UN CYBORG FORMATO DA SPIDER-MAN E HE-MAN

UN CYBORG FORMATO DA SPIDER-MAN E HE-MAN

Prima di parlare del film Cyborg, uscito nel 1989, dobbiamo trattare della Cannon Films, un’azienda fondata nel 1967 da Dennis Friedland e Christopher Dewey.
La Cannon ebbe subito un certo successo perché, sostanzialmente, si occupava di importare e produrre film porno svedesi. Bello, eh?


Passato il boom degli anni settanta, il settore pornozozzografico cominciava a essere inflazionato. Scelte sbagliate, investimenti fallimentari e nuove leggi fiscali sulla produzione cinematografica… et voilà! La Cannon di Friedland e Dewey andò a chiappe all’aria.

Cosicché, nel 1979, i fondatori vendettero la Cannon ai due cugini Menahem Golan e Yoram Globus. Fu grazie a questi due burberi che la Cannon, da piccola casa di produzione pornografica, raggiunse il successo mainstream.

Grazie al suo status di outsider e la disponibilità a qualunque tipo di produzione cinematografica, negli anni ottanta la Cannon Films divenne un nome importante a Hollywood.

Durante il loro boom, Golan e Globus ci hanno inondati con una caterva di infognatissimi b-movies, molti dei quali diventati dei cult. Tipo la saga de Il Giustiziere della Notte, Delta Force e Highlander, tanto per dirne qualcuno.
Tutta roba realizzata a basso costo, ma redditizia.

A metà degli anni ottanta, Golan e Globus cominciarono a fare film costosi puntando ancora più in alto. Come Space Vampires e Over the Top, con Sylvester Stallone.
Allo stesso tempo, la Cannon cominciò ad acquisire i diritti di proprietà potenzialmente redditizi provenienti da fumetti, libri e serie di giocattoli. Pianificavano in questo modo di entrare nel mondo dei Big Seven di Hollywood.

Come si dice, non bisogna mai vendere la pelle dell’orso prima di averlo ammazzato, ma fu proprio questo che la Cannon iniziò a fare.
L’approccio alle costose produzioni era quello di vendere i film ancor prima di averli realizzati. Spendevano cifre enormi per promozione e battage pubblicitari. La tattica funziona quando si tratta di film a basso costo, che in tutto venivano a costare un paio di milioni. Di sicuro, non è una cosa che puoi fare quando hai intenzione di produrre un sequel di Superman.

Si arrivò al punto che, nel momento di mettersi a girare i film, la Cannon si trovava impossibilitata a cacciare fuori le cifre necessarie. Perciò, via di risparmio matto e disperato su effetti speciali, costumi e set.
Per capirci, quando venne annunciato Superman IV, al di là delle spese di promozione, la Cannon aveva stanziato un per niente irragionevole budget di quasi quaranta milioni di dollari.

A causa dei troppi progetti in cantiere contemporaneamente e per i flop dei loro film di punta come Over the Top, magia!, da quei quasi quaranta milioni il budget per Superman IV arrivò a poco più di quindici. Sfido che venne preso a fischi all’uscita.

Anche il successivo film di He-Man e I Dominatori dell’Universo seguì le stesse paturnie di Superman IV e fece la stessa fine. Anzi, pure peggio. E fu un vero miracolo che venisse completato.

In un’intervista, Gary Goddard, il regista di He-Man, raccontò che la troupe stava lì lì per mandarlo a fan… e dare forfait. Praticamente, stava lavorando gratis. E lui, Goddard, doveva mettersi e supplicarli di stare là, dicendo che la Cannon li avrebbe pagati da un giorno all’altro.

I tagli erano stati fatti ovunque. Soldi non ce n’erano proprio. Tanto che, come racconta sempre Goddard, mentre stavano girando la lotta finale tra He-Man e Skeletor, alle sue spalle la troupe già stava smontando il set, spegnendo le luci e le macchine da presa.

Nonostante questo la Cannon continuava a puntare sul marketing. Tanto di cappello a Globus che, seppur con il culo a terra, andò a Cannes nel 1987 per annunciare Masters Of The Universe 2. Tanto chissene se Dolph Lundgren aveva rinunciato al ruolo. Già avevano il surfista Laird Hamilton a sostituirlo. Chissene se i soldi mancavano. In qualche modo sarebbero usciti fuori.

