I FILM EROTICI DI GIULIANO BIAGETTI

I FILM EROTICI DI GIULIANO BIAGETTI

Tra le tante figure di registi dimenticati merita un accenno la figura di Giuliano Biagetti, autore di tre film con lo pseudonimo di Pier Giorgio Ferretti (per alcuni anni creduto dai critici un regista diverso).
La prima pellicola è Decameroticus (1972), che dà il nome al sottogenere dei decamerotici, interpretata da Orchidea De Santis. Seguono Il sergente Rompiglioni (1973), interpretato da Franco Franchi, e La novizia (1975), un insolito tonaca movie interpretato da Gloria Guida.

Giuliano Biagetti nasce a La Spezia nel 1925 e muore nel 1999, tra l’indifferenza della critica e dei media. Soltanto la rivista Nocturno Cinema gli dedica un articolo a firma Stefano Ippoliti sul numero 10 di giugno-luglio 1999.

Biagetti nel periodo universitario a Firenze fonda la compagnia teatrale La Brigata dei dottori, nella quale recita e scrive testi. Nasce come documentarista ed esordisce alla regia nel 1953 con Rivalità, lavoro scritto e supervisionato da Roberto Rossellini.
Subito dopo gira Ragazze al mare (1954), un’altra storia di provincia che mette alla berlina la difficoltà di vivere in una comunità piccola.

Dopo questi due film c’è un lungo periodo di silenzio: Giuliano Biagetti va a dirigere gli effetti speciali dell’Istituto Luce, poi si dedica a una serie infinita di spot per Carosello molto creativi interpretati da attori del calibro di Totò. Chi non ricorda Con Api si vola interpretato da Modugno?

Torna al cinema dopo quattordici anni con L’età del malessere (1968), tratto dal romanzo di Dacia Maraini, film impegnato sui temi della contestazione studentesca.
L’anno successivo dirige un giallo sexy (Interrabang), sempre soffuso da un alone di critica sociale, tipico del post-sessantotto. Il film viene inspiegabilmente sequestrato su tutto il territorio nazionale dal giudice Occorsio e questo fatto provoca seri problemi economici al regista, nell’occasione anche produttore.

Biagetti si rituffa nel mondo dei Caroselli e torna al cinema solo nel 1972, con lo pseudonimo di Pier Giorgio Ferretti dirigendo Decameroticus. Dal cinema d’autore passa così al cinema di genere cambiando nome. Il resto della sua produzione è tutto su questa falsariga, comunque si firmi.
Ancora una volta prima di lasciarci (1972) con Corrado Pani e Barbara Bouchet analizza la crisi della coppia.
Il sergente Rompiglioni (1973) vede uno scatenato Franco Franchi alle prese con una farsa di ambientazione militare.
La svergognata (1974) è una commedia erotica interpretata da una giovanissima Leonora Fani, che seduce l’attempato scrittore Philippe Leroy in vacanza a Ischia, mentre la bella moglie è Barbara Bouchet.
Dopo La novizia (1975) con Gloria Guida, dirige Renzo Montagnani e Jenny Tamburi nella commedia dolce amara Donna… cosa si fa per te (1976).
Infine gira L’appuntamento… dove, come, quando? (1977) sempre con Renzo Montagnani.

Quindi si dedica alla pubblicità sino al 1989, quando rientra nel giro del cinema con Vado a riprendermi il gatto, una favola bucolica premiata al Festival di Montreal interpretata da Barbara De Rossi, Jean Pierre Cassel e Mario Adorf.
Conclude nel 1992 con Sì… ma vogliamo un maschio, film mai uscito nei circuiti cinematografici e sconosciuto ai più.

Biagetti ha raccontato spesso storie che affrontano tematiche sociali e intimistiche, accompagnate da violenza ed erotismo, ma pure vicende sui rapporti di coppia e sulla difficoltà di vivere in provincia.

