FRANCESCO BARILLI, EROTISMO MACABRO

FRANCESCO BARILLI, EROTISMO MACABRO

Francesco Barilli (1943) è un autore interessante che purtroppo ha realizzato poche pellicole.
Comincia come attore e sceneggiatore, debutta alla regia con il cortometraggio Nardino sul Po (1968) e subito dopo con il thriller orrorifico Il profumo della signora in nero (1974), seguito dall’altrettanto notevole Pensione paura (1977).
Scrive anche soggetti per il cinema, tra questi ricordiamo La gabbia (1985), girato da Giuseppe Patroni Griffi.

Tra gli altri lavori citiamo il televisivo Una malattia come le altre e Le chiese di legno, episodio contenuto ne La domenica specialmente. Dirige molti documentari e lavora per la televisione realizzando in tempi recenti la fiction Giorni da leone.
Barilli tiene un’interessante rubrica sul mensile Nocturno Cinema, dove racconta la sua voglia di tornare a fare cinema, ma in piena libertà.

 

L’abbandono di Francesco Barilli

L’opera di Barilli è stata oggetto di una giornata di studi al cinema Trevi di Roma, il 29 maggio 2009, diretta da Marco Giusti, esegeta del cinema italiano nascosto ma vitale. È stata ricordata la sua carriera, che all’inizio faceva presagire un futuro notevole da regista, per poi smentirsi dopo le prime tre opere.

Barilli ha fatto molte cose in vita sua (e continua a farle) alternando varie passioni: pittura, scrittura, cinema, televisione e molto altro. Non è un autore da cinema di oggi, lo diciamo in senso positivo, perché lui (come Corrado Farina e pochi altri) ha gettato la spugna non per carenza di idee, ma per assoluta idiosincrasia alle mode del momento.

Veniamo ai due thriller che l’hanno fatto conoscere.

 

Il profumo della signora in nero (1974)

Un bel thriller a tinte nere scritto dal regista con la collaborazione di Massimo D’Avack, interpretato da Mimsy Farmer, Maurizio Bonuglia, Mario Scaccia, Orazio Orlando, Donna Jordan (il famoso sedere della pubblicità dei jeans Jesus con lo slogan “chi mi ama mi segua”), Jho Jhenkins, Carla Mancini e la bambina Daniela Barnes, che da grande prenderà il nome di Lara Wendel.

FRANCESCO BARILLI, EROTISMO MACABRO

Silvia è perseguitata dai traumi e dai fantasmi della sua infanzia. Sembra sia questo a farla diventare un’assassina, ma c’è qualcosa di strano e forse le cose non sono come sembrano. Silvia ascolta impressionata, insieme al fidanzato Roberto, il nero Andy che parla di magia nera.
Il problema è che dopo quel colloquio comincia a vedere strane presenze: una donna riflessa in uno specchio che la guarda e si cosparge di profumo, la madre morta mentre fa l’amore con un uomo e orribili ricordi infantili.
Silvia si sente in balia di una catena di eventi terrificanti e sinistri che culminano in una seduta spiritica alla quale partecipa controvoglia.
Viene ordito un complotto ai danni di Silvia, ma chi siano gli autori e cosa vogliono lo scopriamo soltanto alla fine della pellicola.

FRANCESCO BARILLI, EROTISMO MACABRO

Il film è inquietante e ricco di suspense, ha un’ottima ambientazione romana ed è popolato di strani personaggi legati al “mondo” della magia e del cannibalismo. Barilli si ispira alle sue passioni: il cinema di Polanski e le fiabe come Alice nel paese delle meraviglie, inoltre inserisce suggestioni grandguignolesche. Il finale è terribile, forse uno dei più disturbanti del cinema horror italiano.
Le musiche di Nicola Piovani, ispirate a Ennio Morricone, sono semplicemente stupende e conferiscono a una pellicola elegante e bizzarra un tocco di poesia.
Persino Paolo Mereghetti concede due stelle e mezzo allo sfolgorante esordio di Barilli, che faceva sperare in una nuova stella dell’horror italiano.

Mimsy Farmer è una grande protagonista, perfetta nel ruolo di donna tormentata dai fantasmi del passato, che rende realistico il clima di minaccia incombente che pervade la pellicola. Tutto deriva dal suo passato, da problemi psicologici legati a turbe sessuali, da un’infanzia che non è stata capace di rimuovere completamente.
Il ritmo della storia è lento, ma ricco di suspense e di suggestioni macabre, insiste sulla follia della protagonista e sulla doppiezza delle personalità di chi la circonda.
Barilli è un regista dotato di stile elegante, che sa valorizzare ottimi attori come Mario Scaccia (un vicino strampalato) e Orazio Orlando (stupratore in canottiera).

