WALT DISNEY CREA IL PROPRIO STILE

WALT DISNEY CREA IL PROPRIO STILE

Per la comprensione di questo articolo è raccomandata la visione del cortometraggio di Walt Disney Little Red Riding Hood del 1922, della durata di 6 minuti: qui.

Questo è il primo articolo di un ciclo sull’arte disneyana del periodo giovanile a Kansas City. L’intento di questa ricerca è trovare il “Disney factor”, ossia ciò che ha reso Walt Disney qualcosa di unico.

Quanta parte della carriera di Walt Disney è frutto di una calcolata strategia imprenditoriale? E quanto è frutto di un lavoro artistico e creativo?
Parlando di una storia di successo così emblematica del Novecento, a questi interrogativi si risponde spesso con luoghi comuni.

Walt Disney, nell’immaginario collettivo, è ricordato soprattutto per le apparizioni televisive degli anni cinquanta e sessanta: il bonario imprenditore di una certa età che ha partorito magicamente una gigantesca industria dell’intrattenimento.
Disney è morto a 65 anni, un’età in cui oggi si possono ancora indossare i jeans attillati: ovvero, per i parametri attuali è sempre stato giovane.

Occorre partire dagli anni venti, dall’inizio della sua storia imprenditoriale e creativa, quando Walt era un giovane che si industriava per “tirare avanti la baracca”.
Non esordì nell’animazione seguendo la strada maestra con una serie basata su buffi personaggi, ma con un editorial cartoon (satira giornalistica), un demo-reel (un filmato pilota) di un’animazione che prendeva di mira fatti di cronaca locale di Kansas City. Era il primo di una serie a cui diede il nome di Newman Laugh-O-Gram.

Riuscì a farsi firmare un contratto dallo Newman Teather, una delle sale cinematografiche più grandi di Kansas City, per questi filmati di meno di 5 minuti con cadenza settimanale, che venivano proiettati in coda al cinegiornale.

Rimane purtroppo un solo frammento delle forse 11 pellicole che sono state prodotte. Il frammento è però prezioso, dato che è l’unica animazione esistente realizzata interamente da Walt Disney.

In questo filmato possiamo osservare diversi temi di attualità locale, come l’incremento della lotta al crimine: un malvivente viene cacciato a pedate da Kansas City. Quindi si passa alla moda, con un nuovo modello di calze da donna così lunghe che si devono indossare arrotolate. Poi si parla del dissesto stradale, con un’auto che salta sulle strade piene di buche: ”Hai mai fatto un giro per le strade della città?”. Infine i disordini nel dipartimento di polizia: una fila di agenti entrano alla centrale dove vengono licenziati e scaraventati fuori a calci.

Solo l’ultimo brano di pellicola è un vero e proprio cartone animato, i precedenti mostrano la mano fotografata di Walt Disney mossa in stop motion, che disegna delle vignette satiriche partendo dal foglio bianco.

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Newman Lough-O-Gram (1922), titoli di testa

 

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Newman Lough-O-Gram: Walt Disney stesso appare nei primi fotogrammi del demo reel. Aveva le idee chiare su come coinvolgere il pubblico nel nuovo format: mostrandosi in un contesto famigliare, seduto alla scrivania con penna e calamaio
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Newman Lough-O-Gram: “Cleaning Up, Kansas City” ripulisce le strade dalla criminalità. Una mano filmata in stop motion disegna una vignetta, apparentemente in tempo reale

Al di là degli aspetti tecnici, ciò che ci interessa è il motivo per cui il giovane aspirante animatore decise di esordire con la satira invece che con un cartoon classico, come proponevano gli studios già affermati.
Non lo sappiamo, ma possiamo ipotizzarlo.

Walt era impiegato in un’agenzia pubblicitaria, la Film Ad, dove stava facendo un’esperienza di animazione con la tecnica del “cut out” (ritagli ripresi a passo uno), con un buon stipendio di 60 dollari alla settimana.

