ZAZIE NEL METRÓ, DA QUENEAU A MALLE

ZAZIE NEL METRÓ, DA QUENEAU A MALLE

Il film Zazie nel metró, del 1960, è tratto dall’omonimo romanzo di Raymond Queneau, autore molto in voga in quegli anni.

La trama, come in tutti gli scritti di Queneau, è semplice e non particolarmente avvincente: un’impertinente e sveglia bambina di dieci anni viene accompagnata a Parigi dalla madre (la quale ha un appuntamento galante con il proprio amante) e affidata a una stramba coppia di zii: lui, in particolare, è un originale pazzoide elegantone, che di notte lavora in un locale notturno vestendo i panni di una drag queen ante litteram.

ZAZIE NEL METRÓ, DA QUENEAU A MALLE

Sfuggita alla custodia degli zii, Zazie tenterà per tutta la durata del film di viaggiare sulla metropolitana parigina, senza peraltro riuscirvi a causa di uno sciopero, e nel suo peregrinare per i quartieri popolari della capitale, la bambina farà strani incontri, incapperà in ambigui personaggi e si troverà in bizzarre situazioni.
Paradossalmente, quando alla fine del racconto Zazie prenderà l’agognato metró, nemmeno se ne accorgerà, stanca e stremata per l’ininterrotto girovagare.

Raymond Queneau non è nuovo, come già detto, a questa sorta di “scarnificazione” delle storie narrate, convinto com’è che più del “cosa” è importante il “come” si racconta.

ZAZIE NEL METRÓ, DA QUENEAU A MALLE

Già nel suo capolavoro Esercizi di stile, magistralmente tradotto in Italia da Umberto Eco, Queneau descrive un banalissimo episodio occorsogli (l’incontro con un tizio vestito in modo particolare, notato su un autobus  e nuovamente incrociato qualche ora dopo nei pressi della Gare Saint-Lazare) e lo fa in novantanove modi diversi.
L’autore snocciola, come fossero grani di un rosario letterario, novantanove variazioni sul tema per scrivere di un “fatterello” insignificante, che in sé non contiene alcun apparente motivo d’interesse per il lettore.

In Zazie nel metró, Queneau fa la medesima operazione, seppur passando dal racconto breve, ripetuto, al romanzo. È il linguaggio che conta, l’espressione verbale dei personaggi, il ritmo dell’argot, l’uso schizoide del fonema.

Un plauso va dunque tributato al visionario regista Louis Malle, non tanto per essere riuscito nella difficile impresa di girare un film apparentemente impossibile, quanto per aver addirittura pensato, prima, di poterlo realizzare.

ZAZIE NEL METRÓ, DA QUENEAU A MALLE

Per portare a termine l’arduo compito verranno messe in atto tutte le diavolerie possibili all’epoca conosciute, antesignane dei moderni effetti speciali: montaggio con sequenze di scene ripetute, utilizzo di fumetti, accelerazioni e rallentamenti della velocità della pellicola. Il tutto a scandire il gironzolare di una moderna Cappuccetto Rosso, peraltro null’affatto spaventata e capacissima di sfangarsela da sola anche nella situazione più problematica, in giro per un bosco/Parigi davvero molto poco da cartolina.

Avviso per i cine-naviganti. Zazie nel metró non è un film per tutti: è vietato ai lettori di meno di 18 libri all’anno. Perché quello di Louis Malle è un prodotto letterario bell’e buono. E come tutte le opere che nascono dal genio umano, troverà detrattori e adulatori in egual misura: per alcuni sarà solo un incomprensibile e insulso spreco di pellicola, per altri la lucida e ironica follia di un genio della parola, magicamente prestata a un genio dell’immagine.

 

Giuseppe Ciarallo –  Inkroci

 

Versione a fumetti di Clément Oubrerie

 

 

 

