GLADIATORI VOLONTARI E FAMOSI COME ROCKSTAR

gladiatori

Le figure dei gladiatori sono da sempre associate nell’immaginario all’antica Roma.

Come spesso succede, più una figura è popolare e più crescono miti e leggende, a volte del tutto infondate o inesatte.

Quando si pensa alla figura del gladiatore, si crede che fossero tutti uomini resi schiavi a causa della guerra o condannati a morte.

Ma tra di loro c’era anche una piccola percentuale di cittadini romani che decidevano di intraprendere questa strada principalmente per due motivi. O perché oppressi dai debiti o solo perché erano in cerca di ricompense e glorie.

Elmo di gladiatore ritrovato a Pompei (I secolo d.C.)

 

Sì, i gladiatori, soprattutto i più popolari, ricevevano ricompense in denaro e, cosa non da trascurare, erano considerati al pari delle nostre star del cinema.

La condizione di infamis, infatti, con la quale erano spesso identificati i gladiatori, veniva meno quando questi diventavano dei veri eroi, con tanto di fan al seguito. Tenuti in buona considerazione, venivano osannati, adorati dalle donne e rispettati da tutti.

E più bravi erano più accresceva la possibilità di ottenere il rudis, gladio di legno che più comunemente veniva usato durante gli allenamenti ma che, in quella specifica situazione, era il simbolo della loro libertà.

Un gladiatore libero poteva decidere di continuare a combattere per soldi o, come spesso succedeva, finiva per essere ingaggiato proprio all’interno delle scuole gladiatorie come istruttore.

All’inizio della carriera, il gladiatore doveva fare un giuramento solenne, detto sacrementum gladiatorium, nel quale prometteva di mettere a disposizione il suo corpo, di sopportare qualsiasi dolore, in nome di tale giuramento.

Un po’ come se, giurando, ammettessero di essere volontari, di aver deciso loro quella vita. Anche se, il più delle volte, non era così.

Un’altra cosa che spesso viene associata ai giochi gladiatori è la facilità con la quale l’imperatore decideva della vita o della morte di quei combattenti. Ma in realtà si tratta di un inesattezza storica.

Infatti, non era poi una prassi così comune che l’imperatore, o una qualsiasi altra autorità, decretasse la morte di un gladiatore alla fine di un combattimento. Se non altro per un motivo pragmatico legato ai soldi.

Per noi che viviamo in una società senza schiavitù, è difficile riuscire a pensare che ci sono stati periodi nella storia umana in cui delle persone venivano considerate veri e propri oggetti, posseduti da altre persone.

Ma è proprio questo che erano i gladiatori. Oggetti. Oggetti che erano stati pagati, oggetti sui quali il padrone aveva speso ulteriore denaro per prendersene cura, allenarlo rendendolo un gladiatore in grado di fruttare altri soldi. Insomma, un investimento.

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Mosaico con gladiatori ritrovato in Libia (II secolo d.C.)

 

Perciò è inverosimile pensare che, dopo tutta la fatica economica per farlo entrare nell’arena, alla prima sconfitta venga decretata la sua morte, solo perché il pubblico lo richiede a gran voce. Sarebbe stato controproducente e poco redditizio.

Questo però non deve farci pensare che i gladiatori non morissero facilmente. Molti perivano dopo il combattimento a causa delle ferite.

Alcuni morivano giovani, altri addirittura al loro primo incontro e pochi riuscirono a restare in vita abbastanza a lungo da diventare leggende e ottenere l’agognato rudis.

Insomma, la figura del gladiatore è molto complessa, come complesse sono le dinamiche che giravano intorno a questo fenomeno.

 

 

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