Lavorava in proprio la sera e la notte, non era verosimilmente in grado di fare cartoni animati veri e propri in questi ritagli di tempo.
La satira era quindi un ottimo modo per mettere piede nel mondo dell’animazione come indipendente facendo il minimo sforzo.

La satira su fatti mondani e di cronaca non è un genere che chiunque possa affrontare, richiede una certa sfrontatezza e conoscenza delle basi.
Per questi lavori, nel giro di poche settimane Walt Disney divenne una piccola celebrità locale.

L’indole satirica gli fu stimolata fin dall’infanzia. Suo padre, Elias Disney, era abbonato a un settimanale socialista di diffusione nazionale con sede in Kansas: Appeal to Reason.
Il piccolo Walt dall’età di sei anni prese l’abitudine di ricopiare la vignetta di Ryan Walker che campeggiava regolarmente sulla prima pagina del periodico politico. Questo fu il suo primo approccio con il disegno.

Racconta Walt Disney: “Ero arrivato a disegnare abbastanza bene il capitale e il lavoro: il grosso e grasso capitalista con i soldi, magari con il piede sul collo dell’operaio con il cappellino in testa”.

Nel 1906 Ryan Walker crea Henry Dubb, un operaio vittima immancabile di qualche imprenditore corpulento e senza scrupoli, sulle pagine di Appeal To Reason
Ryan Walker: Henry Dubb e il partito “degli arraffoni”, rappresentati da un corpulento finanziere con marsina e sigaro (28 ottobre 1916)

Se osserviamo l’opera disneyana fino ai primi anni quaranta, l’antagonista più ricorrente dell’eroe di turno è sempre un personaggio grasso che veste indistintamente i panni del farabutto o dell’uomo di potere.

Peg Leg Pete, Big Bad Pete o Black Pete, in tutte le varianti in cui è stato denominato nelle varie serie (in italiano Pietro Gambadilegno), è il più longevo e trasversale dei personaggi disneyani.

Nasce nel 1925 nelle Alice’s Comedies (Alice Solves the Puzzles), come antagonista di Alice e del gatto Julius. In seguito sarà altrettanto antagonista di Oswald The Luky Rabbit e di Mickey Mouse.
Il fatto che in quasi tutti i casi il villain è assai più corpulento dell’eroe è uno dei più tipici archetipi disneyani.

Significativo anche che il personaggio del successo planetario disneyano sia un topo, il più piccolo dei mammiferi dei comics, contrapposto fin dal suo esordio (Steamboat Willie, 1928) a Peg Leg Pete, l’enorme gatto capitano del battello.

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Alice Comedies: Alice Solve the Puzzles (febbraio 1925). Compare Bootleg Pete, registrato al copyright come One Eyed Pete.
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Black Pete e Mickey Mouse in Galoppin Goucho (1928)
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Peg Leg Pete e Mickey Mouse in Steamboat Willie (1928)
Peg Leg Pete e Mickey Mouse in The Chain Gang (1930)
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Peg Leg Pete, Mickey Mouse, Goofy e Donald Duck in Moving Day, (1936)

Peg Leg Pete sarà di volta in volta secondino con Mickey Mouse galeotto (The Chain Gang del 1930), capocantiere con Mickey manovale, ricco proprietario di un’auto di lusso con Mickey, Goofy e Donald meccanici, sceriffo con Mickey, Goofy e Donald inquilini morosi, controllore con Mickey passeggero proprietario di un cane clandestino eccetera.

La trafila di impieghi istituzionali che Peg Leg Pete ha impersonato nei cartoon è più lunga dei ruoli svolti come conclamato fuorilegge.
Questo archetipo è indubbiamente il maggior anello di congiunzione tra Mickey Mouse e Charlie Chaplin, esile vittima designata di uomini di stazza XXL.

