I FRANCOBELGI NEL CORRIERE DEI PICCOLI/RAGAZZI

I FRANCOBELGI NEL CORRIERE DEI PICCOLI/RAGAZZI

Chi cercasse notizie sul settimanale Corriere dei Piccoli scoprirebbe che il suo primo numero è uscito nel lontano dicembre 1908 e l’ultimo nell’agosto del 1995.
Scoprirebbe, inoltre, che nel gennaio del 1972 fece la comparsa nelle edicole un altro settimanale chiamato Corriere dei Ragazzi, che, dopo aver riscosso un certo successo, scomparve all’improvviso nel novembre del 1976.

Più precisamente, il Corriere dei Piccoli a partire dal 1961 ha intrapreso una serie di cambiamenti profondi, fino al cambio del nome nel gennaio 1972 diventando, appunto, Corriere dei Ragazzi.
Nel novembre 1976, in realtà, ci fu un nuovo cambio di nome in Corrier Boy, accompagnato dai contenuti. Nel gennaio del 1979 un ulteriore cambio di nome in Boy Music, e, infine, nel dicembre 1984, cessarono le pubblicazioni.

Quanto al Corriere dei Piccoli, non scomparve con l’arrivo del Corriere dei Ragazzi, ma vi fu dapprima allegato come inserto per poi ritornare in edicola separatamente.
Si tratta però a tutti gli effetti di una seconda rivista, perché il “vero” Corriere dei Piccoli, in primo luogo per i contenuti, era ormai il Corriere dei Ragazzi.

Se escludiamo i primi decenni del Novecento, quando presentava il Signor Bonaventura di Sto (Sergio Tofano), Quadratino di Antonio Rubino e Bilbolbul di Attilio Mussino, il periodo di maggior interesse del Corriere dei Piccoli è probabilmente quello che va dal 1961, quando la rivista introdusse massicciamente i fumetti, sino al 1976, quando il Corriere dei Ragazzi cambia in Corrier Boy e troncando tutti i legami con la gestione precedente ormai sulla soglia del fallimento.

In questo periodo felice, i cui anni migliori sono quelli che vanno dal 1965 al 1973, sono
state pubblicate almeno un centinaio di storie tra le più importanti dalla scuola franco-belga tra gli anni cinquanta e gli anni settanta, oltre ad alcune davvero pregevoli di scuola italiana.
Ecco 10 esempi.

 

Clorofilla contro i topi neri

Chlorophylle contre les rats noirs di Raymond Macherot, dal 42/1965 al 5/1966

Siamo in una campagna antropizzata e desolata nello stesso tempo, con la presenza dell’uomo che traspare silenziosa dai rifiuti abbandonati, dalle casupole in rovina, dalle barriere (sbarre, recinzioni, filo spinato) che spuntano in ogni angolo di questo mondo idilliaco solo in apparenza, in realtà pieno di anfratti minacciosi e nascondigli impensati.
L’uomo è l’invisibile spettatore di una lotta senza quartiere tra un’orda di topi neri, capeggiati dall’astuto e cattivissimo Nerone, e gli abitanti della campagna, roditori, lepri, uccelli, tutti alleati nel difendere il loro mondo.
Sotto la guida del piccolo ma indomito ghiro Clorofilla e della lontra sua alleata, gli animali “buoni” avranno la meglio, dopo una lotta senza esclusione di colpi: i topi neri saranno decimati e il loro capo catturato.
Anche se presto fuggirà per vendicarsi di Clorofilla e dei suoi amici. La lotta è solo cominciata!

 

Il prigioniero di Budda

Le prisonnier du Bouddha di Greg e Franquin, dal 29/1966 al 44/1966

Negli anni sessanta si pensava che la Cina di Mao Zedong, che aveva appena sviluppato la bomba atomica, fosse anche più pericolosa per l’Occidente dell’Unione sovietica.
La collaborazione tra lo sceneggiatore Greg e il disegnatore Franquin produce un fumetto che è forse l’opera migliore mai realizzata sul tema.
I cinesi rapiscono uno scienziato americano inventore di uno strumento capace di annullare la forza di gravità, facilmente utilizzabile a scopi bellici. Spirù e Fantasio, sempre in compagnia dei loro buffi animaletti, si infiltrano nel territorio cinese pur di liberare lo scienziato, riuscendoci per il rotto della cuffia e solo grazie a un uso creativo dello strumento miracoloso.
Con umorismo e avventura bilanciati alla perfezione, la storia diventa una delle migliori storie della serie.

