L’ESOTICO-EROTICO DI NADIA CASSINI

L’ESOTICO-EROTICO DI NADIA CASSINI

Nadia Cassini nasce negli Stati Uniti il 2 gennaio del 1949, a Woodstock (Stato di New York), da padre tedesco e da madre italiana, due attori di vaudeville. Il suo vero nome è Gianna Lou Muller. Scappa di casa per fare la pittrice, la cantante di night, la ballerina, la fotomodella e l’indossatrice.
Sposa il conte Igor Cassini nel 1968, giornalista statunitense noto come Cholly Knickerbocker, fratello dello stilista Oleg. L’avventura italiana di Nadia (ancora Gianna) comincia quando il conte Cassini si trasferisce a Roma per aprire una succursale italiana della House of Cassini portando con sé la giovane sposa.

Il cinema italiano non può non notarla in quei tempi, sempre a caccia di volti nuovi e di presenze sexy. Oltre tutto i primi film di Nadia Cassini non sono niente male: Il divorzio (1970) di Romolo Guerrieri (un piccolo ruolo) e soprattutto il conturbante esotico-erotico Il Dio Serpente (1970) di Piero Vivarelli, un film che è rimasto nell’immaginario erotico di molti ragazzi degli anni settanta.
Bene ha fatto nel 2005 la Storm Video a rimetterlo in circolazione nella sua versione integrale. La pellicola è distribuita da Mondo Home Entertainment e contiene pure i trailer delle parti che furono censurate.

 

Il Dio Serpente (1970)

Si tratta di un film scritto e diretto da Piero Vivarelli, che per la sceneggiatura si avvale della preziosa collaborazione di Ottavio Alessi, il montaggio è di Carlo Reali, la stupenda fotografia di Benito Frattari, mentre dirige la produzione Lucio Orlandini, per conto di Alfredo Bini.
Il film si ricorda per l’ottima colonna sonora composta da Augusto Martelli, che uscì nel quarantacinque giri Djamballà ed ebbe un clamoroso successo di vendite. Protagonista indiscussa è una sensuale Nadia Cassini (Paola), che ottiene il lancio definitivo. Accanto a lei Beryl Cunningham (Stella), Sergio Tramonti (il fidanzato Tommy) e Galeazzo Benti (il marito). Ricordiamo Evaristo Marquez nei panni del dio Serpente quando assume sembianze umane.

Per Mereghetti si tratta di un film modesto, un epigono da dimenticare di un genere di film inaugurato nel 1968 da Ugo Liberatore con Bora Bora. Non condivido la severa impostazione del critico milanese, ritengo Il Dio Serpente un film importate come atmosfera esotico-erotica, ma soprattutto un buon lavoro che documenta i riti vudù e i culti sincretici dei popoli caraibici.

Il film, che gode di una stupenda ambientazione esotica a Santo Domingo, comincia con una panoramica aerea della città tra baracche, fiumi, mare, miseria e ricordi di un passato sotto i conquistadores spagnoli.
Un sottofondo di musica cubana, le note di una rumba molto sensuale, accompagnano lo spettatore in un’atmosfera tropicale fotografata con grande attenzione. Vediamo spiagge bianchissime e un mare stupendo, atolli corallini, indigeni che corrono e fanno l’amore sulla sabbia, posti da sogno.

La trama si racconta in poche righe. Nadia Cassini (Paola) è in vacanza ai Caraibi con il marito Galeazzo Benti, conosce Beryl Cunningham (Stella) che la mette in contatto con il culto del dio Serpente (Djamballà), ma la donna se ne invaghisce a tal punto che diventa un’ancella consacrata al suo amore.
Beryl Cunningham è perfetta nel ruolo di indigena, soprattutto per i tratti negroidi, ma anche Evaristo Marquez è credibile come nero gigantesco che rappresenta la forma umana del dio. La pellicola si inquadra nel genere esotico-erotico, il più tipicamente italiano, legato alla scoperta di lontane culture e conseguenza dei primi viaggi aerei, che portavano a sognare di paradisi tropicali dove regnava una libertà sessuale.

