IL FILM DI IT È MEGLIO DELLA MINISERIE, MA…

Ogni ventisette anni una creatura denominata IT, sotto le spoglie di Robert “Bob” Grey aka Pennywise il clown danzante, fa la sua comparsa fra le strade di Derry.
Così ci diceva Stephen King nel lontano 1986 e così, più o meno, ci veniva detto da Tommy Lee Wallace nell’omonimo adattamento televisivo del 1990. Oggi, nell’anno domini 2017, il regista argentino Andrés Muschietti, manco a farlo apposta ventisette anni dopo, ci tiene a dirci anche lui ‘sta cosa.
A fronte dell’incredibile incasso di oltre seicentocinquanta milioni di dollari, nonché dell’alto indice di gradimento che il film di Muschietti ha raccolto, diciamo che, effettivamente, la curiosità è tanta. Se tanto mi dà tanto, vorrà dire che ‘sta versione di Pennywise del XXI° secolo sia qualcosa di, non voglio dire eccezionale, ma quasi.
Dopo aver visto questo IT 2017, so’ uscito dal cinema con più dubbi che altro. Però, capiamoci: IT di Muschietti non è brutto. Tutt’altro. Solo che, nel mentre il film andava avanti, sentivo una specie di nota stonata. La sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Alla fine, riflettendoci sono riuscito a mettere a fuoco ‘sta cosa. La conclusione è, in pratica, che anche questa nuova versione di Pennywise non funziona.
Non credo sia il caso di dilungarsi sulla trama, dato che è conosciuta in lungo e in largo.
Perciò… siamo di nuovo a Derry.
Di nuovo vediamo Bill Denbrough (Jaeden Lieberher) costruire la famosa barchetta al fratellino Georgie (Jackson Robert Scott).
Il quale, come ogni bambino normale farebbe, deve uscire fuori a giocare mentre sta venendo giù il diluvio universale.
Dopodiché, la barchetta finisce, naturalmente, in un canale di scolo.
E per la terza volta in trentun anni: “Ciao, Georgie! Allora, mi voglio presentare: io sono Pennywise, il clown danzante. Tu, invece sei Georgie. Così adesso ci conosciamo, dico giusto?”.
E sì, dici giusto. Così com’è giusto che ci sia di nuovo il Club dei Perdenti. La banda di ragazzini composta da Bill, il carismatico capo balbuziente. Da Stan, l’ebreo taciturno. Ben, il timido e impacciato grassone. Beverly, la ragazzina emancipata e via dicendo.
Gli unici, a quanto sembra, a rendersi conto che un male oscuro si annida a Derry.
Un male che generalmente assume la forma di Pennywise (Bill Skarsgård), un clown dai vestiti antiquati, la cui presenza spesso è annunciata da un palloncino libero di fluttuare. Anzi, di galleggiare. Perché grazie a IT, tutti hanno la possibilità di galleggiare come i suoi palloncini.
Dunque, in linea di massima questa è la trama che, bene o male, conoscono tutti.
La miniserie degli anni novanta, IT – Il Pagliaccio Assassino, in estrema sintesi faceva acqua da tutte le parti per un approccio sbagliato che castrava pesantemente la storia di King rendendola spesso e volentieri incomprensibile.
Sotto questo punto di vista, IT 2017 è molto più riuscito. Muschietti è stato il più possibile fedele al romanzo. In questo modo è possibile notare la reale, brutale natura di Pennywise. Per dire, la sua prima apparizione nel canale di scolo all’inizio del film è splendida. Tanto da rendere perfettamente a schermo ciò che scrisse King trent’anni fa.
Molte parti che nella miniserie furono eliminate qui, invece, sono presenti. Per esempio, l’intera sequenza sulla casa abbandonata a Neibolt Street, teatro del primo scontro tra i Perdenti e Pennywise: uno snodo del romanzo del tutto assente nel precedente adattamento.
Anche il cast fa il suo dovere. Con i ragazzini che, devo ammetterlo, sono fantastici. Nonché, Bill Skarsgard che non fa assolutamente rimpiangere Tim Curry.
Se il cast è buono e fa bene il suo dovere, se la storia è convincente e molto più fedele al romanzo della miniserie precedente, quali sarebbero le cose che non funzionano?
