THE FLASH, UN DISASTRO VECCHIO 30 ANNI

THE FLASH, UN DISASTRO VECCHIO 30 ANNI

The Flash, con la tempestività di una sedia a rotelle senza freni, finalmente è arrivato a vedere il buio delle sale. No, “finalmente”, perché The Flash, tredicesimo capitolo del Dc Extended Universe è una roba che Warner si trascina appresso da… uhm… sì, solo trent’anni.

Ancor meno sorprendente, visto che in generale i presupposti di partenza per questo film erano meno affidabili di un cane in una salumeria, il fatto che The Flash abbia debuttato in maniera semplicemente catastrofica al botteghino. Aprire il weekend con appena quattordici milioni e chiuderlo con un incasso che sfiora i cinquantacinque per un film che a farlo di milioni ne sono spesi duecentoventi (forse di più) non c’è da stappare le bottiglie buone. 

Anzi, quando hai bisogno di trent’anni e una cinquantina di persone per scrivere una storia di un paio d’ore, ultra-omologata, con personaggi standard che si ripetono tutti uguali da minimo dodici anni a questa parte e per lo più buttata veramente alla cazzomannaggia, fare schifo al botteghino e magari perderci pure soldi sono cose che capitano e da mettere in conto.

THE FLASH, UN DISASTRO VECCHIO 30 ANNI


Fondamentalmente l’idea di realizzare un film su Flash risale, appunto, alla fine degli anni ottanta. Cioè, quando la Warner Bros ingaggiò Jeph Loeb per scrivere la sceneggiatura. La cosa buffa sta nel fatto che all’epoca Loeb non era un rinomato sceneggiatore di fumetti. Lo è diventato subito dopo, proprio a causa di quella sceneggiatura scartata che ha portato la Dc Comics ad assumerlo come scrittore. Comunque, come si dice, questa è un’altra storia. 

Facciamo un piccolo salto in avanti e siamo nel 2004. Ringalluzziti dal successo di Batman Begins, quelli della Warner ci riprovano e stavolta assumono David S. Goyer (esatto: proprio quel Goyer) non solo per scrivere, ma pure per dirigere e addirittura produrre una nuova versione di The Flash. Tutto in uno a colpo secco. Allorché Goyer si mette là, impegno e concentrazione alla mano, realizzando che l’unica strada percorribile è quella tracciata dal maestro René Ferretti.

Barry Allen? No, troppo commerciale, e poi lo show televisivo con Flash interpretato da John Wesley Shipp è andato una chiavica. Perché non concentrarsi su Bart Allen, allora? No, quello l’hanno usato per Smallville, interpretato da Kyle Gallner. Troppo provinciale. Idea: facciamo che Barry Allen muore, al posto suo ci mettiamo Wally West e visto com’era andato bene (santo cielo, no) Blade: Trinity, a interpretarlo chiamiamo Ryan Reynolds. Perfetto.

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Tanto perfetto che la storia immaginata da Goyer in cui Wally West diventa Flash e affronta Zoom e The Turtle dopo la morte di Barry Allen, tre anni di paturnie dopo, viene sfanculata senza tanti complimenti dalla Warner. Siamo agli inizi del 2007 e David S. Goyer abbandona The Flash, affermando che lui e lo studio non erano in grado di raggiungere in alcun modo un accordo sulla direzione del film. Quando si dice l’amore.

Il 2013 è stato l’anno della svolta: visti i big money che Disney/Marvel macinava con il Marvel Cinematic Universe, alla Warner decidono di fare per davvero e così vengono svelati i primi piani per il Dc Universe destinati a essere lanciati (dalla finestra) da Man of Steel. The Flash, provvisoriamente quanto cautelativamente, viene fissato per il 2016, prima dell’uscita di Justice League. Pensa un po’ quanto stavano a fare seriamente. 

