IL PARATESTO: TUTTO QUELLO CHE C’È INTORNO AI FUMETTI

Il paratesto nei fumetti

Di cosa parliamo quando parliamo di fumetti?

Di un’opera artistica, certamente, ma se diciamo di aver acquistato, letto, o apprezzato “un fumetto”, il termine mantiene un margine di ambiguità, perché si può riferire alla storia o al prodotto editoriale.

“Comprare” un fumetto in edicola significa acquistare un oggetto materiale che può essere chiamato in modi differenti (albo, giornalino…) e che non contiene solo storie a fumetti, ma anche pagine di pubblicità, articoli redazionali e così via.

Anche in un graphic novel in libreria, un prodotto che ha la forma editoriale del libro, c’è spazio per altro, per esempio, l’elenco degli altri titoli della collana.

Nel mondo dell’editoria tradizionale si usa il termine paratesto per indicare l’insieme di elementi che arricchiscono il prodotto editoriale, rappresentando un di più rispetto al testo letterario. In questa nozione si fanno rientrare la grafica di copertina, i risvolti (se vi sono), le fascette con gli strilli pubblicitari, la prefazione…

La nozione di paratesto può essere adattata anche al fumetto, con la sola differenza che, in questo campo, gli studi e le ricerche sono più timidi ed esitanti.

La critica ha studiato il linguaggio dei fumetti interessandosi degli autori, ai personaggi e al contesto sociale (fumetto come arte, come linguaggio, come specchio della società), meno ai formati editoriali (fumetto come prodotto).
Certamente pochi tra gli appassionati ignorano che Flash Gordon nacque come tavola domenicale sui giornali quotidiani, o che le riviste italiane come Linus ed Eureka tennero a battesimo il fumetto “d’autore”. Ma basta scorrere una qualsiasi enciclopedia del fumetto per notare che spesso si parla di un personaggio senza specificare in quale “forma” ha vissuto la sua vita editoriale.

Eppure a volte il formato è parte integrante della fortuna artistica di una serie. In interviste e articoli, Sergio Bonelli ha parlato spesso dell’abbandono del formato a striscia come momento di svolta nella vita di Tex: l’illustre sceneggiatore ed editore spiegava che, con la costoletta bianca e il titolo ben stampato, gli albi erano diventati un prodotto di qualità, che non ci si vergognava di collocare sugli scaffali di casa propria, magari accanto a libri di tipo tradizionale (il nuovo formato bonelliano apparve alla fine degli anni cinquanta e un decennio dopo quello più “povero” a striscia venne chiuso perché perse lettori a causa della maggiore disponibilità economica dovuta al boom economico – NdR).

Dalla scelta editoriale deriva la quantità di paratesti disponibili.

Lo studio di questi materiali non è solo una curiosità da fan maniacali, sebbene non manchino coloro che, tra i collezionisti di Tex, esaminino il prezzo di copertina o la registrazione del Tribunale per stabilire se si tratti di una prima edizione o di una ristampa.

Il paratesto è invece una fonte di notizie storiche, che può aggiungere un ulteriore piacere di lettura rispetto al godimento del fumetto vero e proprio.


Topolino
formato libretto, per esempio, con il tempo ha cambiato completamente le sue caratteristiche. Per limitare l’attenzione agli ultimi 40 anni, il n. 1130 del luglio 1977 presentava 164 pagine, di cui 95 di fumetti (copertina inclusa), 30 di pubblicità, 30 di rubriche redazionali, il resto di giochi, barzellette e pagine di servizio. Di contro il n. 3218, del luglio 2017, a parità di pagine complessive, ne presenta 125 di fumetti, 12 di pubblicità, 22 di redazionali.

Salta subito agli occhi l’enorme riduzione della pubblicità, il che può sembrare un vantaggio per i lettori “puristi” ma che, per la riduzione degli introiti, porta l’editore ad aumentare il prezzo di copertina. Inoltre le pubblicità apparse su Topolino sono un pezzo di storia: esistono siti internet che le raccolgono; vengono collezionate da appassionati di vintage. Solo attraverso le pagine pubblicitarie poterono apparire sul settimanale disegnatori non disneyani quali Jacovitti o Crepax, e personaggi come Tarzan, i Peanuts, Asterix, supereroi Marvel e Dc.


I redazionali, poi, sono una miniera di sorprese. Nella rubrica “I grandi amici di Topolino” comparvero non solo beniamini dei giovani, come l’attore Bud Spencer o tanti campioni dello sport, ma anche pezzi grossi della cultura come Eduardo De Filippo o Giuseppe Ungaretti. Singoli numeri di Topolino vengono proposti oggi su Ebay puntando non sulle storie a fumetti ma sulle rubriche, per intercettare l’interesse storico o collezionistico dei fan di questa o quella personalità.


