L’EDITORE MONDADORI SI APPROPRIA DI TOPOLINO

ll settimanale di Topolino viene lanciato nel 1932 dall'editore fiorentino Nerbini, ma tre anni dopo da Milano si fa avanti un editore ben più agguerrito: Arnoldo Mondadori...

Il settimanale di Topolino viene lanciato nel 1932 dall’editore fiorentino Nerbini, ma tre anni dopo da Milano si fa avanti un editore ben più agguerrito: Arnoldo Mondadori

Secondo la vulgata classica, all’uscita mondadoriana de I Tre Porcellini e soprattutto degli albi Nel Regno di Topolino, Mario Nerbini pensa di reagire all’evidente atto di forza concordato tra Disney e Mondadori conservando la testata di Topolino (di sua proprietà) e pubblicandoci i soli Cino e Franco, che a suo giudizio sono il vero motivo che spinge i lettori all’acquisto del settimanale. Non si dà quindi eccessivo pensiero, anche perché in quel momento L’Avventuroso viaggia alla grande e si dice, ma senza il supporto di adeguata documentazione, che sfiori le 500.000 copie settimanali.

Fin qui, appunto, la storia sempre raccontata. Ma la realtà appare, anche solo con i pochi documenti che abbiamo a disposizione, decisamente più complessa.

 

Il contratto del secolo

Si può solo supporre, come suggerisce tra le righe anche Ezio Ferraro, che le “amicizie” politiche di Mario Nerbini abbiano giocato un ruolo importante proprio in questo frangente. Se fosse vera la sua affermazione, già riportata, secondo la quale:

C’era poi di mezzo la complicata faccenda della cessione della testata di Topolino; per cui non riesce difficile arguire che un’altra mano gli fu data per altre vie. Se si considera poi che i diritti [dei fumetti King Features Syndacate – NdR] venivano accreditati sul conto personale di Benito Mussolini .
Ezio Ferraro, “Lotario Vecchi Editore”

Allora si potrebbe ipotizzare anche uno scenario di questo tipo: Mario Nerbini si appella ai “camerati” per difendersi dall’attacco, ma anche i milanesi hanno fatto pressioni in tal senso. Così uomini che occupano livelli politici molto alti del fascismo, magari anche di origine fiorentina, intervengono a mo’ di arbitrato, convincendo Nerbini ad accettare la perdita dei fumetti Disney ma imponendo nel contempo a Mondadori l’esborso di una cifra elevata a titolo di “buonuscita” per la cessione della testata Topolino. Anche la Kfs, che distribuisce i comics, paga uno scotto notevole, se è vera l’affermazione sopra citata di Ferraro. Inoltre Mario Nerbini ha l’assicurazione che nessuno toccherà L’Avventuroso e i fumetti americani che pubblica con crescente successo.
Il contratto tra Nerbini e Mondadori è pubblicato in forma integrale da Listri. alcuni passi ci interessano particolarmente:

Nerbini rinuncia a favore di “DISNEY” all’acquisto delle pagine domenicali e strisce in nero, disegnate da Walt Disney e concessele dalla Spett. King Features Syndicate col contratto del 19 Gennaio 1933 (…) Tutti i diritti sopra gli albums delle storielle aventi a protagonista la figura di Topolino-Mickey Mouse, già pubblicati da “NERBINI” (…) vengono esplicitamente eccettuati dal complesso di pattuizioni e rinuncie oggetto della scrittura privata presente. “NERBINI” conserva quindi il diritto di pubblicare tutti gli albums, per i quali ha già liquidato a “DISNEY” per anticipazione i relativi diritti, e si riserva la facoltà ed il diritto di effettuarne quante ristampe crederà opportuno durante un periodo di tre anni dalla data della presente scrittura (…) “DISNEY” a titolo di rimborso per le spese di lancio e di indennizzo per la introduzione, l’avviamento ed altra propaganda sostenuta da “NERBINI” per il giornale ”TOPOLINO”, la proprietà del cui titolo è sempre rimasta esclusivamente a “DISNEY” [il grassetto è mio] il quale ne aveva concesso a “NERBINI” il solo sfruttamento per un periodo definito e limitato, accetta e si impegna a versare a “NERBINI” la somma di lire trecentomila (…) si ripete e si precisa che il complesso degli impegni assunti da “NERBINI” verso “DISNEY” nella presente scrittura privata si sostanzia e si limita nel cessare la pubblicazione del giornale ”TOPOLINO” col numero recante la data del 4 agosto 1935, e nel cessare altresì la pubblicazione di ogni e qualsiasi supplemento di detto giornale a quella stessa data; (…) nella rinuncia integrale ed incondizionata di ogni e qualsiasi diritto “NERBINI” potesse avere acquistato in seguito al lancio, introduzione ed avviamento del giornale “TOPOLINO” e supplementi in base alle vigenti norme e leggi sulla stampa.
(Listri, op. cit.)
N.B.: “DISNEY” sta per Walt Disney-Mondadori.