 

Le 12 fatiche di Poldino Spaccaferro

Les douze travaux de Benoît Brisefer di Peyo, Yvan Delporte e François Walthéry, dal 39/66 al 23/67

Chi avrebbe detto che il signor Trombetta, il tassista amico di Poldino Spaccaferro, avesse fatto parte di un’orchestra jazz nei suoi anni giovanili?
Una sera i componenti di quell’orchestra avevano pagato i debiti di un giovane emiro che si trovava a passare nel loro locale e questi, per sdebitarsi, aveva donato loro un terreno desertico, allora di scarso valore, ma adesso diventato improvvisamente preziosissimo: vi è stato trovato il petrolio!
Comincia così una caccia al tesoro, vale a dire ai nove pezzi dell’atto di proprietà, ognuno in possesso di un diverso componente dell’orchestra jazz, e ognuno in procinto di essere rubato da un nemico potente e invisibile, che non esita ad attentare alla vita di tutti coloro che si mettono sulla sua strada, Poldino compreso.
Sarà dopo aver messo in campo tutta la sua forza, al limite delle proprie capacità (come le “fatiche” di Ercole) che il ragazzino avrà la meglio sui nemici, i capi di una compagnia petrolifera senza scrupoli e con complici in ogni parte del mondo.
La storia si dipana dalla prima all’ultima vignetta senza cedimenti come in un film di James Bond, con in più l’umorismo e gli equivoci delle storie di Poldino.

 

Il Puffissimo

Le Schtroumpfissime di Peyo e Yvan Delporte, dal 19/68 al 38/68

Il Grande Puffo deve assentarsi per qualche tempo dal villaggio per cercare dell’euforbia e se ne va con mille raccomandazioni.
I Puffi, dopo un momento di confusione, eleggono un nuovo capo temporaneo: è un puffo la cui sola abilità è quella di aver convinto tutti gli altri a votare per lui dopo aver promesso tutto ciò che vogliono.
Una volta eletto, un passo alla volta, il “democratico” puffo si trasforma in un dittatore sempre più spietato: si inizia da un assurdo costume dorato e si finisce con gli oppositori gettati in carcere, con la rivoluzione e una tragica conclusione evitata solo dal ritorno del Grande Puffo.
La parabola del puffo diventato “puffissimo” ricorda quanto accaduto troppo spesso nel mondo reale. L’umorismo e l’ironia, sempre presenti, bastano appena a stemperare una vicenda molto amara che mette a nudo la fragilità su cui si basa la nostra società.

 

I soli di ghiaccio

Les soleils de glace di Greg ed Eddy Paape dal 22/68 al 28/68

L’avventura sul Corriere dei Piccoli inizia a metà (la prima parte era stata pubblicata nei Classici Audacia della Mondadori), ma questo nulla toglie al succedersi frenetico di pericoli, colpi di scena e capovolgimenti che accompagnano il lettore, dalla prima all’ultima vignetta di una storia che narra della ricerca di una spedizione aliena, da parte di un gruppo di scienziati svizzeri guidati dal sag Hugo Kala e dal suo intrepido assistente Luc Orient.
In questa storia c’è di tutto: natura impazzita per le contaminazioni aliene, tribù primitive, un nemico che agisce nell’ombra, e infine gli extraterrestri. La loro presenza, dapprima solo intuita, si fa sempre più concreta a ogni pagina, fino a diventare il tema portante non solo di questa storia, ma di buona parte delle successive.
Talmente serrato è il ritmo che Greg imprime alla storia, e talmente fascinosi i disegni di Eddy Paape, che incoerenze e ingenuità si perdonano subito. In compenso i personaggi rimarranno per sempre indimenticabili.