Silvia da piccola è Lara Wendel, mentre quando cresce è l’ottima Mimsy Farmer. Da ricordare come grande scena di suspense la prima apparizione della signora in nero riflessa nello specchio della camera del fidanzato. Barilli compie un capolavoro di sequenza, tra musiche suggestive, scenografia, fotografia e montaggio rallentato.
Lo spettatore resta incollato alla poltrona in attesa di un evento imprevedibile. Le parti oniriche sono realizzate molto bene e Mimsy Farmer dà vita a un personaggio nevrotico, suggestionato, irretito dalle sue stesse paure e da una banda di perversi adoratori del male.

La protagonista rivede l’omicidio della mamma che lei fece cadere dal balcone, crede di parlare con una se stessa bambina, si veste come sua madre, in un crescendo di follia che confonde realtà e suggestione.
Barilli è un regista dotato di un notevole senso del ritmo e della suspense, inserisce particolari macabri, ma non sono mai eccessivi. È un capolavoro del cinema horror la sequenza in cui Silvia serve il tè ai morti, imitando il Cappellaio Pazzo di Alice nel paese delle meraviglie.
Un pizzico di Buñuel nell’occhio verde in primo piano, ma anche un ricordo di Sergio Leone per rendere ancora più inquietante un’atmosfera sinistra.

(spoiler).
Il finale è un capolavoro. Silvia è stata irretita da una setta satanica che l’ha spinta al suicidio creandole intorno una realtà da magia nera che non è mai esistita. Non ha ucciso nessuno a colpi di mannaia, è stata soltanto suggestione, perché i suoi aguzzini sono schierati di fronte al suo cadavere per aprirlo e cibarsene come cannibali.
Un finale spiazzante rende imperdibile questa pellicola, almeno per gli amanti del cinema italiano.

 

Pensione paura (1977)

Una coproduzione italo-spagnola interpretata da Leonora Fani, Luc Merenda, Francisco Rabal, Jole Fierro, Lidia Biondi e Wolfango Soldati.
Ci troviamo in Emilia verso la fine della Seconda guerra mondiale. Rosa gestisce una pensione frequentata da loschi figuri, in attesa del ritorno del padre che è andato sulle montagne con i partigiani.
Il nome della pensione è tutto un programma: “Pensione delle Sirene”. Si affaccia su un imprecisato lago emiliano.

 

Rosa vive con la madre e il suo amante, che si nasconde in soffitta perché ricercato dai partigiani dopo aver fatto una spiata. La madre si spegne di morte naturale dopo poche sequenze, la ragazza resta sola a mandare avanti l’albergo e deve occuparsi anche dell’amante nascosto.
Tutti gli inquilini della pensione sono piuttosto strani: uno ripete come sono morti i parenti durante i bombardamenti, un altro porta nel locale prostitute e donne di compagnia, un altro ancora è un fascista violento.

Luc Merenda interpreta il ruolo di un gigolò che se la fa con una donna anziana, ma insidia la ragazza e a un certo punto la violenta con l’aiuto dell’amante. Passano poche ore e la malefica coppia viene uccisa nel sonno a colpi di mannaia da un uomo vestito con cappello, impermeabile e scarponi neri.
Rosa si occupa di nascondere i corpi in cantina, seppellendoli sotto la calce, durante sequenze macabre che ricordano atmosfere di film horror odierni come Hostel (2005) di Eli Roth.

 

(Spoiler).
Alla fine scopriremo che è stata lei a uccidere per vendetta la coppia di violentatori, vestita come se fosse stata suo padre.
Nel finale compare ancora un uomo che indossa impermeabile e cappello, impugna un mitra e uccide tutti coloro che insidiavano la ragazza. L’uomo deve eliminare anche l’amante della madre, reo di collaborazionismo con i fascisti.
Si pensa subito al ritorno del padre di Rosa, ma non è così: il padre è morto, ma prima di esalare l’ultimo respiro ha incaricato un amico di vendicarlo e di proteggere la figlia.
La scena conclusiva è spiazzante. Rosa bacia con passione il suo salvatore, ma lo uccide con un colpo di pistola durante una sequenza che è un capolavoro di suspense.
La ragazza si chiude nell’albergo prigioniera della sua follia e attende il ritorno del padre. Non vuole accettare la notizia della morte, scrive lettere piene d’amore e attende di rivedere il genitore bello come un eroe.