Quando è ormai definito il passaggio a Mondadori dell’esclusiva Disney, la redazione di Topolino ovviamente tira i remi in barca. Esaurita la pubblicazione di Topolino e Pluto corridore e poi della storia in corso di Cino e Franco (La tribù degli Uomini Leopardo), come da perentori termini contrattuali, il settimanale passa a Mondadori. Il numero 135 è impaginato con lucidi di vecchie tavole prese dalla storia di Wolp e con poco altro.

Ironia della Storia, Paolo Lorenzini (Collodi Nipote), che si era teatralmente chiamato fuori alla fine del 1933, per motivi “culturali”, firma di nuovo il settimanale alla sua chiusura, come farà del resto per tutti gli altri periodici Nerbini, L’Avventuroso compreso, fino alla guerra.

Con questa pagina, termina il Topolino Nerbini. L’editore si porta via le strisce giornaliere di Cino e Franco, per i quali ha già preparato una casa tutta loro. Con il numero 137 del settimanale subentra Mondadori, che ha comunque provveduto a parare il colpo assicurandosi i diritti delle tavole domenicali degli stessi eroi, che fin dal numero successivo propone nelle stesse pagine, mutando solo il nome in Tim e Tom. Con un atto da gentiluomo di altri tempi, Nerbini pubblica addirittura un trafiletto, in cui avverte i lettori della novità.

Un bilancio del settimanale Topolino edito da Nerbini non può che essere ampiamente positivo. E ciò nonostante gli incertissimi inizi, le ricolorazioni, le traduzioni assai discutibili e un certo disordine generale.

Voglio solo sottolineare una cosa, che spero le immagini abbiano reso evidente: il Topolino Nerbini è oggi assai prezioso non tanto per la sua rarità in ambito collezionistico, quanto soprattutto per il suo valore intrinseco: intendendo con questo i contenuti a fumetti, ma anche la stampa e perfino la carta, che è di tale ottima qualità (acid free, diremmo oggi) da mantenersi ancora bianca ottant’anni dopo, a differenza di quella dei periodi Mondadori e Vecchi, fragile e ingiallita. In epoca di Ipad questi valori “tattili” sembrano non avere più dignità, ma secondo me sono invece di grande importanza per la fruibilità e in generale la leggibilità di un’opera, specie se a fumetti.

Per concludere, mi sembra interessante documentare il modo in cui Nerbini si attiene ai termini del contratto. Un catalogo Nerbini databile 1936, acquistato in asta da Claudio Gioda (che ringrazio per avermi messo a disposizione le fotografie), riporta l’elenco degli albi editi a Firenze, che Nerbini ristampa varie volte e cerca di far circolare il più possibile.

Tale pubblicità è, come abbiamo visto, ammessa esplicitamente dal contratto di cessione di Topolino. Esistono almeno due successivi cataloghi Nerbini, databili 1937 e 1940. Nel primo, di cui in questa sede riproduco solo la copertina e la pagina dedicata a Disney, sono riportati ancora i nove albi “canonici”, escluso Topolino contro Wolp.

