IL MIRACOLO IMMAGINARIO DEI FUMETTI IN LIBRERIA

IL MIRACOLO IMMAGINARIO DEI FUMETTI IN LIBRERIA

Grazie al successo in libreria di graphic novel e, più recentemente manga, negli ultimi anni il fumetto è diventato argomento d’improvviso interesse per categorie che se ne erano fin lì disinteressate: editori librari e giornalisti delle pagine letterarie.
I primi hanno quasi tutti aperto una sezione di fumetto nei loro programmi editoriali, i secondi hanno cominciato a gridare al miracolo immaginando scenari inverosimili nei quali le Nuvole Parlanti, “genere” letterario fin lì quasi inesistente all’interno del loro orizzonte, di colpo conquistavano le prime posizioni nelle classifiche di vendita.

Credo che alla base di tanta meraviglia ci sia appunto l’ignoranza.

I fumetti, nuove regine delle librerie generaliste, non sono usciti dal nulla. Arrivano da successi pluridecennali nelle edicole dove, negli anni d’oro, arrivavano a vendere centinaia di migliaia di copie: Tex ha toccato (con il solo mensile inedito, poi c’erano le varie ristampe) il mezzo milione di copie, Dylan Dog le quattrocentomila, Topolino (con i gadget “a puntate” estivi allegati) ha superato il milione. Altri dati potete trovarli in un articolo di Sauro Pennacchioli su Giornale Pop.
Mentre nel settore librario (dove i fumetti approdavano raramente e con poca convinzione degli editori) per i romanzi bestseller da cento o duecentomila copie si sparavano i fuochi artificiali, in edicola erano decine e decine le serie a fumetti che superavano quei livelli ogni mese o addirittura ogni settimana. E, quando andava male, vendevano almeno cinquantamila copie a numero.

Nella crisi generale della carta stampata dopo l’arrivo di internet e l’esplosione dell’intrattenimento televisivo con canali satellitari e piattaforme varie, anche se tutti i settori editoriali hanno subito crolli drastici delle vendite, il fumetto, potendo attingere a un serbatoio di partenza molto più vasto, anche nel momento in cui si è trasferito in parte nelle librerie ha mantenuto un numero di lettori comunque mediamente superiore a quello di romanzi e saggi.

Quando la “trovata”, più che altro di marketing, di chiamare il fumetto (o almeno un certo tipo di fumetto) graphic novel ha aperto al mondo delle nuvolette le porte delle librerie mentre alcuni autori che si erano fatti un seguito in rete (Zerocalcare con “Ogni maledetto lunedì ogni due” e Sio con Scottecs) approdavano al cartaceo sfruttando il momento favorevole, l’Arte Sequenziale ha rapidamente guadagnato posizioni nelle rivendite librarie.
Nel momento in cui gli editori si sono accorti che il linguaggio (perché questo è il fumetto, non un genere) delle storie a vignette arrivava a fare numeri superiori a quello letterario ci si sono fiondati, dedicando a esso ampie fette dei propri cataloghi.


IL MIRACOLO IMMAGINARIO DEI FUMETTI IN LIBRERIA


Quanto ai manga, è almeno dalla fine degli anni settanta e inizio ottanta che con l’invasione televisiva degli anime delle varie Heidi, Lady Oscar, Holly & Benji e robottoni d’ogni genere hanno colonizzato l’immaginario delle nuove generazioni che, in Italia, per colpevoli scelte editoriali nessuno aveva più provveduto a fertilizzare con prodotti autoctoni. Mentre in Francia il settore jeunesse delle Bandes Dessinées è sempre stato fiorentissimo e ancora oggi occupa le primissime posizioni delle classifiche di vendita con il fenomeno Mortelle Adèle e altre fortunate serie.

IL MIRACOLO IMMAGINARIO DEI FUMETTI IN LIBRERIA


Da almeno trent’anni i fumetti giapponesi si sono perciò conquistati il favore delle nuove generazioni in edicola come in fumetteria (Dragon Ball, sostenuto dai continui passaggi in tivù del cartone animato, credo abbia sfondato il livello delle centomila copie a ogni numero).

Niente di strano, dunque, che quando anche le librerie generaliste hanno aperto le porte alle decine e decine di collane giapponesi il fenomeno sia esploso portando le vendite dei fumetti, già molto interessanti, a livelli “sorprendenti”… solo per chi non conosceva i numeri abituali sia del fumetto in genere sia dei manga.

Ora che succederà? Beh, raggiunto un certo livello, la situazione si stabilizzerà. I fumetti giapponesi, spinti dagli anime e dai bassi costi (acquistare i diritti di materiali esteri costa ovviamente molto meno che produrre opere nuove), continueranno a vendere, ma ci sarà senz’altro un assestamento a un livello più basso, probabilmente già iniziato. Quanto ai graphic novel (e a tutto quello che viene spacciato per tale), la “sbornia” iniziale ha prodotto molte cose buone ma anche prodotti non esaltanti, e credo che nel medio termine ci sia da aspettarsi una contrazione delle vendite che premierà alcuni prodotti a discapito di altri più “improvvisati”.