16 commenti

  1. “Il 1960”, riprende Jac,” fu un anno strano, avevo acquistato con i primi stipendi una
    automobile nuova-la prima era stata una”topolino”usata con la quale al sabato e alla
    domenica andavamo al mare; poi nel 1964 comperai anche la casa a Forte dei Marmi
    consigliato da mio cognato architetto. Comunque il 1960 me lo ricordo bene, l’anno
    delle olimpiadi a Roma , del film di Fellini “La dolce vita”, poi mi ricordo di un altro
    film stranissimo, francese , con una bambina che a Parigi scappava di casa….”
    “Zazie nel metrò” faccio io, “un film del regista Louis Malle tratto dall’omonimo
    romanzo di Raymond Queneau”.
    Jacovitti mi guarda sorpreso.”Si, si, mi pare proprio quello, c’era pure Philippe Noiret
    giovanissimo e anche Vittorio Caprioli in una parte un poco strana, anzi se ben ricordo
    interpretava più personaggi contemporaneamente ma tutto il film era piuttosto
    bislacco; io poi lessi anche il libro- a quel tempo ci vedevo ancora bene e leggevo
    moltissimo, un poco di tutto e alla fine finivo per conoscere di tante cose un po’, non
    come Umberto Eco che è un tuttologo. ”.
    “Ehm, ehm” intervengo io per evitare che Jac inizi a parlare a ruota libera uscendo dal
    seminato,” si, Raymond Queneau, l’autore di Zazie nel metrò era a quel tempo uno
    scrittore elitario e con quel romanzo nel 1959 riscosse un successo incredibile( mai
    ripetutosi), ma il film di Malle fu un fiasco colossale, a parte il primo mese di
    proiezione nelle sale parigine)e , tanto che dopo uscì dal circuito e scomparve
    nell’oblio. Ora, dopo decenni, è uscita sul mercato una copia ottimamente restaurata
    alla quale sono stati ridati i vivaci toni del tecnicolor.
    Il film rivisto oggi a distanza di più lustri che fa pensare”
    Jacovitti mi guarda interessato: una versione restaurata?? Ma come l’hai avuta??
    “Beh, me l’ha procurata mio cognato che è un accanito cinefilo, pensa, ha una
    filmoteca che contiene più di quattromila pezzi!!”
    Cade il silenzio sugli astanti, tutti restiamo per un po’ cogitabondi.
    Caprioli?? penso io, ah si l’attore, da non confondersi con il quasi omonimo Franco.
    Jacovitti intuisce al volo: Fulvia Caprioli ti ha strigliato per le domande che ti sei ed hai
    posto a proposito del disegnatore in questione??
    “Ma” bisbiglio,” sai per quella faccenda dello stile del disegno che nel 1958 passò
    inopinatamente dal puntinato al tratteggio…”
    Jac si fa serio: e beh, l’AVE esportava da decenni le nostre tavole di fumetti all’estero
    senza pagarci una lira e perdipiù quando dalla Francia arrivò la richiesta di tavole dal
    disegno meno elaborato e senza le sottigliezze che il grande Caprioli metteva in opera
    con infinita pazienza, qualcuno della direzione e/o dell’amministrazione ebbe la
    sfrontatezza di intimare a Caprioli di usare solo il tratteggio; poveretto, doveva pur
    campare e dovette sottostare a quella richiesta”.
    Wolinsky che ha ascoltato tutto in silenzio prende la parola: che ingiustizia, vittima
    della miopia culturale di qualche testa di legno. Mah, erano tempi grami.
    Sospira il disegnatore francese( direttore anche del mensile “Charlie”)e con tono
    accorato prosegue: invece con questo romanzo di Zazie , demistificante, beffardo e
    surreale, Queneau ebbe proprio in quegli stessi anni un grandissimo successo: il solo
    best seller di tutta la sua vita di scrittore .
    Le stesse cose che ho appena detto io, penso.
    “Il romanzo in questione ha avuto di recente una edizione illustratissima, hai
    presente??”
    “No”faccio io,” mi pare che –come al solito- in Italia non sia mai arrivata. Ne avevo
    sentito parlare da Jean-Paul Rappaneau”, il dialogista del film in questione, nell’ambito
    di un breve video allegato alla nuova versione del film stesso”.
    Guardo Jacovitti che sta maneggiando il mazzo di carte: una domanda mi prude sulle
    labbra.
    “Ma come mai poi passasti nel 1968 alla Rizzoli, se al “Giorno” ti pagavano così
    bene?”
    “Ahh” fa Jacovitti,” nel 1968 il “Giorno” era in crisi, problemi non solo economici,così
    accettai lo stipendio della concorrenza e iniziai le storie per “Il Corriere dei Piccoli” e
    le tavole per la “Domenica del Corriere”.
    Lascio Jacovitti pensoso e Wolinsky che mi guarda con espressione indecifrabile.
    Decido di andarmene .
    Georges e Lisca di pesce hanno ripreso a giocare a carte e non si accorgono nemmeno
    che me ne vado.
    Sospiro, ho finito di raccontare.
    Renato Ciavola non ha resistito e dorme beatamente con un vago sorriso sulle labbra.
    Gallinoni è uscito per un imprescindibile impegno ( un rendez-vous con una vecchia
    fiamma?) , Pazzi e giù nelle cantine con Vito per assaggiare la famosa annata 1981 di
    un “secco”dell’Alvernia”.
    Ho deciso di non ritornare in rue Suger e attacco il terzo piatto di trippa annaffiato dal
    Veuve Clicquot generosamente offerto (spero) dagli Amici del Vitt..
    A voi cari lettori l’ingrato ma stimolante (me lo auguro) compito di separare il grano
    dal loglio.
    Postfazione
    Con Zazie nel metrò
    Il freddo vento di tramontana non mi dà tregua.
    Il metrò, non resta altro da fare che immergersi di nuovo
    nelle viscere della terra: il mostro, ormai tutto
    automatizzato, corre velocemente nel sottosuolo e ormai
    dovrei essere quasi arrivato.
    Mah, non mi raccapezzo più, ma dove mi trovo?
    Guardo il grafico che schematicamente mi presenta il
    percorso di andata e ritorno di questo treno: perbacco,
    mi dice che inopinatamente sono sulla linea 12 e non
    sulla 6 come credevo!
    Dunque, facciamo mente locale: scenderò fra due
    fermate a “Pasteur”, poi vedrò il da farsi.
    Una ragazzina seduta di fronte a me mi guarda
    sorridendo, ha in mano un paio di albi a fumetti di grande formato .
    Riesco a sbirciare: accipicchia uno è l’edizione francese di “Pippo nel castello di
    Rococò”, l’altro l’introvabile “Cucu” a colori del 1943.
    “Sei Prospero?” mi chiede la bimba con voce speranzosa: la osservo bene, avrà più o
    meno dieci/dodici anni, occhi e capelli scuri con la frangetta, maglione rosso e blue
    jeans, ai suoi piedi sta accoccolato un bel gattone tutto nero con una
    macchia bianca sotto il collo.
    “No, mi spiace non sono Prospero, bensì Tomaso Prospero, una sottigliezza semantica della quale tenere conto! ma tu che fai, viaggi sola sulla metropolitana, di chi è quel bel micio”
    Sospira rassegnata la ragazzina: eppure mi sembrava….io mi chiamo Zazie e vivo nel
    Metrò e il gatto si chiama Gris-gris ed è di Chloe, una mia seconda cugina: l’ho trovato
    in casa nascosto dietro il frigo, mentre quella mezza scema lo sta cercando per tutto il
    quartiere della Bastiglia.
    “ Ma che stai dicendo, stai mescolando il grano con il loglio! Zazie nel metrò è un
    romanzo di Raymond Queneau scritto nel 1959, un grottesco/surreale che sarebbe
    piaciuto – e forse piacque – al grande Jacovitti, un disegnatore che non penso tu possa
    conoscere .
    Se ne fece anche un film, 50 anni fa, un divertissement del regista Louis Malle con
    interprete principale una bimba di nome Chaterine Demongeot”.
    “ Chaterine la vacca! (mon cul! nella versione originale francese) non sono io quella”,
    esclama corrucciata la presunta Zazie.
    Mi guarda seriamente e dice: ti piacerebbe avere anche tu 12 anni , non invecchiare
    mai e passare tutto il tempo nel metrò’?”
    Io sto allo scherzo: già, ma che vita sarebbe sempre chiusi qui sotto notte e giorno,
    mese dopo mese. Una cosa da incubo.
    “No, no,” fa Zazie, “il metrò esce anche all’aperto, corre in alto e si può vedere tutta la
    città, ci si può fermare in superficie e girare all’interno delle stazioni; ci sono ristoranti,
    negozi , librerie, bagni pubblici e persino sale cinematografiche, non è poi così male.
    Io ieri, a proposito di film, ho visto”Ognuno cerca il suo gatto”, molto carino, con
    quella rimbambita di mia cugina Chloé, che fa la parte dell’oca giuliva!
    Devo anche incontrare mio zio Gabriel, un vero arcangelo,
    che di mestiere fa la ballerina gitana, poi insieme dovremo
    andare dal un altro zio che ha una bella casa su dalle parti di
    Porte des Lilas; non so se lo conosci, si chiama Cédric
    Klapisch, di professione regista, lavora nel cinema! Hai capito?”
    Io sono preoccupato per il discorso un poco sboccato e
    sconclusionato della bambina. ”Ma come ti chiami
    veramente, su dimmi la verità”.
    “Sono Zazie e questa è la prima volta che viaggio con il
    metrò”.
    Io penso che l’unica cosa sensata da fare sia cercare un
    controllore, qualcuno che lavori qui sotto , oppure un
    poliziotto e consegnarli la bambina che – secondo me- si è
    smarrita.
    Accidenti , mi sono distratto e ho saltato la fermata “Pasteur”, che fare adesso?
    Zazie mi guarda e comprende: ti sei sperduto, hai sbagliato treno, dove devi andare??
    Sai, c’è anche un altro mio zio, Noiret, che lavora di notte nei cabarets, potremmo
    andare da lui che vive a Montmartre, dalle parti del Mercato delle pulci, lui conosce
    bene Parigi!”
    Penso che la faccenda si stia ingarbugliando.
    “Guarda Zazie, scendiamo alla prossima fermata e poi chiederemo aiuto a qualche
    addetto ai lavori”. Il treno si arresta e io scendo velocemente: accipicchia sono a
    Jussieu, sulla linea 7!
    Mi guardo intorno, Zazie non c’è. È rimasta sul metrò che ormai è scomparso nella
    galleria. Che faccio?
    Non mi resta che salire in superficie
    La ragazzina mi ha lasciato una grossa busta nella quale, io presumo, siano contenuti
    gli albi da me precedentemente intravisti.
    ”La devi consegnare a Jacovitti- che io conosco benissimo- che è vivo e vegeto”, mi ha
    detto con un sorriso innocente, “io posso mandarti in qualsiasi luogo e in qualsiasi
    tempo”, ha aggiunto seriamente.
    Una situazione metafisica, surreale, un sogno ad occhi aperti, una questione di farfalle
    e di filosofi ( o viceversa)??
    La voce mi giunge all’improvviso da lontano, se non mi sbaglio è Zazie che parla!! Ma dove si è rintanata??” Si, è nel giusto Santinuzzo, mi comunica Zazie, il pezzo proibito era intitolato “Ali Baba”, confusione mnemonica ha voluto si sia trasformato in Baba Yaga! Eeeeh, l’età….
    Credo che se Leonardo è in “ascolto”, possa riportare alla luce il post nel quale si scrisse ( lui scrisse) di Topor ecc.Comunque…”: Zazie si è avvicinata e mi scruta con estrema curiosità!1 :” Ah, tu saresti Tomaso Prospero, conossciuto per vivere nascostamente qui a Parigi rintanato a Montmartre dove vivaccia facendo ritratti e caricature ai turisti di bocca buona! ” .
    Già, penso io, vivo liberamente o quasi mia cara Zazie, questa vita e la sua tipologia mi si addice!!”:
    Zazie che sugge golosamente un gelatoalla fragoloa, inghiotte e mi chiede:” Ma come mai bazzighi Topor. Lui che è mezzo misogeno!!”Io sospiro, dovrò raccontare fatti vissuti. ”: Il francese Roland Topor lo incontrai a Modena 50 (?) anni or sono, in occasione di una mostra a lui dedicata nelle sale del palazzo comunale.
    La cosa che mi stupì era la fretta che Topor aveva: disegnava su grandi fogli di carta in modo forsennato le sue tipiche figure e composizioni in bilico fra il surreale e l’horror splatter, ripetendo cose che io ricordavo di aver già visto in una serie di libri e cataloghi a lui derdicati.
    Era in ritardo per l’inaugurazione della mostra, aveva fretta.
    Rimasi veramente allibito, poiché pensavo, avevo sempre pensato, a lui come ad un artista nel vero senso della parola, senza il demone del denaro a tirargli la giacca.
    Ero un povero illuso.
    Mah? Zazie mi prende per la mano e tirandomi sorride sussurrando:” Dai Prosperaccio, andiamo su a Pigalle, lo zio/a Gabrielle ci aspetta ansiosamente, ti vuole conoscere, ci preparerà la pizza alle olive, birra chiara di contorno!!!”.