Sono film che contengono sempre un atteggiamento vagamente “razzista” e paternalista, con il mito del buon selvaggio che vive bene perché non conosce la civiltà. Il contenuto erotico la fa da padrone, di solito c’è un europeo (maschio o femmina non ha importanza) a caccia di sensazioni nuove, che scopre il vero senso della vita tra le braccia di un’indigena. Il Dio Serpente contiene in più l’elemento magico e misterioso, che si amalgama bene con le ottime parti erotiche che al tempo scandalizzarono i solerti censori.

Il film entra subito nel vivo della sua parte misteriosa quando Paola e Stella diventano amiche e l’europea vuole conoscere la fortezza spagnola, il regno degli zombi, morti che continuano a vivere senz’anima, schiavi del dio Serpente chiamato Djamballà.
Paola vuole scoprire il mistero e si avventura da sola sulla spiaggia della roccia nera dove vede un enorme serpente che si avvicina minaccioso. Non ci sono serpenti a Santo Domingo, ma è Djamballà che si materializza e si avvicina alla ragazza, lui è il dio dell’amore e pretende obbedienza. Vivarelli ci fa entrare nel vivo delle credenze sincretiche quando ci presenta la figura del brujo (stregone), che divina il futuro e confeziona amuleti, disegnando cerchi magici sul terreno.

La figura del prete cattolico è ancora più emblematica di come le popolazioni caraibiche vivono il cristianesimo. Il parroco porta la statua di Gesù Bambino nelle case del villaggio perché tutti lo possano vedere e poi dice: “Adorano Gesù e fanno i riti magici. Ma sono due cose così diverse?”. In una scena successiva vediamo che, durante i festeggiamenti natalizi, l’immagine di Gesù Bambino è circondata da simboli vudù. Il prete commenta: “Sono bravi, un po’ rumorosi ma bravi. Dio è con loro, lo amano così. Sono più religiosi di noi perché credono davvero al loro dio. Io devo far dimenticare che dei bianchi li hanno portati qui in catene molti anni fa”.

Il regista ci spiega come sono nati i culti sincretici: una fusione di religiosità cattolica importata dagli spagnoli e di culti animasti degli schiavi africani. Nei primi tempi per gli schiavi i santi cattolici rappresentavano un sotterfugio, un modo per nascondere le loro divinità scampando alla Santa Inquisizione, successivamente le due religioni si sono fuse sino a formare un culto nuovo.

Il film presenta anche interessanti e realistiche cerimonie vudù, nelle quali si adora il dio Serpente tra cerchi di farina bianca, candele votive, canti evocai, tamburi insistenti e balli sensuali. Si vede anche il sacrificio di un capretto, al quale viene mozzata la testa con un colpo di machete per essere sacrificato alla divinità. Il sangue è utilizzato dai credenti per segnarsi sulla fronte, un rituale pagano convive con le immagini dei santi cattolici come San Giorgio e Gesù Bambino.
Una vecchia con il sigaro in bocca interpreta bene il ruolo della sacerdotessa del dio, mentre l’importanza di rum e tabacco nei riti viene sottolineata da numerose sequenze.

Il dio Serpente si impossessa delle donne che si denudano, si rotolano in terra come serpenti e si cospargono di polvere. Una bella sequenza erotica mostra Nadia Cassini e Beryl Cunningham possedute dal dio, mentre si toccano sotto gli occhi di un nero che è la divinità incarnata in un corpo umano.
La parte che mostra il rito è molto lunga, forse troppo lenta per un film moderno, il montaggio poteva essere più serrato, ma ne guadagna il realismo documentaristico con cui il regista descrive una cerimonia vudù.