 

Niente siesta per i Dalton

Tortillas pour les Dalton di René Goscinny e Morris, dal 31/68 al 39/68

Mentre vengono trasferiti da un penitenziario all’altro, i fratelli Dalton sono liberati da un bandito messicano, con il quale finiscono per allearsi dopo aver rischiato di farsi impiccare.
Ma una volta che rapine e sequestri compiuti con lui falliscono, vuoi per la loro sfortuna, vuoi per l’abissale stupidità dei Dalton, arriva Lucky Luke a riportarli in carcere, loro e la banda del messicano.
Fantastica commedia degli equivoci che ricorda i film con Louis de Funès, questa storia di Goscinny presenta tutti i personaggi al loro meglio, mentre le battute memorabili non si contano. Dal tormentone di Averell Dalton che chiede sempre da mangiare storpiando le parole, al cane Ran-Tan-Plan che vuole imitare un chihuahua bene addestrato…

 

Il flauto a 6 puffi

Le flute a six schtroumpfs di Peyo, dal 24/69 al 33/69

Nel reame di Rolando e Pirulì può capitare di trovare un flauto magico, in grado di far ballare magicamente a comando chiunque ne ascolti la musica.
Se Pirulì lo usa solo per fare scherzi ai suoi amici, chi glielo ruba se ne serve per far ballare fino allo sfinimento le vittime che rapina. Il solo modo per recuperarlo è quello di trovare un altro flauto magico, usandolo per combattere il ladro ad armi pari: ma poiché sono i Puffi a costruire flauti magici, Rolando e Pirulì dovranno chiedere il loro aiuto dopo essere arrivati nel loro paesi.
L’episodio è famoso perché i Puffi vi appaiono per la prima volta, questa storia è una favola avventurosa che rivaleggia con quelle di Walt Disney. È un peccato che l’autore abbia finito per abbandonare Rolando e Pirulì per dedicarsi solo ai Puffi: ma nessun flauto magico poteva dargli il tempo necessario a disegnare tanti personaggi.

 

Una ballata del mare salato

Di Hugo Pratt, dal 23/71 al 39/71

Verso la fine del 1913 un gruppo di pirati, capeggiati da uno strano individuo che veste un saio e porta un cappuccio che non toglie mai facendosi chiamare “Monaco”, spadroneggia nel Pacifico meridionale.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale i pirati si alleano con i tedeschi, finendo sconfitti e dispersi dagli inglesi, ma non prima di un’infinita serie di avventure e capovolgimenti di fronte.
Corto Maltese, qui alla sua prima apparizione, è solo uno dei tanti personaggi di questa indimenticabile “ballata”, forse più simile a un romanzo di Conrad che a un fumetto.
Chi potrà dimenticare il feroce Rasputin, il saggio Cranio, l’eroico tenente Slütter, i giovani Cain e Pandora Groovesnore, ostaggi dei pirati, gli indigeni ora minacciosi ora amichevoli? E soprattutto l’immenso oceano Pacifico, silenzioso spettatore di ogni vicenda e metafora del destino che sembra guidare la vita dei protagonisti.
(La storia era sta pubblicata originariamente dal 1967 sulla rivista Sgt. Kirk, mentre gli episodi successivi dedicati esplicitamente a Corto Maltese furono pubblicati dal 1970 nel settimanale francese Pif Gadget: quindi, pur essendo un personaggio italiano, ha raggiunto il successo oltralpe – NdR).

 

Il cratere dei sortilegi

Le Cratère aux sortilèges di Greg ed Eddy Paape, dal 44/71 al 52/71

Dopo le meraviglie sul pianeta Terango, le avventure di Luc Orient tornano sulla Terra: questa volta tutto si svolge in un paesino di montagna, dove è caduto un meteorite un po’ strano, ma all’apparenza innocuo.
O no? Ben presto si fa strada, nei protagonisti della storia e nei lettori, l’idea che con il meteorite siano arrivate delle creature invisibili e ostili. Il paese resta isolato, gli abitanti vengono aggrediti, a volte uccisi, e lo stesso Luc se la cava per il rotto della cuffia… poi, il colpo di scena finale: e la storia acquista quella marcia in più che la trasforma in un capolavoro.
Memorabili, in questa avventura, certe sequenze degne di Dario Argento, come l’agguato nella locanda e il collasso di Luc davanti al telefono, in grado di far salire la tensione a livelli altissimi e allo stesso tempo di lasciare dei sottili indizi su cosa stia realmente accadendo…

 

L’uomo senza passato

Epitaphe pour Ric Hochet di André-Paul Duchâteau e Tibet, dal 45/73 al 51/73

Più che un’indagine questa storia sembra un incubo preso dai film più cupi e allucinati di David Lynch. Ric Roland, smarrito, braccato, privato della sua identità, della memoria e persino della sua stessa faccia, solo e senza nessuno a cui chiedere aiuto, si aggira nella più classica delle notti buie e tempestose in attesa della fine.
Sarà solo a dieci vignette dalla conclusione che l’ultimo colpo di scena rimetterà ogni cosa al suo posto, lasciando il lettore stupefatto e ancora sconvolto dopo un succedersi frenetico di eventi inaspettati e di situazioni in apparenza senza via d’uscita.
L’incubo presente in questa storia, con i suoi elementi thriller e persino horror, turberà a lungo i sonni dei giovani lettori.

