INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

Invincible è strano anche perché Robert Kirkman non se n’è uscito ieri con questa roba. Parliamo del 2003 o giù di lì, quando la Image Comics cominciava la pubblicazione regolare della sua testata quasi in contemporanea con The Walking Dead.

Già, perché Kirkman è l’autore di Invincible, The Walking Dead, Marvel Zombi, Outcast e via dicendo. Fino a un dieci-dodici anni fa se andavi in giro a nominarlo, al massimo, ti rispondevano un’alzata di spalle. Oggi invece…

 

Invincible è (forse) veramente invincibile

INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

 

Pure se te ne sbatte zero, in un modo o nell’altro hai sentito nominare ‘sto tizio. Soprattutto nell’arco dell’ultimo mese, cioè da quando Amazon ha prodotto e lanciato sulla sua piattaforma streaming una prima serie tv da otto episodi, basata sulla serie a fumetti di Invincible, appunto.

Esatto, un’altra serie di supereroi. Proprio quello di cui avevamo bisogno. Allora com’è che se provi ad aprire un social a caso ti ritrovi inondato di notizie e articoli? Com’è che Invincible su Rotten Tomatoes ha uno score di gradimento assurdo, tipo del 98% di critica e 91% di pubblico?

Per il primo caso la risposta è piuttosto ovvia: una grossa società spende valanghe di denari per… qualcosa. Normale poi che, qualunque cosa sia, venga spinta e pubblicizzata al massimo. Invece nel secondo caso la risposta è un tantino più complessa.

INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

 

In quanto Invincible è la prova lampante di come si possa fare a meno dell’indispensabile quando si ha il superfluo. Perché siamo in sovrapproduzione: il bisogno, la necessità, l’esigenza di un’altra serie, di supereroi per di più, proprio non c’è. Ci stiamo annegando dentro ‘sta roba.

WandaVision, The Falcon and the Winter Soldier, Zack Snyder‘s Justice League, Wonder Woman 1984 e altri ventordicimila titoli tra serie tv e film già prodotti o annunciati. Chiaro che questa è la monocultura, baby.

La domanda è: perché dovrei spendere circa otto ore della mia vita per sciropparmi Invincible? Il punto da cui partire, sicuramente, è l’approccio. In quanto chara design, scenografie e colori in generale richiamano e si rifanno tantissimo ai vecchi cartoni da fascia pomeridiana.

INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

 

In altre parole, uno stile grafico brillante e vivace che subito ti ricorda cose tipo Batman -Tas, Gargoyles, Darkwing Duck e compagnia cantante. La cosa divertente è che Invincible alterna momenti di umorismo maturo, ai limiti della metareferenzialità, a un tono man mano sempre più oscuro e violento.

Cosa questa che si sovrappone e ricorda, forse pure troppo, l’altro grande successo di Amazon: The Boys. Dopotutto entrambe le serie si svolgono in un mondo e una realtà contemporanee alle nostre, tranne per il fatto che lì la presenza dei supereroi è un fatto normale.

La grande differenza tra The Boys e Invincible è che la prima non è una serie di supereroi, bensì una serie che tratta le conseguenze in un mondo dove esistono i supereroi. Quindi il punto non è tanto il come, ma il perché.

INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

 

Perché “serio” e “realistico” sono concetti interpretabili in diversi modi. Per esempio, partire dal presupposto che i supereroi siano persone come noi. Ovvero, spinti a comportarsi e agire sulla base di pulsioni umane. Questa introspezione porta a un realismo psicologico, per dire.

Oppure, seguire un tema specifico approfondendone le varie implicazioni porta a un realismo contestuale. Bello, sì. Peccato che nel 90% dei casi l’approccio al realismo sia ridotto a due voci: estetica e danari. Cose che, spesso e volentieri, fanno allegramente a cazzotti con l’idea stessa di fantastico.

Non è questione di violenza, suggerita o esplicita. Non è questione di approcciarsi e tradurre in modo “realistico” il mondo dei mantelli e delle tutine colorate. I supereroi rappresentano il fantastico per antonomasia e funzionano fino a quando funziona il loro mondo di fantasia.

INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

 

Nel momento in cui li prendi e li trascini via dalla fantasia che li legittima per inserirli nella realtà che ci circonda, volendo farli sembrare in questo modo “veri”, il risultato è una posticcia caricatura della realtà. Ecco, The Boys marcia a tutta forza su questa strada.

Un concetto che si traduce in grottesca presa per il culo formato famiglia non solo del mondo dei supereroi, ma del nostro.
Invincible, invece, per quanto l’assunto alla base sia abbastanza simile, non fa leva su questa distorta concezione di realtà, usata per dimostrare quanto sia fasulla.

Al contrario, gran parte del fascino di Invincible sta nel modo in cui abbraccia ed esplora l’immagine stessa del supereroe-tipo. Il cuore della storia riguarda Mark Grayson, il tipico ragazzo alle prese con i problemi dell’adolescenza.

INVINCIBLE, LO STRANO REALISMO DEI SUPER

 

Si barcamena tra ragazze, scuola, un lavoro part-time per tirare su qualche spicciolo e cose del genere. Solo che, a un certo punto, i poteri latenti di Mark si manifestano e in quel momento comincia il viaggio come supereroe alle prime armi per trovare la sua strada.