Nel secondo, datato aprile 1940, che pure è ancora profusamente illustrato nelle pagine interne, con le immagini degli ormai proibitissimi eroi americani, Topolino è assente.

L’esordio del Topolino di Mondadori

Arnoldo Mondadori subentra a Mario Nerbini, quale editore di Topolino, con il numero 137 dell’11 agosto 1935.

Mettiamoci nei panni di uno dei lettori che quel giorno va all’edicola, senza sapere che il suo settimanale preferito ha cambiato editore. Ecco cosa trova.

La testata, disegnata da Giove Toppi, è la stessa dell’edizione Nerbini. La stampa, in tricromia, è tecnicamente uguale a quella solita, anche se più scadente rispetto agli standard fiorentini. Nerbini si serviva, nel 1935, della tipografia Vallecchi di Viale dei Mille, a Firenze. Per i primissimi numeri, pur disponendo di attrezzature proprie, Mondadori si rivolge all’Archetipografia Milanese di Viale Umbria, a Milano. Evidentemente, per rendere il passaggio il meno traumatico possibile, il nuovo editore cerca di realizzare un prodotto identico a quello nerbiniano, anche nelle sfumature.

Il direttore Responsabile è nientemeno che Antonio Rubino, ormai in rotta con il Corriere dei Piccoli. In prima pagina c’è una tavola domenicale di Mickey Mouse, ancora con strofette in rima, ridotte però a due versi per ogni vignetta.
Il nostro ipotetico lettore, se non va a guardare le gerenze del settimanale, nemmeno si accorge che qualcosa è cambiato.

Il racconto in testo è illustrato da un non meglio identificato Casolaro.

La storiella “preistorica”, vagamente presaga del Bc di Johnny Hart, è opera di F. M. De Ripperda, che a dispetto del nome è uno statunitense. Il titolo originale della serie, uscita negli Usa in quello stesso 1935, è Pebbles the Stone Age Kid (ristampato nel 1978 da Eureka – NdR). Nulla di meno, forse qualcosa di più, rispetto ai fumetti minimi con i quali Nerbini riempiva la gabbia del suo settimanale.

Qui il lettore, ignaro degli accordi intercorsi tra gli editori per il cambio di gestione, può restare perplesso. Di certo ha già visto, esposta nelle edicole, la locandina pubblicitaria del nuovo settimanale presentato in quei giorni da Nerbini, Il Giornale di Cino e Franco, e il relativo manifestino che è stato inserito nel numero 42 de L’Avventuroso del 28 luglio 1935. Il nuovo settimanale promette le meravigliose avventure dell’intraprendente duo della Pattuglia dell’Avorio. E allora, chi sono i due personaggi che, su Topolino, occupano le pagine che fin dal 1933 erano appannaggio del fumetto di Lyman Young e collaboratori?


Senza dubbio sono sempre Cino e Franco, con la mise “borghese” che sfoggiavano nelle primissime strisce di Sotto la bandiera del Re della Giungla.

Da Topolino n. 53, 1933

Ma i personaggi si chiamano Tim e Tom, non Cino e Franco. Ohibò. Nei numeri successivi, altri particolari.

E questi chi sono? Ma perbacco, senza dubbio i redivivi Re Carlos e capitano Dumont, il colonnello Stagg e Anita!

Siamo dunque, nella continuità narrativa, in un momento precedente l’inizio di Sotto la bandiera del Re della Giungla… Il nostro ipotetico lettore pensa proprio questo, e continua a pensarlo anche molti anni dopo, quando, da adulto, diventa collezionista e studioso di fumetti e cerca di ricostruire la “cronologia” delle storie di Cino e Franco, con tutte le attribuzioni del caso.

Il nostro ipotetico lettore consapevole del 1935, infatti, non è affatto ipotetico: è reale, e ce ne sono altri come lui. È il mio compianto amico Franco Franciosi, autore delle prime schede bibliografiche dedicate alle grandi serie americane degli anni trenta, pubblicate in appendice all’Enciclopedia dei Fumetti curata da Gaetano Strazzulla ed edita da Sansoni nel 1970-1971.

