JOE QUESADA, LA MARVEL TRA REALISMO E CROSSOVER

JOE QUESADA, LA MARVEL TRA REALISMO E CROSSOVER

Joe Quesada, nato nel 1962 da genitori cubani a New York, è il primo caso di disegnatore diventato Editor-in-Chief (direttore generale) della Marvel Comics. Prima tale ruolo veniva affidato solo agli sceneggiatori. Inizia a lavorare negli anni novanta alla Valiant Comics, casa editrice fondata nel 1989 da Jim Shooter dopo avere diretto la Marvel fino al 1987 con ottimi risultati. Per la Valiant, Quesada disegna le serie X-O Manowar e Ninjak. Forse certe tecniche di gestione aziendale le ha imparate lì, ispirandosi all’operato di Shooter.

In seguito Joe Quesada collabora con la Dc Comics, creando assieme a Dennis O’Neil la figura di Azrael nella miniserie Batman: Sword of Azrael, fondamentale per la successiva saga di Batman Knightfall, dove al Cavaliere Oscuro viene spezzata la schiena da Bane. Con l’amico inchiostratore Jimmy Palmiotti, nel 1994 fonda la piccola etichetta editoriale Event Comics, con la quale pubblica Ash (un pompiere con superpoteri) e Painkiller Jane (un’agente di polizia diventata vigilante dopo aver acquisito poteri rigeneranti).

JOE QUESADA, LA MARVEL TRA REALISMO E CROSSOVER

Quesada approda quindi alla Marvel, dove disegna la serie mutante X-Factor, scritta da Peter David. Nel settembre del 1998 esce il primo numero della nuova serie di Daredevil che segna una svolta per la Marvel. Il fumetto in questione ha sulla copertina il marchio Marvel Knights (tradotto letteralmente dalla Panini in “Cavalieri Marvel”), la neonata sotto-etichetta ideata dal dirigente Joe Calamari viene scritta dal regista Kevin Smith, disegnata da Joe Quesada e inchiostrata da Jimmy Palmiotti. Una nuova linea editoriale con storie dalle tematiche più adulte simili alla struttura narrativa delle serie televisive. La nuova serie di Devil accentua l’aspetto religioso di Matt Murdock, mettendogli davanti un presunto nuovo messia incarnatosi in una neonata.
Il successo di vendite della nuova linea Marvel Knight porta, nel 2000, la Marvel a nominare Joe Quesada Editor-in-Chief, rimpiazzando Bob Harras. Una promozione che avviene durante la presidenza della Marvel di Bill Jemas, e confermata anche dopo il suo licenziamento.


Joe Quesada ha il merito di riportare in auge la Marvel dopo la bancarotta degli anni novanta. In quel decennio la Marvel aveva seguito gli stilemi ipertrofici degli autori Image, la casa editrice fondata nel 1992 da Jim Lee e soci. La run dei Fantastic Four di Tom DeFalco e Paul Ryan era un esempio di questa influenza, con la versione sexy-milf di Sue Storm, la Torcia Umana bardata di giubbotto di pelle da motociclista, Reed Richards armato di fucile mitragliatore, la Cosa sfregiata con indosso un casco. Lo scimmiottamento della Image Comics aveva colpito anche gli altri personaggi della casa editrice: Capitan America si era corazzato per ovviare a una semi-paralisi; Daredevil, disegnato da Scott McDaniel, aveva un’armatura composta da spalline metalliche, gambali metallizzati anch’essi e suggestive ginocchiere appuntite; anche Thor, di Mike Deodato, era borchiato…

Farcire i fumetti di donne sexy in body alla Psylock e e di uomini muscolosi con pettorali oliati da culturista, bardati di fucili mitragliatori e cartucciere alla John Rambo, in tavole ultracinetiche e splash-page a random, non aveva portato a un successo duraturo. L’eccesso di pistoloni, ipertrofia muscolare, eroi perennemente duri e incazzati in storie fondamentalmente vuote avevano allontanato i lettori dai fumetti. Gli anni novanta sono finiti con un ingolfamento del mercato, con l’accumulo di copie invendute e il fallimento di molti punti vendita.