  2. “Ehi, Jac” – urlo – “tu che ne pensi??”
    Jacovitti si ferma, smonta dalla bici Bianchi da corsa, ritorna sui suoi passi dirigendosi di nuovo al Bistrot, si risiede e subito il cameriere avventizio Claudio Lestofants lo serve con la mano sinistra, mentre con la destra gli sfila il voluminoso portafoglio dalla tasca posteriore! Zazie che ha visto tutto, colpisce con un calcio agli zigomi il lestofante di fatto e di nome!!Jac ride e rintasca il portafoglio e sorbisce rumorosamente il suo mezzo litro di café au lait e con un sospiro di soddisfazione senza nulla dire ( ma mi fa l’ occhiolino) scruta Zazie che come al solito è imbronciata. Con fiero cipiglio la ragazzina sta osservando la fotocopia di copertina del nuovo albo Bonelli intitolato ” Martin Mystere contro Za-la-Mort- Le nuove avventure a colori- Numero 1, ” Il ritorno all’impossibile” pagine 100 colorate con un computer daltonico, scritte da un gruppo di ben sei scrittori sceneggiatori supervisionati dal fantasma di non so quale castello danese!! Prezzo? beh, a parte quello scontato del primo numero, sarà di euro 4,90 cadauno!!
    “Ma sono pazzi??4,90 euro in tempo di vacche magre! ; 4,90 euro ‘ste palle (mon cul, nell’originale francese)!!”
    Zazie è una bambina ma è aggiornatissima sulla situazione economica e soprattutto segue con interesse l’editoria dei saggi sul fumetto e relative novità editoriali. Io intervengo per calmare la piccola ribelle: “eh, sei quasi peggio di quella baccante che poco fa volteggiava fra le nubi! Zazie, non sei obbligata ad acquistarlo, tanto più che contiene una storia frutto di un bel frullato del già visto Non so tu….. ” Zazie digrigna i dentini: ” ma si, ma si, ormai chi non le conosce quel genere di vecchie storie bacucche!! Sauro Pennach ( di origini bretoni) l‘ ha egregiamente scannerizzate per me”, dice con un sorriseto sornione: è carino Sauruccio!!
    Guardo Zazie in tralice: ” ma vuoi vedere che….”
    Ma la fanciulla non sta zitta un attimo: “invece benissimo per l’articolo da te scritto su l’albo di Walter Faccini (Attraverso l’equatore, seguito da “Il leone bianco” ), ospitato su due numeri di “Vitt & Dintorni” e che costituisce il recupero di due pezzi introvabili, farà probabilmente la felicità di Leonardo Gori, ammesso che l’ormai noto scrittore di gialli e del recentissimo “Eccetto Topolino”, abbia il tempo per vederlo, visti i suoi numerosissimi impegni”. Ma Tiziana D’Amico ne sarà a conoscenza, se si come mai non sono stato incenerito dai suoi strali o eviscerato dai suoi artigli??
    Zazie che mi ha letto nel pensiero ride di gusto:” Tiziana “mon cul”, grida ai quatro venti qui su questo cucuzzolo parigino della “Butte aux cailles”, dove le quaglie sono state messe allo spiedo già al finire del 1800. Mamma mia, penso io ad alta voce, ma questa pulzella in erba oltre ad essere aggiornatissima possiede poteri telepatici! Chissà mai come avrà fatto Raymond Queneau a gestirla?? E il regista… chi era mai, Louis Malle??!
    Zazie che ha sempre l’orecchio ben aperto nonostante il suo impegno a ingurgitare le pizzette dopo le numerose brioches, bofonchia a bocca mezza piena: “so tutto di quegli albi, ma non ho idea di chi fosse mai questo Facchini. Uno di quelli che alla stazione porta i bagagli?”. Poi ride beffardamente alzando ignominiosamente in alto il dito indice ben teso.
    Beh, poveretta – penso io rivedendo al ribasso le mie precedenti valutazioni su di lei – ha solo undici anni e certamente non ha avuto modo di avere fra le mani gli albi del “Vittorioso” serie ROMA risalenti al lontanissimo 1942. “Tiziana baccantuccia mia, tu che ne pensi??
    “Zazie intuisce i miei pensieri e sorbendosi la bocca con la mano impasticciata( o impastricciata, scegliete voi!) di crema mi sbircia con evidente compatimento: “Tomaso mio bello, tu sei un gran casinista ed un illuso , la tua Tizianuccia si fa beffe di te approfittando del fatto che sei tardo di cervello e rimbambito dalla tarda età, che se non sbaglio si conta ormai sui gli 85 ; ricordo tutte le fanfaluche che hai scritto sul rapporto Dubout /Jacovitti/ Topor, quindi prima di criticarmi pensa al trave che hai nell’occhio”.
    Ohè, promette bene questa ragazzina!!
    Ma alla sua età, ( 11 anni) chissà com’era Tiziana. Faccio i conti : nel 1973?? “Su “Il Corriere dei Ragazzi” che lei leggeva, Jacovitti impazzava con Jac Mandolino e compagnia bella!! Storie brevi ma effervescenti!! Prò le storie dei decenni 1940 e 1950 erano un’altra cosa, ovviamente, direte voi miei centomila followers! I milioni di lettori di “Vitt& Dintorni” ruggiscono come belve assetate di sangue!! Ma, ma, che volete, tornate allo zoo che il capo domatore Vito Mastrorocco vi accarezzerà il fondo della schiena con lo scudiscio di ordinanza!! Il ruggito generale sale di tono! Io sudo freddo”
    :Pietà, pietà, ci sono anche i soliti errori di battitura!! Che ne sarà di me?? NON mi mandate al Ricovero comunale, pietà, pietà!!”; Vito non si vede, è al bistrot con Pazzi a mangiare braciole di Alpaca peruviana e bere Bonarda nostrana!! Castelli invece dorme ronfando della grossa! Ma per tacitare le belve inferocite, che cosa vi propongo!!Ecco che cosa scrive Castelli a proposito del nuovo Martin Mystere a Colori:”Il Buon Giovane Zio Marty