Barilli scrive e sceneggia il film con la collaborazione di Barbara Alberti e Amedeo Pagani, non raggiunge le vette poetiche dell’esordio, ma confeziona un buon lavoro ricco di suspense, molto vicino come ispirazione agli horror di Pupi Avati. Il film è classificabile come un melodramma nero e in parte ricorda opere analoghe di Pedro Almodovar.

Il limite della pellicola sono alcuni personaggi poco convincenti e troppo caricaturali. La ricostruzione storica e le location invece sono affascinanti. Barilli gira una pellicola dal clima torbido, senza grandi sussulti, dotata di andamento lento e cadenzato. La colonna sonora realizza un’atmosfera nostalgica, composta da vecchi tanghi e melodie d’altri tempi.
Il regista rende con realismo la paura dei bombardamenti, la crisi economica, la difficoltà di vivere senza un uomo accanto, il clima da paese allo sbando sul finire della guerra e le divisioni tra la persone del popolo.

Leonora Fani interpreta il ruolo di Rosa e conduce alla grande una parte da protagonista, forse la migliore della sua carriera. Il suo personaggio presenta un doppio carattere che si modifica ancora di più dopo la violenza carnale, portandola a vestire i panni di una triplice assassina.

In questa interessante opera di Barilli non esistono personaggi del tutto positivi, si salva soltanto il ragazzino innamorato di Rosa che le porta spesso roba da mangiare. Persino un prete cercherebbe di approfittarsi di lei, quando fa capire che in cambio di non precisati favori potrebbe farle avere un po’ di generi alimentari.

Ricordiamo alcune scene erotiche piuttosto “morbose” che vedono protagonisti gli ottimi Luc Merenda e Leonora Fani, sempre molto credibili.
La pellicola è ben fatta, confezionata con grande rigore formale, anche se non raggiunge le vette di macabro simbolismo della precedente.

In Spagna è uscito come La violacion de la señorita Julia.
Il film è stato girato sul lago di Bracciano (esterni iniziali) e a Canale Monterano (Roma).

 

Schede tecniche dei thriller di Francesco Barilli

Il profumo della signora in nero (1974)
Regia. Francesco Barilli. Soggetto e Sceneggiatura: Francesco Barilli, Massimo D’Avack. Fotografia: Mario Masini. Montaggio: Enzo Micarelli. Musiche: Nicola Piovani. Scenografia: Franco Velchi. Costumi: Piero Cicoletti. Trucco: Manlio Rocchetti. Produttore: Giovanni Bertolucci. Casa di Produzione. Euro International Films. Genere: Thriller. Durata: 105’.
Interpreti: Mimsy Framer (Silvia Hacherman) – doppiata da Vittoria Febbi, Maurizio Bonuglia (Roberto) – doppiato da Michele Gammino, Mario Scaccia (sig. Rossetti), Daniela Barnes (alias Lara Wendel/ la bimba), Jho Jhenkins, Nike Arrighi, Alexandra Piazi, Renata Zamengo (madre defunta di Silvia), Ugo Carboni, Roberta Cadringher, Sergio Forcina, Gabriele Bentivoglio, Luigi Antonio Guerra (collega di Silvia), Carla Mnacini (Elisabetta), Donna Jordan (Francesca Vincenzi), Orazio Orlando (Nicola), Margherita Horowitz (sig.ra Lovati).

Pensione paura (1977)
Regia: Francesco Barilli. Soggetto: Barbara Alberti, Amedeo Pagani. Sceneggiatura: Barbara Alberti, Amedeo Pagani, Francesco Barilli. Fotografia: Gualtiero Manozzi. Montaggio: Amedeo Salfa. Musiche: Adolfo Waitzman. Scenografia: Vincenzo Dazzi. Costumi: Paola Rossetti. Trucco: Franco Schioppa. Produttore: Tommaso Dazzi, Paolo Fornasier. Case di Produzione. Aleph Cinematografica (roma), Alexandra Films (Madrid). Distribuzione: Euro International. Paesi di Produzione: Italia, Spagna. Genere: Thriller. Durata: 97’.
Interpreti: Leonora Fani (Rosa), Luc Merenda (Rodolfo), Lidia Biondi (Marta, madre di Rosa), Wolfango Soldati (l’amico del padre di Rosa), Francisco Rabal (amante di Marta), Jole Fierro (la vecchia, amante di Rodolfo), José Maria Parada (cliente pensione), Francesco Impeciati (Guido), Massimo Valverde, Carlo Totti, Maria D’Alessandro, Arnaldo Caivano, Diala Caruso, Luigi De Santis.

 

Francesco Barilli

Gordiano Lupi, autore dell’articolo, ha scritto e curato “Storia del cinema horror italiano”, Edizioni il Foglio

 

 

 

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