Sostanzialmente, il film mi dà la conferma a un pensiero che avevo da tanto tempo. Cioè che IT romanzo è inadattabile. Come, del resto, la stragrande maggioranze delle opere di Stephen King.
Perché? Perché King è molto bravo a scrivere. Ma anche a scrivere tanto, però. I suoi romanzi sono stracolmi di dettagli. Di concetti. Descrizioni. Digressioni. Backstories riguardanti storia, geografia e genealogia di luoghi e personaggi. I suoi romanzi sono apprezzati per via di questo suo approccio omnidimensionale, in cui di solito la “storia dell’orrore” è quasi un aspetto superficiale.
Non sto facendo un paragone diretto tra il film di Muschietti e il romanzo di King, sto esprimendo un concetto in via generale. IT è impossibile (o quantomeno difficile) da adattare perché, fondamentalmente, si tratta di due libri completi. In cui la storia si sviluppa, s’interseca e si alterna in due diverse linee temporali non sequenziali. Nelle sue 1238 pagine, IT è una fusione assurda di orrore reale e soprannaturale. Che al tempo stesso sfocia e si riallaccia a temi molto delicati come il sesso, il bullismo, il razzismo, l’omofobia, l’abuso sui minori. Sempre in bilico tra il dramma e il melodramma.
Come tutti sapranno, tempi cinematografici e tempi letterari sono estremamente diversi. Un conto è un romanzo che a un certo punto può allontanarsi dall’orrore, per tornarci in seguito. Altro paio di maniche è un film. Il quale deve tendere alla velocità lasciando giusto quel margine di respiro allo spettatore, tra una scena spaventosa e l’altra.
Quindi tutto ciò che rende Stephen King “Stephen King” è la prima cosa che viene eliminata in un film. Che a furia di tagliare propone solo l’aspetto più superficiale della storia. In questo caso, ragazzini vs mostro.
È qui che il film di Muschietti delude. Perché ci prova, cerca di essere un tantino più profondo. Purtroppo però, nonostante la bellezza di 135 minuti di girato, preferisce dedicare la maggior parte del tempo alle varie trasformazioni in Cgi (peraltro alcune imbarazzanti) di Pennywise. Le quali inizialmente funzionano anche, come dicevo più su riguardo la sequenza di Georgie. Tuttavia alla seconda, terza, quarta, centesima volta in cui vedi praticamente la stessa cosa è ovvio che non funzioni più.
In definitiva, IT 2017 è un film horror solido, ma convenzionale. Funziona ma non come il romanzo. Può piacere, ma, in fin dei conti, per quanto possa essere un prodotto onesto, non è nulla di eclatante o eccezionale.
Per questo continuo a non capacitarmi di come sia possibile che abbia fatto incassi simili.
Tutto vero ,è proprio così . il romanzo sarebbe adttanile se si desse a un fincher, un Boyle o un nolan ,che potrebbero tentare il cimento ispirandosi a king per poi trovare la propria via ,come è successo per Kubrick e de palma. Infatti comevtu dici la scena più bella è quella dell’uccisione di George perche equilibra l’horror , la tragedia e anche ci mostra il fascino di derry, una cittadina di provincia impestata ed indifferente al male (la donna alla finestra che vede georgie mentre parla col clown)_ metafora di altre provincie. Il film però tira dritto preferendo l’azione e tutto si riduce agli episodi delle indagini di ben su derry.
D’accordissimo su tutto.
Se non fosse tratto dal libro … It 2017 sarebbe senz’altro un bel film di paura per ragazzi, mentre la miniserie del ’90 la trovo più per adulti…..
Ma il libro è il libro…. Non si può mettere su una pellicola… (Diventerebbe interminabile è molto molto molto documentario noioso).
Adoro IT (’90), la profondità dei personaggi e l’atmosfera che crea. Il nuovo IT è un bel film, ma perde del tutto il carisma dei protagonisti, le loro personali paure, il loro essere che cattura mano a mano che la storia prosegue. In questa nuova rivisitazione cinematografica si appiattiscono i personaggi quasi a renderli sterili e simili tra di loro. Sostanzialmente si perde la bellezza narrativa in favore dell’azione che si sussegue fra “i perdenti e IT”. Bel film, ma “IL FILM” è l’IT del passato.