 

Quattro film da vedere di Giuliano Biagetti

 

Interrabang (1969)

Regia: Giuliano Biagetti. Soggetto: Edgar Mills (racconto). Sceneggiatura. Luciano Lucignani, Giorgio Mariuzzo. Fotografia: Antonio Borghesi. Montaggio: Marcella Bevilacqua. Musiche. Berto Pisano. Scenografia: Tellino Tellini. Operatore alla Macchina. Sergio Rubini. Durata: 93’. Genere: Thriller erotico. Produttore: Giancarlo Segarelli. Casa di Produzione: Salaria Film. Interpreti: Umberto Orsini (Fabrizio, il fotografo), Beba Loncar (Anna, moglie del fotografo), Haydée Politoff (Valeria, la sorella di Anna), Shoshana Cohen (Maregalit, la modella), Corrado Pani (Marco, l’uomo sull’isola), Edmondo Saglio (guardacoste 1), Tellino Tellini (guardacoste 2), Antonietta Fiorito (ragazza sul motoscafo).

I FILM EROTICI DI GIULIANO BIAGETTI

Una pellicola interessante che per anni si è trascinata dietro la nomea di film maledetto perché il giudice Occorsio la sequestrò nel 1970, facendola ritirare da tutti i circuiti nazionali. In televisione non si era mai vista fino al 16 aprile 2020, giorno in cui Cine 34 l’ha trasmessa in prima serata, opportunamente sforbiciata di alcune sequenze hot.
Peccato, perché la malsana atmosfera a metà strada tra tradimenti di gruppo e lesbismo è componente fondamentale di un film, che si regge anche sulla tematica sociale e su un ben congegnato triplice finale a sorpresa.

La storia è abbastanza semplice, per buna parte del film procede con un montaggio compassato e con tempi da cinema erotico, per poi godere di una rapida accelerazione nel concitato finale.

Fabrizio (Orsini) è un fotografo insoddisfatto, vorrebbe fare altro nella vita che scattare istantanee a sexy modelle, pare stanco della ricca moglie Anna (Loncar). Si atteggia a intellettuale, immagina un futuro da corrispondente di guerra, mentre si trova all’Isola Rossa dell’Argentario per fotografare Maregalit (Cohen), insieme alla moglie e alla giovane cognata Valeria (Politoff).
Molte avance erotiche tra Orsini e la sconosciuta Cohen (una vera modella), alcuni battibecchi colti con la Politoff, infine pare che la barca resti senza benzina e il fotografo approfitta di un motoscafo (guidato da una bella francesina, Fiorito) per andare sulla terraferma a rifornirsi.

Si diffonde la voce di un ricercato evaso da un penitenziario, mentre compare tra le scogliere il bel tenebroso Marco (Pani), che prima conquista le tre donne, una dopo l’altra, infine pare intenzionato a ucciderle, ma niente è come sembra.

Il finale scioglie i nodi della narrazione, intrecciati benissimo da regista e sceneggiatori, perché non solo Marco non è l’evaso, ma non ha ucciso nessuno, anche se era d’accordo con Valeria per farlo.
Finale comunque tragico, perché è la dark lady, architetto del cinico piano, a tingere di sangue l’azzurro del mare, mentre Fabrizio, Anna e Maregalit raggiungono i fuggitivi a bordo del motoscafo guidato dalla francesina.

Bellissima la colonna sonora di Berto Pisano, pubblicata nel 1970 su un Lp Rca con dieci tracce, ristampata nel corso degli anni su Cd con aggiunta di nuovi pezzi.
Nel 1969 esce anche il 45 giri Interrabang (Il colore degli angeli / … e il sole scotta). La musica suadente di Berto Pisano si accompagna bene a una suggestiva fotografia marina che gode di una location fantastica come l’Isola Rossa dell’Argentario, deserta e selvaggia, per l’occasione resa claustrofobica dalla tematica thriller e dai rapporti malsani che si sviluppano tra i protagonisti.

Sceneggiatura ricca di dialoghi colti, quasi da cinema di Antonioni (in certi frangenti viene a mente L’avventura, 1960, con Ferzetti, Massari e Vitti, pure se siamo su un altro piano). Frasi come: La libertà assoluta è la morte, Il successo significa vivere senza lottare per vivere, Un uomo morto in mezzo a tutte queste cose morte che senso ha?, risentono molto di una temperie culturale post-sessantottina che pervade ogni tipo di espressione artistica.
In ogni caso non infastidisce, perché il film vive di grande tensione erotica, girato con molta macchina a mano e grande uso dello zoom (segno dei tempi), con soggettive nervose e stupendi primi piani dei protagonisti.

