
Dopo I tre lupini… di mare (Just Kids) di Ad Carter, su Topolino appare un’altra serie americana di notevole interesse.
Si tratta di La storia di Betta, Buddi e Donni, ovvero Big Sister di Leslie Forgrave, iniziata il 4 giugno 1928 su ispirazione di Little Orphan Annie di Harold Gray, epocale successo del Chicago Tribune. Questa striscia è targata Central Press Association, una consociata del King Features Syndacate (Kfs), l’agenzia che distribuisce tutte le serie proposte dall’agente italiano Guglielmo Emanuel a Mario Nerbini. Rispetto alle altre “orfanelle” del panorama fumettistico statunitense, Big Sister, con un’aria apparentemente più familiare e quasi dimessa, dipinge con efficacia il mondo della provincia americana, e forse per questo risulta gradita al pubblico italiano. 
Betta, la piccola protagonista, avrà in Italia un destino assai curioso. Una sua diretta rivale, sempre in casa Kfs, ovvero Little Annie Rooney, splendidamente disegnata da Neal Afonsky e Darrell McClure, verrà acquistata dalla Saev di Lotario Vecchi, proprio per cercare di contrastare Nerbini sul suo campo. Ma dopo pochi mesi, la Casa fiorentina si approprierà anche di questo personaggio, ribattezzandolo semplicemente… Betta e sostituendolo, senza tanti complimenti alla serie di Forgrave, come se si trattasse dello stesso fumetto!

Nel 1934 su Topolino l’autore italiano più interessante è forse Giorgio Scudellari. A dispetto delle scarsissime notizie biografiche che abbiamo su di lui, è senz’altro il disegnatore più attivo, nella fase iniziale delle pubblicazioni Nerbini, perfino più di Giove Toppi. Tanto per cominciare, è suo il disegno della testata de L’avventuroso. Inoltre disegna le copertine dei primi due albi di Cino e Franco, Sotto la bandiera del Re della Giungla e La fiamma eterna della Regina Loana.
Le uniche notizie biografiche su Scudellari sono quelle riportate da Gaetano Strazzulla.

Scudellari, Giorgio Nato a Santiago (Cile) il 10 aprile 1908; morto a San Paolo (Brasile) nel 1966, a seguito di un incidente automobilistico. Fu attivo particolarmente durante la seconda metà degli anni trenta, quando gli editori italiani di giornali per ragazzi cercarono di formare una schiera di disegnatori indigeni per supplire alla carenza di materiale d’importazione. Collaborò soprattutto all”‘Avventuroso”, al “Topolino” della gestione nerbiniana e ad altri periodici. Disegnatore eclettico e prolifico, passò indifferentemente dal comico all’avventuroso. Nel 1938, quando Nerbini varò il settimanale “Pinocchio”, disegnò a fumetti le nuove avventure del celebre burattino di Collodi. Nel dopoguerra, abbandonati i fumetti, si dedicò al cinema di animazione, tra l’altro partecipando come disegnatore ai lungometraggi La rosa di Bagdad (1942-48) di Anton Gino Domeneghini e a Le avventure di Rompicollo (1953-54) di Giuseppe Raccuglia.
(da Gaetano Strazzulla, I fumetti, Sansoni, 1980)
Giorgio Scudellari se la cava sia con le tavole puramente umoristiche, come quelle riprodotte qui sopra, sia con avventure “serie”, pubblicate su Topolino e sul Supplemento.

Scudellari è certamente l’autore più in sintonia con le novità americane: ne coglie abbastanza bene lo stile grafico e anche lo spirito, disegna addirittura alcune strisce apocrife di Mickey Mouse per il Supplemento con una capacità mimetica che resisterà ai decenni.
Il suo stile grafico si rifà un po’ a Lyman Young, ed è una via di mezzo tra il “pupazzettismo” più americanofilo (come quello del contemporaneo Roberto Sgrilli, autore di Formichino sul Corriere dei Piccoli) e la tradizione degli illustratori nazionali di inizio Novecento. A differenza di Buriko e perfino di Toppi, il suo modo di rendere le espressioni dei personaggi e la capacità di umanizzare gli animali in chiave non solo disneyana, ma nella tradizione del disegno d’animazione d’Oltreoceano, sono assai “moderne”. Non certo per caso Scudellari parteciperà all’esperimento riuscitissimo de La rosa di Bagdad (1949), lungometraggio di Anton Giulio Domeneghini uscito recentemente in blu ray.
Gli altri autori italiani di Topolino nel 1934 sono i già visti Gaetano Vitelli e Antonio (Angelo?) Burattini, con il suo Pisellino. Nel 1934 latita un po’ Giove Toppi, altrimenti ubiquitario.
Buriko prova, con risultati deludenti, a cimentarsi con il fumetto avventuroso, ma torna presto al suo Pisellino.
C’è perfino Giuseppe Perego, futuro attivissimo “Disney Italiano” del dopoguerra.
Ma i tempi stanno cambiando con velocità incredibile.
Nei primi mesi del 1934, Guglielmo Emanuel, rappresentante italiano del Kfs, è sommerso da nuove serie sindacate americane: si tratta dei fumetti nuovissimi allestiti negli Stati Uniti in un breve volgere di mesi per contrastare il successo del Tarzan a fumetti di Harold Foster e del Buck Rogers di Phil Nowlan e Dick Calkins, entrambi sulla cresta dell’onda fin dal 1929. Sono passate poche settimane, e Alex Raymond non è più il disegnatore di Cino e Franco, ma di ben tre serie-bomba, tutte sue, iniziate (negli Usa) fra il 7 e il 22 gennaio 1934!
Emanuel scrive a Mario Nerbini, che dopo la morte del padre è rimasto solo al comando della casa editrice, invitandolo a prendere visione delle patinate nuove di zecca. Il giovane editore va a Roma e ne rimane folgorato. D’altra parte è un esperto in campo “avventuroso”: da molti anni è l’editore italiano delle “dispense” di Nick Carter, i fascicoli dedicati ad adolescenti e adulti con lunghe e iterative storie d’avventura. I fumetti che gli sciorina davanti Emanuel, rivoluzionari anche per il mercato americano, gli suggeriscono possibilità mai esplorate, l’occasione, diremmo oggi, di aggregare target diversi, agganciando gli adolescenti e perfino gli adulti. Ma è proprio questo il problema: le grandi tavole che gli offre Emanuel sono di difficile proposta su Topolino. È anche una questione di formato. Per quello, ci sarebbe il Supplemento. Ma si tratta pur sempre di un giornalino rivolto all’infanzia, e soprattutto, che senso ha insistere sulla “maschera” di Topolino, se sono Cino e Franco a far vendere il settimanale?
Nerbini, con la scrivania invasa dalle proofs del Kfs, che ha acquistato in blocco, a un certo punto rompe gli indugi, manda al diavolo tutti quanti e allestisce un nuovo giornalone, tanto rivoluzionario che di più non si può…
La nuova bomba editoriale scoppia il 14 ottobre 1934, e cambia radicalmente non solo il gusto estetico, ma anche la forma mentale di una generazione di lettori, con esiti ancora presenti nel fumetto contemporaneo.
Si tratta del settimanale L’Avventuroso: abbiamo iniziato a parlarne QUI.
Finalmente arriva Paolino Paperino

