I GRANDI AUTORI DEL CORRIERE DEI RAGAZZI

Nato nel 1972 come tentativo di modernizzare il Corriere dei Piccoli e di sdoppiarlo in due testate diverse per età, nonché di approfittare del boom delle vendite di fumetti in Italia durante i primi anni settanta, il Corriere dei Ragazzi arriverà per qualche anno a proporre sulle sue pagine il meglio del fumetto italiano.
Il direttore Giancarlo Francesconi, finché rimane sul ponte di comando, riesce a tenere alto il livello qualitativo degli autori. Non è altrettanto fortunato con le vendite, che calano dalle iniziali 250mila copie alle 100mila del 1975, l’anno in cui lascia la direzione.
Ricorda Alfredo Castelli, allora redattore del Corriere dei Ragazzi: “Credo che tutti abbiamo un rimpianto per una situazione particolare; può essere un amore, una vacanza, il sessantotto, una certa sensazione. Il rimpianto deriva dalla precisa coscienza che la situazione è assolutamente irripetibile (e se questa presa di coscienza non c’è, si rischia di trascorrere la vita a tentare inutilmente di ripeterla anziché viverne delle altre altrettanto piacevoli, ma diverse). Bene, in un momento particolare un direttore particolare, un gruppo di redattori e di collaboratori particolari ha messo insieme, in una casa editrice particolare, un giornale davvero irripetibile”.
Poteva sembrare un’alba, era in realtà un tramonto. Il tramonto di una rivista indirizzata ai “ragazzi intelligenti” in un periodo dove L’Intrepido e Tex, realizzati con formule più popolari, vendevano ben oltre il mezzo milione di copie.
Qui ci occuperemo solo dei personaggi realistici, non dei grandi fumetti umoristici come Jak Mandolino di Jacovitti, Nick Carter di Bonvi, Lupo Alberto di Silver, Zio Boris di Alfredo Castelli e Carlo Peroni, Altai & Jonson di Tiziano Sclavi e Giorgio Cavazzano, La contea di Colbrino di Adriano Carnevali, Lo zoo pazzo di Mario Gomboli e Massimo Mattioli, e nemmeno di Valentina Melaverde di Grazia Nidasio, che ci riserviamo di trattare in altri articoli.
I grandi nel giallo (Mino Milani – Sergio Toppi)
Con I grandi nel giallo, Mino Milani riesce a mettere assieme la sua passione per la storia e quella per la letteratura gialla.
“La storia mi è sempre piaciuta, fin da ragazzo. Il passato è l’unica cosa che abbiamo, perché il futuro non c’è, deve ancora venire, e il presente cambia ogni giorno, è solo il passato che ci appartiene: noi possiamo giudicarci da quello che abbiamo fatto e quello che già abbiamo fatto ci dice quello che dovremo fare”, dice Milani.
L’idea è quella di ambientare storie gialle in epoche passate, dove il ruolo dell’investigatore viene ricoperto ogni volta da un personaggio storico diverso.
Abbiamo così l’opportunità di vedere figure come Michelangelo, Leopardi, Einstein, ma anche la meno intellettuale Marilyn Monroe, alle prese con indagini improbabili.
Sergio Toppi in queste pagine è molto maturato rispetto ai tempi del Corriere dei Piccoli: già rifulge quello stile che lo farà diventare uno dei disegnatori più ammirati del mondo.
La parola alla giuria (Mino Milani – Milo Manara)
In La parola alla giuria, Mino Milani chiama a interagire in prima persona i lettori come giurati in processi a carico di personaggi storici controversi: in base alle loro risposte inviate per posta, un personaggio viene “assolto” o “condannato”.
“È stato Alfredo Castelli a portarmi al Corriere dei Ragazzi”, ricorda Milo Manara, che precedentemente lavorava al tascabile erotico di Jolanda.
“In quel periodo sentivo il bisogno di cambiare, di evolvermi. Ne avevo un bisogno quasi vitale. Stavo rischiando di bruciarmi, lavoravo troppo in fretta e, quindi, male. Le prime tavole di ogni storia di Jolanda de Almaviva le facevo abbastanza bene, decentemente, ma le ultime erano spesso vergognose. Il punto era che avevo seri problemi a organizzarmi. Per le tavole iniziali di una storia, quelle ‘buone’, impiegavo anche un giorno di lavoro ciascuna. Dopodiché, per rispettare le consegne, mi riducevo a disegnare decine di tavole al giorno. Anche cinquanta in un giorno. Roba da matti. Il Corriere dei Ragazzi mi ha permesso di cambiare vita, lavorando con i ritmi giusti”.
In una storia scritta da Mino Milani per un’altra serie storica senza disegnatori fissi, Il nostro inviato nel tempo, Milo Manara ha utilizzato per la prima volta quello stile alla Moebius, con tantissimo tratteggio, che avrebbe potuto sembrare inadatto, troppo sperimentale e moderno.