ESOTICO-EROTICO DI NADIA CASSINI

Un altro rito interessante vede la presenza degli zombi con i volti bianchi, che rappresentano assenza di anima. Questa volta il dio Serpente possiede Paola al termine di una danza frenetica e sensuale. Vivarelli descrive bene riti e culture di un popolo che nel 1970 era molto lontano dalla nostra mentalità, soprattutto non inventa quasi niente, a parte una storia fantastica.

Quando muore il marito di Paola è ben ricostruito un funerale vudù con balli e canti in onore del morto, mentre vengono offerti cibo e bevande alla salma. La fotografia è stupenda, il colore locale è reso molto bene con frequenti immagini di spiagge tropicali e di mercati cittadini, ma anche di ruderi precolombiani e di fortezze spagnole.
Il rumore del mare, il vento tra le fronde delle palme, i bambini che gridano, il caldo e la sensualità della gente, sono elementi importanti di una pellicola girata con cura e fotografata con bravura.

Importante anche il discorso che Vivarelli fa pronunciare a Stella davanti al palazzo dell’Inquisizione, dove i preti bianchi torturarono rifiutando tutto ciò che era diverso dalle loro credenze.
La parte finale del film vede l’arrivo a Santo Domingo dell’ex fidanzato Tony, ma ormai Paola è preda del dio Serpente che l’ha scelta come sua ancella e non vuole che nessuno le si avvicini.
Paola allontana da sé Tony facendolo innamorare di Stella, mentre lei si abbandona a un lungo amplesso amoroso con il nero che rappresenta la divinità.

Piero Vivarelli utilizza un film per farci penetrare i misteri dei culti vudù, le possessioni, gli zombi privi di anima e i culti che sono nati dagli schiavi africani malgrado la repressione dell’Inquisizione spagnola. Un film da riscoprire, davvero impedibile per tutti gli amanti del mistero.

 

Quando gli uomini armarono la clava… e con le donne fecero din don (1971)

La carriera della bella americana, pur doppiata per ovvi motivi, non sembrerebbe segnata dai ruoli stereotipati che caratterizzeranno la sua parabola di maggior successo. Infatti la vediamo nel cast di una delle prime commedie sexy, un lavoro interessante come Mazzabubù… quante corna stanno quaggiù di Mariano Laurenti (1971) e un pulp britannico come Colpiscono senza pietà di Michael Hodges (1972), che la vede accanto a Michael Caine e Mickey Rooney.

Nadia riveste un ruolo da protagonista nel comico Quando gli uomini armarono la clava… e con le donne fecero din don (1971) di Bruno Corbucci, tratto dalle commedie di Aristofane Lisistrata e Le donne alla festa di Demetra, sceneggiato da Fabio Pittorru e Massimo Felisatti.
Il film è un cavernicolo davvero trash, interpretato da buoni attori come Antonio Sabato, Aldo Giuffrè, Vittorio Caprioli, Howard Ross (Renato Rossini), Elio Pandolfi, Maria Pia Giampocaro, Lucretia Love, Valeria Fabrizi e Gisela Hahn.

 

Nadia Cassini è Listra (variazione di Lisistrata), moglie del capo che non riesce a fare l’amore perché gli uomini sono sempre impegnati a combattere. La giovane moglie insoddisfatta capeggia la rivolta delle donne che reclamano i loro diritti coniugali e vanno sulla montagna sacra lasciando gli uomini in compagnia di un buffo omosessuale (Pandolfi).
Pasquale Festa Campanile aveva girato un anno prima Quando le donne avevano la coda (1970), scritto niente meno che da Umberto Eco e Quando le donne persero la coda (1971), su soggetto di Lina Wertmüller, entrambi interpretati da Lando Buzzanca.

Il film di Corbucci si pone sulla stessa falsariga, attinge battute e situazioni dai citati testi classici, si caratterizza per una maggiore presenza femminile e spunti comici ai limiti della farsa.
Vittorio Caprioli è il capo villaggio che si crede intelligente, ma ne combina di tutti i colori, tormentato da un boomerang di sua invenzione. Si arrovella con nuove idee belliche, spesso inconcludenti.