È l’inizio della filologia fumettistica: altri tempi, davvero.
Inizialmente, Franciosi e gli altri collezionisti pensano che quelle pubblicate sul Topolino Mondadori siano le strisce giornaliere che precedono, appunto, l’episodio pubblicato nel 1933. Poi scoprono che si tratta, invece, delle tavole domenicali di Tim Tyler’s Luck, con contenuti indipendenti rispetto alle dailies. Mondadori, come ha fatto del resto Lotario Vecchi (Saev), nel 1935 fa difatti man bassa delle Sundays che Nerbini, limitandosi a pubblicare le giornaliere, ha lasciato libere: ne vediamo molte, e assai significative, su L’Audace della Saev. Si pensa dunque che le giornaliere scaturiscano proprio da questo episodio domenicale: ipotesi suggestiva, destinata però a cadere quando si scopre che in realtà le dailies nascono in epoca lontanissima (1928).


Cino e Franco, tra gli anni cinquanta e sessanta, passano a una dimensione mitica: hanno i tratti della perduta epopea, le cui origini si perdono nei misteriosi territori del fumetto americano pre-avventuroso. La simpatica coppia ha regalato ai lettori tali e tanti fremiti, in epoca ancora vergine, da indurre a trascurare il valore del fumetto in sé, scaduto drasticamente di qualità proprio a partire dal 1935. Nuovi filologi ne ricercano le gesta inedite, come preziosi palinsesti, nelle biblioteche di tutto il mondo.

Ed è così che negli anni settanta l’editore “amatoriale” Silvano Scotto scova e acquista, in un archivio di provincia degli Stati Uniti, l’unica collezione esistente dell’unico quotidiano che aveva pubblicato Tim Tyler’s Luck dal’esordio (1928) e stampa la parte iniziale dell’epopea in una collana di albi a circuito chiuso. I grandi (e costosissimi) fascicoli di formato orizzontale sono un autentico avvenimento editoriale, tanto che ne parlano anche il settimanale Panorama e altre testate d’informazione. La serie giornaliera delle avventure di Cino e Franco, edita dal genovese Club Anni Trenta di Scotto, diventa così l’unica integrale esistente al mondo.

Ma nel 1935 la massa dei lettori non si fa troppi problemi: tutti capiscono che Tim e Tom e Cino e Franco sono gli stessi personaggi, e si godono le loro avventure sia sul Giornale di Cino e Franco sia su Topolino.

La redazione di Topolino indica l’autore di Tim e Tom/Cino e Franco: è Louis Young. Perché ribattezzare in tal modo il povero Lyman? L’uso di cambiare alcuni nomi anglosassoni con altri anglosassoni è pratica comune, in questi anni prebellici, e rispecchia un’Italietta in cui la padronanza dell’inglese è cosa assai rara. Quindi, poiché di Louis se ne conoscono parecchi, a cominciare da Armstrong, il cambio anagrafico addolcisce un nome dal suono ostico e incomprensibile.

A pagina 6, attribuito stavolta correttamente a Winsor McCay, Il piccolo Nemo a zonzo tra i pianeti è nientemeno che Little Nemo, il primo grande capolavoro del fumetto americano iniziato nel 1908. Queste tavole appartengono alla sua terza serie, pubblicata appunto negli anni trenta: in realtà è opera del figlio di McCay, e deriva da un collage di vecchie tavole rimaneggiate.
Nemo sarà scoperto dai critici europei alla fine degli anni sessanta, diventerà celebre tra tutti gli appassionati, ma nell’agosto del 1935 il piccolo Nemo passa inosservato.

A pagina 7, l’immancabile raccontino in testo e le rubrichette edificanti sono impreziosite da disegni di Antonio Rubino.

Lo storico numero 137 di Topolino si chiude con la prosecuzione e fine della tavola pubblicata in prima pagina. Mancano le strisce giornaliere di Floyd Gottfredson, che per il momento sono pubblicate sul Topolino Supplemento.

