BRUCOLACO, IL CAPOSTIPITE DEI VAMPIRI

BRUCOLACO, IL CAPOSTIPITE DEI VAMPIRI

Quando si parla di vampiri ai più verrà in mente l’inquietante conte Dracula di Bram Stoker: probabilmente nessuno penserà al vrykolakas, il brucolaco greco. In effetti, è un revenant (redivivo) un po’ particolare. A volte pericoloso, altre per nulla spaventoso e soprattutto, è diverso dal suo “cugino” transilvano: sopporta la luce del sole (compare anche di giorno), non succhia il sangue delle sue vittime (tranne in un’eccezione che vedremo più avanti), non teme l’aglio e le croci ed è ghiotto di… frutta e salsiccia!

Questo essere misconosciuto è il capostipite di tutte le creature letterarie che conducono un’esistenza sospesa tra la “non vita” e la “non morte”, più antico del suo omologo slavo chiamato upyr in Russia e Ucraina e vudarlak in Serbia. Salvo che nel Isle of the Dead (Il vampiro dell’isola: vedi foto in apertura dell’articolo), una vecchia pellicola horror in bianco e nero del 1945, in cui recita senza trucco Boris Karloff, il grande pubblico non ha mai avuto modo di conoscere il brucolaco. 

Nel 2017, l’editore ETPBooks ha avuto il merito di colmare questa lacuna pubblicando una raccolta di racconti dedicati al vrykolakas: Brucolaco il vampiro greco, scritti a cavallo tra Ottocento e Novecento da scrittori greci motivati dall’idea di fondare una nuova letteratura non legata al classicismo. Grazie a questa preziosa antologia è possibile farsi un’idea di cosa sia realmente questa figura del folklore ellenico anche se, alla fine dei conti, il brucolaco è uno, nessuno e centomila.

Nel racconto Il fantasma di Alèxandros Papadiamandis (1851-1911) il brucolaco è una figura piuttosto evanescente sebbene spaventosa, un babau usato con lo scopo di destabilizzare la fragile psiche della protagonista, anche se il finale lascia aperta la possibilità di un inquietante ritorno. La giovane donna prima di morire, conscia che il marito si risposerà, esclama “non è finita qui”, lasciando immaginare al lettore il suo ritorno come brucolaco per tormentare il vedovo e la nuova moglie. È una storia di analisi psicologica in cui il brucolaco viene appena evocato e in cui non si saprà mai se la profezia della morente si avvererà.

Ne Il castello infestato di Kostas Pasagiannis (1872-1933) il vrykolakas è molto concreto: il giovane Liakas, dopo una sbornia colossale, scommette con alcuni amici di poter raccogliere i fichi maturi che crescono nel diroccato castello veneziano vicino al villaggio, che si dice sia infestato da un brucolaco. Recatosi al castello, dopo ore di attesa angosciosa alle luci dell’alba viene ritrovato senza vita dal pope (il sacerdote cristiano-ortodosso, NdR) e dagli amici e sepolto in tutta fretta nel cimitero. Ma alcuni giorni dopo la morte, Liakas riappare, perché è diventato un brucolaco egli stesso, carico di rancore per il suo seppellimento sbrigativo perché… era ancora vivo, ma in coma etilico! Entrato in casa, simile a uno zombie di George Romero in L’alba dei morti viventi, spaventa la moglie e si mangia le salsicce che cuocevano nella pignatta. La consorte impazzirà di terrore mentre il pope sarà ritrovato strangolato dall’ex ubriacone.

Ne La tomba di Kostantinos Kazantzìs (1864-1926) viene descritto il brucolaco più vicino al folklore greco: il revenant non cammina, non parla, non mangia, è solo un inquietante cadavere che non si decompone, un malvagio possidente terriero scomunicato che riappare dalla tomba dopo un’alluvione e terrorizza gli abitanti con la sola presenza del suo corpo incorrotto. Solo dopo la revoca della scomunica, il cadavere comincerà a decomporsi. Si tratta forse del miglior racconto della raccolta, anche grazie al tono solenne del pope che narra la storia, in cui la sola presenza del brucolaco è destabilizzante per l’intero villaggio, specchio dell’avidità umana.

Il figlio del brucolaco di Achilleas Paraschos (1838-1895) è un racconto dove è palese l’influsso letterario europeo, in particolare anglosassone, nella costruzione della figura del brucolaco. In questa storia il vrykolakas è un uomo forte, potente e malvagio e succhia davvero il sangue.

Infine in Kukkitsa di Alèxandros Moraitidis (1850-1929) il brucolaco non è un essere spaventoso e non fa del male a nessuno, ma è una adolescente morta che si occupa amorevolmente di una piccola cappella dove la rivedrà suo padre, il pope Konomos, che sarà consolato dall’ultima visita di Kukkitsa.

Come si evince da questa breve analisi di storie in lingua neogreca, il brucolaco è un non-morto sfuggente, misterioso ma ha poco a che fare con il vampiro reso celebre da Bram Stoker. Il vrykolakas semmai sembra la combinazione di figure mitologiche antichissime: come il dio Pan è destabilizzante per l’ordine sociale; come le arpie ruba il cibo alle sue vittime; come le lamie ne succhia il sangue.

Il brucolaco è certamente una figura inquietante, a lungo dimenticato dagli stessi letterati greci, condizionati dalla visione europea classicista e romantica della loro identità, e poi riemerso come un fiume carsico come autentica figura folklorica della letteratura neogreca.



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