Infatti, alla Warner erano così seri, ma così seri, che dall’abbandono di Goyer nel 2007, al 2013 in cui è stato annunciato il Dc Extended Universe e fino all’uscita del film nel 2023, per scrivere e dirigere The Flash si sono avvicendati una cinquantina di persone. Tipo Geoff Johns (lo sceneggiatore dei fumetti di The Flash) e Greg Berlanti, Michael Green e Marc Guggenheim, gli sceneggiatori del film di Lanterna Verde. 

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La lista della gente che ci ha provato è talmente lunga che persino quel “gran mattacchione” di Ezra Miller ha presentato nel marzo del 2019 una nuova sceneggiatura per The Flash. Una sceneggiatura scritta e sviluppata insieme a Grant Morrison e da cui, aperta e chiusa parentesi, Morrison ha preso subito le distanze dicendo di averci lavorato sì e no due settimane. 

Inoltre, la parte scritta da lui si concentrava quasi esclusivamente su aspetti e risvolti fantascientifici. Per questo la Warner gliel’ha rimbalzata indietro e Morrison si è chiamato fuori. Perché la Warner voleva una storia incentrata sul multiverso che potesse includere altri personaggi Dc. Ovviamente. Ora, il grosso, grossissimo problema sta nel fatto che The Flash è un film frammentario. Caotico. Vecchio nella forma e nella sostanza. In altre parole, The Flash è una caciara.

Questo, tra l’altro, manco perché frutto d’idee tutte diverse accavallatesi nel corso degli anni e che fanno a cazzotti l’una con l’altra. Semmai il fatto grave è che a seguito della riorganizzazione dei suoi assets aziendali, AT&T ha fuso Warner Bros in Discovery e The Flash, alla fine, non è che uno dei tanti progetti che alla nuova dirigenza interessava come mezzo membro di cane morto. 

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Metti pure che nel frattempo si sono trovati con un protagonista il cui nuovo hobby era andare in giro a farsi arrestare, chiaro che non avessero alcun interesse a distribuire il film. Sfortunatamente, The Flash era fatto e finito e se di milioni ne avevano già buttati praticamente al cesso novanta cancellando direttamente il film di Batgirl, pure quello fatto e finito, qui si parla di una cifra quasi due volte e mezza più alta. 

Allorché, come ultimo, matto e disperatissimo tentativo di salvare il salvabile, hanno fatto uscire The Flash giocandosi la carta del multiverso ottenendo così due fantastici risultati: dare ragione a Martin Scorsese e Steven Spielberg.

In via concettuale il multiverso è affascinante, suggestivo, avvincente e tutto il resto appresso. Sì, ma in sé per sé rimane una grandissima paraculata. L’idea d’infiniti mondi, universi e realtà parallele, essenzialmente risale a “Il Flash dei due mondi”, una storia scritta da Gardner Fox e disegnato da Carmine Infantino pubblicata dalla Dc Comics nel 1961. Cioè, non proprio ieri o ieri l’altro.

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La storia de “Il Flash dei due mondi” ruota attorno a Barry Allen, il Flash della Silver Age, che a causa di un incidente con una macchina di super-velocità finisce in un universo parallelo chiamato Terra-2, abitato da versioni alternative di supereroi. In particolare c’è Jay Garrick, il Flash della Golden Age, con cui Barry si allea per affrontare un nemico comune: il Dottor Destiny.

Per carità, bello. Il multiverso è, nell’ottica dell’editoria seriale, una buona idea. Perché ha permesso agli editori di continuare a macinare all’infinito e senza sforzo qualsiasi cosa a marchio registrato avessero mai tirato fuori negli anni. Appunto, sfruttato all’inverosimile, il multiverso ha portato a Crisi sulle Terre Infinite: crossover di grande portata su carta, pezza estrema messa dalla Dc Comics nella pratica.