Interrabang è un segno di interpunzione (?!), lo stesso che Valeria porta al collo come un ciondolo, che a un certo punto regala a Marco: è il segno dell’incertezza di questa nostra epoca, dice la ragazza nel corso di un nuovo dialogo letterario, molto sessantottino.

La tecnica di regia è matura e consapevole, Giuliano Biagetti tradisce il passato da documentarista perché si sofferma con cura certosina a immortalare scorci paesaggistici, così come è molto bravo a valorizzare la bellezza delle attrici.

Interpreti maschili all’altezza della situazione, sia Pani che Orsini sono impeccabili, mentre Loncar e Politoff faticano un poco di più per ottenere una resa dignitosa.
Stendiamo un pietoso velo sulla Cohen, soltanto bella da vedere, perfetta quando si fa fotografare e svolge il suo vero mestiere, ma difficile da sentire nelle prove di recitazione.

Il doppiaggio salva il salvabile, anche perché le tre attrici non parlano italiano, mentre Pani e Orsini si doppiano da soli. Temi appena accennati che sono cari al regista: la difficoltà del rapporto di coppia, l’insofferenza nei confronti degli schemi preconfezionati, l’amore libero, la lotta antiborghese, la contestazione studentesca.

Biagetti cercherà di approfondire certe tematiche nei film meno commerciali, inserendo considerazioni legate al suo modo di sentire anche nei lavori comico-erotici girati per “esigenze alimentari”.

Non vi fidate della critica, perché Paolo Mereghetti (una stella e mezza) parla di spropositate velleità autoriali e di un verboso canovaccio, aggiunge che ci vuole circa un’ora perché la storia ingrani, per fortuna conclude che vale la pena resistere fino al triplice colpo di scena finale.
Marco Giusti (Stracult) definisce il film addirittura terribile, affermando che è un thriller con idee e vaghi richiami al cinema d’impegno tutto girato su uno yacht. Non l’ha visto o non lo ricorda, perché parla di omicidi, di sesso, fumo (?) e nudo, di un film noioso e poco erotico con un Corrado pani coattissimo e una Politoff in declino artistico.
Pino Farinotti scrive una trama inesistente, forse sentita da qualche collega, che parla di piani falliti, amanti diabolici, omicidi. Non ha resistito fino alla fine, probabilmente.

Interrabang è un film invecchiato molto bene che si ritaglia un posto di primo piano nella lunga tradizione del thriller erotico italiano. Disponibile in Dvd dal 2012.

 

Il sergente Rompiglioni (1973)

Regia: Pier Giorgio Ferretti (Giuliano Biagetti). Idea: Leo Cevenini. Soggetto e Sceneggiatura: Roberto Gianviti, Fiorenzo Fiorentini. Scenografia e Costumi: Luciano Sagoni. Produzione: Leo Cevenini, Vittorio Martino per Flora Film e National Cinematografica. Montaggio: Alberto Moriani. Fotografia: Sergio Rubini. Direttore di Produzione: Sergio Borelli. Aiuto Regista: Giorgio Mariuzzo. Truccatore. Giovanni Amadei. Operatore alla Macchina. Michele Pensato. Ispettore di Produzione: Lamberto Palmieri. Musiche. Berto Pisani (Edizioni Musicali Pegaso). Teatri di Posa. Stabilimenti Elios. Interpreti: Franco Franchi, Francesca Romana Coluzzi, Mario Carotenuto, Pino Ferrara, Enzo Andronico, Corinne Piccolo (Clery), Adriana Facchetti, Nino Terzo, Alfredo Malfatti, Dante Cleri, Carla Mancini, Fredo Pistoni, Marie Luise Zetha, Luca Sportelli, Luigi Antonio Guerra, Gino Pagnani, Gli Alisei.

