L’IMPLACABILE ARNOLDONE IN FUGA

L’IMPLACABILE ARNOLDONE IN FUGA

L’Implacabile, ovvero The Running Man, è un fanta-polpettone del 1987 che, a volerlo riassumere in poche parole, altro non è che una specie di live action de La ruota della fortuna. Giusto un tantino più vivace.

Abbiamo il conduttore, il pubblico in studio e pure i premi in palio, ma, piccola quanto sostanziale differenza, c’è pure una caterva di wrestler tamarri che stanno lì con lo scopo di ammazzare i concorrenti.
Tutto questo sarebbe fantastico e bellissimo se L’Implacabile fosse uno spoof movie. Cioè fosse una parodia di programmi come La ruota della fortuna, appunto.

Eh, e invece… L’Implacabile è l’adattamento troppo lasco de L’Uomo in Fuga. Trattasi di uno dei migliori romanzi di Stephen King, che da ragazzino mi colpì particolarmente. Quando vidi L’Implacabile mi resi conto conto che i due prodotti non avevano (quasi) niente da spartire.

 

L’Implacabile dal romanzo allo schermo

Abbiamo detto adattamento, giusto? Cosa vuol dire adattare? Fondamentalmente la parola mi pare significhi “conformazione a esigenze particolari di funzionalità o di convenienza”.

Esempio: metti di avere una casa enorme, in cui tre stanze su sei sono in più, e perciò lasciate vuote e inutilizzate. Anziché tenerle così puoi fare qualche piccola modifica, ed ecco che hai un bed & breakfast. La casa è stata riadattata a una nuova funzionalità.

Se tanto mi dà tanto, perché in campo cinematografico l’impressione è spesso questa parola indichi un concetto, come dire, astratto?
Capisco il prendersi delle libertà, delle licenze poetiche se vogliamo, ma questo non ti autorizza a fare quel ca… cambiare totalmente la storia da cui stai attingendo.

IMPLACABILE ARNOLDONE IN FUGA

Probabile che questa domanda se la sia fatta pure Arnold Schwarzenegger, visto che il romanzo di King lo conosceva. Il fatto è che il regista scelto all’inizio per L’Implacabile era Andrew Davis, famoso per Il Fuggitivo con Harrison Ford e per gli unici due film decenti di Steven Seagal (Nico e Trappola in Alto Mare).

Per una serie di motivi, Davis venne licenziato e al posto suo ci schiaffarono Paul Michael Glaser. Esatto, Starsky di Starsky & Hutch. Alla fine Arnold se ne uscì con: “Was a terrible decision. Glaser shot the movie like it was a television show, losing all the deeper themes”.

Insomma, stava educatamente dicendo che L’Implacabile gli faceva abbastanza schifo così com’era venuto.
Ed ecco dunque che sotto la supervisione del detective Starsky, il film inizia con un bel w.o.t. (cioè il sempre meraviglioso muro di testo) che dice: “Dal 2017 l’economia mondiale è al collasso…”. Sai che novità.

Le forniture di cibo, risorse naturali e petrolio sono interrotte. La polizia governa con pugno di ferro lo Stato diviso in zone paramilitari. La televisione è controllata dal governo e un gioco sadico denominato “The Running Man” è diventato il programma più popolare della storia e bla bla bla

IMPLACABILE ARNOLDONE IN FUGA

Giustamente, io spettatore sono troppo stupido e se non mi sbatti in gola con il cucchiaino tutto quanto poi è facilmente intuibile guardando il film, c’è il rischio che vada nel panico, eh.
A ogni modo, il disperato e povero Ben Richards del romanzo lascia il posto al Ben Richards del film che ha le muscolose fattezze di Schwarzenegger.

In questa incarnazione, Ben è un pilota di elicotteri e agente speciale di polizia che viene mandato con la sua squadra a sedare una manifestazione di cittadini. I quali, fondamentalmente, stavano solo a elemosinare un po’ di cibo.

Mentre il nostro monitora la situazione con il potente Commodore 64 di bordo, avvisa i superiori che nessuno è armato, ma siccome siamo in un film con il governo cattivo, gli viene ordinato di sparare lo stesso sulla folla.
Lui non ci sta e seguono morsi, schiaffi, sputi e pernacchie con il resto della squadra, che alla fine lo stende con una botta in testa.

IMPLACABILE ARNOLDONE IN FUGA

Oltretutto, con una sapiente mandrakata di tagli e montaggio, Ben viene fatto passare per l’autore della strage e messo per due anni in una specie di prigione a fare… boh, andare avanti e indietro con una trave sulle spalle.
Quello che noi non sappiamo, però, è che insieme a due complici sta progettando una grande fuga. Come e da quanto tempo non si sa di preciso.

Non per dire, eh, ma ci tieni tanto a spiegarmi il “contorno”, il contesto socio-politico del film, e poi non sprechi cinque minuti per approfondire un minimo le motivazioni, le situazioni, i comprimari e il loro rapporto con il protagonista?

Va be’, a ogni modo Ben e un tipo di colore suo complice vengono alle mani per finta. Si scatena il panico, tutti danno addosso a tutti e il terzo complice che fa l’hacker riesce a prendere la valigetta in cui inserire il codice di disarmo dei collarini esplosivi che hanno al collo et voilà! Tutti fuori.

IMPLACABILE ARNOLDONE IN FUGA

Una volta evasi, scopriamo che i due complici fanno parte di una specie di resistenza, movimento atto a sovvertire il governo, svegliare le masse eccetera. Chiedono naturalmente a Ben di unirsi a loro, ma questi rifiuta dicendo che invece sarebbe andato dal fratello.