“Tuttavia Mino Milani deve averci visto qualcosa di buono, dato che lo ha convinto ad affidarmi la sua nuova serie intitolata La parola alla giuria”.
Il Maestro (Mino Milani – Aldo Di Gennaro)
Intorno alle avventure de Il Maestro, uno dei migliori personaggi creati da Mino Milani, si è sviluppato negli anni una sorta di culto. Alcuni appassionati lo venerano come un personaggio centrale del fumetto italiano, essendo in qualche modo precursore di alcuni dei più significativi eroi di carta italiani come Martin Mystère e Dylan Dog.
Se rileggiamo oggi queste storie troveremo che la loro scrittura è invecchiata, sia per i testi sia per il linguaggio fumettistico in generale. I personaggi parlano spesso in modo innaturale, ben distante dalla lingua parlata, impelagandosi in dialoghi verbosi e didascalici che frenano lo sviluppo dell’azione.
Abbondano fastidiose didascalie che danno indicazioni di tempo, luogo o commentano la scena appesantendo anch’esse lo scorrimento dell’intreccio.
È nella scelta degli argomenti che possiamo trovare il vero punto di forza della serie, Milani prende spunto da leggende, archeologia e fantascienza, esoterismo, racconti di fantasmi e sugli ufo, mettendo in mostra una fantasia inesauribile.
In queste pagine troviamo, inoltre, un Aldo Di Gennaro meno illustratore e più fumettista del solito.
Gli Aristocratici (Alfredo Castelli – Ferdinando Tacconi)
Gli aristocratici è una serie che ancora oggi viene ristampata. Le avventure del gruppo di ladri gentiluomini sono uno dei punti più alti del Corriere dei Ragazzi. Rivelano in maniera definitva un autore di fumetti nuovo e geniale, con il gusto per l’erudizione, l’ironia e il citazionismo: il milanese Alfredo Castelli.
Creata nel 1973, la serie si distingue per numerose scelte particolari. Innanzitutto, i protagonisti sono un gruppo di ladri. In una pubblicazione per i figli di “buona famiglia” come il Corriere dei Ragazzi, un settimanale dell’autorevole Corriere della Sera, è una cosa piuttosto nuova.
L’atmosfera generale del fumetto non è però quella tipica dei noir alla Diabolik. Prevale un tipico humor inglese sulla falsariga di telefilm come Attenti a quei due, a sdrammatizzare il tutto.
Si trattava di un fumetto corale, cosa abbastanza rara nel fumetto italiano. Alcuni ci hanno visto dei riferimenti allo scalcinato Gruppo Tnt di Max Bunker e Magnus, ma Castelli sostiene che entrambi si ispirano a un film degli anni sessanta: Sette uomini d’oro.
Il personaggio di Jean porta, all’interno di un settimanale piuttosto puritano, un pizzico di sottile erotismo, grazie anche al raffinato equilibrio del tratto di Ferdinando Tacconi, che proprio in quel periodo collabora ai tascabili erotici di Renzo Barbieri.
L’Ombra (Alfredo Castelli – Mario Cubbino)
Con questa serie Alfredo Castelli dà il via al gran ballo delle citazioni che lo accompagnerà per il resto della carriera. L’Ombra è Grant Shade, un nome che allude a Sam Spade, l’investigatore di Dashiell Hammett.
L’Ombra è un detective creduto morto allo stesso modo di Denny Colt / Spirit di Will Eisner.
Gettato con la sua auto in un lago, sopravvive venendo a contatto con sostanze tossiche che gli donano poteri speciali, un po’ come il Joker. Quando entra in azione contro i criminali impugna due colt 1911, come il re delle pulp di cui porta il nome: The Shadow.
L’Ombra introduce questo nuovo linguaggio che coglie e mescola svariate suggestioni provenienti sia dalle epoche passate sia dai media attuali. In certi momenti sfiora il metafumetto.
Questa tecnica di Alfredo Castelli verrà portata all’esasperazione da Tiziano Sclavi sulle pagine di Dylan Dog.
I disegni sono di un onesto professionista friulano, Mario Cubbino, che disegnava Wallenstein per i tascabili di Renzo Barbieri.
Lord Shark (Mino Milani – Giancarlo Alessandrini)
Giancarlo Alessandrini nei primi anni settanta si presenta alla redazione del Corriere dei Ragazzi per proporsi come disegnatore. Il suo stile colpisce positivamente Aldo Di Gennaro e il direttore Giancarlo Francesconi, così il disegnatore marchigiano inizia subito a collaborare.
Il suo primo episodio pubblicato appartiene alla serie L’inviato nel Tempo, su testi di Mino Milani. A questo seguono numerosi altri racconti per serie come Uomini contro, Fumetto verità e la serie fantascientifica Anni duemila.
Il frutto più generoso della collaborazione tra Milani e Alessandrini è la saga di Lord Shark. Il protagonista è Philip Corbett, un ufficiale inglese di nobile famiglia dell’Ottocento, spedito in una guarnigione del nord dell’India agli ordini di un comandante autoritario e brutale.