Dal punto di vista della professione di fumettista in Italia, temo che ci saranno sempre meno prodotti da edicola (le vendite, ahimè, continuano a calare inarrestabilmente) pagati “a pagina” che oggi consentono ancora a sceneggiatori, disegnatori e coloristi di procurarsi uno “stipendio” e “vivere di fumetto”.

Se quel settore dovesse entrare in crisi irreversibile e il fumetto sopravvivere solo in libreria, fare il fumettista diventerà come scrivere romanzi: una manciata di autori bestseller che se la passano bene, mentre per tutti gli altri sarà solo un secondo lavoro o un hobby come ho già avuto modo di dire qui.

8 commenti

  1. Che gli Autori trovino il loro perfetto canale distributivo in libreria non è una novità: sono 40-50 anni che i volumi di Pratt, Manara, Crepax, Schulz, Silver e qualche altro occhieggiano il frequentatore delle generaliste. La novità (relativa e ormai consolidata), mi pare, sia che in libreria vendono bene autori di una nuova generazione, meno attenta alla qualità del disegno, disinteressata all’avventura, che ha scelto di portare il se stesso all’attenzione di un pubblico più o meno coetaneo e più o meno con i medesimi interessi.
    Credo sia da tenere distinto questo aspetto di vendita “autorale” dal tentativo di trovare un canale distributivo diverso dall’edicola per fumetti “popolari” intesi come fumetti d’avventura o, come si dice oggi, mainstream. Ma anche qui farei qualche distinzione. Mi pare che i manga (che non leggo per motivi generazionali) arrivino in libreria con un’ottima confezione editoriale (carta, brossura, qualità di stampa) e un prezzo tutto sommato contenuto. Cosa decisamente diversa sono i tomi supereroistici, prodotto assolutamente inadatto alla lettura per peso e maneggevolezza, che nasce per essere regalato ed esposto in libreria (nulla di male in questo, sia chiaro). Un altro caso ancora sono i bonelliani, che, a mio, parere, escono in una varietà infinita di confezioni (brossurati o cartonati, in formato “bonelliano” o gigante o via di mezzo, a colori o in bianco e nero, inediti o ristampe) per saggiare quale sarà la via da percorrere nel prossimo futuro, quando sarà impraticabile il surpluss di copie richiesto dalla distribuzione in edicola. Parlando con un grosso distributore per le edicole (da poco in pensione), ho scoperto che sempre più spesso anche i fumetti invenduti seguono la strada dei rotocalchi verso il macero, anziché tornare all’editore come rese.
    In conclusione, la mia impressione è che più di un “miracolo immaginario”, la distribuzione in libreria sia una “speranza inevitabile”.

  2. Che peccato sentire addetti ai lavori parlare così del fumetto e del suo futuro. Io, per motivi generazionali, faccio parte di quelli che considerano il Fumetto, quello con la effe maiuscola, un prodotto nato per essere trovato lì, nel suo habitat naturale, e cioè in edicola. Accetto la fumetteria, perché lo dice il nome, vive di questo prodotto, ma la libreria mi sembra veramente uno scippo. Si sta impadronendo di un prodotto che non è fatto per stare lì, e che, avendoci trovato casa, sta ora dettando la rotta, col risultato che ci sono sempre più autori da graphic-novel e sempre meno autori di fumetti. E non mi si venga a dire che Pratt, Manara o altri autori sono autori da libreria, perché io li compravo in edicola. Con tutto il rispetto per chi la pensa diversamente, ma io penso che questi prodotti da libreria sono brutti, fumettisticamente parlando. E non significa nulla il fatto che raccontino storie per adulti pensanti e si vestano di intellettualismo sociale. Io ho come l’impressione che gli attuali autori di Graphic-novel siano persone che sapendo disegnare poco e sapendo scrivere meno, si sono riciclati alla grande e non scrivono ne libri ne fumetti. Fanno Graphic-novel che non sono né l’uno né l’altro. Il vero amante del fumetto vuole IL FUMETTO. Che non vuol dire non riflettere, sia chiaro. Mi fa venire il mal di pancia vedere Steinbeck o London vicino a un manga o a un Batman. Che ci azzecca? Il guadagno, questo ci azzecca. I prodotti sono differenti e devono stare in mani diverse e seguire rotte differenti. Temo che finirà come è stato pronosticato nell’articolo e dal mio omonimo S almeno qui in Italia e me ne rammarico. Spero sempre in una rinascita ma capisco che è ormai una utopia. Ma quando entrando in libreria per cercare un libro e vedo un fumetto che mi piace, prendo il libro ma non il fumetto. Quello vado a prenderlo in fumetteria (non potendo più, ahimè, andare in edicola).

  3. Che muoiano di fame i fumettisti! Io la mattina mi alzo alle 5 per andare in cantiere e nessuno si preoccupa di noi operai edili che moriamo sul posto di lavoro. Se qualche fumettista che si crede anche artista dovrà andare a lavare i piatti pazienza.

