ZAMBOT 3, TRA ROBOTTONI E REAL ROBOT

ZAMBOT 3, TRA ROBOTTONI E REAL ROBOT

C’erano una volta Goldrake, Mazinga Z e il Grande Mazinga… poi arrivò Zambot 3 e nulla fu più lo stesso.
Zambot 3, prodotto dalla Sunrise, fu sceneggiato e diretto da Yoshiyuki Tomino, noto anche per aver sceneggiato e diretto, da lì a poco, prima Daitarn 3 e in seguito Mobile Suit Gundam.

Forse qualcuno ricorda questo robottone con quella specie di falce in fronte che, a un primo sguardo, era in tutto e per tutto simile agli “altri” giganti d’acciaio supertrasformabili che affollavano le tv italiane dai primi anni ottanta.

In realtà Zambot 3 fu concepito in Giappone nel 1977 e arrivò nei teleschermi italiani solo qualche anno dopo, nel 1981.

Riassumiamo brevemente gli avvenimenti iniziali della storia. Seguiamo tre famiglie ordinarie: i Jin, i Kamie e i Kamikita. Improvvisamente la Terra viene attaccata da robot giganti e macchine da guerra provenienti da una civiltà aliena, l’esercito del Supremo Gaizok.

In questo frangente gli anziani delle tre famiglie terrestri scoprono documenti che li identificano come discendenti di una antica famiglia aliena fuggita un secolo prima sulla terra da Bear, il loro pianeta d’origine, invaso e conquistato proprio dalle armate di Gaizok.

Insieme alla storia delle loro origini, i documenti indicano alle tre famiglie il nascondiglio di un insieme di macchine da guerra e un Robot componibile con le quali difendere la loro nuova casa, il pianeta Terra, dall’invasione aliena.

Le tre famiglie dunque si armano in difesa della Terra contro le armate di Gaizok.

Kappei Jin, il secondogenito dei Jin, viene scelto come pilota di un aereo trasformabile in Robot, lo Zam-Bird/Zambot Ace, nonché nella testa del componibile Zambot 3. Mentre altri giovani componenti delle tre famiglie vengono incaricati di pilotare altre macchine da guerra.
Uchuta Kamie, cugino di Kappei, diventa il pilota dello Zam-Bull, carro armato trasformabile nel busto dello Zambot 3, mentre Keiko Kamikita, unica ragazza del team di piloti, guida lo Zam-base, altro aereo che costituisce le gambe dello Zambot 3.

ZAMBOT 3, TRA ROBOTTONI E REAL ROBOT

Zambot Ace e la sua versione Jet Zam-bird

ZAMBOT 3, TRA ROBOTTONI E REAL ROBOT

Lo Zam-Bull

ZAMBOT 3, TRA ROBOTTONI E REAL ROBOT

Lo Zam-Base

 

Come spesso accadeva nelle serie anime robotiche di quegli anni, uno dei “marchi di fabbrica” di Zambot 3 era la lunghissima sequenza della trasformazione che si ripeteva ad ogni episodio.

La sequenza di trasformazione di Zambot 3

 

La prima differenza che in Italia saltava subito agli occhi, o dovrei dire alle orecchie, era la sigla: infatti, insieme forse soltanto a Kyashan, Tekkaman e Hurricane Polymar di Tatsuo Yoshida per la Tatzunoko Production, fu tra i primi a mantenere le sigle originali giapponesi anche nella versione italiana.

Sigla iniziale di Zambot 3

 

Sigla finale di Zambot 3

 

Chi ricorda qualche dettaglio di questa serie, però, non potrà fare a meno di pensare a quel misto di tristezza e inquietudine che aleggiava sulla storia.

Ciò accadeva perché, a differenza dei robot giganti di cui avevamo apprezzato le avventure in precedenza, si narravano per la prima volta gli avvenimenti in profondità. Non dimentichiamo che tutte queste storie erano storie di guerra. Vuoi contro sinistre civiltà del passato o del sottosuolo (come in Mazinga, Jetter Robot e Jeeg Robot), vuoi contro schiere di extraterrestri invasori (come in Goldrake, Astro Robot o Danguard).