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Charlie Chaplin in The Immigrant (1917)

Sappiamo quanto Walt Disney fosse affezionato da adolescente alla figura di Charlot, tanto da vestirne i panni in molte occasioni.
Con il suo amico Walt Pfeiffer mise in piedi una compagnia teatrale: The Two Walts. La madre di Pfeiffer li accompagnava alle “serate del dilettante”, dove i due improvvisavano sketch basati sulle comiche di Charlot.

Il carattere di Walt è fin da ragazzo molto socievole e piuttosto portato alla teatralità. Raccontava da adulto: “Avevo una voglia matta di fare teatro, cantare, recitare, realizzare spettacoli e film!”.

Questo è un aspetto importante per mettere in luce quanta parte di ironia e satira, quanto teatro e vaudeville si respirino nei suoi cartoni animati, soprattutto nei primi dieci anni di attività.

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The Two Walts: Walt Pfeiffer e Walt Disney vestiti da Abraham Lincoln. Kansas City, 1912-14

Nel maggio del 1922 Walt termina il primo vero cartone animato: Little Red Riding Hood e fonda la Lough-O-Gram, che avrà sede al primo piano del MccConahy Building di Kansas City, oggi monumento storico.

La Lough-O-Gram è la sua terza società in meno di due anni, dopo la chiusura delle prime due: Iwerks-Disney e Newman Loug-O-Gram.
Da aggiungere a queste il KayCee Studio, così venne chiamato lo spazio che affittò insieme all’amico Fred Harman. Con il quale condivise il lavoro e il sogno di realizzare veri e propri cartoni animati alla Paul Terry, produttore della serie Aesop’s Fables.

Sulla fiducia creatasi in base alla qualità di Little Red Riding Hood, Walt riesce a distribuire diverse quote societarie, anche se ancora non ha un distributore.
Pubblicamente si presenta come un giovane brillante, che infonde fiducia e riesce facilmente a ottenere ciò che vuole.

Bisogna anche tenere presente che Kansas City, benché sia una città del Midwest, conta con l’hinterland mezzo milione abitanti e che gli anni venti sono un periodo di grande crescita economica, mai vista fino a quel momento.

Tra il 1922 e il 1928 (ossia tra il primo cartone animato di Walt Disney e Mickey Mouse) la produzione industriale degli Stati Uniti sale del 64%. Tra il 1919 e il 1929 il prodotto interno lordo sale del 40%, il salario degli operai, al netto dell’inflazione, del 26%!

Forse anche questo clima di ottimismo economico, oltre all’intraprendenza di Walt, può spiegare come un giovane di 21 anni potesse convincere un medico, un macellaio, un fisico operante nel settore petrolifero e altri professionisti a investire in quote per avviare uno studio di cartoni animati, con un capitale sociale di 15mila dollari.

Little Red Reading Hood
(durata: 6 minuti e 17 secondi) è una parodia di Cappuccetto Rosso.
Nella prima sequenza vediamo sulla destra la mamma di Cappuccetto che maneggia un impasto e lancia dietro di sé le pagnotte, sulla sinistra un gatto che con la carabina spara alle pagnotte formando delle ciambelle che finiscono in una bacinella.

In alto a destra vediamo il viso incorniciato di un nonno barbuto, che in una seconda inquadratura osserva e ride, inquadrato in primo piano con mascherino (un contorno nero con cui si può personalizzare la forma dell’inquadratura, solitamente rendendola circolare, ossia a “occhiello”).

Gli storici dell’animazione hanno ritenuto che il gatto è Julius, il primo character disneyano della storia. Rimarrà un personaggio ricorrente in questa serie e anche co-protagonista della serie successiva: Alice Comedies (1924 – 1927).

Come Krazy Kat (il celebre gatto creato da George Herriman) nei cartoon della Bray Productions (da gennaio 1920 a febbraio 1921), il gatto Julius è nero con parti bianche: pancia, occhi, muso, piedi e mani… O zampe, se si preferisce, dato che non è del tutto antropomorfo: siede per terra, corre a quatto zampe, e non indossa abiti, anche se imbraccia il fucile.