Tutto il film vive della rivalità tra due tribù: cavernicoli e acquatici (definiti palafittari) che danno vita a battaglie fumettistiche a base di sganassoni, testate, scudi a forma di testuggine, improbabili catapulte e clave di nuova produzione (su idea femminile).
Aldo Giuffré, il capo della tribù acquatica, a un certo punto si vede mangiare gli attributi virili da un piraña del fiume e cambia voce in un falsetto imbarazzante.
Antonio Sabato è un cavernicolo guerriero che grida per tutto il film, si muove come uno scimmione, emette versi gutturali, fa chicchirichì prima di provare a far l’amore e combatte una battaglia interminabile contro il nemico.

A un certo punto i cavernicoli perforano il terreno per trovare l’acqua e scoprono il petrolio, purtroppo imbevibile, ma il capo villaggio pensa che quel liquido nero sarà un motivo di pace nel mondo. Il film viene girato al tempo della crisi petrolifera che produce tensioni globali. La pace resta un’improbabile illusione, pure quando Sabato e Cassini fuggono via a cavallo, alla ricerca di un luogo pacifico, che non troveranno.

Il finale ha l’identica soluzione narrativa de Il pianeta delle scimmie (1968), fatte le debite proporzioni. Un film insolito ricco di comicità slapstick, sceneggiato per improvvisazioni da avanspettacolo, girato nel Lazio, tra Tor Caldara e Tor San Lorenzo.

 

Ecco lingua d’argento (1976)

Un vero e proprio esotico-erotico, non drammatico come aveva pensato Vivarelli ne Il dio serpente, ma di stampo comico, è Ecco lingua d’argento (1976) di Mauro Ivaldi (1942 – 1984), marito della cantante-attrice Carmen Villani che fa cinema per dirigere la moglie in alcune pellicole erotiche tra il 1974 e il 1978.

Carmen Villani si esprime al massimo come cantante negli anni settanta, il primo successo musicale, Bada Caterina, la porta in vetta alla hit parade italiana. In televisione è conduttrice di numerosi varietà insieme al duo comico Ric e Gian. In coppia con Pippo Baudo porta avanti Domenica con noi, il varietà della domenica pomeriggio di Rai Uno.
A partire dal 1975 cala il successo televisivo e cominciano i suoi ruoli nella nascente commedia sexy. La bionda cantante dalla frangetta sbarazzina trova un posto nel genere come supplente, nel film omonimo e nel sequel apocrifo, alle prese con adolescenti e spasimanti vari.

Il primo film girato da Ivaldi con protagonista la moglie ha un titolo interminabile: Brigitte, Laure, Ursula, Monica, Raquel, Liz, Maria, Claudia e Sofia le chiamo tutte… anima mia (1974), noto come Anima mia. Ecco lingua d’argento (1976) è il terzo film interpretato da Carmen Villani (doppiata da Micaela Esdra), dopo il vero e proprio debutto nell’erotico all’italiana a fianco di Barbara Bouchet ne L’amica di mia madre (1975).
Dirige Mauro Ivaldi che scrive e sceneggia un sequel leggermente più audace del film precedente, con la collaborazione di Guido Leoni.

Il cast è simile. Carmen Villani nei panni di Andrea, bella e disinibita seduttrice del giovanissimo Billy (Roberto Cenci, il vero nome è Pace), solo che al posto della Bouchet abbiamo Nadia Cassini (la bionda psicanalista Emmanuelle), doppiatissima da Flaminia Jandolo in uno dei suoi primi film erotici.
Se il primo film era girato in Colombia, qui siamo in Tunisia (a Djerba, per la precisione, non ancora meta del turismo di massa), e la fotografia di Gino Santini è la cosa migliore di un’opera indecisa sulla strada da prendere.