Anche il numero successivo è stampato in tricromia. In ultima pagina c’è una tavola “umoristica” di Mario Lamarchia, che fa riferimento in modo agghiacciante alle presunte provocazioni dell’Etiopia nei confronti delle guarnigioni italiane nella colonia dell’Eritrea (incidenti di Gondar e di Ual Ual) e alle repressioni messe in atto con i gas asfissianti.
Dispiace, proprio all’inizio del Topolino Mondadori, questa caduta di stile dettata dal desiderio di mostrarsi più… fascisti di Nerbini. Per fortuna, fumetti di simile smaccata propaganda non appariranno più sui settimanali mondadoriani fino al 1940.

 

I fumetti del grande Yambo

Dal n. 139 del 25 agosto 1935, la stampa di Topolino passa alla tipografia Same (Società Anonima Mondadori Edizioni) di Via Settala, a Milano, e la tricromia un po’ pasticciata lascia il posto ai regolari quattro colori. Topolino rivedrà la tricromia molti anni dopo, ma quella è tutta un’altra storia.

In prima pagina inizia la pubblicazione della storia di produzione domenicale conosciuta in seguito come Topolino e il canguro, che occuperà tutti i numeri restanti dell’annata e si concluderà sul n. 158 del 1936.

In ultima pagina inizia la pubblicazione di una storia italiana, la fantascientifica Gli uomini verdi, dovuta al genio del fiorentino Enrico Novelli, in arte Yambo (noto ai cinquantenni di oggi soprattutto per lo sceneggiato tratto da un suo personaggio protagonista di due romanzi e alcuni fumetti, “Le avventure di Ciuffettino”, trasmesso dalla Rai tra il 1969 e 1970 – NdR).

Gli uomini verdi di Yambo è in parte una rielaborazione di un suo romanzo del 1901, Atlantide.


Su Yambo, scrittore, illustratore, marionettista, autore di teatro e di fumetti, esiste una notevole bibliografia, sia cartacea sia in rete. Negli anni trenta, collabora sia al Topolino milanese che ai settimanali fiorentini di Nerbini, come vedremo a suo tempo.

Nato nel 1876, Yambo può essere considerato nel 1935 il decano dei fumettisti italiani: la sua attività con questa nuova forma d’espressione risale addirittura al 1920. Alcune note su Enrico Novelli le ho pubblicate in questa pagina.

Yambo, nel 1935, è particolarmente prolifico: collabora non solo a Topolino, con Gli uomini Verdi, ma anche a I tre Porcellini con l’ancora più accattivante Robottino.

Yambo, a cui anche Umberto Eco ha voluto rendere omaggio nel suo romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana, usando il suo nome per quello del protagonista, è uno dei padri della fantascienza italiana. Nel 1926 ha pubblicato L’uovo di pterodattilo (L’allevatore di dinosauri), anticipando di molti decenni l’idea di Michael Crichton, che ha originato la fortunata serie cinematografica di Jurassic Park.

Le storie di Novelli, scritte o disegnate, sono sempre caricaturali, “pupazzettistiche”, ma con una tensione emotiva e spunti epici degni di Salgari e Verne. Per molti aspetti, i suoi fumetti del 1935 iniziano proprio l’aurea scuola italica del “pupazzettismo avventuroso”, che ha in Benito Jacovitti l’alfiere principale e che si lega perfettamente all’afflato avventuroso delle strisce di Floyd Gottfredson. È sulle pagine del Topolino 1935 che si forma una fetta considerevole del Fumetto italiano.

Con il numero 142, dopo la chiusura del Supplemento di Topolino, il menabò del settimanale di Topolino viene rivoluzionato.

Le tavole domenicali di Mickey Mouse conservano l’onore della prima pagina, ma la seconda e la terza sono occupate finalmente dalle strisce giornaliere di Floyd Gottfredson e collaboratori. La storia in corso di pubblicazione è Il romanzo di Clarabella.

Chi sarà mai, nel 1935, il traduttore delle strisce di Mickey Mouse per la Mondadori? Certo è un traduttore colto e molto più attento alla lettera della versione originale, rispetto ai… creativi nerbiniani: “Guardatevi dalle monete false” è una battuta al limite del nonsense britannico, fedele traduzione della versione originale.