    Il progetto per Martin Mystère NAC (“Nuove Avventure a Colori”) è nato un paio di anni fa, quando era stata ventilata la possibilità di una serie televisiva dal vivo con le avventure del Detective dell’Impossibile interpretato dal latin lover Frenk der Ragnibus: “le trasposizioni tra un mezzo narrativo e l’altro impongono sempre cambiamenti, così provai a immaginare cosa avrei fatto io. Come prima cosa avrei ringiovanito Martin (che nel fumetto “classico” ha superato la settantina) per non trasformare la serie in una sitcom tipo “Villa arzilla”. Pur se con dispiacere, avrei eliminato Java, perché in un film realistico un uomo che si esprime ringhiando rischia di essere ridicolo. Avrei ambientato le vicende in Italia, un setting che ritengo ideale e che, oltretutto, avrebbe ridotto i costi di produzione. Ultimo, ma non certo per importanza, avrei svecchiato il ritmo della sceneggiatura, privilegiando sequenze brevi e incalzanti. Dei telefilm non si fece niente, ma mi rimase la voglia di scoprire come sarebbe stato Martin Mystère se fosse stato ideato oggi anziché nel 1982, così proposi di realizzarne una versione a fumetti, e Davide Bonelli accettò coraggiosamente di correre il rischio. Per la prima volta nella storia della Casa editrice, il “romanzo” non fu scritto da autori singoli, ma da “I Mysteriani”, pseudonimo per un gruppo di sceneggiatori (Andrea Artusi, Diego Cajelli, Giovanni Gualdoni, Ivo Lombardo, Enrico Lotti, Andrea Voglino) coordinati da Giovanni Gualdoni e da me supervisionati con molta discrezione. Per quanto riguarda i disegnatori, presto scoprirete che non sono quelli della serie “classica”, ma autori nuovi o che vi hanno collaborato di rado. Questo per la stessa ragione per cui non ho voluto scrivere io i testi: dopo tanti anni sarei (saremmo) ricaduto/i inevitabilmente nei consueti modismi narrativi e grafici, rischiando di produrre un clone ringiovanito a forza, con la pelle tirata e le labbra a canotto. A tutti, una buona e giovanile lettura, se ne avete voglia però si può continuare !”
    “Il 1960”, riprende Jac che intanto ha domato le belve a suon di colpi di mannaia!: ”fu un anno strano, avevo acquistato con i primi stipendi una automobile nuova-la prima era stata una”topolino”usata con la quale al sabato e alla domenica in famiglia andavamo al mare; poi nel 1964 comperai anche la casa a Forte dei Marmi, consigliato da mio cognato architetto. Comunque il 1960 me lo ricordo bene, l’anno
    delle olimpiadi a Roma , del film di Fellini “La dolce vita”, poi mi ricordo di un altro
    film stranissimo, francese , con una bambina che a Parigi scappava di casa….”
    “Zazie nel metrò” faccio io, “un film del regista Louis Malle tratto dall’omonimo
    romanzo di Raymond Queneau”.
    Jacovitti mi guarda sorpreso.”Si, si, mi pare proprio quello, c’era pure Philippe Noiret
    giovanissimo e anche Vittorio Caprioli in una parte un poco strana, anzi se ben ricordo
    interpretava più personaggi contemporaneamente ma tutto il film era piuttosto
    bislacco; io poi lessi anche il libro- a quel tempo ci vedevo ancora bene e leggevo
    moltissimo, un poco di tutto e alla fine finivo per conoscere di tante cose un po’, non
    come Umberto Eco che è un tuttologo. ”.
    “Ehm, ehm” intervengo io per evitare che Jac inizi a parlare a ruota libera uscendo dal
    seminato,” si, Raymond Queneau, l’autore di Zazie nel metrò era a quel tempo uno
    scrittore elitario e con quel romanzo nel 1959 riscosse un successo incredibile( mai
    ripetutosi), ma il film di Malle fu un fiasco colossale, a parte il primo mese di
    proiezione nelle sale parigine)e , tanto che dopo uscì dal circuito e scomparve
    nell’oblio. Ora, dopo decenni, è uscita sul mercato una copia ottimamente restaurata
    alla quale sono stati ridati i vivaci toni del tecnicolor.
    Il film rivisto oggi a distanza di più lustri che fa pensare”
    Jacovitti mi guarda interessato: una versione restaurata?? Ma come l’hai avuta??
    “Beh, me l’ha procurata mio cognato che è un accanito cinefilo, pensa, ha una
    filmoteca che contiene più di quattromila pezzi!!”
    Cade il silenzio sugli astanti, tutti restiamo per un po’ cogitabondi.
    Caprioli?? penso io, ah si l’attore, da non confondersi con il quasi omonimo Franco.
    Jacovitti intuisce al volo: Fulvia Caprioli ti ha strigliato per le domande che ti sei ed hai
    posto a proposito del disegnatore in questione??
    “Ma” bisbiglio,” sai per quella faccenda dello stile del disegno che nel 1958 passò
    inopinatamente dal puntinato al tratteggio…”
    Jac si fa serio: e beh, l’AVE esportava da decenni le nostre tavole di fumetti all’estero
    senza pagarci una lira e perdipiù quando dalla Francia arrivò la richiesta di tavole dal
    disegno meno elaborato e senza le sottigliezze che il grande Caprioli metteva in opera
    con infinita pazienza, qualcuno della direzione e/o dell’amministrazione ebbe la
    sfrontatezza di intimare a Caprioli di usare solo il tratteggio; poveretto, doveva pur
    campare e dovette sottostare a quella richiesta”.
    Wolinsky che ha ascoltato tutto in silenzio prende la parola: che ingiustizia, vittima
    della miopia culturale di qualche testa di legno. Mah, erano tempi grami.
    Sospira il disegnatore francese( direttore anche del mensile “Charlie”)e con tono
    accorato prosegue: invece con questo romanzo di Zazie , demistificante, beffardo e
    surreale, Queneau ebbe proprio in quegli stessi anni un grandissimo successo: il solo
    best seller di tutta la sua vita di scrittore .
    Le stesse cose che ho appena detto io, penso.
    “Il romanzo in questione ha avuto di recente una edizione illustratissima, hai
    presente??”
    “No”faccio io,” mi pare che –come al solito- in Italia non sia mai arrivata. Ne avevo
    sentito parlare da Jean-Paul Rappaneau”, il dialogista del film in questione, nell’ambito
    di un breve video allegato alla nuova versione del film stesso”.
    Guardo Jacovitti che sta maneggiando il mazzo di carte: una domanda mi prude sulle
    labbra.
    “Ma come mai poi passasti nel 1968 alla Rizzoli, se al “Giorno” ti pagavano così
    bene?”
    “Ahh” fa Jacovitti,” nel 1968 il “Giorno” era in crisi, problemi non solo economici,così
    accettai lo stipendio della concorrenza e iniziai le storie per “Il Corriere dei Piccoli” e
    le tavole per la “Domenica del Corriere”.
    Lascio Jacovitti pensoso e Wolinsky che mi guarda con espressione indecifrabile.
    Decido di andarmene .
    Georges e Lisca di pesce hanno ripreso a giocare a carte e non si accorgono nemmeno
    che me ne vado.
    Sospiro, ho finito di raccontare.
    Renato Ciavola non ha resistito e dorme beatamente con un vago sorriso sulle labbra.
    Gallinoni è uscito per un imprescindibile impegno ( un rendez-vous con una vecchia
    fiamma?) , Pazzi e giù nelle cantine con Vito per assaggiare la famosa annata 1981 dell’acqua delle famose fontanelle parigine!

