PRATT, BATTAGLIA, TOPPI, DI GENNARO E UGGERI SUL CORRIERE DEI PICCOLI

Dopo l’esordio in edicola nel 1908, con una tiratura iniziale di 80mila copie, il Corriere dei Piccoli diventa in breve tempo una delle letture di riferimento dei figli della borghesia dell’età giolittiana.
Il settimanale si caratterizza per la sua impronta pedagogica, che cerca di trasmettere ai piccoli lettori i valori del patriottismo e dell’etica risorgimentale. Inoltre, la scelta di rinunciare ai balloon a favore delle didascalie in rima fa si che in Italia il fumetto, diversamente da quanto succede in America, rimanga relegato ai bambini.
Nel periodo tra le due guerre mondiali raggiungono il successo personaggi realizzati dagli autori italiani, che si aggiungono a quelli classici americani. Sono il Signor Bonaventura di Sto (Sergio Tofano), Quadratino di Antonio Rubino, Bilbolbul di Attilio Mussino, Sor Pampurio di Carlo Bisi e Marmittone di Bruno Angoletta.
Nel secondo dopoguerra le storie illustrate con le didascalie in rima hanno ormai fatto il loro tempo, data la concorrenza degli albi a fumetti veri e propri. Cominciano quindi a essere messe in secondo piano e, soprattutto agli inizi degli anni sessanta, con l’avvento alla direzione di Guglielmo Zucconi e poi di Carlo Triberti, stimolati dal direttore generale della casa editrice dei Fratelli Crespi, Mario Oriani, si decise di puntare sui fumetti con i balloon.
Fumetti avventurosi, non solo comici.
Vengono quindi coinvolti diversi disegnatori, per lo più provenienti dall’illustrazione, che si riveleranno tra i più grandi interpreti del fumetto italiano del periodo.
Ricordiamo i principali protagonisti di quella stagione.
Mino Milani
Lo sceneggiatore Mino (diminutivo di Guglielmo) Milani ha realizzato oltre 700 sceneggiature per il Corriere dei Piccoli.
Per non inflazionare il suo nome sulle pagine del settimanale ha utilizzato vari pseudonimi, tra i quali Stelio Martelli, Eugenio Ventura, Piero Selva, Mungo Graham Alcesti e T. Maggio.
Medico mancato, grande appassionato di storia, è stato un frequentatore di tutti i generi popolari, dal western al bellico, dallo storico al fantascientifico. Con le sue storie ha fornito diverso materiale ai giovani, ma già abilissimi, disegnatori sulle pagine del Corriere dei Piccoli.
Di lui ha detto lo scrittore Gianni Rodari, altro collaboratore di prestigio del settimanale: “Non è un romanziere d’una volta, ma uno scrittore d’oggi, contemporaneo del cinematografo e della tv, due invenzioni con le quali ha fatto da un pezzo i suoi conti, traducendo in una tecnica moderna la loro grande lezione: narrare per immagini ritmando velocemente l’azione”.
Hugo Pratt
Nel 1962, nel pieno della crisi del fumetto argentino, Hugo Pratt decide di tornare in Italia. Si stabilisce a Malamocco, un quartiere di Venezia, dove inizia a collaborare con il Corriere dei Piccoli.
Con Anna nella giungla e Wheeling era diventato un autore completo, ma al Corrierino fa un passo indietro e torna a disegnare su testi altrui.
Nel 1962 realizza Le avventure di Billy James, su testi di Mino Milani. L’anno dopo, Le avventure di Simbad (illustrazioni con didascalie a cura di Mino Milani) e L’Odissea (illustrazioni con didascalie a cura di Franca Basaglia).
Nel 1964, su testi di Alberto Ongaro, dà vita a L’Ombra, un uomo mascherato protagonista di tre avventure dal 1964 al 1966.
Sempre nel 1964 disegna I giganti burloni (illustrazioni con didascalie a cura di Vezio Melegari). Nel 1965 realizza Ercole (illustrazioni con didascalie a cura di Vezio Melegari) e L’isola del tesoro (adattamento del romanzo di Robert Louis Stevenson a cura di Mino Milani).
Nel 1967 disegna Il ragazzo rapito (adattamento del romanzo di Stevenson a cura di Mino Milani) e Le avventure di Fanfulla (sempre su testi di Milani).
Il periodo in cui Pratt collabora con il Corriere dei Piccoli, dal punto di vista stilistico, si caratterizza per un uso massiccio del pennino, a differenza del periodo precedente e di quello successivo dove predomina il pennello.
