CIRCINELLO, L’UOMO DEL BOSCO

CIRCINELLO, L’UOMO DEL BOSCO

La battaglia di Ponte Novu (9 maggio 1769) fu un terribile colpo inferto alla nazione corsa.
Da una parte si erano affrontate le truppe di Luigi XV, con 5000 soldati francesi e, dall’altra, quelle di Pasquale Paoli, con 2000 corsi. Morirono circa 500 francesi e fino a 1000 corsi. Ma ad essere sacrificati, quel giorno, non furono soltanto gli uomini: andarono perse la libertà, l’indipendenza e la Costituzione corsa, la prima costituzione democratica del mondo moderno (“La Corsica si dà una costituzione basata sulla sovranità del popolo e la separazione dei poteri”) che prevedeva il diritto di voto per le donne.

A fianco di Pasquale Paoli si trovavano Carlo Maria Buonaparte, il padre del futuro imperatore dei francesi e, tra i combattenti, il poeta latinista Giuseppe Ottaviano Nobili-Savelli e il curato di Guagno, un certo Domenico Leca, detto il Circinello. Il destino di questi ultimi due personaggi, Savelli e Leca, fu in un certo senso così simile che pensare all’uno porta inevitabilmente a pensare all’altro.

Savelli nacque a San Antonino di Balagna nel 1742. Studiò nel convento di Corbara e, dal 1765, nell’università di Corte. Divenne quindi Magistrato di Balagna e partecipò alla guerra contro Luigi XV a fianco del cugino Pasquale Paoli. Dopo Ponte Novu fu costretto all’esilio in Toscana, dove organizzava la resistenza contro l’invasore francese. Frequentò l’università di Pisa, si legò d’amicizia al grande Vittorio Alfieri e tradusse con successo le Odi di Orazio. Morì nel 1807 nella villa di Montegufoni presso S. Casciano Val di Pesa, a poca distanza da Firenze.

Il Circinello era nato nel 1702 a Guagno, un piccolo comune al centro della Corsica di cui divenne il curato. Si dice fosse alto e avesse i capelli rossi. Il suo soprannome, che significa all’incirca “rotondo”, derivava probabilmente dal fatto che fosse grasso oltre che alto. La sorella, Anghjula-Maria, con cui viveva (aveva perso il marito e tre figli in guerra), era soprannominata “ritondella” forse per la stessa ragione. Il Circinello studiò dapprima a Genova ma, non essendo i corsi benvenuti in quella città, si spostò a Roma, e questa era la ragione per cui chiamò la sua casa “casa romanaghja”. Sapeva parlare alla sua gente e motivarla alla lotta contro i “tradimentosi” francesi. Partigiano di Pasquale Paoli, e quindi dell’indipendenza dell’isola, aveva giurato sull’altare, insieme a 60 uomini del suo paese, che non avrebbe deposto le armi finché la Corsica sarebbe stata occupata dal nemico.

Quel 9 maggio, Savelli e il Circinello combatterono sullo stesso ponte, ed entrambi sopravvissero alla disfatta. Savelli conobbe l’esilio in Toscana, al curato di Guagno fu offerto di rinunciare alla lotta. Fedele al suo giuramento davanti a Dio, il Circinello rifiutò. Il curato di Guagno andò a Vivario, dove esortò Ghjacumu Petru Abbatucci (generale paolista, responsabile delle pievi del sud della Corsica) a impugnare le armi. Di ritorno a Guagno, si accorse che la popolazione era terrorizzata. I francesi massacravano gli oppositori o li mandavano nelle carceri di Tolone. La repressione si intensificò contro di lui, fu messa una taglia sulla sua testa. Scelse così la macchia, portando con sé i familiari per timore delle rappresaglie. Si nascose come avevano fatto, e ancora facevano i banditi corsi, nei boschi e nelle grotte dell’isola. A poco a poco fu abbandonato dai suoi amici e dai parenti. Un giorno fu ritrovato morto, probabilmente di freddo e di fame, in una grotta presso Ania di Fiumorbu.

“Diecimila vite costò questa guerra alla Francia. Pochi durarono resistendo: ultimo il Leca, curato di Guagno, che, col suo popolo avendo nella messa giurato sul Vangelo di non cedere, sciolse gli altri dal giuramento, ma egli di selva in selva, di monte in monte, col suo breviario e il fucile, visse selvaggia vita, e in una spelonca morì” (Lettere a Pasquale de’ Paoli, N. Tommaseo).

Si dice che in una mano stringesse il crocefisso e nell’altra un pugnale. Era il 1772. Il curato entrò così nella leggenda e nell’immaginario dei Corsi.

Savelli, che aveva combattuto al suo fianco forse senza neanche conoscerlo, scrisse un poema in lingua latina, il “Vir Nemoris”, l’uomo del bosco, per alcuni autobiografico, ma che, pur non nominando il Circinello, dedicava all’uomo morto da eroe per la causa per cui entrambi avevano lottato.

Il “Vir Nemoris” sarebbe stato destinato all’oblio se Salvatore Viale non lo avesse ritrovato e spedito a Niccolò Tommaseo, che lo definì “uno dei carmi latini più notabili che abbian le lettere del secolo argenteo della lingua romana insino a questo, che è all’Italia di non so quanti metalli”. Il Tommaseo inserì il poema nelle sue Lettere a Pasquale de Paoli (da pag. 280). Vi fu una traduzione italiana a cura di Mario Roselli-Cecconi nel 1931. Nella seconda edizione, riveduta, accresciuta e illustrata, fu aggiunto un titolo: “Una settimana a Guagno. Sulle orme del Circinello”. Di chi poteva essere? Sì, di Edith Southwell.

1 commento

  1. Confesso la mia ignoranza sulla storia della Corsica seppure così vicina alla mia Sardegna, non capisco perché a scuola non ci hanno mai insegnato nulla su di essa. Grazie Lino

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