I FILM EROTICI DI GIULIANO BIAGETTI

Il sergente Rompiglioni (1973) è un film parodistico ispirato alla serie Il colonnello Buttiglione, scritto da Leo Cevenini e Roberto Gianviti, interpretato da un buon cast di attori comici.
Il film non è memorabile, il regista utilizza le doti mimiche di Franco Franchi per una scontata parodia di un film comico.

Il sergente Francesco Garibaldi Rompiglioni è un militare tutto d’un pezzo, fissato con la disciplina, amante della divisa, ma pure grande appassionato di opera lirica. Rompiglioni dirige l’orchestra della guarnigione, paradossalmente priva di strumenti, perché non arrivano mai.

Le prove si trasformano in grandi numeri mimici corali interpretati da Nino Terzo, Gino Pagnani, Dante Cleri e Luca Sportelli. I problemi per il sergente si fanno seri quando arrivano in caserma i componenti del gruppo pop Gli Alisei, un complesso raccomandato dal colonnello Carotenuto, perché uno dei cantanti è fidanzato della figlia (Clery).

Rompiglioni li torchia senza pietà, ma viene ripreso dal colonnello, quindi subisce la vendetta dei cantanti che lo mandano per scherzo a Castrocoro (ironia di Castrocaro), come concorrente al Festival delle voci nuove.

Rompiglioni si dimette dall’esercito per iniziare la supposta carriera di cantante, ma per fortuna il colonnello non legge la lettera, così, una volta scoperto il tiro mancino, riprende la divisa e si vendica dei ragazzi facendoli cantare come voci bianche nel coro del Nabucco.

La pellicola è divertente nella prima parte, quando Giuliano Biagetti tenta di fare satira sulla vita in caserma, Imposta alcuni buoni momenti da barzelletta-movie e inserisce brevi sequenze da commedia erotica.

Francesca Romana Coluzzi interpreta un’insolita parte sexy nei panni della fidanzata in minigonna di Rompiglioni. Carla Mancini mostra le gambe durante una visita in caserma.
Corinne Clery (si fa chiamare Piccolo e nessuno la conosce) sprizza sensualità da tutti i pori, ma è limitata dal personaggio.

Franco Franchi non è al meglio delle sue possibilità, il personaggio lo limita, ma diverte con la sua faccia di gomma, la solita mimica e alcuni monologhi ben riusciti. “Sono arrivati o non sono arrivati?”, è il tormentone del film riferito agli strumenti, ma spesso equivocato con altre situazioni.

Ottimi i siparietti da avanspettacolo con Andronico e Carotenuto, ma anche i duetti con Nino Terzo. Divertenti alcune sequenze trash come i balletti in caserma a passo di valzer, mazurca e quadriglia.

La seconda parte della pellicola scade di tono, quando Rompiglioni frequenta per caso la discoteca dove cantano Gli Alisei, si lascia convincere di essere un ottimo cantante e prova la carta di Castrocoro.

Bravissimo Mario Carotenuto come colonnello in preda ai tic nervosi, diligente Adriana Facchetti come moglie credulona, affascinante una giovanissima Corinne Clery.
Molte gag sono da cartone animato, pura comicità slapstick, con esplosioni niente affatto letali e soluzioni grottesche.

Franchi si ricorda per alcune battute. “Non sono vigile, ma sono vigile!”, dice a un vigile che vuol multarlo. In discoteca: “Musica pop? Poppy Solo?”.
Alcune parti oniriche vedono i desideri di Franco diventare realtà mentre canta Rigoletto o Il barbiere di Siviglia. Gli Alisei cantano Cambia l’arma non la mente. I 4 più 4 di Nora Orlandi cantano Il sergente Rompiglioni, sigla di testa e di coda.

Paolo Mereghetti concede un sola stella: “Un personaggio monocorde per la maschera disarticolata e schizofrenica di Franchi. Blanda satira della vita in caserma, con un seguito”.
Confermano la misera stella anche Pino Farinotti e Morando Morandini, ma senza motivare. In compenso il pubblico pare gradire: due stelle.
Marco Giusti non ama il film: “Non è quel che vi aspettate, ahimè. Un modestissimo sotto-Buttiglione che vive solo per il titolo e per la presenza, altamente sciupata, di Franco Franchi e del solito gruppo di amici caratteristi. C’è anche Corinne Piccolo, una Corinne Cléry alle prime armi. Giuliano Biagetti, che si firma per l’occasione Ferretti, non è all’altezza dell’operazione. Decisamente superiore il sequel”. Non concordiamo in toto. Il film non è all’altezza delle aspettative, ma ha una sua originalità.