La redazione provvede a cancellare accuratamente i copyright originali, cosa che d’altronde anche Nerbini ha iniziato a fare su L’Avventuroso. È difficile che sia una scelta estetica, più probabile un tentativo ingenuo di mascherare in qualche modo la provenienza americana delle strisce. Non tanto quelle di Mickey, quanto quelle “avventurose” pubblicate sul settimanale.

Il settimanale ospita, sempre proveniente dal Supplemento di Topolino, anche Audax di Allen Dean (King of the Mounted Police).

Topolino manterrà sostanzialmente questa impaginazione fino al 1937 inoltrato, pur con l’alternarsi delle storie di produzione italiana e con qualche singolare esperimento, come vedremo in seguito.

Altro fumetto statunitense di pregio è Ella Parella, ovvero Ella Cinders di Charles Plumb. Grande orfanella-star degli anni venti, nata quale imitazione di Little Orphan Annie di Harold Gray ma presto “cresciuta” e dotata dal suo autore di una personalità originale, Ella Cinders vive nell’età del jazz avventure mondane con gustosi spunti di satira di costume. Ne parla Luca Boschi nel suo blog, con splendide immagini.
Dopo la Grande Depressione, Plumb è abile nell’usare il suo personaggio su due piani complementari: avventure esotiche, come le sue vicende nei mari del Sud, che pubblica difatti anche Topolino, e vicende casalinghe con un realismo a volte sorprendente e non privo di denuncia sociale, nel solco del New Deal rooseveltiano.

Un volumetto americano del 1933 che raccoglie alcune sue strisce rimontate.

Con il numero 148 del 27 ottobre, le didascalie in rima scompaiono: o meglio, vengono inizialmente rimpiazzate da cartigli che raccolgono alcuni “versi sciolti”, destinati comunque a scomparire anch’essi nel giro di poche settimane.

È un piccolo ma epocale cambiamento, che “sdogana” definitivamente il Fumetto in Italia anche come tecnica di narrazione.

 

(Gli altri articoli di Giornale POP dedicati ai fumetti pubblicati in Italia negli anni trenta e quaranta li trovate QUI).

5 commenti

  1. Chiedo scusa, ho letto bene?
    I diritti italiani dei fumetti King Features Syndacate spettavano a Mussolini?

  2. Caro lettore,
    faccio una necessaria premessa: gli articoli che Sauro Pennacchioli pubblica su Giornale Pop, dando loro una grande visibilità, sono un po’ datati. Avrebbero bisogno di vari aggiornamenti. Molte imprecisioni e inesattezze sono state a suo tempo corrette nel saggio “Eccetto Topolino” (NPE, 2021), di cui a novembre uscirà una sospirata nuova edizione.
    Detto questo, com’è specificato nel testo, l’affermazione che il KFS versava le royalties sul conto di Mussolini è (debitamente virgolettata) del compianto Ezio Ferraro, è priva di documentazione e va considerata una sua illazione. Provammo a cercare conferme, ma non le trovammo.
    La realtà è molto più complessa e la invito, se vorrà, a leggere la nuova edizione di Eccetto Topolino. Grazie per l’attenzione!

    • Grazie a lei. La cosa singolare è che si tratta di un’ipotesi talmente inaspettata che viene addirittura da pensare: “Nessuno potrebbe inventarsela, una cosa simile”.

      • Mussolini aveva un contratto per un tot di articoli da vendere agli americani, se non ricordo male. Quindi i pagamenti potrebbero anche essere avvenuti in maniera tortuosa. Non si capisce comunque perché avrebbe dovuto intascare denari non suoi.

        • Quello che Ferraro ipotizzava, dandolo per acquisito, nel suo saggio, era proprio questo: che Mussolini non fosse pagato direttamente, per i suoi articoli sui quotidiani americani, ma dirottando sul suo conto parte delle royalties versate da Nerbini. Ripeto: ipotesi non documentata.

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