  3. Incroci chi mai in realtà sarà?? Se si trattasse di Incrocio, beh, singolare maschile!!! potrei anche immaginarlo, ma questo anonimo plurale mi spiazza, quindi deviò per la mia srada delle casualità!Nessuna descrizione della foto disponibile, altrimenti mi sarei fatto una idea!!

    Già, il saggio di Gitta Sereny l’ho letto in italiano due volte nell’arco degli ultimi 20 anni: una lettura di grande impegno, non solo per la consistenza numerica delle pagine -750 – ma anche per la mole di tali dati e riflessioni spesso scritti non in conseguente ordine cronologico. Guardo Roland Topor che di queste cose non si interessa e spesso interrogato a proposito ha dichiarato che non nutre odio, lui ebreo e perseguitato in tempo di guerra, verso i criminali nazisti. Ora poi non mi pare in vena di ciance per la faccenda della seconda edizione tedesca di “Pinocchio” illustrata da lui in un momento di giramento di zebedei e gli chiedo: «Mi accompagni in Boulevard de l’Hospital dove devo incontrare la giornalista Gitta Sereny per una intervista su “#Jacovitti e #Hitler/Flitt”???»

    Topor mi guarda come se fossi un alieno: «Ma è la giornalista/storica Sereny che ti deve intervistare, o il contrario???» Io vorrei tergiversare perché tutta la faccenda non è chiara neppure al sottoscritto, però è un argomento che non posso eludere del tutto, quindi ecco alcune parole a mio parere significative: un improbabile aspirante jacovittomane, mi guarda supplichevole e chiede: «Ma Jacovitti, nel mese di marzo 1945, e precisamente il giorno 31, si trovava a Roma per partecipare insieme a Zaccaria Negroni, Dino Bertolotti, Natale Bertocco, Alberto Perrini e altri ancora, a una riunione per definire come e cosa pubblicare nel futuro giornale cattolico dedicato agli universitari che avrebbe dovuto intitolarsi Tavola Rotonda?». A questo ipotetico curioso rispondo: certo, lo so perché io pure ero presente in transfert, anche se vivevo a Carpi (Modena) e avevo otto anni. Ti posso dire anche che in quello stesso giorno nel periodico “Gioventù Nova” si poteva leggere quanto segue: «Lettori e collaboratori, come i cavalieri di Artù, dove ognuno avrà l’impressione di svolgere il ruolo di capotavola. Una voce libera quindi, che esaminerà con giovanile freschezza, non disgiunta da un profondo impegno morale, tutti gli aspetti della nostra tragica epoca». Le persone prima citate si troveranno assise a una simbolica mensa insieme a Jacovitti per definire le caratteristiche della rivista che alla fine prenderà il nome di “Intervallo”. Da “Tavola rotonda” a “Intervallo”, perché? A pagina 19 della rivista “Vitt & Dintorni” dell’ottobre 2008, leggo estrapolando dall’articolo di Antonio Cadoni intitolato “Un amico chiamato Intervallo”, una citazione dell’editoriale del primo numero: “Desideriamo entrare nelle aule tra un’ora e l’altra di latino e, magari, di matematica”. L’originale intitolazione “La tavola rotonda”, diventò una rubrica nelle pagine centrali del giornale. Per farla breve, nel n. 2 di “Intervallo” Jacovitti debutta con il “satirico grottesco” di “Pippo e il Dittatore”, a tutta pagina e in bianco e nero, come tutto il resto. Niente colore: la guerra non era ancora finita, il Nord occupato dai nazifascisti, le città bombardate e in rovina, la fame regnava ovunque. Jacovitti con “Pippo e il dittatore” riprende le fila del suo lungo discorso seriale con protagonisti Pippo, Pertica e Palla, visti dai lettori per l’ultima volta nella storia di genere avventuroso-giallo iniziata nel 1943 e interrotta per la sospensione delle uscite del “Vittorioso” (dal settembre 1943 al maggio 1944), ripartita senza come nulla fosse con la ripresa del giornale.

    Che storia è, questo “Pippo e il dittatore”, probabilmente la prima disegnata nel 1945? Jac scherza con il fuoco, poiché il suo dittatore Flitt e i suoi degni compagni sono tratteggiati come “macchiette”, mentre sappiamo che Hilter e i nazisti erano degli psicopatici assassini di massa. Però alle spalle c’era il film chapliniano “Il grande dittatore”, dove Charlot faceva più ridere che piangere. Da notare che, dopo questa storia, Jacovitti sforna “La famiglia Spaccabue”, vagamente alla Braccio di Ferro di Segar per quanto riguarda pugni e sberle che non si contano. A un certo punto, il direttore e i redattori (suppongo) intimano a Jacovitti di troncare la storia. Il quale obbedisce, credo a malincuore, anche perché ne aveva disegnato tutte le puntate e pure il suo seguito, ossia “Ghigno il maligno”. Poi arriverà “Battista l’ingenuo fascista”, storia social-politica nell’ambito della quale Jacovitti non lesina simbolici colpi al basso ventre a destra e a sinistra. Ma torniamo a bomba al nostro “Dittatore”. La prima ristampa avvenuta nel n. 5 degli “Albi Ave serie Pippo” in formato orizzontale, nel settembre 1948, a causa dell’inevitabile diversa impaginazione ebbe tagliate le vignette, quasi tutta una panoramica e pure
    modificato il testo dell’ultimo quadretto della tavola finale. Nel 1972 l’editore Mondadori lancia sul mercato il mensile “Il Mago” in grande formato: forse per dare fastidio a “Linus” e a “Eureka”. Sul primo numero ecco Jacovitti con la storia del dittatore ribattezzata “Ahi Flitt”. È in tutto simile all’edizione monca dell’albo. La ristampa Conti segue poco dopo, e la musica è la stessa. Di andarci da solo non mi fido a causa della banda di “Master Rokko” che prima ti morde e poi abbaia!!! Sospira e grattandosi la punta del naso Roland inzia il suo eloquio: «prima però passiamo dalla via del Tempio, dove di solito tu in cenci artefatti questui per il rancio giornaliero!» Io sono meditabondo: ma si allunga la strada del doppio! Io ho una certa fretta perché al centro Pompidou oltre a Gitta c’è Zanzibar, che mi attende per definire il mio contratto come primo consulente per la mostra parigina su Franco Benito Jacovitti e il primo dopoguerra che parte il 4 Novembre!!!. Topor guarda il bicchiere mezzo vuoto e ridacchiando bisbiglia; «Attento Prosperino mio, Patrizia è un osso duro, ti romperai i denti e ti ridurrai a masticare con le gengive pane inzuppato nel brodino già preconfezionato in busta! Vieni prima con me al quartiere del tempio che c’è Rebecca che ti darà per pura carità una pagnotta rafferma di pane azimo, per mangiare la quale dovrai lavorare di molari, finché che li hai ancora». Io sono indeciso, pensando a questa faccenda di Rebecca e di questo fantomatico quartiere che disegna storicamente la frontiera occidentale del Marais e raggruppa oggi tre vie medioevali: la via bar del Becco, la via Sainte-Avoye e la via del Tempio. Aperta probabilmente fin dal XII° secolo, la via del Tempio collegava la zona de l’Hotel de Ville e al recinto del Tempio stesso e di fatto separava le terre dei Templari dal “bel borgo” di Saint-Martin des Champs. Questa via si è completamente trasformata dall’immagine della zona della palude e non conserva alcuna traccia del suo passato medioevale prestigioso. A sinistra, procedendo, si incontra un locale La tour du Temple. Qualche reminiscenza rimane…
    Sbuffa il Nostro e gargarizza con voluttà suggendo una pinta di Guiness rossa! Topor schiocca la lingua, fa una serie di risatine e poi si allaccia il tovagliolo al collo ed inizia a mangiare a grandi boccate il famoso maiale tolosano alla brace, il cosiddetto “pasto dell’eroe”. Squilla il telefono e il gestore del Bistrot “Chez Hibou” fa un cenno di richiamo al Nostro e sussurra: «ti cercano, sono Rebecca, lo zio Abramo e Jacovitti…» Topor risponde e riposto il ricevitore mi guarda stralunato dicendo: «Hai saputo??? Corrado Caesar e Benito Jacovitti verso la fine di Giugno 1940 si recarono a Parigi per un colloquio di lavoro con Albert Speer, il famoso “Architetto di Hitler”, per concordare una storia illustrata e scritta a quattro mani sulle peripezie di tre ragazzini nella Parigi occupata dai nazisti per cercare di risolvere l’inesplicabile fatto di una presenza soprannaturale al Louvre, rintanata nella sala dedicata al pittore Velasquez!!! Ma Jac e Caesar avevano in animo un attentato a Hitler e per questo si erano procurati una bomba ad orologeria a forma di orologio da taschino!!!».
    Ecco qui di seguito l’invisibile in questo post comunque Las Meninas di Velázquez con presentazione dovuta a un autore del quale non sono riuscito a rintracciare nome e cognome, chiedo venia!!! Diego Velázquez, Las Meninas (le damigelle d’onore), olio su tela, 1656, Madrid. Il dipinto, realizzato ad olio su tela, è uno dei maggiori dipinti del Seicento europeo. Di notevoli dimensioni (è altro ben 3,18 metri!) è oggi conservato al Museo del Prado, a Madrid. Velázquez, pittore di corte a Madrid e in rapporti di fiducia con il re Filippo IV, rinnovò totalmente il gusto artistico della capitale.
    Il suo stile associa la pomposità e lo sfarzo delle vesti dei suoi personaggi all’aspetto più umano della vita di corte, indagato con occhio acutissimo. Pablo Picasso, nel 1957, realizzò un ciclo di 58 dipinti per omaggiare Diego Velázquez e le sue Meninas.

