I LONGOBARDI DI MAGNUS

I LONGOBARDI DI MAGNUS

Negli anni sessanta il quartetto cabarettistico dei Gufi, composto da Roberto Brivio, Gianni Magni, Lino Patruno e Nanni Svampa, cantava un motivetto macabro-umoristico: “Va longobardo“. Brivio mi diceva che l’ispirazione veniva da una canzone dialettale milanese: “Donna Lombarda“, proprio nel senso di longobarda.



La truce storia barbarica era stata scritta dallo storico friulano-longobardo Paolo Warnefrido, conosciuto come Paolo Diacono (720-799), uno dei saggi della corte dell’imperatore dei franchi Carlo Magno. Paolo aveva tramandato le imprese del suo popolo, dalle origini mitiche come stirpe scandinava, alla fine del loro regno in Italia.

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Frontale di elmo conosciuto come “Lamina di Agilulfo”, databile tra il 590 e il 615



Re Alboino aveva conquistato la maggior parte dell’Italia, fondando un dominio forte ma instabile, perché soggetto a congiure di palazzo e ribellioni militari. Alboino stesso in quel di Verona venne fatto uccidere da Peredeo servo di Elmichi, complice di Rosmunda, ma la coppia assassina si era poi avvelenata a vicenda e Peredeo finiva accecato e schiavo a Costantinopoli.

Renzo Barbieri (1930-2007), essendo milanese e amando la vita notturna, aveva probabilmente visto la scenetta cantata dai Gufi in qualche locale di cabaret. Infatti la vicenda di Alboino e Rosmunda viene sceneggiata da lui per i fumetti e realizzata dalla magistrale penna di Roberto Raviola, in arte Magnus (1939-1996). Esce in edicola nel maggio 1980 per la Edifumetto, la casa editrice diretta da Barbieri stesso, il titolo è “Il teschio vivente”.

Barbieri rende più erotica e horror la storia di Paolo Diacono per adattarla allo stile delle proprie pubblicazioni a fumetti. All’inizio, nella foresta, il re dei gepidi Cunimondo salva dagli artigli di un orso la giovane Ersilia, ma ne fa la sua preda. La nonna di costei, un’autentica strega padrona delle arti magiche, volendosi vendicare spinge il re nemico Alboino ad attaccare Cunimondo.

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Alboino però vuole per sé Rosmunda, la figlia del re nemico, perciò rifiuta Ersilia che ha tradito il re dei Gepidi suo amante, la fa violentare da tutti i suoi guerrieri, e alla fine muore.

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Alboino si lancia alla conquista del regno dei Gepidi. In una scena di battaglia appare un monumento romano, la porta Nigra della città tedesca di Treviri (giunta quasi intatta fino a oggi).

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Alboino vincitore si impadronisce di Rosmunda, finge di liberare Cunimondo, ma lo farà assassinare, e trasformerà il suo teschio in coppa nella quale farà bere Rosmunda.



A questo punto la vicenda storica cambia: il teschio del padre diventa animato e parlante per opera di un negromante, e consiglia Rosmunda su come vendicarlo.



Rosmunda seduce Elmichi, scudiero del re dei longobardi. Alboino scopre la tresca e sta per far torturare i due infedeli, ma il teschio di Cunimondo interviene, fa liberare Elmichi che uccide Alboino proprio mentre sta violentando Rosmunda.



Il vescovo dei longobardi (del clero ariano) si oppone al matrimonio di Elmichi e Rosmunda, ma, minacciato, alla fine cede e incorona i due nuovi re e regina barbarici.

L’introduzione del teschio vendicatore, deriva molto probabilmente dal film del 1965 The Skull, in Italia Il teschio maledetto, diretto in Inghilterra dal regista Freddie Francis (1917-2007). In questa pelliccola il teschio apparteneva al marchese De Sade e causerà la morte del poco avveduto dottor Maitland, interpretato da Peter Cushing (1913-1994), che lo usa come pezzo da collezione.



La trama del film proviene da un racconto dell’americano Robert Bloch (1917-1994), scrittore di sceneggiature come Psycho, che diventerà il famoso film di Hitchcock, e di alcuni episodi della serie Star Trek.

Lo scrittore inglese J.R.R. Tolkien considerava il re dei longobardi un personaggio fantasy come quelli del Signore degli Anelli, infatti nell’antica lingua germanica Alboino significava “amico degli elfi”.



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