un gruppo di terroristi giapponesi, i dirottatori dichiararono in un comunicato via radio: “Noi siamo tutti Ashita no Jo“.


A dispetto delle polemiche che, ovviamente, generò quest’ultimo avvenimento, la Kodansha proseguì la pubblicazione del manga fino alla sua conclusione nel 1973.

Il manga originale, tradotto in italiano, è stato pubblicato dalla casa editrice Star Comics dall’ottobre 2002 al maggio del 2004. Credo sia ancora possibile reperire l’intera serie.

Dall’aprile 1970 al settembre 1971, quando il manga non era ancora arrivato alla sua conclusione, venne prodotto il primo anime di “Ashita no Jo” composto da 79 episodi. La serie si ferma al momento in cui Jo Yabuki, dopo la morte di Rikishi, non riesce più a boxare da professionista e riprende a vagabondare senza meta fino all’incontro con Carlos Rivera, che gli darà la motivazione giusta per riprendere a boxare.


La seconda serie animata, programmata per concludere il ciclo narrativo del manga, fu trasmessa in Giappone dall’ottobre del 1980 all’agosto del 1981. Composto da 47 episodi, i cui primi 12 sono un riassunto dell’ultima parte della prima serie necessario per via dei dieci anni di intervallo tra le due serie, adattò tutto il secondo arco narrativo fino al completamento della storia raccontata nel fumetto.

L’immagine di Rocky Joe che muore seduto nel ring è diventata iconica: qui sotto è stata ripresa per un modellino


La storia termina drammaticamente con la tragica fine di Jo Yabuki sul ring, che muore dopo aver dato tutto nel suo ultimo incontro per il titolo contro il campione del mondo Josè Mendoza. Jo Yabuki, sereno, resta seduto e muore dicendo a Yoko: “Non c’è più niente da bruciare, solo le bianche ceneri”.

Il finale della serie in lingua originale

In Italia, dopo che la prima serie animata è stata trasmessa nel 1982 da Rete 4, è stata replicata su vari canali regionali e nazionali per molti anni per cui, quando nel 1991 Italia 7 manda in prima visione la seconda serie lo scarto non peserà al pubblico Italiano.

Sigla italiana di Rocky Joe con immagini della seconda serie

Come è costume delle reti private del Bel Paese, nell’adattamento della seconda serie dell’anime venne modificata buona parte della trama originale, al punto da stravolgere completamente il finale in modo da lasciare intendere che Yabuki sia sopravvissuto all’incontro e che addirittura abbia intenzione di sposare Yoko e di continuare a combattere, per riprovare a diventare campione del mondo.

La storia originale viene invece rispettata nell’adattamento del film Oav “Rocky Joe – L’ultimo round”, che si focalizza sull’ultimo episodio, così come vengono ripristinati i dialoghi originali dell’anime.

 

Il triste epilogo della serie fa trasparire la disillusione dell’autore rispetto alla possibilità di cambiare il proprio destino. Jo Yabuki, divenuto simbolo dei giovani giapponesi del Sessantotto, pieni di ideali e coraggio, alla fine non è riuscito a sconfiggere il mostro di una società insensibile e implacabile.

 

Le tavole del manga originale…

 

3 commenti

  1. ERRATA CORRIGE: Un lettore appassionato mi ha fatto notare che, più precisamente, Italia 7 mandò in prima visione la seconda serie nel 1990. Verificando nell’archivio dei palinsesti di Italia 7 la precisazione è corretta, affido a questo commento la correzione.

  2. Joe muore felice per avere dato tutto sul ring, mendozza sopravvive distrutto, forse pure invalido, non è un brutto finale.

  3. Io non ho avuto il piacere di gurdare la seconda serie e forse non voglio nemmeno guardarla. Per me la prima è un capolavoro assoluto.

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