    La serie è oggi conservata al Museo Picasso di Barcellona, per volontà dell’artista.

  4. 1. Il ponte fu scenario di numerosi film di successo: Ultimo tango a Parigi, Ascensore per il patibolo, Zazie nel metrò, Il poliziotto della brigata criminale, Ronin, Taxxi 2, Il mistero delle pagine perdute – National Treasure, La Belle Personne, Un indiano in città, Munich, Inception, Dexter, Il prezzo dell’arte, e venne utilizzato inoltre da Marcus Miller per la copertina dell’album Renaissance (2012). Tomaso Prospero, scrive per diletto senza pensare ai gatti nel cassetto! Pinco panco e Panco pinco il muro hanno dipinto!!
    Saurus Von Sturmenpop, ribatte il chiodo sulla sua fatica fondamentale: l’ analisi storico/idealogica è esattamente il contrario della idea fondamentale che gira e rigira nelle meningi del sottoscritto, povero ex vagabondo del Ponte des Arts!!! Quindi inizio la storia già a mezza via : “lo stesso Hergè negli anni ’70 ha ammesso che la sua formazione era quella borghese del tempo in Belgio e nazioni limitrofe. Negli anni ‘20 del secolo scorso era normale essere clerical-conservatore, non solo in Belgio , ma anche in Italia, germania , Austria e perfino in Francia, checchè se ne dica, come cerdete che il fascismo abbia potuto prendere piede all’inizio degli anni ‘2o?? Se quell’infingardo opportunista del re avesse dato ordine all’esercito di prendere a cannonate le bande fasciste della Marcia su Roma, Mussolini che aspettava codardamente a Roma l’esito della marcia, sarebbe fuggito di nuovo in Svizzera a gambe levate.Invece il re fa passare i marciatori in camicia nera e nomina Benito Mussolini Primo Ministro del governo!!! Che tristezza, meglio cambiare ambiente, andare a rotta di collo nei conclamati“dintorni” di Vitt e seguaci di Jacovitti, Topor, Caesar con Zazie e Alice come mascotte, in un giorno di nebbia e vento portato e venuto dall’ oceano o dal mar dei sargassi con tutti i suoi misteri!!
    I “ dintorni” del “Vittorioso” in un periodo di tempo che si estende dal 1937 al 1970, al quale potrebbe ragionevolmente essere aggiunto il decennio anni 80 con il “Diario Vitt”, sono assai estesi e ricchissimi di pubblicazioni a fumetti che sono di fatto un insieme di realtà che pur formando un puzzle assai intricato, i Gesuiti di “ La cultura Cattolica” nell’occosaione del centenario della nascita dal nostro “Lisca di pesce, non conoscevano quasi per nulla I suppose, ma che con certosina pazienza hanno estrapolato dalla saggistica specifica, inciampando solo o quasi in quella faccenda del “ Qualunquismo” legato a quanto detto da un personaggio di Jacovitti, tale Gionni Peppe, rivoltosi al suo stesso autore, formalmente cosa come al solito legata al “nonsenso” e invece interpretata in modo bislacco dall’autore dello studio critico gesuita Padre Giancarlo Pani. Forse sommerso dalla mole di lavoro da districare e del verosimile scarso tempo a disposizione!! Forse mi sbaglio, io sono in verità un peccatore in cerca della misericordia auspicata da Papa Francesco, quindi anelerei parole di conforto sulle mie idee spesso, queste si, bislacche nei riguardi dei “Dintorni” e Jacovitti che ci bazzica spesso e volentieri!! ! Non ci si dovrebbe meravigliare se questi dintorni appaiono di primo acchito come realtà quasi estranee. Mi guardo intorno: “Chi, ad esempio, è colui che a capo chino con guanti e mascherina carnevalesca ora che la santa Pasqua è alle porte! passeggia guardingo nel quartiere parigino del “Tempio”, tenendo ben stretta la lignea mano di un Pinocchio imbronciato e recalcitrante?? Che sia Alessandro Santi in incognito???Chissà perché questo “sconosciuto” si aggira da queste parti, dove io sono di casa per motivi inesplicabili anche al sottoscritto? Forse per propagandare la prossima uscita di “Vitt & Dintorni”n°47/48 e 49? E in tale maniera far proseliti fra i residenti, barbuti e capelli a treccine, forse.
    Lo sconosciuto, causa un crampo alla mano lascia libero il ligneo burattino che facendo la linguaccia vede in lontananza la ragazzina Zazie sul metro sospeso in alto sulla linea”Bir Hacheim” numero 6 che scavalca ponte e il fiume Senna, fugge verso di lei e agilmente al volo di imbarca sul Metro!! Insieme a Zazie e a Tomaso Prospero , mio gemello virtuale, Il ponte fu scenario di numerosi film di successo:Ultimo tango a Parigi , Ascensore per il patibolo, Zazie nel metrò, Il poliziotto della brigata criminale, Ronin, Taxxi 2, Il mistero delle pagine perdute – National Treasure, La Belle Personne, Un indiano in città, Munich, Inception, Dexter, Il prezzo dell’arte, e venne utilizzato inoltre da Marcus Miller per la copertina dell’album Renaissance (2012), Tomaso Prospero vola con i gilè gialli, A corsa sfrenata con Brogitte Bardot in carrozzella, eccetera, vola il Metro sulla linea sopraelevata perdendosi in lontananza in direzione del famoso Parco Jacovitti, voluto con caparbietà dal presidente Macron, lettore di Jacovitti fin al periodo di pargolo e mio sostenitore come fumettonauta della visione fantastica di Jacovitti e suoi personaggi tutti compresi!!!. Si siede, non si sa chi, il soggetto mancante sbuffando su una ferra panchina di un minuscolo parco popolato da conigli non tanto domestici, intenti a cantare un coro ritmato dalle cadenze di una filastrocca vittoriana concepita in slang londinese! Poi guardandosi intorno con occhio un poco truce, mi racconta incongruamente, digrignando i denti visibilmente falsi, quanto segue: ”Lewis Carrol, uomo dalla mente poliedrica –scrittore, inventore, scienziato, matematico, fotografo, curato protestante e incurabile innamorato di ragazzine- tentò di accompagnare il testo di “Alice’s adventures under ground” con suoi disegni, ma le sue capacità artistiche erano scarse. L’incisore Thomas Bittergrape , che aveva lavorato per Carroll nel 1859 e ne aveva rivisto i disegni per “Il paese delle meraviglie”, gli suggerì di rivolgersi ad un illustratore professionista. Carroll, lettore abituale di “Punch”, si rivolse a il noto, anzi arcinoto, John Tenniel al quale era legato da eterna amicizia per motivi a me ignoti. Nel 1865 Tenniel, forse restio ad occuparsi di tale lavoro che riteneva in certe parti impossibile da illustrare [su suo esplicito volere qualcosa fu tagliato!] , così che dopo interminabili colloqui e lungaggini con Carroll, che servirono a ribadire l’intransigenza generalizzata dell’illustratore, illustrò la prima edizione. La prima versione manoscritta di Alice’s adventures in Wonderland si intitola “Alice’s adventures under ground”, e fu donata da Charles Lutwidge Dodgson (in arte Lewis Carroll) alla sua piccola musa forse inconsapevole del suo ruolo (ma le ragazzine di allora erano educate nell’arte della malizia e della finzione) Alice Liddell, il 26 novembre 1864, come regalo di Natale anticipato. Il manoscritto, ora conservato alla British Library di Londra, presenta un gran numero di disegni dell’autore, che fornirono per certi versi il modello per le illustrazioni di John Tenniel alla prima edizione del libro (1865). Rispetto alla storia contenuta nel manoscritto saranno aggiunti due nuovi capitoli (Pig and pepper e A mad tea-party)”. Tace ora l’erudito conversatore a senso unico, si soffia il naso e in tale modo scopre un poco il volto che con mia sorpresa mi appare la proiezione di me stesso fra alcuni anni, con occhi di vetro e una parvenza di teschio di colore scuro!! Ezechiel, che è sempre e comunque al mio fianco con un ruolo di angelo critico e custode, piange calde lacrime di fronte alla distruzione dovuta al trascorrere del tempo, ma io lo consolo ribadendo a voce piana che il passar del tempo è cosa ineluttabile!