Alla fine, per realizzare He-Man 2 venne scelto Albert Pyun,  regista di un certo calibro, proprio. Tanto che lo menzionai per un suo film nelle due righe su i peggio cloni di Terminator. Attenzione però, il bello deve ancora arrivare.

In contemporanea con l’inizio della produzione di He-Man 2, Pyun avrebbe dovuto occuparsi del film di Spider-Man, con set e costumi già pronti per le riprese. L’idea era che Pyun avrebbe diretto entrambi i film più o meno simultaneamente.

Inutile dire che il sequel de I Dominatori dell’Universo, tanto meno l’adattamento di Spider-man, videro la luce. Soprattutto in merito al film di Spider-man, direi per fortuna non fu mai realizzato. Perché, stando alle parole di Pyun, pare che Menahem Golan “non abbia mai capito” Spider-Man.
Praticamente si immaginava, e voleva, il personaggio come una specie di orrenda e grottesca mostruosità. Un uomo-ragno letterale insomma, con otto braccia pelose e cose di ‘sto genere.

Tornando a noi, i motivi per cui i due film non videro mai la luce sono riconducibili a vari fattori. Ma essenzialmente il fil rouge resta la pezzenteria. Per quel che riguarda He-Man, nel 1987 la popolarità dei Masters come giocattoli era in forte declino. Cosa che di certo non aiutò il film, arrivato troppo lungo per cavalcare l’onda. Senza contare che quando uscì nelle sale, anziché rivelarsi il traino in cui la Mattel sperava, venne preso come sappiamo.
Cosicché, visto il b-movie low-budget che la Cannon aveva tirato fuori, e magari dopo aver visionato lo script o magari lo storyboard, la Mattel ritirò la licenza di sfruttamento. Stessa cosa fece la Marvel con i diritti di Spider-Man.

A questo punto le licenze erano perse e i film non potevano più esserci. Tuttavia, la Cannon ormai aveva già speso due milioni di dollari per la costruzione di entrambi i set e relativi costumi. Quindi, cosa fare?
Semplice: Pyun era stato ingaggiato, no? Allora dalla Cannon gli dissero: “Senti bro, qua i soldi li abbiamo spesi. Sbattiti un po’ e vedi di tirar fuori qualcosa con ‘sta roba, che mica la possiamo buttare”.
Quindi Pyun nell’arco di un week-end scrisse la sceneggiatura di questo nuovo progetto chiamato Slinger. Successivamente ribattezzato Cyborg.

Cyborg, come detto, è stato scritto in fretta e furia in un fine settimana e… sì, in effetti si nota subito questa cosa.
Il film inizia con una spiegazione: la società è crollata in un classico futuro distopico anni ottanta. Le cause non vengono specificate, ma il problema più grave è un morbo chiamato “La Peste”, che ha decimato la popolazione mondiale.

Dopo la breve spiegazione stiracchiata in quindici secondi netti, vediamo una tizia e un tizio che scappano attraverso le rovine di New York. Con tanto di gente crocefissa a caso, a mo’ di segnaletica stradale.

Rovine che non sono altro che il vecchio set di Spider-Man adattato alla meno peggio per usare i costumi del seguito de I Dominatori dell’Universo.

Attenzione, i due personaggi stavano andando così di fretta perché inseguiti Fender Tremolo e la sua banda di predoni-razziatori-assassini-psicopatici.

Alla fine Fender li raggiunge. Il maschio dei due tizi in fuga, Marshall Strat, resta indietro per cercare di rallentare la banda e permettere la fuga all’amica, ma niente. A poco è servito perché viene decapitato in un attimo, con scioltezza e disinvoltura.

Alla fine della fiera, a salvarla si presenta Gibson Rickenbacker (Jean-Claude Van Damme) uno slinger che, comodamente ai fini della storia, si trovava da quelle parti per puro caso. O forse no, perché non è chiarissima ‘sta cosa.

Com’è come non è, la tizia appena salvata si presenta come Pearl Prophet, in realtà un cyborg in possesso dei dati necessari per trovare una cura alla peste che ha distrutto l’umanità. La sua missione è raggiungere la città di Atlanta per consegnare i dati a un gruppo di scienziati.