Anche una rubrica convenzionale come quella tenuta da Salvator Gotta (autore della canzone fascista “Giovinezza” e di romanzi per ragazzi) rivela sorprese inaspettate: sul n. 974 del 1974, la risposta entusiastica del vecchio scrittore a un lettore che chiedeva notizie sull’allora relativamente poco conosciuto Fabrizio De André, è ricercatissima dagli ammiratori del cantautore genovese.

Nonostante ciò, manca una schedatura integrale di questo materiale, che svelerebbe molte sorprese. Comunque si può concludere che grazie al paratesto, nuovi motivi di interesse attirano studiosi, collezionisti e appassionati, ai quali, paradossalmente, delle storie a fumetti potrebbe interessare poco e niente. Un curioso contrappasso, considerando che per anni la maggior parte dei ragazzi ha snobbato questo materiale, buttandosi a pesce sulle sole pagine fumettate (ci sarà un motivo – NdR).

Anche lo studio delle pubblicità rivela informazioni utili sulle testate a fumetti, soprattutto se si considera che le agenzie pubblicitarie conoscono bene il loro mestiere. Dal target della pubblicità possiamo capire quale fosse il pubblico cui l’editore si rivolgeva.

Ci si può chiedere, per esempio, come mai la quarta di copertina dei primi tre numeri della rivista Eureka, con la quale l’Editoriale Corno sfidò Linus nel 1968, recasse la pubblicità di un noto whisky, mai più apparsa in seguito. Un tentativo di rivolgersi a un pubblico veramente adulto? (A volte i primi numeri delle riviste regalano pagine agli inserzionisti di prodotti di prestigio nella speranza di attirare marchi simili – NdR).


Sugli albi dei supereroi Marvel dello stesso editore campeggiavano pubblicità assurde della ditta Same, che proponeva rivoltelle giocattolo e improbabili occhiali a raggi X. Difficile prendere sul serio quei supereroi, o illudersi che in fondo le storie avessero anche un piano di lettura più adulto, quando quelle pubblicità sembravano considerare il fruitore degli albi come poco più di un demente. D’altra parte quei prodotti assurdi vennero pubblicizzati per decenni soprattutto sulle testate a fumetti più vendute, come Il Monello e Intrepido.


Invece in certi comic book americani degli anni cinquanta e sessanta campeggiavano pubblicità di pillole contro l’enuresi, suggerendo l’idea che il target di certi albi a fumetti fossero bimbetti mal cresciuti, ancora incapaci di passare una notte senza bagnare il letto.


Insomma, anche la pubblicità rientra nel paratesto, sia quando si riferisce ad altre testate dello stesso editore, sia quando presenta i prodotti più disparati.

Se finora abbiamo parlato del paratesto in pubblicazioni a fumetti, occorre aggiungere che i fumetti possono diventare a loro volta paratesto di altri prodotti editoriali. Esistono e sono esistiti libri e periodici nei quali i fumetti costituiscono un complemento, una sorta di arricchimento del già variegato menù editoriale.


Qualcuno ricorderà che Urania, storica testata periodica di romanzi di fantascienza che ancora oggi compare in edicola, ha ospitato a lungo strisce umoristiche di complemento come B.C. di Johnny Hart (in seguito a lungo apparso su Linus) o Il Laureato di Luca Novelli. Costituiscono fumetti in senso tecnico anche quelli che compaiono a corredo di riviste di enigmistica e periodici di varia natura, sebbene spesso gli autori di questi prodotti godano di minore considerazione.

 

© 2019 Francesco Lentano

1 commento

  1. sante (ma direi sacre) parole; estendendo, il paratesto è anche il font usato nei libri o la differenza nell’uso degli accenti (sempre gravi sulla u tranne che nei libri Einaudi, per dirne una) e una infinità di altri dettagli invisibili al lettore ma che allo stesso tempo ne condizionano positivamente o negativamente la lettura; l’assenza di paratesto è uno dei motivi per cui i fumetti non potranno mai essere goduti su un tablet;
    curiosamente, il paratesto è molto più visibile da piccoli, quando si notano dettagli che l’adulto, più concentrato frettolosamente sui contenuti, non nota; non faccio esempi, ma pensateci: di certo vi verranno in mente minuscoli e tutto sommato di per sé irrilevanti dettagli grafici dei fumetti e dei libri che leggevate da bambini e ragazzi;

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