    Comunque di tutto questo non si parlerà nel prossimo “Vitt & Dintorni”, lo so per certo poiché le cose non stanno viaggiando in questa direzione a causa del mio piacere di una mia voluttuosa predilezione per la distonia narrativa. D’altra parte ho già scritto tempo fa un intervento esaustivo quanto bastava, su “Alice nel paese delle meraviglie” e le illustrazioni ( disegni) di Jacovitti per il corrispondente volume edito dalla Scuola” di Brescia!
    Se ne parlerà in un numero futuro del 2021 o 22?? Non credo, perché in realtà tutto è già programmato per ragioni logistiche e inoltre il partito della “Falange nerofumo” è ben rappresentato non solo all’interno della Redazione della rivista” Falce e martello in rosso e nero, ti fa perdere il sentiero”!!, ma anche nel complesso variegato dell’”Associazione Amici del Vittorioso”!!. l numeri 48 e 49, ad esempio, oltre che dedicati a “Federico Pedrocchi e alla nascita del fumetto italiano con “Mefistofele e il dottor Faust “”, saranno ricchi di più di cento pagine, con interventi scritti che vi strabilieranno e vi apriranno gli occhi e le orecchie su particolari della vita un poco narrativamente nebulosa della figlia di Gianni de Luca, rincarnatasi miracolosamente in quella del padre e del suo Mantra! Poi in diverso argomento parte della vita virile e avventurosa ma di fatto parzialmente ipotetica, di Kurt Caesar nel deserto Libico, con trasferte per la sezione X dell”Intelligence” di Canaris, in Marocco, Spagna e si dice Parigi zona ucronica!! E pure brevemente a Pigalle in pieno giorno ( da me prediletta, l’ho pure scritto su “Vitt & Dintorni”,per incontrare il collega francese Le Breton alle prese con l’apache esagitato “Rififi”, spia del “Vittorioso” ai tempi d’oro di questo settimanale e devoto scherano di Ragnibus e Prospero l’ultra fan !
    Va beh, lascio lo sconosciuto (?) narratore ai fatti suoi e penso con preoccupazione alla sentinella di Vitus, in questo quartiere un poco misterioso, è una sua fidatissima collaboratrice e segretaria multilingue, Eva Kant sotto mentite spoglie! Sapendo che in questa finzione nulla corrisponde alla presunta realtà, dopo dodici ore di camminata parigina fatta avantieri insieme a un X Men alato!!! L’angelo caduto (che potete forse vedere nell’affiche cinematografica ( ogni tanto sparisce) disegnata dal padre di Nedejco Bajalika, collaboratore quest’ultimo nei primi anni 90 di Jacovitti, riprodotta qui in alto a destra, poiché tale mi pare l’essere alato. Ezechiel con il pelo irto ringhia sordamente per manifestare il suo dissenso, e fra il ringhio e a denti scoperti mi sibila: ”Tomaso, tu credi agli angeli e cose del genere?? Sei un povero fessacchiotto, non hai capito che quel tale aveva le ali di cartapesta colorata per beffarsi di te? Non l’hai riconosciuto quello sciagurato di Alfonso Garuti, ora pensionato dopo anni di carriera come direttore di una strana sezione metapsichica del Louvre. Poi incarcerato per presunte molestie nei confronti della mummia di una cugina di Nefertiti, evaso dalle segrete della Bastiglia tre notti or sono in occasione della festa del 2 di Luglio con fuochi artificiali e giochi di acqua (Sons et lumieres) provenienti dalle mille vasche d’acqua che adornano le piazze di Parigi??
    Io sono perplesso: ne vorrei parlare più approfonditamente con tutti i miei dieci milioni di fans, ma…..ma devo andare alla libreria Mona Lisait di boulevard de l’Hôpital, dove il simulacro di Sauro lo Pennacchio mi attende per importanti comunicazioni critiche e invidiose sulla direzione presa da “Vitt& Dintorni” verso un certo autocompiacimento autobiografico e autofotografico dei componenti della redazione e la scelta tecnico espressiva nell’uso l’uso del colore su “Vitt & Dintorni”, con parametri basati sul suo uso fatto dal pittore Auguste Renoir al tempo dei suoi paesaggi parigini con al centro i ponti allora sulla Senna (1881). Sarà proprio con lo Stragatto invisibile per innata vocazione che capirò il senso di questo mio scritto in contemporanea evoluzione: che mi dice il famoso gatto dello Cheshire con voce irridente? ”Tomaso, io pensavo al momento dell’ esclusione del nostro Jac Lisca di pesce con cacciata da Linus nel 1974, degli anni settanta quindi (quella degli ottanta è quasi comprensibile)”. Pazienza, dieci anni di differenza non sono pochi. Comunque quello del 1983 fu un rifiuto senza chiarimento alcuno ma in un certo senso annunciato dal fatto che nel 1980 lo stesso Oreste del buono allora ancora direttore della rivista in questione, rifiutò la pubblicazione delle cartoline a luci rosse del nostro Jac, poi passate all’editrice francese “Genziane”! Successivamente Joe Balordo episodio due fu rifiutato senza una parola di spiegazione da parte di Fulvia Serra, almeno anche or ora sul numero Hachette 58 di quasi recente pubblicazione , Luca Boschi nel suo commentario ripete questa teoria, rifacendosi a quanto detto dallo stesso Jacovitti a Stenti in una ormai vecchia intervista risalente al 1992. La faccenda del 1974 è più chiara e alla fine fu lo stesso Jacovitti ad andarsene perché si pretendeva che le sue critiche si rivolgessero solo alla destra politica e mai alla sinistra. Qui il sesso forse non c’entra!! Sospirando Sauro the Handsome sbotta: ”Nel 1983 Jacovitti era decaduto: quella storia era di una volgarità pazzesca, non l’avrei pubblicata neppure io.