Detto questo, apro una breve parentesi. Non so se ve ne siete accorti, ma i nomi di questa gente sono quelli di strumenti musicali. Dalle chitarre Gibson, Fender, Rickenbacker alle batterie Pearl. Fino agli amplificatori Marshall, passando per parti specifiche degli strumenti come il tremolo e via dicendo.
Questi nomi probabilmente sono venuti fuori a causa della fretta di tirar giù uno script.

Tornando a noi, mentre Pearl ciarlava, Fender li raggiunge e mette fuori combattimento Gibson. Dopodiché si offre di portare Pearl ad Atlanta. Non perché interessato a una cura per il morbo, piuttosto perché una volta arrivato lì avrebbe modo di distruggere tutto, visto che a lui il mondo così com’è diventato gli piace e ci sguazza.

Ovviamente Gibson si riprende e si lancia all’inseguimento di Fender, che, assaltato un villaggio di pescatori, ucciso tutti e rubato una barca, si dirige verso Atlanta con il cyborg.

Ancor più ovviamente c’è pure il tempo di ficcare Nady, l’interesse amoroso del protagonista, che lo accompagnerà durante il viaggio. E fine.

Perché in fin dei conti, Cyborg è tutto qui. L’intera diegesi nasce, cresce e muore nei primi venti minuti di film. Non ci sono approfondimenti, non c’è backstory, non c’è una sola miserabile spiegazione a ciò che accade. Semplicemente c’è Jean-Claude Van Damme che fa le sue cose da Van Damme.

Questo è necessariamente un male? Cioè, la mancanza di una struttura narrativa forte fa di Cyborg un film da tirarci lo sciaquone? Non proprio.

Vanno spiegate un paio di cose. Innanzitutto, in quel momento la carriera di Van Damme era appena esplosa. Nel senso che, Cyborg uscì nel mezzo di Bloodsport e Kickboxer, due dei suoi film di maggior successo. In questo senso la Cannon spingeva forte su di lui.
Inoltre, Van Damme si era guadagnato la fama di stella del cinema di arti marziali, pertanto era questo che alla fine ci si aspettava. Che facesse le mossette e le capriolette che l’avevano reso famoso.
Ma Pyun era di altro avviso. Non voleva realizzare il film di arti marziali che Cannon intendeva cucire addosso al suo attore di punta.

Difatti ci furono dei contrasti. Pyun per la sua storia aveva immaginato un qualcosa di molto più oscuro e sanguinoso. Una storia sci-fi noir, realizzata però come una specie di opera rock, girata in bianco e nero dai dialoghi minimalisti.
Comprensibilmente, Cannon invece spingeva per un action marziale molto più orizzontale e in linea con il Van Damme di quel periodo. Alla fine, Pyun dovette cedere. Fece dietrofront e nonostante il lavoro già fatto realizzò un nuovo montaggio, stavolta a colori. Con nuove linee di dialogo e senza la base heavy metal sparata a palla per tutto il film.

Come sarebbe stato Cyborg nel suo taglio originale? Non lo so. Forse meglio, forse peggio. Chissà.
Intanto, così com’è, è un film che mostra il fianco a fin troppi difetti. Povero, contenutisticamente parlando. Perciò, non sorprende che venne stroncato dalla critica.
Attenzione però, questo non significa che fu un flop. Anzi. In realtà Cyborg fu un grosso successo commerciale.
Dato che i set vennero riciclati dalle produzioni fallite del seguito de I Dominatori dell’Universo e Spider-Man, l’unico investimento fatto su questo progetto fu di appena cinquecentomila dollari. Rispetto a un incasso di oltre dieci milioni

Indipendentemente da tutto, Cyborg è un film che merita almeno una visione. Perché, la dice lunga il fatto che un vecchio b-movie, perlopiù disprezzato, venga ricordato ancora oggi per il suo stile unico. Spaventosamente sopra le righe.
Dove l’azione solida delle arti marziali si fonde in una miscellanea di generi che vanno dallo sci-fi allo spaghetti-western.
Oltretutto, Cyborg non è solo un film. E un’istantanea di un momento particolare della storia del cinema. L’ultimo prodotto di uno studio unico. Infatti, la Cannon sarebbe fallita definitivamente da lì a cinque anni.

Ironia della sorte, un film realizzato con quattro spicci, da cui nessuno si aspettava niente e raffazzonato sulle ceneri di due grandi produzioni andate fallite, si rivelò il più grosso successo commerciale degli ultimi anni della Cannon.

 

Bene, detto questo credo sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

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