Confezione scenografica suadente, grandi sequenze nel deserto tra i predoni, corse lungo distese di sabbia, calette marine, dune, case arabe, balli erotici. Non è un film realizzato con pochi mezzi, un turistico-esotico, come dice Marco Giusti, modesto sotto l’aspetto comico per essere una commedia sexy e non troppo spinto per un vero e proprio film erotico.

La parte comica è tutta nelle mani di un Gianfranco D’Angelo non troppo in forma, che contende la bella Andrea a Billy, ma deve gestire una fidanzata prorompente come la dottoressa Emmanuelle e una madre invadente (che non si vede mai).
Billy è ossessionato dal sesso, soprattutto da Andrea, che vorrebbe portare a letto in ogni modo, ma lei resiste, dandosi arie da donna matura che disdegna le attenzioni di un ragazzino. Finiranno insieme, in una bollente sequenza finale che anticipa i titoli di coda, dopo che Billy l’ha tradita con Emmanuelle sotto ipnosi facendo cornuto l’imbranato D’Angelo.

Il cult erotico sta nella presenza di due attrici bellissime come Carmen Villani e Nadia Cassini, non ancora lanciata nella commedia sexy, pure lei con i capelli biondi.
Il film esce tra mille scandali, più per le promesse mancate e gli ammiccamenti erotici che per il reale contenuto. Il titolo provoca e incuriosisce, inoltre ricordiamo una sequenza onirica con la Villani vestita da kapò tedesco che fuma il sigaro e siede a gambe larghe in posa esplicita.

Carmen Villani sprizza sensualità da tutti i pori, ma le vere sequenze maliziose sono contenute nella parte iniziale, con la bionda attrice che rimprovera la macchina da presa (quindi lo spettatore) chiedendo, almeno nelle prime scene!, di inquadrare il volto e non le gambe.
Molto sexy, perché l’operatore insiste, sfugge lo sguardo intenso della Villani, indaga ancora sotto le gonne, fino a quando l’attrice non concede una rapida sbirciatina al seno.

Il resto della pellicola vede gli assalti di Billy respinti da Andrea, la Villani mostra molto durante un quasi riuscito rapporto sessuale nel deserto sotto gli occhi dei predoni e in una lunga parte erotica finale. Nadia Cassini, invece, la vediamo completamente nuda, meno sensuale della Villani, durante un rapporto sotto ipnosi estorto a Cenci.

Il film viene bocciato due volte dalla censura, anche se la versione integrale non è così audace. Carmen Villani è molto brava nel ruolo di Andrea, personaggio noto al pubblico dopo L’amica di mia madre, maliziosa e sensuale, in un gioco erotico ben condotto che finisce per irretire lo spettatore in una serie di si vede – non si vede.
Non ci sono docce né serrature dalle quali sbirciare, mancano molti topos della commedia sexy, al punto di non poterla classificare come tale.

Ecco lingua d’argento è cinema erotico con alcune spruzzatine di comicità grottesca e surreale, impensabile senza la presenza di Carmen Villani, mentre Nadia Cassini è solo una comprimaria di lusso. La parte comica delude, le sequenze erotiche sono ben girate: Ivaldi dimostra grande professionalità nel tirare fuori dalla moglie il meglio delle sue qualità interpretative. Recuperatelo.

 

 

I FILM CON NADIA CASSINI CHE ABBIAMO VISTO

 

Il Dio Serpente (1970)
Regia: Piero Vivarelli. Soggetto: Piero Vivarelli. Sceneggiatura: Piero Vivarelli, Ottavio Alessi. Fotografia: Benito Frattari, Francesco Alessi. Montaggio: Carlo Reali. Scenografia: Giuseppe Aldrovandi. Costumi: Maria Pia Lo Savio. Trucco: Orietta Melaranci. Musiche: Augusto Martelli. Produttore: Alfredo Bini. Durata. 94’. Genere: esotico – erotico.
Interpreti: Nadia Cassini (Paola, doppiata da Ludovica Modugno), Beryl Cunningham (Stella), Sergio Tramonti (il fidanzato Tommy), Galeazzo Benti (il marito), Evaristo Marquez (Dio Serpente), Claudio Trionfi, Juana Sobreda, Arnoldo Palacios.

