UNO STAR WARS CON TOCCHI DISSACRANTI

UNO STAR WARS CON TOCCHI DISSACRANTI

L’ottavo Star Wars riprende molto dal secondo film della trilogia originale (“L’impero colpisce ancora”), come già aveva fatto il settimo dal primo. In più mette in discussione le fondamenta della saga.

Se molti fan di Star Wars (o Guerre stellari, come si diceva una volta) di oltre trent’anni fa preferivano fra i personaggi Han Solo (Harrison Ford), il pilota e avventuriero che fa breccia nel cuore della Principessa Leila Organa (Carrie Fisher), i più giovani erano tutti per Luke Skywalker, il giovane Cavaliere Jedi, con la sua spada laser, il suo coraggio, l’innocenza.
Di certo era il mio caso. Per me, poi, Star Wars, più che i film era le action figures (o “pupazzi”, come si diceva allora) con le quali facevo storie piuttosto diverse rispetto ai film: eravamo in un mondo post Terza guerra mondiale, dove si fronteggiavano blocchi contrapposti, Lord Vader (lo chiamavo già Vader, non Fener perché sulla confezione delle action figures era riportato il nome originale, non quello italiano) era il leader di uno dei due blocchi, e Luke uno degli agenti speciali dell’altro blocco.
Mio fratello minore, quando non c’ero, prendeva la mia action figure di Luke e giocava a fare “la morte di Luke”, tanto per farmi arrabbiare.

“Star Wars: Gli ultimi Jedi”, ottavo film della saga ideata da George Lucas nel 1976, scritto e diretto da Rian Johnson e da mercoledì nei cinema, è (anche) il film su Luke Skywalker. Il titolo, infatti, in italiano è inesatto, complice il fatto che Jedi è sia singolare che plurale (“indeclinabile” direbbero i prof): The Last Jedi andava tradotto come L’ultimo Jedi.
È Luke, infatti, l’ultimo Jedi: nel finale del settimo film, due anni fa, appariva solo alla fine, raggiunto su un’isoletta di un remoto pianeta da Rey (Daisy Ridley), ragazza misteriosa nella quale la Forza, il campo di energia che pervade tutto l’universo e che l’antico ordine dei Cavalieri Jedi sa sfruttare per ottenere grandi poteri, scorre potentissima.
Un Luke non solo invecchiato, ma disilluso, visto che il suo principale discepolo, Ben Solo (Adam Driver), figlio di Han e Leia, è passato al male, al Lato Oscuro della Forza, con il nome di Kylo Ren, imitando il nonno Anakin Skywalker, che era diventato il potente Darth Vader.
Come il settimo film, “Il risveglio della Forza” era quasi un remake mascherato del primo (ma quarto in ordine cronologico, visto che i primi tre sono dei prequel), e “Gli ultimi Jedi” è una versione potenziata del secondo (quinto) film, “L’Impero colpisce ancora”.
Se nel secondo film Luke si addestrava nelle vie della Forza sul lontano pianeta di Dagobah sotto la guida del maestro Yoda, mentre gli altri ribelli cercavano di scappare al malvagio Impero, qui Rey cerca di convincere lo sconfitto Luke ad aiutarlo mentre gli altri membri della resistenza, guidati da Leia Organa, cercano di fuggire al Primo Ordine (nomi leggermente diversi, ma la sostanza è la stessa).
Benicio del Toro è un truffatore simpatico e voltagabbana, un po’ come il Lando Calrissian dell’Impero colpisce ancora.
Rey cerca di togliere Kylo (che nel film precedente ha ucciso il padre Han) dall’influenza del Lato Oscuro della Forza e i due si scontrano con le spade laser, come accadeva tra Luke e il padre Darth Vader ne “L’Impero colpisce ancora”.
Ci sono però anche variazioni: c’è un pianeta di ricchi alieni simile al Principato di Monaco e, tra i nuovi personaggi, abbiamo Rose (Kelly Marie Tran), militante della resistenza fieramente anticapitalista.

Laura Dern (Hamilyn Holdo) è un comandante della Resistenza che sembra stupida e incompetente, ma in realtà è eroica e ha un ottimo piano per salvare i Buoni: nel mondo politicamente corretto della Disney (che dal 2012 ha comprato da Lucas i diritti della serie) le donne possono, al limite, essere “cattive” ma mai e poi mai incapaci.
Carrie Fisher offre una commovente interpretazione: poco dopo aver finito di girare il film sarebbe morta e, per decisione della Disney, a quanto pare la Principessa Leia non comparirà nel prossimo film.
Ma la variazione più importante è la natura del film che è ironico e iconoclasta, quasi dissacrante: uno dei concetti, ribadito più volte da Kylo Ren, è che i “giovani” devono creare regole nuove uccidendo (non solo metaforicamente) i “vecchi”.
E sembra più il capitolo finale di una trilogia e non quello di mezzo: forse la morte della Fisher ha spinto a cambiare il film, rendendolo più lungo (due ore e mezzo), quasi un Episodio VIII e IX insieme.

Su tutti i personaggi, in un film che forse deluderà i fan storici della saga (il Vostro non è rimasto deluso, ma sono un fan abbastanza atipico) con non poche scene esaltanti (e una guest star che non sveliamo), svetta lui, Luke. Invecchiato, disilluso ma profondamente carismatico. Potente e alla fine anche brillante, probabilmente sarebbe piaciuto al me stesso protonerd degli anni ottanta.

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