 

La novizia (1975)

Regia: Pier Giorgio Ferretti (pseudonimo di Giuliano Biagetti). Soggetto e Sceneggiatura: Pier Giorgio Ferretti, Giorgio Mariuzzo. Aiuto regista: Ennio Marzocchini. Trucco: Gianni Amadei. Fotografia: Franco Villa. Musiche: Berto Pisano. Montaggio: Alberto Moriani. Scenografie e costumi: Tellino Tellini. Produttore: Enzo Del Punta e Giuliano Biagetti per BI.PA.. Distribuzione: D.E.A. Film. Interpreti: Gloria Guida, Gino Milli, Lionel Stander, Femi Benussi, Fiore Altoviti, Beppe Lo Parco, Maria Pia Conte, Vera Drudi e Giuseppe Sciacqua.

La novizia di Pier Giorgio Ferretti (pseudonimo di Giuliano Biagetti) è un film che rientra nel sottogenere monache nel peccato, meglio noto come tonaca-movie. Ricordiamo alcuni esempi: Immagini di un convento di Joe D’Amato (1979), mutuato in parte da Interno di un convento del grande Valerian Borowczyk (1978) e La monaca nel peccato dello stesso D’Amato (1986).
Si può inserire anche nel sottogenere dei peccati in famiglia e nei drammi erotici, perché è una commedia dai risvolti familiari che nel finale risente di un’imprevedibile svolta drammatica.

Tempo fa mi è capitato tra le mani, comprato su una bancarella di libri usati, La suora giovane (1963) di Giovanni Arpino, che colpevolmente non avevo mai letto.
Ero sempre vissuto nella certezza che questo libro avesse ispirato La novizia di Biagetti, convinto che critici e recensori dicessero il vero (vatti a fidare!) fino a quando non ho toccato con mano che romanzo e film hanno in comune ben poco, in fondo solo lo spunto di una storia d’amore tra un uomo e una novizia.

La suora giovane racconta l’infatuazione di un ragioniere torinese di quarant’anni, che non è mai stato sposato, per una novizia ventenne di Mondovì. La ragazza fugge dalla campagna, crede che prendere i voti possa cambiare la sua vita e quella della famiglia, fino al giorno in cui l’amore irrompe e sconvolge tante certezze.

Il romanzo di Arpino non è per niente erotico, se non nelle suggestioni, descrive un rapporto d’amore platonico che si conclude con l’uomo alla ricerca disperata della ragazza per condurla all’altare.
Il ragioniere quarantenne conosce la famiglia della suora, parla con padre e madre, quindi decide di coronare il sogno d’amore, nonostante le possibili difficoltà del rapporto.

Molto importante il lato psicologico, l’introspezione dei personaggi, la crisi della vocazione, i timori per la differenza di età, che Arpino presenta da grande letterato.
Ricordiamo che dal romanzo dello scrittore di Pola, fu tratto un film fedele al testo, diretto e sceneggiato da Bruno Paolinelli e interpretato da Laura Efrikian e Jonathan Elliot.

Il film di Giuliano Biagetti è un buon lavoro, ma racconta tutta un’altra storia e presenta suggestioni erotiche ben più evidenti.
Gloria Guida è Maria, da novizia si chiama suor Immacolata. Veste il bianco abito monacale con una notevole carica erotica, soprattutto nelle scene più piccanti. L’attrice è doppiata in veneto come ne Il gatto mammone con Lando Buzzanca.

Suor Immacolata proviene dalle campagne del Nord-est, si trova in Sicilia per accudire il vecchio e malato don Ninì (Lionel Stander), che ha avuto una vita movimentata e ricca di avventure erotiche.

