MR. NEWMAN DEGLI SCISMA: UNA RECENSIONE TARDIVA (E STRUMENTALE)

MR. NEWMAN DEGLI SCISMA: UNA RECENSIONE TARDIVA (E STRUMENTALE)

Getto subito la maschera: questa recensione tardiva è un mero pretesto per mettere nero su bianco la mia passione viscerale verso uno dei gruppi italiani più interessanti degli ultimi venti anni e per invocare (per quanto mi sia possibile) il loro ritorno in studio al più presto.

Riassunto delle puntate precedenti: anni novanta, nel pieno dell’ondata di musica indipendente di qualità che invade i palinsesti dei canali televisivi musicali, fa capolino un brano rock caratterizzato da una voce femminile eterea e da un tema di archi malinconico e orecchiabile. Si intitola Rosemary Plexiglass.
Il gruppo che la suona si chiama Scisma e chi ha acquistato l’album (che porta lo stesso titolo del singolo) si trova davanti a un lavoro ricco e complesso, accessibile ma molto intellettuale e concettuale, rock ma con ritornelli molto memorizzabili e melodici cantati alternativamente dalle voci di Sara Mazo e Paolo Benvegnù. Il successivo Armstrong dimostra il raggiungimento di una grande maturità compositiva da parte della formazione, ma segna anche la prematura fine della corsa per il progetto. Una fine dettata dalle difficoltà di trovare uno spazio adeguato per una proposta così sofisticata, in un panorama musicale che iniziava a mostrare le profonde crepe che oggi lacerano l’industria discografica. Un vero peccato.
Paolo Benvegnù inaugura una carriera solista che gli ha portato diverse soddisfazioni, gli altri si dedicano a piccoli progetti paralleli e alle loro vite private.

Il silenzio dura fino all’estate 2015, quando sui siti specializzati si iniziano a diffondere le voci di una reunion degli Scisma e di un loro nuovo progetto discografico. Le voci erano vere: il 9 ottobre 2015 esce Mr. Newman, il nuovo EP di Sara Mazo e soci.

Il disco presenta sei tracce ricche dell’inventiva che aveva caratterizzato i lavori precedenti, unita ad una ulteriore crescita compositiva maturata da Benvegnù (autore di tutti i brani) durante la sua ultradecennale carriera solista.

Il lavoro inizia con la title track, un brano rock acido e sottilmente inquietante che parla dell’uomo contemporaneo, costantemente teso verso la conoscenza e il controllo, ma chiuso e bloccato emotivamente. Una chitarra effettata con il tremolo dona tensione alla strofa, mentre la melodia dell’inciso, caratterizzato da una metrica cadenzata in battere (ripresa anche dai bicordi orientaleggianti del piano di Michela Manfroi) conferiscono al pezzo un’atmosfera marziale.

Segue la morbida ballata acustica “Neve e resina”, brano dai ricercati passaggi armonici sui quali la voce di Sara Mazo trova terreno fertile per esprimersi nella sua dolcezza e delicatezza.

“Darling, darling!” vede il gruppo misurarsi per la prima volta con il funk, attingendo dalla versione più “bianca” del genere, quella del Bowie di “Let’s dance” per intenderci, e lo fa in maniera convincente ed ironica.

L’ironia caratterizza anche il singolo estratto dall’EP, “Musica elementare”: un ritratto della situazione culturale generale dei nostri tempi, rappresentata tramite l’analisi della “musica che gira intorno” che ascoltiamo ogni giorno alla radio, specchio di un pensiero elementare e qualunquista incoraggiato dai media. La voce baritonale e roca di Benvegnù qui trova la sua espressione più matura e convincente e dimostra il percorso di crescita compiuto dall’interprete. Confrontare con i primi album per credere.

“Metafisici” è un brano rock cupo, in cui il basso pulsante di Giorgia Poli disegna un’atmosfera oscura che trova sollievo solo nel ritornello finale, dove le voci dei due cantanti invocano la ricerca di un’innocenza contrapposta alla condanna della lucidità razionale.

“Stelle, stelle, stelle” chiude il lavoro, una ballata caratterizzata dall’atmosfera sognante e dalle parole ricche di poesia che pervadono le migliori composizioni della band.

Il mini tour di quattro date che ha seguito l’uscita dell’EP ha restituito l’immagine di una band dalla grande padronanza tecnica, capace di mettere in scena uno spettacolo in cui la bellezza sognante delle loro composizioni è costantemente in primo piano. Una band serena, che ha fatto pace con i fantasmi e le pericolose ambizioni del passato, in grado di godersi il presente e la gioia del confronto con un pubblico che li attendeva da quindici anni.

Mi auguro vivamente che le profonde sensazioni diffuse in quei concerti di un anno fa siano ancora vive negli Scisma e tornino presto a bussare alla porta della loro creatività, spingendoli al ritorno sulle scene. Nel frattempo invito chi ha sentito parlare della band per la prima volta con questo articolo ad andare a recuperare i loro lavori. E a dedicare loro più di un ascolto. Non stiamo mica parlando di musica elementare.

3 commenti

  1. Bell’articolo! Anch’io amo gli Scisma, e per questo motivo, in assenza della loro musica, ho apprezzato il tributo “simmetrie”, proprio come la canzone presente nell’album Armstrong del 1999, realizzato dalla Mag-Music. Insomma si tratta di una AA.VV. quattordici gruppi che onorano un grande nome, rivisitando in maniera a volte fedele e a volte più personale, i più grandi successi del gruppo.

    • Grazie mille, Vincenzo. Anch’io avevo scaricato la compilation, devo proprio riascoltarla.

      • …”tungsteno e aria
        painting mondo sopra tela
        zooming in togliattigrad
        reaching bunker sotterraneo
        stepping nell’oscurità”
        Ciao, e buona musica a te!!

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