La narrazione, però, nei casi citati si concentrava sulle vicende dei protagonisti. Le loro vite, i combattimenti tra i protagonisti e i mostri/robot nemici e la drammaticità degli eventi mostrata erano ciò che la riguardava strettamente.

Nel caso di Zambot 3, invece, si ruppe un tabù. Per la prima volta la serie di Tomino ci mostra le conseguenze nefaste di una guerra. Le città devastate dal nemico non restano sullo sfondo, ma si assiste a deportazioni di massa, storie di fughe e abbandono dei luoghi cari e delle proprie cose, il sopraggiungere della miseria e della disperazione per gli abitanti delle città devastate dalla furia dei combattimenti.

Più avanti, quando il conflitto assumerà esiti ancora più tragici, il luogotenente dei Gaizok, crudele individuo chiamato The Butcher (il macellaio), per portare avanti la sua strategia di massimizzare il numero di vittime tra il popolo terrestre, libererà ignari prigionieri di guerra terrestri trasformati in inconsapevoli bombe umane a tempo da utilizzare per poter uccidere quante più persone possibili.

Il sadico luogotenente di Gaizok: The Butcher

 

Le immani perdite subite a causa della distruzione delle città e di questa crudele strategia omicida porteranno, durante il corso degli eventi, gli esseri umani a odiare apertamente i loro difensori alieni, le stesse famiglie che combattono per difenderli, ritenendoli responsabili dell’accaduto.

Ma le tre famiglie aliene non saranno estranee alle tragiche conseguenze della guerra: Ochuta e suo padre, il padre e la nonna di Kappei moriranno in battaglia, il fratello maggiore di Kappei morirà suicida per salvare il fratello, solo per citare alcune delle perdite subite dai “difensori” alieni dell’umanità.

Nonostante le tre famiglie protagoniste pagassero anch’esse questo terribile tributo di sangue per salvare la terra dagli invasori, verranno ricambiate con diffidenza, ostilità e risentimento dalla popolazione terrestre.
Fino all’amara conclusione della vicenda, in cui Kappei, al cospetto di Gaizok, scopre che questi altro non è che un super-computer organico che pianifica la distruzione nell’Universo di quelle civiltà che in base alle sue valutazioni risultano dannose, come la specie umana. Per avvalorare la necessità di distruggere la razza umana mette Kappei di fronte ai fatti e gli fa notare come nonostante gli sforzi dei Jin, dei Kamie e dei Kamikita per salvare l’umanità, in realtà gli abitanti del pianeta Terra fossero alla fine stati degli ingrati capaci soltanto di provare odio e rancore nei confronti di chi stava dando la vita per salvarli.

Il SUpremo Gaizok

Zambot 3 al cospetto di Gaizok, il computer organico

 

La storia si conclude però con un messaggio di speranza. Kappei non cede ai freddi ragionamenti di Gaizok e riesce a salvare la Terra dalla distruzione, tornando alla fine, lui solo, acclamato dai terrestri sopravvissuti.

Come dicevamo, questa serie animata robotica ha rappresentato un vero e proprio spartiacque. Benché il target fosse ancora un pubblico di bambini e i mecha, lo stile e l’impianto fossero quelli “tradizionali” delle serie Giant Robot, per la prima volta la trama vira su tematiche realistiche e in un certo senso mature.

Il passaggio definitivo di Yoshiyuki Tomino al nuovo genere, di cui l’autore è senza dubbio stato l’ispiratore e apripista, sarà Mobile Suit Gundam, la prima vera e propria serie Real Robot in cui le tristi vicende della guerra, il realismo dei mecha design, delle situazioni e dei personaggi saranno una caratteristica fondamentale.

 

 

 

2 commenti

  1. Per molti versi, Zambot 3 è molto più crudo e tragico di Gundam (si vedono bambini esplodere fra loro coetanei, con delle bombe nascoste chirurgicamente dentro di loro…), mi ero meravigliato quando scoprii che era precedente a Gundam…

  2. Ho scoperto L’Invincibile Zambot 3 nel 1998 con un trailer su una vhs, e sono riuscito a visionarlo solo nel 2000, ed è stato un fulmine a ciel sereno; nonostante gli anni, è un capolavoro dei mecha anni ’70, e meriterebbe di essere conosciuto da molti più appassionati.

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