Nella forma Julius è anche molto simile al gatto che compare nelle Aesop’s Fables di Paul Terry, come per esempio in Cat and Mice del 1921 e in The Dog and the Thief del 1922.

Walt si era fatto procurare delle bobine originali delle Aesop’s Fables da una sua amica, Nadine Simpson, che lavorava presso il deposito di un distributore cinematografico. Le aveva studiate a fondo insieme ai collaboratori, che aveva acquisito tra le conoscenze e con annunci sui giornali.

Tra loro c’era Fred Harman, di 20 anni, futuro titolare della striscia a fumetti western Red Ryder (1934-38). Rudy Ising, di 19 anni, futuro creatore dei primi cartoni animati Looney Toones e Merry Melodies (1930) per la Warner Bros insieme a Hugh Harman (che in seguito si sarebbe aggiunto allo staff), fratello di Fred.

Certamente Paul Terry fu la maggiore fonte d’ispirazione disneyana fino alla nascita di Mickey Mouse e in questo periodo anche una fonte preziosissima di trucchi tecnici.

Il gatto delle Aesop’s Fables (generalmente senza nome, ma che in alcuni casi è stato chiamato Thomas), spalla di un vecchio Barbuto contadino di nome Al Falfa, era però tutto nero, con il solo muso bianco.

Il gatto di Paul Terry era epigono di modelli collaudati quali Felix the Cat di Pat Sullivan e Otto Messmer, e Krazy Kat di George Herriman, portato sullo schermo nel 1916-17 dall’International Film Service (con il corpo tutto nero) e nel 1920-21 dalla Bray production (corpo nero con parti bianche).

Il gatto Julius di Walt, a cui si è scelto di dare mani e i piedi bianchi, in un certo senso precorre lo stile degli anni trenta, quando tutti gli animali antropomorfi dei cartoon indosseranno guanti e scarpe bianche.

Dal 1924 fino a Steaboat Willie (1928) Disney eliminerà però le mani e i piedi bianchi, omologandosi allo standard total black dei cartoons anni venti, che seguivano ancora un criterio di semplificazione (le animazioni non erano ancora abbastanza dettagliate per dare rilevanza alle dita della mano). Peraltro in coerenza con il tardo stile art nouveau e il primo art déco, tendenti al simbolismo.

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Il gatto Julius in Little Red Riding Hood (1922)
Krazy Kat, con il corpo bianco e nero nel periodo Bray Studio (1920-22)
Aesop’s Fables di Paul Terry: Cat and Mice (1922)
Felix the Cat di Pat Sullivan e Otto Messmer in The Hypnotist (1921), Paramount Pictures

Passando alla sequenza successiva, il gatto Julius muore in seguito all’assaggio di una ciambella e viene portato via da due cani bianchi con il muso da bulldog, barellieri occasionali.
Nella scena successiva la mamma chiama Cappuccetto Rosso, che arriva a prendere il cestino da portare alla nonna.

Cappuccetto parte con un’auto spinta da un cane bianco, il quale ha una macchia nera sulla schiena e una su un orecchio.
Qui vediamo l’assimilazione di un archetipo dei cartoni animati degli anni venti, a cui Walt Disney si atterrà particolarmente anche nei futuri cortometraggi: i cani hanno solitamente il muso schiacciato, sono bianchi e spesso hanno un atteggiamento responsabile.
Mentre i gatti sono solitamente neri, così come i topi, gli orsi e i lupi, e hanno un carattere più goliardico e imprevedibile.

Come è noto in Krazy Kat (pubblicato sui quotidiani dal 1913), il cane bianco Offissa Pupp riveste il ruolo di poliziotto.
Il Bray Studio realizzò tra il 1914 e il 1916 The Police Dog on the Wire, con protagonista un cane poliziotto bianco con il muso da bulldog: la serie è stata ideata e animata da Carl Anderson.