Il grande successo de L’Avventuroso assorbe quasi completamente le energie di Mario Nerbini e dei suoi collaboratori. Il settimanale Topolino e il suo Supplemento mensile (poi quindicinale), oltre a ricevere poca cura, vengono sempre più caratterizzati come periodici per l’infanzia, a parte la pubblicazione di Cino e Franco: le tavole degli autori italiani restano ancorate allo stile Corriere dei Piccoli, con pochi tentativi di inventare storie “avventurose” a continuazione, come invece si fa sul nuovo giornalone che ospita Flash Gordon e compagni.
Lo spirito avventuroso-eroico è per lo più affidato ai racconti in testo illustrati da Giove Toppi.

Oltre a Buriko e al suo Pisellino, appaiono tavole disegnate da Guido Moroni Celsi, che si firma anche con l’anagramma Romino Lesci.
L’unico che tenta un approccio “naturalistico” è Gaetano Vitelli.
Del tutto particolare è la lunga storia di sapore favolistico La meravigliosa storia di Gelso, di Giorgio Scudellari, che soffre della struttura a verbose didascalie, ma che ha una notevole capacità visionaria.
La serie delle meravigliose avventure “giornaliere” di Topolino, scritta da Ted Osborne e Merrill De Maris e disegnata da Floyd Gottfredson, viene pubblicata sia su Topolino sul sul Supplemento. Il settimanale nerbiniano, nel 1935, presenta Topolino e l’elefante, Topolino nel Paese dei Califfi, Pluto corridore.
In aprile, la Nerbini ha uno stand alla Fiera di Milano, grande vetrina non solo nazionale per l’industria e il commercio. Forse Mario Nerbini cerca di aggiustare il tiro per compiacere Walt Disney, che in questo periodo gli sta creando grossi problemi. È probabilmente per questo motivo che pone Mickey Mouse come sottotitolo al settimanale, benché per pochi numeri.
Ecco la pagina di Topolino con la foto dello stand Nerbini alla Fiera di Milano del 1935.
Ed ecco una riproduzione dello scatto originale, proveniente dal disperso archivio Nerbini.
In questi numeri arriva anche Paperino, la nuova star disneyana già comparsa sul Supplemento con la sua storia d’esordio, La gallinella saggia (tavole domenicali della serie Silly Symphonies, 1934). Su Topolino, Donald Duck appare come coprotagonista della storia poliziesca conosciuta in seguito con il titolo Topolino e il mistero dei cappotti, qui Il mistero dei cappotti rubati:
Paolino Paperino è usato anche come improbabile baby sitter per i nipotini di Topolino, che nel 1935 cambiano sesso e diventano delle… ragazzine.
Nelle stesse settimane, le avventure di Cino e Franco passano a tre colori: è la prova generale del Giornale di Cino e Franco, già in gestazione.
Reduce dal Corriere dei Piccoli, che ha abbandonato per approdare al settimanale Il Balilla (e poi a Mondadori), Antonio Rubino fa la sua unica incursione nerbiniana con le illustrazioni per un racconto.
Verso la fine della gestione Nerbini, viene reclutato anche un altro autore di area milanese, Enver Bongrani, collaboratore delle edizioni Mediolanum e Saev.
Ma il grande successo di Jumbo, di Topolino, de L’Avventuroso e di altre testate ha svegliato un gigante milanese, che ha posto gli occhi proprio sul Grande Topo, progettando di utilizzare Disney per invadere le edicole italiane. L’attacco a Nerbini, fatto in pieno accordo con Disney in persona e francamente scorretto, avviene nel marzo del 1935 con il lancio del settimanale de I Tre Porcellini, come abbiamo visto QUI.
Intanto Nerbini, giusto per mostrare i muscoli, inserisce qualche pagina di propaganda fascista: lui è uno squadrista, un fedelissimo, se ne ricordino i camerati, quando altri cercheranno di togliergli quel che è suo. Sono solo mie illazioni, naturalmente.
Di rincalzo, Buriko si occupa di narrare le gesta di stralunati balilla.

(Gli altri articoli di Giornale POP dedicati ai fumetti pubblicati in Italia negli anni trenta li trovate QUI).