Per Corbett arriva il giorno in cui, non riuscendo più a sopportare gli abusi del generale Mac Warren, decide di disertare e, con un pugno di uomini a lui fedeli, diventa un fuorilegge che raddrizza i torti compiuti dai connazionali.
Lo stile di Alessandrini risente ancora delle grandi firme del vecchio Corriere dei Piccoli, come Pratt, Di Gennaro e Uggeri, oltre che dei maestri americani Toth, Caniff, e Robbins. Ma già inizia a farsi largo quel tratteggio vagamente mutuato da Moebius che vedremo nella sua più importante creazione grafica per la Bonelli: Martin Mystère.
La donna eterna (Mino Milani – Guido Buzzelli)
Pubblicato a puntate sul finire del Settecento da Henry Rider Haggard, “La donna eterna” (“She” in originale) è un classico della letteratura fantastica.
Il romanzo dello scrittore britannico, autore anche dell’altrettanto classico “Le miniere di Re Salomone”, precorre il genere dei mondi perduti, quello delle storie d’avventura da Tarzan a Indiana Jones, e quello del fantastico nel suo complesso.
Al romanzo si sono ispirate varie opere a fumetti, tra cui un’avventura di Cino e Franco intitolata “La misteriosa fiamma della regina Loana”, che ha dato anche il titolo a un romanzo di Umberto Eco.
Nel 1975 Mino Milani si cimenta nell’adattamento a fumetti de La donna eterna, per la quale ottiene la collaborazione del grande Guido Buzzelli, impegnato fino a quel momento con la rivista francese Charlie.
Uno sguardo sghembo, quello di Buzzelli, come lo definì una volta Igort, orgoglioso di muoversi in una prospettiva inattuale, libera dall’affanno della modernità a tutti i costi, che gli permette di giungere, attraverso deformazioni lynchiane, alla pura bellezza.
Johnny Focus (Attilio Micheluzzi)
Con il suo primo personaggio seriale, il reporter giramondo Johnny Focus, l’architetto Attilio Micheluzzi, appena espulso da Gheddafi dalla Libia insieme agli altri immigrati italiani, fa subito centro.
Johnny Focus non è il solito personaggio per ragazzi, lui si occupa di cose serie, non prende nulla alla leggera, non fa ironia. Johnny Focus è un personaggio per lettori maturi, e i neri profondi e pervasivi di Micheluzzi stanno lì a dimostrarlo.
Il reporter di Micheluzzi viene sballottato da una parte all’altra del globo. Traffici illeciti in Thailandia, ex criminali nazisti nel Mato Grosso, una misteriosa e bellissima donna in Arabia, la setta degli uomini leopardo in Kenya. L’avventura è dappertutto.
Per l’epoca in cui appare, si tratta di storie particolarmente realistiche e curate.
Rispetto agli eroi a lui contemporanei il protagonista risulta un personaggio umano e privo di retorica, con una particolare inclinazione per l’avventura e con il vizio ogni volta di riportare a casa la pelle.
L’autore si inserisce da subito tra i grandi del fumetto italiano anche per la particolare attenzione alla composizione.
Smith & Wesson (Andrea Mantelli e Mario Uggeri)
Andrea Mantelli incomincia a collaborare con la casa editrice Alpe e, subito dopo, passa all’Astorina, scrivendo rispettivamente i testi di Cucciolo e Tiramolla e di Diabolik.
Ampliando le collaborazioni, sceneggia alcuni “liberi” per Il Monello e Intrepido della Universo, casa editrice che l’assume come redattore.
Il lavoro con la casa editrice dei fratelli Del Duca si protrae per qualche anno, intanto Mantelli collabora anche con testate di altri editori: Horror e, dal 1974 al 1975, il Corriere dei Ragazzi, per il quale crea la serie Smith & Wesson, disegnata da Mario Uggeri.
Si tratta di un western scanzonato, famoso soprattutto per essere l’ultimo fumetto disegnato da Uggeri.
La serie si ispira ai divertenti western spaghetti sul filone di Lo chiamavano Trinità, con Bud Spencer e Terence Hill.
I protagonisti sono due imbroglioni da strapazzo che vivono di truffe e di espedienti vari. La saga dei due antieroi è resa indimenticabile dal segno di un artista che era prima di tutto un assiduo sperimentatore grafico.
Ho amato tantissimo il CdR. Grazie, bell’articolo.
Ho una quarantina di volumi rilegati con le storie degli autori sopra citati ed altri. Tagliato gli album e prendevo le pagine che mpiu’ mi piacevano. Ho perso come valore commerciale ma non avrei potuto tenere tutto per piu’ di 50 anni. Rivedo volentieri gli episodi della Bibbia illustrati da Toppi e le storie di Tommy Ryder di Milani Uggeri che ho anche jn 5 volumi. Bella l’ Iliade di Giovannini