A QUALE PAPERINO SI ISPIRA CICO DI ZAGOR?
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Svariate volte ci si è posti il problema della discendenza del personaggio di Cico dal Paperino disneyano.
Sergio Bonelli, sceneggiatore di Zagor con lo pseudonimo di Guido Nolitta, in una intervista per lo “Speciale Zagor” del magazine d’informazione “Collezionare”, disse che il suo modello era stato Donald Duck: “Anche perché volevo che avesse un forte impatto fisico di cadute, di capocciate, di rumori”.
Il Donald Duck al quale faceva riferimento il compianto Bonelli per il suo Cico non era però quello della tradizione barksiana ma, semmai e fino a un certo punto, quello immaturo dei cartoni animati più antichi (lo scansafatiche agreste nato sulle “Silly Symphonies”) e delle prime apparizioni nelle strisce quotidiane del Mickey Mouse di Gottfredson.
Nelle daily strip degli anni trenta, Donald Duck, come Cico di Zagor, era infatti una spalla dell’eroico Topolino. Nella storia della casa dei fantasmi, Mickey Mouse and the Seven Ghosts del 1936, un’indagine ai limiti del soprannaturale, vediamo un Paperino bizzoso, irascibile, spaccone, fifone, che arruffa le penne, si agita, si infila per la paura sotto le gambe di Pippo e starnazzando emette tutta una serie di rumorosissimi squack e sbaraquack.
Sotto un altro punto di vista, Cico potrebbe anche ispirarsi al Paperino italiano di Guido Martina degli anni cinquanta, sempre alle prese con i problemi del cibo che scarseggia per mancanza di lavoro (pensate al Cico degli “speciali”, lasciato solo da Zagor senza un cent a combinare guai in lontane cittadine del West per procacciarsi il pranzo) e della cattiva sorte che lo affligge (gli espedienti di Cico, un po’ truffaldini, vanno quasi sempre a finir male per colpa di una onnipresente sfortuna, quasi una vendetta divina).
Ma sicuramente il Cico nolittiano non ha niente da spartire con il Paperino intraprendente e drammatico immaginato da Romano Scarpa in quegli stessi anni.
Il Donald Duck al quale Cico tenta di rifarsi è un Paperino che negli Stati Uniti è esistito in parte e solo per un breve periodo: anche nelle strisce giornaliere di Al Taliaferro c’è un Donald diverso da quello da cui potrebbe discendere Cico. Certo, nei primi anni anche il Paperino di Taliaferro è un po’ “arrangione” e meschino, ma comunque porta avanti una casa e una famiglia (i tre nipotini e un certo bestiario), tenta di darsi da fare con vari lavori e attività, tiene in ordine l’auto e così via (soprattutto nelle sequenze del periodo bellico).
E, come dicevamo prima, viene del tutto trascurata, nella costruzione di Cico, la lezione di Carl Barks, che rimodella Paperino fino a farlo diventare un “eroe borghese” in città ed “eroe avventuroso” in giro per il globo. Mentre Cico di Nolitta lontano da Zagor non potrebbe mai affrontare il mondo senza soccombere all’ira delle persone danneggiate dal suo agire maldestro, il Paperino di Barks, con o senza i mezzi finanziari dello Zio Paperone, esce quasi sempre vittorioso dalle sue sfide.
E così Nolitta sembra più guardare al Paperino letto in gioventù, che al Donald Duck più recente dei comic book. Il Paperino riprodotto da Cico è un po’ il Paperino che lo showman televisivo Bisio rammentava spesso, quel Paperino “simpatico perché sfigato”, quel Paperino popolare, misero e tapino che oggi non esiste più.
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Non sono molto d’accordo sul Paperino vincente dell’articolo. I miei ricordi di lettore di ‘Topolino’ degli anni settanta mi riportano un Paperino assai sfigato che veniva coinvolto sempre suo malgrado nelle imprese di Paperone e che finivano quasi sempre con Paperino rincorso da Paperone che lo considerava, spesso anche a torto, il principale responsabile dell’esito negativo dell’impresa suddetta.
Tanto è vero che era una gioia per gli occhi quando capitava una storia di Paperinik, dove finalmente il racconto finiva con un Paperino vittorioso.
Sì, il Paperino di Guido Martina: il mio preferito.
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