Dino Battaglia
Dino Battaglia inizia a collaborare con il Corriere dei Piccoli nei primi anni sessanta. Il suo campo d’azione preferito è quello dell’adattamento di opere letterarie. In quel periodo l’autore, nonostante sia nel fumetto da oltre dieci anni, non ha ancora raggiunto uno stile pienamente definito pur vantando già un’elevata resa tecnica.
Tra le opere più riuscite di questo periodo c’è l’adattamento de La freccia nera (1963), romanzo di Stevenson che sarà affrontato anche da Gianni De Luca per Il Giornalino.
È evidente il grande lavoro di pennino e sono già presenti le zone nere trattate con la spugna, ma la composizione della tavola è ancora poco organizzata e le vignette contengono dettagli affastellati.
La visione dell’autore comincia a farsi più personale con l’episodio di fantascienza I cinque della Selena (1965), su testi di Mino Milani. Qui la composizione è finalmente accurata e le vignette più leggibili.
Il segno ha acquistato una tensione interna che dà vita allo storytelling. Mancano solo l’esplosione della griglia della pagina e il superamento del nero pieno a favore di un grigio sfumato, che arriveranno con la maturità nei fumetti pubblicati su Linus.
Sergio Toppi
“Toppi ha una poetica, non semplicemente uno stile; e le caratteristiche di quest’ultimo sono parte integrante della poetica stessa”.
L’autore milanese si distingue soprattutto per il segno graffiato e nervoso, ricco di tessiture e tratteggi che danno contorno e movimento al disegno. Al centro di tutto c’è un tratteggio deciso che spesso si trasforma in arabesco. Il quale, nelle sue mille evoluzioni, riesce a regalare agli elementi disegnati una trama sempre diversa ed espressiva.
Nel Corriere dei Piccoli della seconda metà degli anni sessanta è ancora un disegnatore alle prime armi che, guardando soprattutto a Dino Battaglia, cerca di trovare la propria strada.
Uno dei suoi fumetti più riusciti è La vera storia di Pietro Micca, scritto da Mino Milani (1969).
Dai suoi disegni sembra trasparire una profonda inquietudine. L’autore si sente come imprigionato dalla gabbia monotona e ripetitiva che caratterizza le pagine del Corriere dei Piccoli. Il tratto soffre ancora di una certa pesantezza e di una scarsa pulizia, ma Toppi mette già in mostra una notevole vitalità.
Mario Uggeri
Mario Uggeri, detto “il sciarpa” per l’immancabile sciarpa bianca che gli donava una eleganza d’altri tempi, era un autodidatta del disegno che credeva nel lavoro dal vero. Rivolgendosi a una sua storica modella, tale Giusy, era solito dirle in milanese: “Te ghet un cul che l’è una càtedral”.
Dal 1957 Uggeri collabora con il Corriere dei Piccoli mettendo in mostra un segno inconfondibile, materico, pieno di pathos e sapienza grafica, capace di conferire vita alle figure che ritrae.
Si tratta di uno stile che parte dalla osservazione diretta della realtà per trasformarla in un linguaggio fortemente fumettistico, che forma figure sempre naturali e plausibili, protagoniste di situazioni incredibilmente comunicative immerse in ambientazioni ricche di atmosfera.
Si tratta di uno stile che, riuscendo a unire ricchezza di dettagli e capacità di sintesi, fu molto imitato in quegli anni. Diventando più sintetico e ancora più fotografico negli anni sessanta, con gli episodi della giovane Paglia, scritta dal solito Mino Milani.
Aldo Di Gennaro
Ultraottantenne, presente su Facebook, Aldo Di Gennaro è, come molti dei disegnatori che collaborarono con il Corriere dei Piccoli, un illustratore prestato al fumetto che in questa disciplina riesce però a raggiungere risultati rilevanti.
Di Gennaro, che viene dalla cartellonistica cinematografica, inizia a collaborare con il Corrierino nel 1961, quando una sua illustrazione marinara viene notata dalla redazione della rivista, che gli chiede di disegnare alcune immagini per Viaggio al centro della Terra, adattamento dell’omonimo romanzo di Jules Verne.
L’anno successivo esordisce anche come fumettista ne Il treno del sole, una storia che racconta la vicenda di alcuni immigrati che dalla Sicilia si trasferiscono a Torino, scritta da Renée Reggiani.
Sulle pagine del Corriere dei Piccoli Aldo Di Gennaro ha l’opportunità di mettere a punto uno stile caratterizzato da soluzioni eleganti ed efficaci, sempre mutevole e incline alla sperimentazione grafica come testimoniano le raffinate tavole di Fortebraccio del 1967, un personaggio scritto da Mino Milani.