In punto di morte don Ninì vuole accanto a sé il nipote Vittorio (Gino Milli), il quale torna al paese dopo aver compiuto gli studi nella capitale.
Vittorio ritrova gli amici e la noia di una vita provinciale che fatica a capire, rivede Nunziatina (Femi Benussi), il primo amore, che ha sposato per interesse un uomo che non ama. Vittorio intreccia con lei una relazione all’insegna del sesso più sfrenato: le scene erotiche che vedono impegnata Femi Benussi sono incandescenti.
Basti pensare a una telefonata durante la quale, in mutandine di pizzo e al colmo dell’eccitazione, accarezza il corpo con la cornetta del telefono fino a lambire il sesso.

Vittorio si innamora della bella novizia, che in un primo tempo pare turbata dai discorsi erotici dello zio e dalle avventure del nipote che porta in casa le amiche e fa l’amore con loro senza curarsi della sua presenza.
Lei è pur sempre una donna: quando scopre Vittorio e Nunziatina che fanno l’amore comincia ad accarezzarsi il seno nonostante l’abito monastico. Cerca di resistere ma la tentazione è forte.

Vittorio conosce meglio la novizia, scopre che proviene da un paesino di contadini veneti, che ha un fratello prete e che la madre vuole che si faccia suora. Maria sostiene di essere predestinata sin da bambina a quel tipo di vita e che non è mai stata giovane. Però dice di amare le persone, la musica, il ballo e alla fine termina il discorso alzando la tonaca e mostrando a Vittorio le gambe fasciate da calze bianche autoreggenti.

In un altro dialogo Vittorio le fa togliere la cuffia, le scioglie i lunghi capelli, poi la accarezza e la chiama Maria. Tra i due ragazzi è scoccata la scintilla dell’amore. Per Vittorio c’è appena il tempo di un rapido rapporto con Nunziatina sotto i fuochi d’artificio.
L’amore bussa alla porta e si manifesta sotto forma di un gioco a mosca cieca con la bella novizia. La scena ricalca quella già vista in Malizia di Samperi tra la Antonelli e Momo però ha una buona gradazione erotica. La ragazza si fa prendere e lui la stringe forte accarezzandole il seno e chiamandola amore.

Altra scena interessante dal punto di vista erotico è lo strip-tease di Gloria Guida, che toglie i panni da novizia per vestire sensuali indumenti intimi femminili. La novizia asseconda don Ninì che vuol morire davanti a una vera donna e non a una suora. La scena è molto spinta, Gloria Guida resta completamente nuda con la sola cuffia bianca a coprire il capo.

Vittorio scopre una lettera della madre di Maria, che insiste perché la figlia si faccia suora e la dà alla novizia per dirle che è innamorato di lei e che la vuole soltanto donna. Infine la bacia, la spoglia e le scioglie i capelli in un’altra sequenza molto calda.

A questo punto muore lo zio, si fa beffe pure della morte dicendo che è una bella signora e che si fotte anche lei. La novizia sparisce, Vittorio è in preda alla disperazione, non mangia più, non gli interessa niente, non vuol vedere nessuno, neppure la bella Nunziatina.

Visto che la donna insiste, Vittorio la riceve in casa e la spinge nel letto dei suoi amici. Anche questa parte presenta contenuti erotici trasgressivi per il periodo. Vittorio pensa soltanto a Maria e alla fine viene a sapere dalla madre superiora del convento che lei ha fatto ritorno a casa nella campagna veneta.

Decide di andarla a cercare, parte con la benedizione degli amici che gli augurano di ritornare insieme alla sua donna. La casa di Maria è in aperta campagna e Vittorio incontra una persona che lo mette in guardia: “In quella casa non ci sono uomini. Il fratello lo hanno fatto prete e il padre è morto tempo fa in circostanze strane”.

Vittorio va avanti lo stesso. Si presenta alla madre di Maria, una mezza invasata che ha consacrato la propria esistenza e quella della figlia a Dio. Un uomo (il marito?) le ha fatto odiare la vita e lei deve difendere la figlia. Intima a Vittorio di andarsene e di lasciare in pace Maria.

