IT CAPITOLO DUE: ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

IT CAPITOLO DUE ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

Facciamola semplice e andiamo dritti al punto: It Capitolo due diretto da Andrés Muschietti non funziona.

Il malvagio Pennywise è, essenzialmente, una metafora: la versione in chiave fantastica delle paure, angosce e ansie infantili che, prima o poi, crescendo impariamo ad affrontare. Chiaro che il tentativo di portare sul piano fisico una resa dei conti con un essere simbolico difficilmente avrebbe potuto funzionare. In altre parole…

It Capitolo due è il classico tentativo di quadrare il cerchio.

 

IT CAPITOLO DUE ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

 

Due anni fa, quando uscì la prima parte di ‘sto dittico, nell’articolo in proposito dicevo due cose. La prima, che a quasi trent’anni di distanza pure questo nuovo tentativo di adattare l’omonimo romanzo di Stephen King era, a conti fatti, un buco nell’acqua.

La seconda, proprio per questo non riuscivo (e ancora adesso non riesco), è che non a capacitarmi di come abbia potuto fare un incasso di settecento milioni di dollari. Non mi capacito del fatto, ma posso immaginare il perché. Con tutta probabilità la scelta vincente è stata quella di postdatare gli avvenimenti.

IT CAPITOLO DUE: ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

 

Nel romanzo di Stephen King la storia si svolge in due parti: una negli anni cinquanta e l’altra negli ottanta. Mentre il film, che riproduce la prima parte del romanzo, è ambientato negli anni ottanta. Questo gli ha permesso di sfruttare l’attuale mania per quel decennio con tutti gli annessi e connessi.

Attaccarsi alla scia di Ready Player One e Stranger Things (guarda caso, Richie Tozier è interpretato proprio da Finn Wolfhard, il Mike Wheeler di Stranger Things) ha fatto sì che It funzionasse nell’ottica dell’omaggio amarcord a film come Stand By Me, I Goonies e compagnia bella.

 

Be’, ha funzionato? Certo, comunque quei settecento milioni non rimangono giustificati. Per quanto la scelta di optare per gli 80’s-so-trendy sia risultata vincente sul momento, era ovvio che fosse una pistola alla tempia sul lungo andare.

Il primo e più chiaro problema di aver sfalsato la cronologia degli eventi, per poi rinarrarli nello stesso identico ordine, è che i personaggi in It Capitolo due vengono a trovarsi in un mondo vuoto. Vuoto e veramente poco credibile. In cui sembra non esistano forze dell’ordine o mezzi di informazione.

Un mondo dove una città in cui si verifica un gran numero di omicidi e scompaiono bambini pare non attiri in alcun modo l’attenzione. Nel 2019, entro ventiquattr’ore la scomparsa anche di un solo bambino diventa notizia di carattere nazionale.

IT CAPITOLO DUE: ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

 

Pur volendo sorvolare su ‘sta cosa, il grave è che il regista Muschietti si è andato a schiantare nello stesso muro contro cui si schiantò Tommy Lee Wallace con la miniserie negli anni novanta.

Allora, il romanzo originale inizia così: Capitolo 1Dopo l’alluvione (1957). Allo stesso modo iniziava la miniserie televisiva e pure la prima parte del nuovo adattamento di Andrés Muschietti. Tutti cominciano allo stesso modo, con il giovane Bill Denbrough a letto in un giorno di pioggia, che aiuta il fratellino Georgie a costruire la famosa barchetta di carta.

Fin qui tutto bene. Il punto sta nel prosieguo del romanzo, i cui successivi capitoli sono: Capitolo 2 – Dopo il festival (1984) e Capitolo 3 – Sei telefonate (1985).

IT CAPITOLO DUE ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

 

A ‘sto punto dovrebbe essere piuttosto evidente quale sia il problema, no? Ovvero, che il romanzo inizia e introduce la Banda dei Perdenti già adulti. Questo, molto semplicemente, mette lettore e personaggi sullo stesso piano.

Vero che It può essere considerato come l’unione di due romanzi ben distinti. Tuttavia le due parti sono strettamente connesse e intrecciate fra loro, tramite flashback e continui salti temporali per aumentare la suspense. Si porta il lettore alla scoperta, poco alla volta e insieme agli stessi personaggi, di cosa diavolo stia succedendo.

Sia chiaro, non voglio fare un paragone diretto romanzo-film. Un adattamento va considerato solo per il modo e la misura in cui riesce a tenere, con i propri mezzi e il proprio linguaggio, la storia che sta raccontando.

 

In questo caso, scegliere di dividere (di nuovo) le due parti in modo così netto porta It Capitolo due a essere nient’altro che la riproposizione in scala 1:1 del film precedente. Solo che stavolta non c’è suspense, non c’è tensione. Tanto meno scoperta e sorpresa.