Dal 2000, Quesada restituisce l’importanza agli autori che gli effetti speciali avevano intaccato. Il nuovo direttore punta sulle storie, sulla continuity, dato che i personaggi Marvel condividono lo stesso universo narrativo: quello che succede in un comic book della Marvel ha effetto sugli eventi di tutte le altre collane. Da qui l’uso, e anche l’abuso, dei crossover.

Il primo sceneggiatore contattato da Quesada è lo scozzese Grant Morrison, una delle colonne della linea per adulti della Dc Vertigo, per la quale aveva scritto Animal Man, Doom Patrol e The Invisibles. Nel 2000 per la Marvel scrive una miniserie su disegni di J.G. Jones, Marvel Boy. Tratta di un alieno della razza Kree, la cui nave spaziale viene distrutta da un imprenditore terrestre: per vendetta Marvel Boy quasi rade al suolo New York. Morrison punta tutto sulla propria verve “decostruzionista”, creando un protagonista emarginato, un «ribelle irritabile con una certa propensione a una sacrosanta distruzione di massa».

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Quindi Quesada strappa alla Vertigo lo sceneggiatore nordirlandese Garth Ennis e il suo disegnatore preferito Steve Dillon, noti per il dissacrante Preacher. I due lavorano su una versione brutale del Punitore, “politically incorrect”, volgare e forgiata attorno all’immaginario cinematografico di Sam Peckinpah, Sergio Leone, John Ford e John Milius. La serie del Punitore finisce sotto la nuova etichetta Max, esplicitamente dedicata al pubblico adulto.

Quesada lancia una nuova linea ancora, Ultimate, che presenta i personaggi della Marvel classici come Spider-Man, X-Men, i Vendicatori e i Fantastici Quattro in storie più realistiche. Lo sceneggiatore al centro della linea Ultimate è lo scozzese Mark Millar, autore per la Dc di Swamp Thing, Jla, Flash, Superman Adventures e la miniserie Superman: Red Son, dove racconta la storia dell’eroe kryptoniano cresciuto nella Russia di Stalin. La serie scritta da Millar e disegnata da Bryan Hitch, The Ultimates, presenta una versione alternativa dei Vendicatori per un pubblico più maturo. Supereroi liberati da tutto un retaggio di nobiltà e calati nella realtà.

Dal 2001 la Marvel decide di non sottoporre più nessuno dei suoi albi, neanche quelli rivolti ai ragazzi, all’approvazione del Comics Code Authority, l’organo di censura dei fumetti nato nel 1955. Questo permette di rendere più adulte anche le serie “normali”, non solo quelle delle sottoetichette Max e Ultimates.

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A scrivere Daredevil viene messo Brian Michael Bendis, che, coadiuvato dalle matite del bulgaro Alex Maalev, realizza una run influenzata dal cinema noir e da serie televisive dedicate ai gangster come I Soprano.
Sui New X-Men arrivano Grant Morrison e Frank Quitely.
Lo sceneggiatore Geoff Jones prende i Vendicatori, per poi passare alla Dc con ruoli chiave.
Quindi Brian Bendis rifonda gli Avengers dopo la saga catastrofica Avengers: Disassembled (in italia “Vendicatori D-i-v-i-s-i”), dando vita alla lunghissima run dei New Avengers.
The Amazing Spider-Man e The Mighty Thor vengono scritti con il piglio più realistico, comunque criticato da molti, di J. Michael Straczynski.

Vengono assunti anche alcuni editor della Vertigo, esperti nei fumetti per il pubblico adulto, come Axel Alonso (assegnato alle testate ragnesche) e Stuart Moore.
Cosa non secondaria, Quesada segue la crescita della Marvel come marchio dell’industria dell’intrattenimento cinematografico: dal ciclo degli X-Men per la Fox e Spider-Man di Sam Raimi per la Columbia.