    • Prima di tutto i fumettisti sono artisti a tutti gli effetti e il fumetto è difatti chiamato “la nona arte”. Poi, nessuno mette e ha mai messo in dubbio che fare il muratore sia pesantissimo e che lo sforzo fisico necessario a farlo sia ben superiore a quello dei fumettisti. Sono di Bergamo, vedo muratori tutti i giorni… Però in Italia i fumettisti non hanno neanche molte tutele sindacali e fare un fumetto richiede un bel pò di tempo e di pazienza. Motivo per cui molti fumettisti fanno già due lavori e sì, io sono fumettista e ho lavato i piatti, studiato, fatto lo spazzino, la guardia non armata ecc. … mentre lavoravo anche ai fumetti. Un pò di m*rda l’ho tirata fuori anche io. Ma anche se non facessi fatica, fossi un Michelangelo nel disegno… se lavoro e pago le tasse, che male ci sarebbe? Faccio il mio per lo stato e vivo con il mio reddito… Quindi, massimo rispetto per la sua professione, ma lei rispetti anche quella degli altri, per favore. Io mi preoccupo per le morti sul cantiere, per inciso. Mio padre faceva il metalmeccanico e anche lì di morti sul lavoro ce n’erano e ce ne sono parecchie. Ma questo allora è un tema che va affrontato presentandolo al governo insieme, non scannandosi tra lavoratori e tra i poveri e i più poveri.

  4. Mi congratulo per la cordialità e l’educazione con le quali l’autore del bellissimo articolo ha risposto al Sig. Franco, che invece era stato piuttosto aggressivo e fuori dalle righe augurando di morire di fame a degli onesti lavoratori che. come lui, vivono del proprio operato. Francamente non capisco questo astio, anche perché chi fa fumetti, come giustamente detto dell’autore, crea arte, quella che noi amiamo, e vivere di arte è molto difficile in Italia. Tanto di cappello al lavoratore edile che si suda onestamente il pane, ma questo vale anche per gli artisti del fumetto. Per estensione la critica del Sig. Franco andrebbe allora estesa a chiunque la mattina non salga su una impalcatura, compresi impiegati, medici, avvocati, baristi, postini, ristoratori, portieri d’albergo etc, etc, etc….E come le ha detto l’autore, quasi tutti i fumettisti fanno due o più lavori, pur di continuare a fare ciò che amano. Forse la sua rabbia va rivolta altrove, Sig. Franco. In fondo, se legge questo BOLG dovrebbe anche lei essere un appassionato del fumetto. Congratulazioni ancora per la risposta data dall’autore che merita tutta la mia stima.

  5. Come piccola aggiunta mi permetto di consigliare al Sig. Franco di andare a vedere su Wichipedia chi è Marcello Toninelli. Si tolga questa curiosità.

  6. Caro Fabio C., ti ringrazio sia per la tua pacata e sensata risposta al brusco commento di Franco e per le gentili parole che riservi a me e ai miei colleghi e colleghe. Ti informo però che non so chi sia, ma non sono io il Marcello che ha risposto all’articolo (quello invece sì, l’ho scritto io). Fra l’altro, mio padre non era metalmeccanico, ma faceva caramelle e ricciarelli alla Sapori di Siena. 🙂
    f.to Marcello Toninelli

  7. Non sono un esperto di editoria, però è evidente che le librerie, come tutto il comparto della carta stampata, sono in crisi, e sono costrette a trovare strategie per sopravvivere, se non vogliono fare la fine delle edicole. Essendoci sempre meno lettori di libri, “distratti” dalla concorrenza degli altri media, gli editori (che gestiscono le principali catene di librerie) stanno puntando sul fumetto, un prodotto per certi versi “ibrido”, più facilmente fruibile e dal costo tutto sommato contenuto (almeno per le librerie, mentre il costo per il lettore può variare molto). In quest’ottica, non è un caso la recente acquisizione di Star Comics operata da Mondadori.
    Per quanto riguarda le tirature “gloriose” del passato, penso che vadano contestualizzate: ad esempio, nello stesso periodo i due principali quotidiani vendevano, ciascuno, almeno 500 mila copie al giorno. Oggi chi va a comprare il quotidiano in edicola? E qual è la sua età media? Non parliamo poi dei settimanali di informazione tipo Panorama o Espresso. La mia impressione è che si stia cercando di trasformare i quotidiani, ormai surclassati dall’online, in magazine di approfondimento a scapito dei suddetti settimanali, che navigano in pessime acque.
    Tornando ai comics: quella delle librerie è una scelta quasi obbligata, ben venga quindi se ciò contribuisce alla sopravvivenza del settore. Secondo me si arriverà a un momento di saturazione del mercato dei fumetti, e a farne le spese saranno con ogni probabilità gli autori italiani, sia perché l’offerta non propone tutti questi capolavori, malgrado molti siano spacciati come tali, sia perché gli editori possono tranquillamente rivolgersi a un mercato estero sterminato e a costi decisamente inferiori.

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