D’altronde, perché mai dovrebbero esserci? Mi è già stato spiegato tutto nella prima parte. L’unica differenza sta nel fatto che in It Capitolo due i protagonisti adesso sono un gruppo di tizi di mezz’età. Cosa che, del resto, toglie gran parte del fascino all’impianto fantastico kids-vs.-monster.

Sicuramente il film ha i suoi momenti buoni. Ma è altalenante (molto) e, soprattutto, noioso (troppo). All’inizio, nonostante la quasi totale assenza di spessore della storia, riesce ancora a tenere banco. Però tre ore sono veramente troppe.

IT CAPITOLO DUE ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

 

La scelta di affrontare la storia dividendo le due parti è l’equivalente di stringersi da soli il cappio intorno al collo. Una volta venuti a mancare i tramiti che collegavano i Perdenti adulti e adolescenti come nel romanzo, tutto è venuto giù come un castello di carte.

L’unica opzione con cui s’è trovato il regista Muschietti era di mandare ciascuno dei personaggi in questa specie di missione spirituale. Cosa che, oltre a essere un’inutile sovrapposizione di quanto visto già nella prima parte, come trovata è stata pure sopravvalutata.

Si sarebbe potuto tranquillamente stringere il brodo. Il che avrebbe alleggerito e reso più scorrevole il film. Invece, a quanto pare, era meglio lasciare che ogni singolo episodio si svolga uno alla volta. Lentamente. Uno dopo l’altra, dopo l’altro, dopo l’altro ancora a un ritmo, non voglio dire angosciante, ma quasi.

 

Come se non bastasse, nelle tre ore si vanno ad aggiungere continui, abusatissimi jumpscare. Tutti uguali e tutti tristemente telefonati che a un certo punto, non è che stancano, no. Diventano proprio irritanti. Come si può anche solo credere che lo stesso espediente mandato in loop per tre ore funzioni?

C’è una cosa che mi ha particolarmente irritato di questo It Capitolo due: cioè, il “Metodo Zack Snyder”. La convinzione che prendere parti di un media così come sono e ficcarcele a forza in un altro in un modo o nell’altro funzioni.

IT CAPITOLO DUE: ECCO PERCHÉ NON FUNZIONA

 

Ci sono vari esempi, ma preferisco limitarmi a uno: la scena d’apertura di It Capitolo due, che, in effetti, corrisponde al Capitolo 2 – Dopo il festival (1984) del romanzo. Si tratta dell’aggressione ai danni di una coppia omosessuale, con il conseguente omicidio di uno dei due, Adrian Mellon, durante la fiera cittadina a Derry.

Questa parte si basa su un fatto di cronaca vera: l’omicidio di Charlie Howard, un ventenne che nel 1984 venne aggredito insieme al suo fidanzato da tre balordi. Howard era asmatico ed ebbe una crisi respiratoria durante il pestaggio. Nonostante questo, lo presero e lo buttarono giù dal ponte, dritto nel fiume in cui poi è annegato.

Il fatto che King sia stato talmente colpito dall’avvenimento tanto da utilizzarlo nel romanzo, non significa necessariamente che abbia un posto (o un senso) in un media diverso. Specialmente in uno in cui, per stare nei tempi, bisogna fare sempre i conti con cosa tenere e cosa scartare. O magari, anche solo sperare che funzioni allo stesso modo in una forma gravemente troncata.

 

Nel romanzo, l’omicidio di Mellon include una descrizione estesa delle vittime e degli aggressori, le loro motivazioni e l’indagine di polizia che segue, oltre a una breve panoramica dell’ambiente gay della città. Ogni singolo dettaglio è parte essenziale della storia, che trova sempre un senso e più e più volte viene ripreso.

Una cosa simile non trova spazio nel film. Eppure, in It Capitolo due l’omicidio di Mellon viene mostrato lo stesso. Perché? Perché mettere questa sequenza nel film? Non ha peso nell’economia della storia e non viene mai più menzionato.

Andy Muschietti e lo sceneggiatore Gary Dauberman hanno scelto semplicemente di buttarti in faccia ‘sta cosa senza alcun contesto. Ovvio che non siano minimamente riusciti a fare i conti con ciò che hanno messo sullo schermo e il risultato sia una grottesca baracconata.

Ecco cos’è questo nuovo adattamento di It: un’accozzaglia di baracconate legate insieme nella speranza che il loro significato originale emerga anche in questa forma.

 

Con questo credo sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati con *

Dichiaro di aver letto l'Informativa Privacy resa ai sensi del D.lgs 196/2003 e del GDPR 679/2016 e acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità espresse nella stessa e di avere almeno 16 anni. Tutti i dati saranno trattati con riservatezza e non divulgati a terzi. Potrò revocare il mio consenso in qualsiasi momento, integralmente o parzialmente, con effetto futuro, ed esercitare i miei diritti mediante notifica a info@giornalepop.it

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*