 

Quando gli uomini armarono la clava… e con le donne fecero din don (1971)
Regia: Bruno Corbucci. Soggetto: liberamente tratto da Lisistrata e Le donne alla festa di Demetra di Aristofane. Sceneggiatura. Massimo Felisatti, Fabio Pittorru, Bruno Corbucci. Fotografia: Fausto Zuccoli. Effetti Speciali: Eugenio Ascani. Montaggio: Vincenzo Tomassi. Musiche: Giancarlo Chiaramello. Scenografia: Nedo Azzini. Costumi: Luciana Marinucci. Casa di Produzione: Empire Films. Distribuzione: Fida Cinematografica.
Interpreti: Antonio Sabato, Aldo Giuffrè, Vittorio Caprioli, Howard Ross (Renato Rossini), Elio Pandolfi, Nadia Cassini (doppiata da Vittoria Febbi), Pia Giancaro (doppiata da Micaela Esdra), Lucretia Love (doppiata da Flaminia Jandolo), Valeria Fabrizi, Gisela Hahn, Gerry Bruno, Elio Crovetto, Sandro Dori, Vittorio Congia, Gli Alluminogeni, Patrizia Adiutori, Ria Simmons, Barabara Pignaton, Umberto Di Grazia, Adler Gray, Enzo Maggio, Franco Pasquetto, Mimmo Poli, Bruno Beani, Annabella Incontrera.

 

Ecco lingua d’argento (1976)
Regia: Mauro Ivaldi. Soggetto e Scenografia: Mauro Ivaldi, Guido Leoni. Fotografia: Gino Santini. Montaggio: Carlo Reali. Architetto – Scenografo: Franco Calabresi. Costumi: Silvia Laurenzi. Direttore di Produzione: Giorgio Russo. Musiche: Alberto Baldan Bembo (dirette dall’autore). Edizioni Musicali: Aris Roma. Produzione: Summit Film spa (Roma). Distribuzione: Stefano Film. Durata: 90’. Genere: Commedia erotica.
Interpreti: Carmen Villani, Roberto Cenci, Nadia Cassini, Gianfranco D’Angelo, Enzo Andronico, Alì Zaiem.

 

 

FILMOGRAFIA DI NADIA CASSINI

Il divorzio (1970) di Romolo Guerrieri
Il dio serpente (1970) di Piero Vivarelli
Quando gli uomini armarono la clava … e con le donne fecero din don (1971) di Bruno Corbucci
Mazzabubù… quante corna stanno quaggiù (1971) di Mariano Laurenti
Colpiscono senza pietà (1972) di Michael Hodges
Ecco lingua d’argento (1976) di Mauro Ivaldi
Spogliamoci così senza pudor (1977) di Sergio Martino
Star Crash – Scontri stellari oltre la terza dimensione (1978) di Luigi Cozzi
Io tigro, tu tigri, egli tigra (1978) di Giorgio Capitani e Renato Pozzetto L’insegnante balla … con tutta la classe (1979) di Giuliano Carnimeo L’infermiera nella corsia dei militari (1979) di Mariano Laurenti
Io zombo, tu zombi, egli zomba (1979) di Nello Rossati
La dottoressa ci sta col colonnello (1980) di Michele Massimo Tarantini Tutta da scoprire (1980) di Giuliano Carnimeo
L’assistente sociale tutto pepe (1981) di Nando Cicero
Miracoloni (1981) di Francesco Massaro
Giovani belle… probabilmente ricche (1982) di Michele Massimo Tarantini

 

 

Gordiano Lupi, autore dell’articolo, ha scritto “Gloria Guida, Il sogno biondo di una generazione”, La cineteca di Caino

 

 

 

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