In altre parole, Crisi sulle Terre Infinite altro non è che il magico pulsantone reset con cui la Dc ha rebootato tutto quanto per mettere, appunto, una pezza alla situazione. Una situazione in cui la gente non ce stava a capire più una mazza a causa di storie incasinate da millemila mondi alternativi e personaggi con ventordicimila versioni diverse. E questo, attenzione, succedeva nel 1985. Nel 2011 siamo punto e a capo e c’è bisogno di rebootare tutto di nuovo. Et voilà! Eccoti Flashpoint


In sostanza, la storia è: Barry corre talmente veloce che può addirittura tornare indietro nel tempo. In questo modo, torna al momento in cui sua madre fu uccisa e suo padre incolpato ingiustamente dell’omicidio, riuscendo a salvare i suoi genitori. Rovescio della medaglia è che questa cosa ha ripercussioni disastrose sull’intero universo.

Impedire l’omicidio di sua madre porta a una timeline alternativa in cui Batman è in realtà Thomas Wayne, padre di Bruce, rimasto ucciso da bambino quella notte nel vicolo. Aquaman e Wonder Woman hanno distrutto il pianeta facendosi la guerra e Superman è una cavia da laboratorio rinchiuso dal governo da quando arrivò nella sua capsula-culla da Krypton. Inoltre Barry è senza poteri e la realtà sta per collassare su se stessa: tutta questa tiritera è un piano architettato da Eobard Thawne, cioè il Reverse-Flash

Capito adesso qual è il punto e perché The Flash non funziona?


La trama di The Flash si basa in maniera vaga e circostanziale su Flashpoint, riprendendone solo il tema centrale del viaggio nel tempo. Perché un adattamento di Flashpoint era pressoché impossibile per il semplice fatto che la storia, così com’è, richiede una conoscenza specifica di cazzi e mazzi di episodi e personaggi. Una conoscenza che il pubblico generalista a cui è indirizzato il film non ha e non ha alcun interesse ad avere.

Cosa che vale per qualsiasi altro cinecomic uscito finora. Morale della favola: appassionati e non, ci troviamo tutti quanti per l’ennesima volta con un bel bidet all’acqua di rose. Dove, scontata come la morte che prima o poi verrà a prenderci tutti, si ripete sistematicamente la fenomenologia comune dei cinecomics: formula narrativa prevedibile e lineare, mancanza di rischi e sfide, e fatica, nel mantenere l’attenzione solo con scene d’azione che il pubblico da decenni ha somatizzato.

Sorvolando sul fatto che nell’ultima manciata di anni siano usciti almeno una mezza dozzina di film basati sul concetto di multiverso (sicuramente meglio elaborato e creativamente sfruttato) e perciò manco si può dire che dalla sua The Flash abbia almeno l’originalità, il problema è un altro. Il multiverso è un concetto che può trovare un senso e un’applicazione pratica nel mondo del fumetto seriale. 


Un mondo soggetto a una ciclicità infinita, dove oggi una testata apre, domani chiude e dopodomani riapre perché qualcuno ha trovato il modo di riutilizzare quel personaggio a marchio registrato. Un mondo in cui tutto riparte da zero all’infinito, da un mese all’altro, solo perché la testata si ritrova con un curatore diverso con idee agli antipodi di quello precedente. Una cosa del genere, al cinema, applicata a storie che si sviluppano in maniera diametralmente opposta, non funziona e non funzionerà mai. 

The Flash pare fatto apposta per dare ragione a Martin Scorsese quando disse che i cinecomics non sono cinema vero e proprio, bensì una roba tipo le giostre dei parchi a tema. Infatti, in The Flash non c’è una costruzione, non c’è una diegesi che faccia avanzare il racconto. Tutto si riduce a un mucchio di semplici sequenze appiccicate le une alle altre da uno sputo di canovaccio riassumibile su un post-it.