 

Il Corriere dei Piccoli francobelga nel suo fulgore

Come spiega nell’editoriale il direttore responsabile Carlo Triberti (sicuramente dopo essersi consultato con l’intraprendente direttore generale dei periodici del Corriere della Sera Mario Oriani), nel numero del 17 marzo 1968 il Corriere dei Piccoli acquista il formato e la composizione tipica del suo periodo francobelga.

Ecco alcune pagine di quel numero mitico.

 

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7 commenti

  1. Chlorophille, però, non è un ghiro, ma un quercino… 🙂

  2. In effetti sarebbe un quercino, ma quanti sapranno di che animale si tratta? E’ pur sempre un ghiride… comunque correggerò in “ghiro quercino”, così dovrebbe essere corretto e chiaro a tutti.

  3. Che ricordi, ragazzi! Rammento la storia, mi pare fosse il seguito di “Robiolina e l’impostore”, con il topo Abelardo, il quale, scacciato dalla campagna nell’episodio precedente, tornava con un esercito di “topi di città” diventando un dittatore! Ed anche una storia delle serie “La combriccola” dove c’era un giardino pieno di trappole (sic!) con rifugio mi pare ottenuto da un autobus scassato. E poi senz’altro il qui citato “Il Puffissimo” che mi piacque molto all’epoca. Non dimenticando i miei prediletti Luc Orient, Bruno Brazil, Bernard Prince, Dan Cooper, ecc.

    • Robiolina è un personaggio diverso da Clorofilla, ma in effetti si assomigliano e sono dello stesso autore. Nei tuoi ricordi hai messo insieme un po’ dell’uno e dell’altra. 🙂

      • Credo proprio che sia tu a fare confusione, Andrea. Lo so che ti riferisci alla storia “Clorofilla contro i topi neri”, da te citata nell’articolo. Ma ti assicuro esiste anche la storia “Robiolina contro Abelardo” che racconta esattamente ciò a cui ho fatto cenno io. Il brigadier Riccio scaccia Abelardo e lui si reca nelle fogne della città e torna con un esercito di sorci coi i quali “conquista” Boscolieto.

        • Sia la storia “Clorofilla e i topi neri” (autunno 1965) che quella che hai citato nel tuo secondo messaggio, “Robiolina contro Abelardo” (primavera 1970) hanno come tema portante l’esercito di topi, guidato dal cattivo (Nerone nel primo caso, Abelardo nel secondo), che invade la campagna. Poiché tu avevi scritto, commentando “i topi neri”, “Rammento la storia, mi pare fosse il seguito di “Robiolina e l’impostore”, con il topo Abelardo, il quale, scacciato dalla campagna nell’episodio precedente, tornava con un esercito di “topi di città” diventando un dittatore!”, hai dato l’impressione di aver confuso le due storie, che hanno lo stesso tema, con “Robiolina contro Abelardo” che in effetti è il seguito – sia pure con altre due storie in mezzo – di “Robiolina e l’impostore” (estate 1968).
          Forse questo è dovuto al fatto che non conoscevi “i topi neri” perché pubblicata anni prima? Le tue osservazioni fanno pensare che tu sia stato assiduo lettore solo dal 1968 in poi. Se non conosci “i topi neri” dimentica Robiolina e fai di tutto per leggerla (siamo molti livelli più in alto), anche se purtroppo non ne esistono edizioni italiane in albo.

  4. Veramente il quercino viene chiamato anche “topo quercino” (sebbene non abbia nulla a che vedere con i topi). Appartiene alla stessa famiglia del ghiro e del moscardino (a.k.a. nocciolino), ma non credo sia corretto nemmeno chiamarlo “ghiro quercino”!

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