SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA DI FUMETTI?

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA DI FUMETTI?

Da qualche giorno è in edicola la tredicesima uscita di Internazionale Extra. Le precedenti erano normali numeri di informazione giornalistica tematica, due delle quali riservati ai ragazzini. Stavolta, con la testata Scoop!, si è deciso di dare spazio ai fumetti… pardon: graphic articles. La rivista è infatti dedicata al graphic journalism. Diamo una occhiata ai contenuti.

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

In “Un bacio contro la guerra”, Edmond Baudoin raffigura la ferocia dei conflitti con tavole d’ispirazione espressionista.

 

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

Seth Tobocman, con tratto marcato e spigoloso, condensa a modo suo cento anni di lotte antirazziste negli Stati Uniti in “Iconoclastia”.

 

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

Leila Abdelrazaq in “Diario dal confine”, con bianco, nero e un pizzico di rosso, racconta la paura che può assalire una palestinese davanti a una frontiera.

 

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

Gli acquarelli di Barbara Yelin delineano altre storie di frontiere, quelle attraversate da un ragazzo scappato dall’Eritrea: “In fuga”.

 

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

Il francese Laurent Maffre, ne “La macchina mangiadita”, parla dello sfruttamento della manodopera straniera nelle fabbriche degli anni settanta.

 

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

Fa lo stesso l’autrice taiwanese 61 Chi, analizzando le problematiche dei pescatori sulle navi taiwanesi in “Isole nell’oceano”.

 

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

Olivier Kugler, per parte sua, con “La resistenza del fish and chips” affronta il tema delle speculazioni edilizie che stanno cambiando il volto di Londra, in pagine ricchissime di appunti, trascrizioni e cifre.

 

SCOOP! UNA NUOVA RIVISTA A FUMETTI?

Zuzu riassume in una vignetta la denuncia di un’incarcerazione ingiusta.

 

E di carcere parla anche Zerocalcare, con un reportage sulle rivolte dei detenuti italiani del marzo 2020.

 

Sam Wallman ci racconta dell’esistenza nel deserto australiano di una base militare statunitense che compie azioni di intelligence in tutto il mondo.

 

Scoop! è una bella notizia, per chi rimpiangeva le riviste di fumetti della fine del secolo scorso? Sì e no.
Sì, perché il fumetto “d’autore” (si accetti per comodità questa discutibile categorizzazione) dimostra di essere sempre vivo e capace di reggere l’edicola (forse).

No, perché quella di cui parliamo non è una rivista di fumetti nel senso che abbiamo sempre dato a questa definizione. Cosa la distingue dagli Alter Alter, L’Eternauta e Orient Express? Indubbiamente i contenuti.

Le riviste di fumetti degli anni settanta e ottanta ospitavano narrativa a fumetti, riuscendo a trasportarci in mondi fantastici e a farci conoscere personaggi incredibili impegnati in storie dalla più diversa ambientazione e genere. Scoop! non è questo. Piuttosto è un newsmagazine (l’inglese sembra essere d’obbligo, ormai, per parlare di fumetti) che ha scelto il linguaggio dell’arte sequenziale al posto dell’accoppiata “parole & foto” dei giornali tradizionali. Ma quelli che ospita sono comunque articoli, sia pure in forma grafica.

Questo, per l’appassionato di fumetto, mi appare essere lo scoglio principale della pubblicazione, destinata più ai lettori dell’Espresso che a quelli di Corto Maltese.

 

 

Diverso target, diverso modo di utilizzo del linguaggio. Che si riflette anche sulle modalità di uso del medium: a un disegno che, accompagnando una narrazione, si proponeva di farlo con gradevolezza e bel segno, che fosse quello un po’ barocco di Alex Raymond o quello elegantemente sintetico di Hugo Pratt, qui si opta per un diverso tipo di scelte grafiche.

 

Si va così da un disegno “illustrativo”, anche molto bello come quello di Kugler o artisticamente gradevole come quello di Yelin, a disegni decisamente più scarni e talvolta bruttarelli, qualche volta perché li si ritiene forse più congeniali al testo (può essere il caso del sintetico Tobocman), talaltra perché probabilmente non si è capaci di fare meglio (come è per l’incerto disegno di Abdelrazaq o l’indeciso ripasso di Maffre).

In questa altalena qualitativa, giusto al centro si piazza Zerocalcare, che riesce a conciliare un’indagine giornalistica “come quelle di una volta” con le sue vignette un po’ sgraziate ma stilisticamente coerenti ed efficaci, dimostrando una volta di più la notevole capacità di comunicare, che si tratti di fiction o cronaca.

I fumetti di questo speciale sono diversi anche da quelli di una rivista storica come Linus, pure nella sua incarnazione più politica degli anni ottanta, perché, comunque, la satira opera una distorsione creativa della realtà.

Dunque, benvenuto Scoop! (sembra che avrà un seguito), ma – ahimè – le riviste dell’altro millennio continuano a giacere dove sono state seppellite.