Vittorio non sente ragioni, vede la ragazza nel prato in fondo alla valle e le corre incontro gridando. Maria non è più vestita da suora ma in un primo momento per proteggerlo dall’ira della madre cerca di ingannarlo e dice di essere Angela, la sorella gemella. La bugia è subito scoperta, i due ragazzi si baciano, danzano in mezzo al prato, lui dice che la porterà via, sono al culmine della felicità. Due colpi di fucile si abbattono sulle loro speranze.

La commedia diventa dramma con Vittorio che cade a terra e muore. La madre uccide il ragazzo che voleva portare via la figlia consacrata a Dio. Questa brusca virata verso atmosfere drammatiche (pur eccessivamente repentina) dà al film un tocco di originalità e di interesse.

Il film è buono. Uno dei migliori lavori di Biagetti per la grande attenzione verso i problemi sociali, i rapporti tra i sessi e la vita in provincia. Ben recitato da un ottimo Lionel Stander che confeziona una maschera esemplare da vecchio siciliano in attesa della morte. Meno interessante e più stereotipata la figura del giovane Vittorio, resa con diligenza da un sufficiente Gino Milli.

Femi Benussi è stupenda nelle sequenze erotiche ed è decisamente brava come recitazione. Gloria Guida se la cava bene ed è una presenza eccezionale in un abito da suora che le conferisce un’aria ingenua e timorata inedita nei precedenti lavori. Quando si scatena presa dal vortice dei sensi ci lascia sequenze di strip memorabili e nudi integrali in abito da suora che parlano da soli.

Per Mereghetti (una stella) si tratta di un softcore all’italiana in cui la Guida si spoglia con disinvoltura per lo meno sospetta per una suora.
Giovanni Buttafava trova il film sorprendente, totalmente svincolato da ogni credibilità, anche geografica, spaziando dalla Sicilia alla campagna veneta, combinando i pezzi dedicati alle varie dive impiegate per pura giustapposizione, arrivando a esaltare il cliché del vecchio libertino moribondo con una soggettiva della Morte.
La critica è positiva o negativa? Non è dato saperlo, ci limitiamo a riportarla per come l’abbiamo trovata su Stracult di Marco Giusti, che invece pare deluso da un film troppo casto.

La novizia riscuote un buon successo di pubblico, anche all’estero: esce in Francia come La novice se dévoile e in Germania come Verfuhrung einer nonne.

 

L’appuntamento (Dove, come, quando?) (1977)

Regia: Giuliano Biagetti. Soggetto: Riccardo Biagetti. Sceneggiatura. Silvano Nelli, Bibi Faller, Giuliano Biagetti. Montaggio: Romeo Ciatti. Fotografia: Antonio Borghesi. Scenografia e Costumi: Verena Busel. Trucco: Alfredo Marazzi. Musiche: Berto Pisano. Aiuto Regista: Riccardo Biagetti. Produzione: Nova Film. Distribuzione: Indipendenti regionali. Genere: Commedia Sexy. Durata: 91’. Interpreti: Renzo Montagnani, Maria Pia Conte, Orchidea De Santis, Barbara Bouchet, Mario Carotenuto, Enzo Liberti, Mario Pachi, Antonino Faà Di Bruno, Sandro Bolchi, Giuseppe Rovini, Mario Di Maio, Grazia Ignesti, Emilio Pisani, Giuseppe Magdalone, Stefanina Pelati, Sergio Risso, Renato Moretti, Giò Abrate, Claudia Rericich.

L’appuntamento (Dove, come, quando?) è l’ultima commedia sexy di Biagetti con protagonista Renzo Montagnani, innamorato di una collega (Maria Pia Conte), che per tutta la pellicola tenta di giungere in orario a un appuntamento. Soffermiamoci su questo film, non troppo erotico, ma intriso di comicità genuina e originale.

Nel cast spiccano nomi di rilievo come Renzo Montagnani, Orchidea De Santis, Barbara Bouchet, Mario Carotenuto, Maria Pia Conte ed Enzo Liberti.
La pellicola nasce da un’idea di Riccardo Biagetti (aiuto regista), Nelli-Faller collaborano alla sceneggiatura, il montaggio è di Romeo Ciatti, la fotografia di Antonio Borghesi, mentre le musiche sono di Berto Pisano.