Cosa che in effetti fa, ma al posto del fratello, nell’appartamento ci trova Amber Mendez, cioè María Conchita Alonso, cioè ancora Miss Venezuela. La quale, oltre a essere cantante, ha pure una valanga di film e di televisione alle spalle, ma che io conosco solo per L’Implacabile, Stress da Vampiro e Predator 2.

Tra parentesi, nel 1987 si pensava che a trent’anni di distanza le videocassette sarebbero ancora esistite.

IMPLACABILE ARNOLDONE IN FUGA

A ogni modo, il grande piano di Ben è rapire questa tizia e utilizzare il suo “codice di cittadinanza”, una specie di documento-passaporto universale, così da imbarcarsi e raggiungere le Hawaii. Solo che questa infame si divincola e lo fa sgamare.
Poi si  pente in un secondo momento, e decide di vestire i panni dell’interesse amoroso del protagonista.

Al di là di tutto, c’è una cosa piuttosto interessante in questa sequenza: Ben, oltre ad essere stato soprannominato dai media come “il macellaio di Bakersfield” è anche un evaso, ok? A conti fatti, è il ricercato numero uno.

La peculiare struttura fisica di Arnold Schwarzenegger del 1987, di per sé, tutto potrebbe tranne che passare inosservata. Invece, con un cappello e un paio di occhiali da sole diventa praticamente invisibile. Un po’ come le Tartarughe Ninja con l’impermeabile.

Com’è come non è, arrestato di nuovo, Ben viene notato da Damon Killian (Richard Dawson), uomo di spettacolo e di potere, conduttore del Running Man. Sempre alla ricerca di partecipanti per alzare l’indice di gradimento del programma. Killian decide subito di chiamare il ministero della Giustizia per farsi mandare Arnold e usarlo come “concorrente” del suo show.

Arrivati a questo punto non c’è molto altro da dire, perché è qui, alla fine del primo atto, che L’implacabile smette di avanzare cominciando a mettere in mostra una certa ripetitività.

Senza girarci troppo attorno, L’Implacabile è veramente un pessimo adattamento. Questo è incontrovertibilmente vero. Tanto per capirci, nel romanzo originale il contesto è molto più esasperato.

Nel romanzo di Stephen King, analfabetismo, disoccupazione, povertà, inquinamento, malattie croniche e degrado totale riguardano il 90% della popolazione.
La popolazione è obbligata a tenere in casa questo aggeggio chiamato Tri-vu (televisore tridimensionale), il cui scopo è fare il lavaggio del cervello trasmettendo non stop programmi televisivi, rendendo le persone simili a drogati.

Ben Richards, il protagonista, è un uomo disperato che vive nella miseria più totale in un sobborgo squallido e violento. La moglie è costretta a prostituirsi per racimolare qualche spicciolo, in modo da poter comprare i farmaci per la figlia malata. Proprio per questo, Ben decide di partecipare volontariamente al Running Man, il cui montepremi è un miliardo di dollari.

Lo show consiste nel resistere per trenta giorni braccato da uno squadrone di commandos mercenari. Durante il “gioco” al concorrente è permesso muoversi per tutta la nazione, camuffarsi e procurarsi armi di difesa. Anche perché, giusto per movimentare un po’ le cose, chiunque lo riconosca guadagnerà una ricompensa per averlo abbattuto.

Queste pochi e semplici elementi bastano a far capire quanto film e romanzo siano distanti.
Certo, sarebbe facile criticare L’Implacabile sulla base di un paragone con il romanzo.
Tuttavia c’è un grosso “però”: nonostante i costi elevati, la distanza siderale con il romanzo e una vaga pezzenteria di fondo, il film non è per niente malvagio. Anzi, ha addirittura una sua dimensione.

L’Implacabile è un vero e proprio gioco arcade il cui protagonista è Arnold Schwarzenegger. Ci sono i “boss di fine livello” con nomi come Fireball, Subzero, Buzzsaw, Dynamo e via dicendo. Vengono tutti gettati contro Arnold, come nuovi capitoli in un fumetto di supereroi. I quali, con vera giustizia comica, muoiono della loro stessa arma.

Il cast, poi, è un appello di eroi d’azione e lottatori pro: Jim Brown, Jesse Ventura, Erland Van Lidth, Professor Toru Tanaka. Uno dopo l’altro, vanno in battaglia e vengono distrutti. Questo è bello, sì, ma come dicevo poco più su, è in questa fase che il film perde slancio.

Il problema sta nel fatto che tutte le scene d’azione sono versioni dello stesso scenario: Killian introduce “il gladiatore” e le sue armi. Schwarzenegger arriva e lo affronta in battaglia.
Questa formula è ripetitiva e un po’ stancante, ma, dalla sua, il film tira fuori l’espediente quasi metareferenziale dello spettacolo in forma di spettacolo, cioè il “Running Man”, e il suo vero punto di forza è Richard Dawson.
Quest’ultimo, vero conduttore televisivo famoso per il gioco Family Feud, nei panni di Damon Killian, è eclettico, brillante e il vero villain della situazione.

Nonostante i difetti e le libertà prese con il soggetto originale, L’Implacabile resta comunque un film divertente. Non perfetto e non brillante, ma che intrattiene, diverte e tutto sommato mantiene un pizzico della valenza critica originale, anche se questa è stata spostata verso la “cultura televisiva americana”.

 

Bene, detto questo credo che sia tutto.

Stay Tuned, e soprattutto Stay Retro.

 

 

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