SOPRAVVISSUTO 8 ANNI SOTTO LE MACERIE

SOPRAVVISSUTO 8 ANNI SOTTO LE MACERIE

Oggi c’è l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Poco più di un secolo fa anche da quelle parti si svolgeva la Grande guerra, poi chiamata Prima guerra mondiale, che è costata sedici milioni di morti. Non fu simile a nessun conflitto precedente né successivo. Fu, in realtà, un grande assedio reciproco che strinse le nazioni europee.

Non battaglie campali, ma una logorante resistenza su fronti lunghi centinaia di chilometri. L’attacco alle trincee difese dai reticolati di filo spinato e dalle postazioni di mitragliatrice si risolveva in continui massacri di migliaia di soldati.

In un assedio non vince chi ha l’ultima pallottola da sparare, ma chi ha l’ultimo sacco di grano da macinare. Così successe, infatti: nel 1918 gli imperi di Germania, Austria e Turchia cedettero per esaurimento delle risorse alimentari, non per sconfitta militare sul campo.

La Prima guerra mondiale continuò nell’Europa orientale ben oltre il novembre 1918, specialmente con la Rivoluzione russa e l’indipendenza dei paesi limitrofi: Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia. Mentre emergevano in maniera non proprio pacifica due nuove nazioni, le repubbliche di Turchia e di Irlanda.

Questa è la storia di uno degli ultimi caduti successivi alla Grande guerra, sicuramente quello che soffrì più a lungo.

All’inizio delle ostilità, nel 1914, la Russia zarista manda all’assalto milioni di soldati male armati ed equipaggiati. Comunque rappresentano una forza d’urto notevole che, sia pure a caro prezzo di vite umane, ottiene dei risultati.

Sulle pianure della Galizia, tra l’Ucraina occidentale e la Polonia meridionale di oggi, l’impero Austro-Ungarico non regge e il fronte viene sfondato. Si tratta di una specie di Caporetto nella quale gli austriaci devono ritirarsi di duecento chilometri. Riuscendo poi a creare un fronte di resistenza sulla catena dei monti Carpazi.

Oltre il versante di questa catena montuosa rimangono due importanti piazzeforti in territorio oggi polacco: Cracovia, difesa anche dal capitano Karol Woytila, padre del celebre suo omonimo diventato papa nel 1978, e Przemysl (pronuncia Premìssc).
Quest’ultima viene attaccata dai russi una prima volta nel settembre-ottobre 1914, senza fiaccare la sua resistenza. Dal novembre dello stesso anno viene messa sotto assedio.

Przemysl è una città circondata da un anello difensivo lungo 45 chilometri, che si appoggia a trentasei forti grandi e piccoli. Una linea di difesa interna di 15 chilometri di circonferenza completa il formidabile apparato militare, che può contare su un migliaio di pezzi d’artiglieria, obici e mortai da 150mm, cannoni a tiro rapido da 80 mm e 114 mitragliatrici.

I generali austro-ungarici fanno però un grave errore, ammassando eccessive truppe nella piazzaforte: 65 battaglioni, più 7 squadroni di cavalleria, 4 batterie da campagna, 91 compagnie di artiglierie da fortezza e 8 compagnie di zappatori. In città rimangono 15mila civili.

Questi uomini messi sotto assedio iniziano a trovarsi in ristrettezze, specie alimentari. Durante l’inverno 1914-15 vengono tentate inutili spedizioni di soccorso dal fronte dei Carpazi. Altrettanto non hanno successo gli assediati a rompere la stretta dell’esercito dello Zar.

SOPRAVVISSUTO 8 ANNI SOTTO LE MACERIE

Dopo aver finito i viveri ed essersi mangiati i 21mila cavalli disponibili, per ordine del loro generale, Kusmanek, vengono minati i forti facendoli saltare in aria con le artiglierie. Il giorno dopo, 22 marzo 1915, si arrendono 117mila soldati, 2593 ufficiali e 8 generali austro-ungarici. Tra questi sono numerosi i trentini, triestini, istriani e dalmati di lingua italiana.

Condotti nella Russia orientale, vengono fatti prigionieri fino allo scoppio della Rivoluzione bolscevica. Quindi, creando gruppi militari autonomi, si fanno largo nella Russia in guerra civile tra rivoluzionari e zaristi, finendo con la ferrovia transiberiana ai porti russi sull’oceano Pacifico.

La resa di Przemysl viene poco ricordata tra le battaglie della Prima guerra mondiale, ma è stata importante perché ha convinto definitivamente i politici e militari italiani a intervenire nel 1915 a fianco di Francia ed Inghilterra.

Dopo una tale sconfitta si spera che l’intervento dell’Italia dia la botta finale e faccia crollare l’Impero austriaco portando alla fine della guerra. Non sarà così: ci vorranno ancora tre anni e mezzo.

Przemysl, riconquistata dai tedeschi nel giugno 1915, non vedrà altre battaglie. Nel novembre 1918 il crollo dell’impero asburgico fanno finire le città di Cracovia e Przemysl all’interno dei confini della nuova repubblica di Polonia.

Nel dopoguerra le industrie siderurgiche dell’alta Slesia riprendono le attività, e per la loro produzione necessitano materie prime. Nei forti distrutti le artiglierie fuori uso sono una buona fonte di metalli, e le imprese di recupero iniziano lo smantellamento delle fortezze.

Nel 1923, in uno dei forti esterni nelle difese di Przemysl, il San Rideau, gli operai tolgono le macerie e smontano una porta chiusa di ferro. Entrano in un locale dove trovano un’inaspettata e incredibile sorpresa: un essere umano ancora vivo benché scheletrico, seminudo, coperto da lunghissimi capelli e barba, incapace di parlare se non a grugniti.

Chi sia questo sopravvissuto non si saprà mai, salvo che si tratta di un russo. Portato in ospedale, muore il giorno dopo per lo stress di trovarsi alla luce del sole e all’aria aperta, dopo otto anni trascorsi al chiuso e al buio. Viene rinvenuto un quaderno dove ha scritto il suo diario sotto la luce fioca delle candele, finché sono durate.

Si legge che lui e un altro ufficiale russo erano stati presi prigionieri e rinchiusi nella dispensa del forte. Quando il forte è stato minato sono stati dimenticati lì dentro. Impossibile uscire per il crollo delle mura oltre le uscite.
Per fortuna nella dispensa erano ammassati parecchi viveri, c’era un pozzo di acqua corrente e l’aria entrava attraverso alcuni sfiatatoi. Possibile, quindi, una stentata sopravvivenza.

I due disgraziati attesero a lungo di essere ritrovati. A un certo punto, uno dei due, il capitano Alexiei Novikov, si suicidò tagliandosi la gola. Il suo compagno di disgrazia sopravvisse da solo, forse mangiando anche il cadavere del suo commilitone.
Il sopravvissuto verrà liberato dopo quegli eterni anni nelle tenebre per morire subito dopo.

Tra tutte le terribili vicende possibili in una guerra questa ha veramente dell’incredibile, tanto che si pensa sia una leggenda locale.
In ogni caso, le memorie e i cimeli del durissimo assedio sono conservati nel Museum Twierdzy Przemysl (“Museo della piazzaforte”).

A proposito di prigionieri. In una piazza di Przemysl è stata eretta la statua del personaggio umoristico del Buon soldato Svejk, milite slavo un po’ tonto e un po’ furbo, costretto a combattere nella Grande guerra per l’imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo.
Un personaggio creato dallo scrittore ceco Jaroslav Hasek (1883-1923), che nel 1915 fu lui stesso prigioniero dei russi.

 

 

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