Schema e costruzione seguono l’archetipo del teen drama, come pure la nascita di Mark come il supereroe Invincible è, essenzialmente, ricalcata su tropi. Il punto in cui si discosta dal dramma classico nella narrazione dei supereroi, sta nel fatto che Nolan e Debbie, i genitori, sanno dei suoi poteri.

Anzi, Debbie è una donna normale, ma papà Nolan Grayson è Omni-Man: l’essere più potente del pianeta. In realtà, Nolan è un alieno arrivato vent’anni prima sulla Terra dal pianeta Viltrum, e tutto questo l’aveva già spiegato a Mark quando era ancora un bambino.

 

Spiegandogli pure che, in quanto suo figlio, è per metà viltrumita: presto o tardi avrebbe sviluppato gli stessi poteri. Messa così, pare una robetta da niente. Va be’, dirai: è tipo Gli Incredibili, solo che al posto di Mr. Incredibile hanno messo Superman e suo figlio. Quindi?

Quindi no. Lo story arc di Mark si evolve attraverso un territorio semplice e familiare. Nel frattempo la serie esplora tutti i punti d’interpolazione fra i classici racconti di supereroi adolescenti e tematiche più complesse.

Conflitto e dilemma sono cuore e anima del dramma. Il rapporto fra Mark e Nolan assume connotati sempre più contorti: essere il figlio del supereroe più forte del mondo è complicato. La sua è un’ombra incredibilmente lunga e uscirne, per poi esserne all’altezza, diventa difficile.

 

Soprattutto quando diventa chiaro che Nolan spinge sempre con più urgenza Mark a controllare i suoi poteri. Entrambi, al di là delle dinamiche che regolano i loro rapporti, risultano particolarmente interessanti in quanto sovrapposizione dello stesso personaggio.

Il dualismo dei supereroi è rappresentato dalla doppia identità. Invece Invincible, con Mark e Nolan, supera in qualche modo questo punto, coinvolgendoli in narrazioni speculari ma profondamente diverse, perché affrontate da due punti di vista opposti.

Proprio come affronta un altro grande classico: “Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità”. Chiaro, non è che adesso Robert Kirkman abbia reinventato la ruota. A questo, c’erano già arrivati i giapponesi più di trent’anni fa con il filone real robot.

 

Ciò non toglie che sia interessante il modo in cui viene approcciato il concetto in Invincible, ché non si limita solo al fatto di “fare la cosa giusta”, di fermare “il cattivo”. Avere un’identità segreta comporta dei problemi. Intorno a te ci sono altre persone. Persone che reagiscono in modi diversi a comportamenti bizzarri.

Fatto che influisce sulle dinamiche relazionali tra i personaggi. Avere dei superpoteri comporta molti rischi: essere in grado di lanciare un’auto contro un palazzo, per dire, non è solo bello. Devi mettere in conto che una cosa del genere provoca enormi danni.

Perché quei palazzi non sono vuoti e fatti di cartapesta. Se causi un’esplosione e quel palazzo viene giù, un sacco di persone faranno una morte atroce. Metti che proprio questo è il punto: non importa quanto fantasiosa sia la premessa. Perché fantastico e fantasia non sono sinonimi di fasullo, di finto.

 

La questione non è mostrare aspetti e immagini che vanno a ricalcare in scala 1:1 quelle del mondo reale e basta. Bisogna creare dinamiche, relazioni, vicende, fatti, problemi e soluzioni plausibili per dare solidità al quadro generale e far sembrare tutto vero.

Quei colori vivaci, l’aspetto da episodio generico degli X-Men o di una qualunque altra serie animata a caso, vanno a creare un mondo. Un modo a se stante, regolato da principi e dinamiche proprie e specifiche. Di conseguenza tutto è contestualizzato e, per estensione, coerente.

In questo modo, pure quell’aspetto cartoonesco nella misura in cui evoca immagini del mondo reale diventa funzionale. Per esempio, l’impatto che ha con quelle esplosioni di violenza improvvise e inaspettate, cose ancora per lo più sconosciute nell’animazione occidentale, rende tutto ancor più inquietante.

 

Tipo, alla fine del primo episodio, quando succede quella cosa lì, che poi andrà a impostare il tono e una trama orizzontale con il mistero che attraversa l’intera prima stagione… Ecco, mica te l’aspetti una roba del genere. Brutale è dire niente, insomma.

Questo, rende Invincible molto più realistico della stragrande maggioranza degli spettacoli sui supereroi attualmente in circolazione. Perché tutto ciò che vedi risulta vivo, pulsante. A ogni azione corrisponde una reazione verosimile e credibile.

C’è poco da scherzare: personaggi brillanti e ben caratterizzati, una trama in costante evoluzione che sviluppa ogni sorta di introspezione e riflessione a temi collaterali, rendono Invincible la meglio roba di supereroi venuta fuori… uhm… fin qui.
Ce n’era il bisogno? No.
Però se questo è il risultato meglio abundare che deficere.

 

Ebbene, detto questo anche stavolta è tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati con *

Dichiaro di aver letto l'Informativa Privacy resa ai sensi del D.lgs 196/2003 e del GDPR 679/2016 e acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità espresse nella stessa e di avere almeno 16 anni. Tutti i dati saranno trattati con riservatezza e non divulgati a terzi. Potrò revocare il mio consenso in qualsiasi momento, integralmente o parzialmente, con effetto futuro, ed esercitare i miei diritti mediante notifica a info@giornalepop.it

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*