Nel 1916 Paul Terry era dipendente del Bray Studio (per il quale ideò e realizzò la serie Alfalfa) e probabilmente anni dopo si è ispirato allo stereotipo del cane bianco con il muso schiacciato, in questo caso poliziotto di quartiere, come nella Aesop’s Fables Cat and Mices o in The Dog and the Thief, in cui un cane sceriffo è guardiano di una fattoria.

Walt, molto attento nel seguire gli archetipi quando li ritiene convincenti, certamente si attenne a questa traccia.

The Police Dog on the Wire di Carl Anderson, serie prodotta nel 1914-16 da Bray Studio

 

Little Red Riding Hood: Julius viene portato via da due cani bianchi barellieri
Little Red Riding Hood: un bulldog bianco spinge l’auto di Cappuccetto Rosso
Offissa Pupp nei fumetti di Krazy Kat and Ignatz the Mouse realizzata da George Herriman dal 1913
Offissa Pupp e Ignatz in Krazy Kat, The Awful Spook (1921), Bray Studio
Il gatto nero di Paul Terry (che in alcuni casi è stato chiamato Thomas) e un cane bianco poliziotto: Aesop’s Fables: Cat an Mice (1921)

Nella scena seguente Cappuccetto incontra un’auto con a bordo un distinto signore con tanto di marsina e cilindro.
Si capisce che è un dandy di città, allegoria moderna del lupo della favola.
Walt Disney sceglie di mostrare immediatamente che la minaccia non viene dalla potenza fisica ma dall’inganno.

L’attenzione è portata sulla scritta incisa sul radiatore dell’auto: “Flivver”, macinino. La minaccia quindi proviene dal “bell’abito”. L’auto di lusso è in realtà un catorcio, come si vedrà nella messa in moto tragicomica nella sequenza successiva. Facile a quel punto immaginare che sotto l’abito elegante e la cortesia di togliersi il cappello per salutare si nasconda un losco figuro.

Qui ritroviamo l’archetipo dell’elegantone metropolitano che si prende gioco della semplicità della gente di campagna.
Una delle situazioni che probabilmente Walt non solo aveva ritrovato tante volte rappresentata in allegoria sull’Appeal to Reason, il settimanale socialista letto dal padre, ma che aveva vissuto realmente allorché il genitore, carpentiere e imprenditore che più volte aveva sperimentato il fallimento, si lamentava di un sistema che remava contro i lavoratori e la piccola impresa.

Walt Disney non amerà mai New York, il simbolo della finanza americana, ma si troverà benissimo nella Los Angeles degli anni venti e trenta, una città ancora in via di sviluppo composta di tanti quartieri separati e di lotti da riempire: un luogo fatto apposta per chi vuole tracciare il proprio futuro.
Ma il suo posto preferito rimarrà sempre la fattoria di Marceline, Missouri, dove visse tra i 6 e gli 11 anni.

C’è qualcosa di ancora più importante insito nella scritta sul radiatore dell’auto: il bisogno di Walt di comunicare immediatamente, in qualunque modo, la natura dei suoi personaggi e di ogni oggetto del racconto.

Little Red Riding Hood

L’esigenza comunicativa di Walt in favore della narrazione, più che dello spettacolo fine a sé stesso, è la parte su cui si concentrerà di più: il racconto deve avere un significato, un sistema di valori che si attraggono o si scontrano tra loro.

L’essenza di un personaggio deve essere comunicata con il suo aspetto in modo del tutto esplicito, anche gli oggetti devono comunicare subito il significato della loro presenza.

Proseguendo nella storia vediamo che il villain si introduce nella casa della nonna prima che arrivi Cappuccetto Rosso.
La nonna è assente: è andata al cinema, come si legge su un biglietto lasciato appeso alla porta.

Quando Cappuccetto Rosso entra in casa assistiamo dall’esterno a un trambusto, con i muri che oscillano e strilli come “help!” che scaturiscono dall’interno.
Intanto il cane corre in cerca di aiuto.