The Flash, però, in via ipotetica, dovrebbe essere un film e non il comicon o una convention a titolo generico dove la grande sorpresa, il “colpo di scena”, si limita alle comparsate di quello o quell’altro tizio. Il giro sulla giostra è bello una, magari due e forse pure la terza volta, ma poi stanca. Questo, in altre parole, non può essere l’unico fattore trainante per un film e spingere le persone ad andare al cinema. Per quanto riguarda Steven Spielberg, invece…


Tempo fa, Spielberg (sovrano del blockbuster in lotta con Cameron per la corona) disse una sola, semplicissima cosa: i cinecomics sono un modello difficilmente sostenibile a lungo termine. Produrre, promuovere e distribuire un blockbuster costa uno sproposito. Un grosso studio, volendo, può cavarsela con uno o due film l’anno di questa portata. Non di più. Le spese sono troppo alte e i guadagni potrebbero facilmente essere bassi o non esserci proprio. 

Chiaro, no, com’è che il mercato si è saturato in modo tanto veloce?

Di nuovo, The Flash è l’esatto riflesso di questa situazione: il suo aspetto piatto, scialbo e una Cgi per lo più imbarazzante (ma mai imbarazzante quanto Muschietti che prova in qualche modo a metterci la pezza a colori, dicendo che fondamentalmente tutto è fatto così male apposta) che va su una scala da scena scriptata per Ps3 a episodio generico dei Power Rangers, non è altro che una conseguenza diretta di un mercato che si trova costretto ad autofagocitarsi per andare avanti.

L’intero film, Cgi e Vfx a parte, dà la fortissima impressione di essere un lavoro raffazzonato alla meno peggio. A un certo punto buttato fuori alla come viene perché non volevano spenderci altri soldi. In questo senso, continuare a buttare personaggi a caso nella speranza che “il magico multiverso” in qualche modo, tipo tana-libera-tutti, li giustifichi e si autogiustifichi, quanto ancora può andare avanti? 

Sostanzialmente, The Flash è l’ennesimo sottoprodotto di un contesto fatto di veleno e avidità aziendale, la cui unica necessità sta nel cercare di ricavare qualcosa da un prodotto morto alla nascita. Proprio perché, a differenza di tutti gli altri che l’hanno preceduto, a priori The Flash non poteva neanche giocarsela sull’aspettativa, il desiderio, la promessa di essere parte di qualcosa di più grande che poi arriverà e sicuro ti stupirà. Eh, come no, guarda.

Ebbene, detto questo credo sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro




(Da Il sotterraneo del Retronauta).



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3 commenti

  1. I due Flash in realtà si alleano per combattere il Violinista (ucciso da Deadshot nella miniserie Villains United ), il Pensatore (quasi omonimo del Pensatore Pazzo della Marvel ) e l’Ombra ( lo stesso the Shade che James Robinson ha reso un tridimensionale anti eroe nel suo Jack Knight/Starman). Destiny è diventato un personaggio interessante grazie alla sua versione in Sandman ( sia nel fumetto sia nella serie per Netflix). Il Multiverso è a mio parere il passo immediatamente precedente allo Hypertime di Morrison e Waid, soprattutto nelle intenzioni del primo e cioè l’idea che qualsiasi idea scaturita anche dal lettore diventa vera, per il fatto che qualcuno ci ha pensato, da qualche parte, in qualche modo. Dal punto di vista di chi crea o legge una idea (secondo Ipertempo la differenza tende a zero) si tratta di una idea straordinaria nella sua semplicità. Viviamo davvero nel migliore dei multiversi possibili.

  2. Ho trovato questo film stupendo, soprattutto se relazionato ad alcune ultime cacate della Maevel

  3. Across the Spider-Verse è un gioiello animato della Marvel / Sony che tratta il concetto di multiverso in maniera stupenda, infatti è anche un successo al botteghino.

    The Flash è un fallimento della DC su tutti i fronti, infatti è un floppone al botteghino. La gente di questa DC non né può più. Flash, Superman, Aquaman, ect hanno fatto il loro tempo e non interessano più a nessuno.

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