JOE QUESADA, LA MARVEL TRA REALISMO E CROSSOVER

Tra gli aspetti più criticati della gestione di Joe Quesada c’è l’uso massiccio degli “eventi”, dei crossover. Erano stati introdotti negli anni ottanta, ma a controbilanciarli c’era il fatto che Jim Shooter teneva basso il numero delle serie supereroiche, anche inventando nuove etichette autonome, come la Epic e il New Universe, per fare contenti i dirigenti che chiedevano sempre nuove serie. Invece i crossover di Quesada coinvolgono un numero alto di serie, e inoltre sono più frequenti. Se, quindi, negli anni ottanta gli eventi erano avvenimenti epocali e sporadici, dagli anni duemila l’evento è un’abitudine editoriale tanto che in un anno ne vengono presentati più di uno. Ricordiamo per esempio House of M (2005), Civil War (2006-2007), Planet Hulk (2006-2007), World War Hulk (2007), Annihilation (2006-2007), Annihilation: Conquest (2007-2008), Messiah Complex (2007-2008), Secret Invasion (2008), Dark Reign (2008), War of Kings (2008), Assedio (2009) eccetera.
Saghe che rendono difficile seguire le avventure di un singolo personaggio e che arrivano a stravolgere la psicologia di alcuni supereroi a causa degli eventi legati al crossover, come Reed Richards e Tony Stark in Civil War.

Nel 2011 il ruolo di Editor-in-Chief passa ad Axel Alonso. Quesada riceve l’incarico di occuparsi della parte relativa alla produzione di film, serie tv e merchandising in qualità di Chief Creative Officer.
Dal punto di vista estetico, nel bene e nel male, l’eredità che lascia ai fumetti Marvel è quella di averli avvicinati al genere cinematografico e televisivo.

 

 

1 commento

  1. Quesada ha disegnato anche The Question nel rilancio di Denny O’Neil ( da noi volumetto bonellide nel formato della Planeta de Agostini ) e la miniserie di The Ray su testi di Jack Harris ( da noi in tre albi smilzi della Play Press di inizio anni novanta ). Era ancora nel periodo OhcomemipiaceMignola. Non contrapporrei Quesada ai ragazzi della Image, considerato che era seduto da poco sulla seggiola di EIC della Marvel e già rilasciava interviste in cui affermava che avrebbe con gioia arruolato di nuovo McFarlane. Aggiungo che Jim Shooter avrebbe pubblicato molti altri fumetti – è stato per esempio Claremont a convincerlo a lanciare The New Mutants e non una altra serie cogli X-Men e a continuare colle mini di Wolverine che avrà una serie ontinuativa solo nel 1989 – e che la Epic ha il suo vero papà nel grande Archie Goodwin. Quesada ha fatto anche qualche passo falso come il Punisher risorto con armi soprannaturali di un paio di miniserie- una colle matite di Bernie Wrightson – detestate dai fans e che gli Ultimates di Hitch e Millar sono la Autorithy di Ellis/Hitch e di Millar/Quitely col freno tirato e nonostante questo un fumetto eversivo, considerato che si tratta di versioni estreme di personaggi classici come Cap e Thor.
    Per quel che vale – parere di fan dal neurone ossidato e meno interessato oggi ai picchiatelli in costume di 20 anni fa – ho apprezzato tra i MK i dodici numeri tarantiniani della Pantera Nera di Priest e parecchi dei lavori di Bendis, ma ho preferito e preferisco The Green Arrow di Kevin Smith al suo Daredevil e ho trovato noiosetti Gli Inumani di Jenkins e Jae Lee ( che mi piace solo quando ha fretta come in alcuni numeri di Ultimate Fantastic Four ). Sempre secondo il mio sindacabilissimo parere, i Maleev e Deodato jr e Hitch supportati da fotografie avvicinano lettori che non amano il segno nel disegno. De gustibus. Peccato che la Casa delle Idee non abbia dato fiducia al concept morrissoniano secondo cui i mutanti sono superstars da invidiare. Dopo decenni di metafora della esclusione del diverso da parte di Claremont ed epigoni ( i poco convinti Lobdell e Nicieza for istance ) – colla notevole eccezione del divertente Peter David di X-Factor- sarebbe stato interessante vedere dove si poteva arrivare col la storia di una minoranza metaumana in una società in cui tutti cercano i loro 15 minuti di visibilità social…

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