 

 

7 commenti

  1. Zerocalcare come disegni è in caduta libera. Non è mai stato un fenomeno ma prima era passabile.

    https://www.dire.it/20-07-2016/66289-zerocalcare-carlo-giuliani-quella-ferita-genova-mai-sanata/

  2. Toninelli è troppo magnanimo nel giudicare la qualità dei disegni di Scoop, che io reputo oscillare dal dilettantesco al pessimo.
    Così come , chi vuole diventare medico debba avere necessariamente una calligrafia orribile, chi vuole fare fumetti politici e impegnati, deve possedere un abilità grafica degna di un altro tipo di animale a 4 zampe .
    E dire che Marcello , ormai una ventina di anni fa su Fumo di China , stroncava senza pietà i disegni che aspiranti fumettisti passavano al suo giudizio.
    Molti di questi erano geni della matita a confronto degli autori di “Scoop”.
    SI vede che con il passare del tempo si è ammorbidito . 😉

    • Ah! Ah! Sei per caso uno di quelli che ho “stroncato” su Fumo di China? Comunque, no, non mi sono ammorbidito. E’ il mondo del fumetto che è cambiato: all’epoca davo i giudizi sulla base di un livello professionale che veniva richiesto per poter lavorare con i buoni editori. Oggi il fumetto è diventato sempre più un fatto “artistico”, e in tutta quella che è la produzione “graphic” (novel, journalism, biographic…) sembra che ormai il “buon disegno” non sia più fondamentale e possano serenamente pubblicare anche quelli che, come si dice dalle mie parti, “non sanno fare una O col culo”. Così ho forzatamente riparametrato il mio livello di giudizio. Continuo a vedere e distinguere chi disegna bene da chi proprio non ci arriva (e li ho distinti anche in questo articolo), ma è inutile stigmatizzarlo: se ai nuovi editori (e a quanto pare anche ai lettori e parte della critica) va bene così, è inutile saltare in sella a Ronzinante. Non mi verrebbe più dietro neanche Sancio Pancia. 🙂

      • No, caro Marcello, non sono uno di quelli che tu stroncasti all’ epoca .
        Ma seguivo sempre divertito la tua rubrichetta per i commenti a volte serie, a volte sarcastici e in alcuni casi cattivelli che usavi verso i poveri cristi della matita che ti mandavano i lavori sperando in qualche tuo plauso .
        In particolare ce l’avevi con chi disegnava in stile manga , e chi disegnava alla Sio ( e già, perché prima di Sio c’era già altri come lui che hanno avuto l’ evidente sfortuna di nascere troppo presto ).
        Secondo me quei commenti andrebbero recuperati e diffusi sul web.
        Ne verrebbe fuori una rubrica interessante ( specie se , chi tra quelli che inviavano idisegni , è diventato “qualcuno” )

        .

        • A parte il tono scherzoso della mia precedente risposta riguardo la deriva “artistica” delle varie declinazioni del graphic, io pure ho iniziato da assoluto incapace su Telerompo e poi sulle Sexy Operette, e anche se umilmente mi sono fatto il mazzo (e ho ascoltato i consigli di chi ne sapeva più di me) riuscendo a crescere quanto basta, ancora oggi non sono un bravo disegnatore, al massimo uno che ha imparato a nascondere alcuni dei suoi difetti e mancanze. So di essere stato “spietato” nei miei giudizi su FdC (comunque chi si rivolgeva alla rubrica era avvertito)… ma nell’intenzione di fare l’interesse di chi mi sottoponeva le sue prove. E sì, credo siano più d’uno quelli che poi ce l’hanno fatta. E qualcuno mi ha anche ringraziato per il mio giudizio e i miei consigli. Qualcun altro mi porta rancore da vent’anni. Pazienza.

  3. Vorrei essere chiaro : il fatto che tu “demolissi” certi autori, non era una critica.
    E’ giusto che gli autori alle prime armi vengano abituati a non fare da subito lavori tirati via , ma a sgobbare più del dovuto per sgrezzarsi il più in fretta possibile e darsi un etica del lavoro .
    La mia osservazione era più che altro un modo per evidenziare come lo standard qualitativo minimo di una tavola disegnata si sia abbassato clamorosamente, in Italia.
    Si parla di come il fumetto sia passato improvvisamente al centro della ribalta , ma secondo me è solo apparenza.
    Ai detentori del potere culturale, dei fumetti frega zero.
    Gli interessa solo degli argomenti politico/sociali che essi trattano, non del mezzo fumettistico in sé.
    E questi nuovi fumettisti, sembrano più promuovere loro stessi che i loro fumetti.
    Zero C. ne è un esempio: è protagonista delle sue stesse storie, e ora probabilmente mollerà i fumetti per fare ai cartoni animati dove doppia (male) se stesso.
    Lo stesso potremmo dire di un SIO, o dell’ autrice di Fumetti Brutti , che sembra più celebrata come autrice trans che come autrice e basta ( abbastanza mediocre, a mio parere) .
    Insomma, questi autori rispecchiano l’epoca dei social in cui viviamo, dove bisogna creare un culto della propria immagine e creare un legame con i propri follower per spremerli bene e tutto il resto passa in secondo piano .

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