Al minuto 4:50, Walt Disney ci mostra un tipo d’inquadratura che diventerà una costante quasi imprescindibile nella sua filmografia dei primi dieci anni.
Per dare un senso spettacolare all’azione, ma soprattutto per fare da contrappunto alle parti più statiche del cortometraggio, adotta una prospettiva con punto di fuga centrale o laterale che ci mostra il personaggio o l’oggetto in movimento molto spesso in soggettiva.

Little Red Riding Hood: prospettiva con punto di fuga

In questo caso vediamo il cane correre verso lo spettatore, con una carrellata che lo segue, mantenendo quindi fermo il soggetto al centro del quadro, mentre il muro di mattoni a lato del marciapiede scorre in profondità verso il punto di fuga.

Prima di questo tipo d’inquadratura Walt ha utilizzato nel cartone animato solo il campo medio con linee di orizzonte parallele allo schermo, a parte tre primi piani e un campo lungo, sempre con linea di orizzonte parallela allo schermo.

Il cane chiede aiuto a un giovane aviatore e parte insieme a lui in aereo per correre in soccorso di Cappuccetto Rosso.
Abbiamo un campo lunghissimo sulla casa in subbuglio, con l’edificio che sobbalza e i muri che oscillano: è quindi puntuale la comunicazione di un dramma che si sta consumando nella casa, senza dover fare ricorso a un’inquadratura dell’interno.

Viene abilmente lasciato al beneficio del dubbio su quale tipo di violenza il cattivo stia infliggendo a Cappuccetto Rosso. Probabilmente il villain umano non sta esattamente cercando di mangiarla…

Campo medio dell’aereo che arriva in soccorso. Quindi un ottimo ed efficace totale della casa che viene scoperchiata da un cavo tirato dall’aereo, lasciando all’aperto i due personaggi all’interno, che visti da lontano sono grandi come formiche.

Il villain si era già scoperto essere una specie di mago che aveva rimpicciolito l’auto e se l’era messa nel taschino, e ora ritira fuori l’auto dalla tasca e portandola di nuovo alle sue dimensioni scappa uscendo fuori campo.

Little Red Riding Hood: il totale sulla casa che viene sollevata e portata via dall’aereo
Little Red Riding Hood: il totale sul villain che scappa.
Little Red Riding Hood: il mascherino sugli eroi che guardano il villain gettato nel lago.
Little Red Riding Hood: un tipico finale con gli eroi che si baciano, il primo di una lunga serie.

L’eroe mette in salvo Cappuccetto Rosso a bordo dell’aereo, quindi i tre (c’è sempre il cane) si mettono all’inseguimento del villain.
I buoni e il cattivo si guardano in una serie alternata di inquadrature a figura intera in occhiello (mascherino), poi in un gradevole ed efficace campo lungo agganciano l’auto per gettarla in un lago.

I tre eroi osservano la scena e, in un tipico finale, Cappuccetto Rosso e l’eroico pilota si baciano sull’aereo in volo alla presenza del cane che si chiude gli occhi.
Questo finale romantico è il primo di una lunga serie nei dieci anni successivi.
Uno per tutti: Mickey Mouse e Minnie in Galoppin Goucho, sei anni più tardi a cavallo di uno struzzo.

A Little Red Riding Hood collaborarono probabilmente Rudy Ising alla macchina da presa, Walt Pfeiffer alla sceneggiatura e quasi sicuramente uno o due altri collaboratori di cui si sono perse le tracce.

Fu realizzato con l’uso di una cinepresa Universal nel Kay Cee Studio di Kansas City, fondato da Walt Disney con Fred Harman, la cui collaborazione si concluse repentinamente dopo pochi mesi, probabilmente entro la fine del 1921.

Il Kay Cee Studio cambiò sede almeno tre volte, l’ultima delle quali al 3239 di Trost avenue sopra il ristorante Peiser’s. L’edificio venne demolito nel 1990.

(Un prossimo articolo riguarderà i restanti cortometraggi della Lough-O-Gram e la fine del periodo a Kansas City).

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