Il film è una divertente pochade fiorentina che alterna sensuali e divertenti parti oniriche a una serie di contrattempi che complicano la vita al protagonista.
Renzo Montagnani e Mario Carotenuto sono due colleghi di lavoro dediti alle avventure galanti, si contendono l’affascinante signora Picchioni (Mari Pia Conte) e danno vita ad alcuni duetti comici di tutto rispetto.

Il film è costruito su misura per le battute sopra le righe di Renzo Montagnani: “Alle sei della tarda spingardo la bernarda!”, riferito all’appuntamento erotico; “O ti tagli i capelli o ti compri un violino!”, rivolto al figlio capellone; “Era meglio se stavano zitte e costavano un po’ meno!”, riferito alle rose che parlano vendute dalla fioraia; “Bada com’è contento con la palettina! Il secchiello te lo copro io quest’estate!”, riferito a un vigile urbano zelante; “A te ti garberebbe sta’ cor cannolo in mano!”, rivolto a un pasticcere gay. Ne abbiamo citate soltanto alcune.

La pellicola è ambientata a Firenze. Montagnani è bravissimo a interpretare il vernacolo toscano e regge quasi da solo la scena per un’ora e mezzo.
La storia è un pretesto per inserire alcune situazioni comiche e siparietti da barzelletta movie fino alla conclusione a sorpresa.

Le parti erotiche più spinte (ma non troppo) sono i momenti onirici che ritraggono Maria Pia Conte distesa su un sofà con una rosa in mano.
Molto originale la trovata di far parlare l’attrice ricorrendo al fumetto, forse per sottolineare che si tratta di un sogno di Montagnani.

Le sequenze erotiche intervallano parti esclusivamente comiche che raccontano le disavventure del protagonista, in ritado all’appuntamento.
Momenti di puro avanspettacolo sono un paio di scene dove Montagnani e Carotenuto recitano insieme e confermano la grande importanza dei tempi comici.

Orchidea De Santis è molto brava nei panni della moglie piuttosto puttana di un collega di lavoro che vorrebbe portarsi a letto Montagnani. In una sequenza successiva la vediamo seminuda in una stanza di albergo insieme al capo ufficio Carotenuto, pure se la sua presenza è molto casta.

Barbara Bouchet caratterizza bene una moglie annoiata di un console svedese, e che vorrebbe farsi un uomo normale italiano (Montagnani), ma non ci riesce.
Pure lei non concede molto al pubblico maschile. La pellicola è costruita tutta sulla verve di Montagnani che è incontenibile, ma non presenta molte parti erotiche.

Enzo Liberti è bravissimo nei panni di un tassista romano capitato per caso a Firenze, che non conosce neppure le vie della città.
Ci sono diverse scene a base di stornelli fiorentini, parti da documentario che immortalano la bella città toscana e sembrano commissionate dall’ufficio turistico.

La commedia sexy fa di nuovo capolino in una classica sequenza voyeuristica con Carotenuto che spia la Bouchet dal buco della serratura, mentre Montagnani fa altrettanto con la De Santis.
Assistiamo a una sorta di scambio di coppie non consumato, vediamo la Bouchet in alcune pose sensuali mentre mostra lunghe gambe nude, il seno prosperoso della De Santis e poco altro.

Giuliano Biagetti inserisce un paio di riferimenti alla situazione politica, parlando di Brigate Rosse e terroristi, ma mette anche l’accento sui vizi provati e le pubbliche virtù dei borghesi che tradiscono le mogli con donne disponibili.

Alla fine Montagnani riesce a raggiungere la Picchioni, ma non la trova sensuale come immaginava. Tutt’altro… La donna è dimessa e mal vestita, forse più in disordine della moglie, soffre di mal di testa ed è piena di lavori domestici da sbrigare.

Una bella delusione dopo tanto penare per arrivare in tempo. Montagnani esce sotto la pioggia e sente un passante mormorare: “Che giornata di merda!”. Scuote la testa e se ne torna a casa.

 

Gordiano Lupi, autore dell’articolo, ha scritto “Gloria Guida, Il sogno biondo di una generazione”, La cineteca di Caino

 

 

 

 

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