    La si può vedere anche nel mio articolo: http://www.giornalepop.it/la-triste-fine-di-jacovitti/ Beh, si, la storia è, pensando all’autore, volutamente volgare, ma non tanto perché nel 1982 quando Jacovitti la disegnò firmando 1983, fosse di colpo decaduto, ma per la cocciutaggine di “Lisca di pesce” tesa a provocare una reazione in Fulvia Serra (di fatto nuova Direttrice al comando di una redazione tutta al femminile, composta di arrabbiate signore e signorine in crisi di astinenza!) che, evidentemente, non le piaceva. Ma allora perché disegnare una storia con quelle caratteristiche?? Jacovitti era irragionevolmente un bastian contrario e forse la situazione contingente l’aveva mandato un poco fuori controllo? Non credo, Jacovitti intendeva fare anche una critica specifica al mondo dell’intrattenimento a luci rosse veicolato attraverso film di serie B e fumetti che negli anni ottanta, anche attraverso Andrea Pazienza che pur era in sintonia con i tempi, intendevano essere all’avanguardia!! Neppure Luca Boschi, recentemente su Hachette/ Tutto Jacovitti, tenta di venire a capo della faccenda, che credo non verrà mai del tutto chiarita. Io penso alla concomitanza di più fattori sfavorevoli.
    Parte seconda: Jacovitti fra la folle folla di fan e dintorni
    I personaggi formativi dell’epos jacovittesco nascono in duplice forma, seriali con Pippo, Pertica, Palla e il cane Tom, e personaggi a loro stanti come Cucu, Caramba , Chicchirichi e così via. Questo fino al 1945, quando nel secondo tempo de “La famiglia Spaccabue” intitolato “Ghigno il Maligno”, si fanno vedere Cip, Gallina e chilometro, investigatori già apparsi e disegnati nel 1943/44 nella storia “Cip Poliziotto”. Sembrava un passo casuale destinato a rimanere tale ed unico. Invece Pippo, Pertica e Palla più il loro cane, reduci dall’avventura onirica sulla Luna, nella storia successiva di “Pippo in montagna”, si mescolano a Cip diventato arcipoliziotto, quasi alle sue spalle, in una storia che si svolge in montagna nel paese di Montelisca, che da questa ambientazione geografica prende il titolo!! In questa storia a fumetti nasce anche il personaggio di Zagar, un malfattore in tuta aderente nera, ispirato alla lontana, dai personaggi criminali della passata stagione della narrazione di storie a puntate sui giornali e poi dalle dispense settimanali. Nel 1945/46 Jacovitti disegna “Cip contro Zagar”, una storia epocale, che instaura il genere poliziesco all’inglese, connotato da una struttura narrativa ad enigmi, dove molti personaggi sono radunati insieme in un ambiente chiuso insieme all’investigatore di turno che con tutti loro avrà la resa dei conti inizialmente a voce, basata su un contradditorio che porterà all’identificazione del delinquente e al suo arresto! Nel caso di questa storia tutti i sospettabili sono radunati nel Castello del conte Lapislaz, collezionista di salcicce di antiquariato. Cip li raduna alla fine per smascherare il colpevole, da notare che all’interno della vicenda verso la fine, fa la sua comparsa Raimondo il vagabondo, già visto in opera nell’ambito di “Ghigno il maligno” e in una avventura a gags omonima al suo protagonista apparsa su”Il Vittorioso nel corso del 1946. I personaggi iniziano a prendersi delle iniziative, Jacovitti sornione li lascia circolare a loro piacimento! Ognuno di loro è caratterizzato da stilemi comportamentali che si ripetono uguali a sé stessi, un riflesso della situazione socio economica del periodo post conflitto della seconda guerra mondiale e che prelude al così detto “Boom economico” degli anni 50. Personaggi che tirano anche la cinghia per campare, che si arrabattano, che alla fine rimangono sempre uguali a sé stessi. Zagar verrà inevitabilmente smascherato, ma riuscirà ad ogni fine a fuggire, un epilogo che continuerà in tutte le storie future di questo genere!! Che saranno numerose (l’ultima in ordine di tempo sul “Diario Vitt” 1971 con “PiPiPi a Parlachiaro, anche se mancano i cani Tom e Kilometro, inaspettatamente mandati forse al canile da Jacovitti ), anche se intercalate per lunghi periodi da lavori di altro genere e anche con personaggi non seriali. Il nucleo formato inizialmente da pochi interpreti, tenderà a diventare più numeroso negli anni seguenti. Nel 1947 con la storia “Pippo e Zagar” i tre Pi arriveranno solo dopo cinque numeri di “sciopero,” alla base del quale stanno le due storie precedenti di “Pippo e la guerra “ e “Pippo e la pace”, che costituiscono un’anomalia in una serie a fumetti narrata sulla falsariga dell’umorismo e avventura, un’accoppiata “leggera”, mentre le due storie di pace e di guerra sono oggettivamente un “fuori serie” che non avrà fatto ridere molti bambini e ragazzi reduci da anni e anni di guerra vera! Comunque l’anno di grazia 1947 con “Pippo e Zagar, “Un cinegiallo arcipoliziesco di Jac”, vede formarsi di nuovo l’insieme di un terzetto con una coppia, più altri personaggi di contorno, che servono per imbastire un fatto non molto adatto alla fruizione di piccoli lettori: il rapimento di una bambina!! Jacovitti scivola su una buccia di banana, non è in asse con le sue fantasticherie, poiché le bambine rapite di solito non sono ridicole. Fanno affluire alle mente bruttissime storie, sono presagio funesto! Il Nostro se la cava per il rotto della cuffia con il rabbonimento dell’altrimenti truce rapitore Zagar, merito di una ramanzina subita dal saggio Pippo! Negli anni successivi le coppie possono diventano folla, sono unite in contesti particolari, come nello sportivo “Giro della Risata”!! Siamo nel 1948 che inizia con “Pippo e la bomba comica”, storia quasi di fantascienza popolare e di utopia, con l’arrivo del prof. Leopardo da Cinci, inventore dalla lunga barba bianca prensile!! Poi lo stralunato viaggio indietro nel tempo con la coppia Cip/Pippo( e il Faraone) e contorno, più l’acerrimo nemico Zagar, nel mondo dell’antico Egitto”. Verso la fine del 1948 finisce il periodo nel quale Jacovitti presenta sul Vitt due storie contemporaneamente, una a colori a tutta pagina e una in bianco e nero collocata in genere a pagina tre e composta di tre, massimo quattro strisce [Salvo accezioni]. Salto gli anni 1949/50 perché Pippo, Pertica, Palla e cane Tom sono in altre faccende affaccendati, senza entrare in contatto con il mondo di Cip e Zagar. Fino a culminare nel 1951 con “Pippo nel castello di Rococò”, dove entra in lizza anche la signora Carlomagno, nata nel 1945 nell’ambito della storia “La Famiglia Spaccabue”. La storia della Baronessa di Rococò, suoi parenti e amici, invitati particolari come Cip e Gallina sotto mentite spoglie, Zagar, la Signora Carlomagno insieme ad una variegata “banda” di ospiti che celano la loro vera indole per scopi fraudolenti, ha trovato più di un critico portato a leggere questa storia di carattere giallo/poliziesco, in chiave di analisi antropologica legata al sociale di allora, 1951. Un momento assai particolare che segue quello della “ricostruzione”, dove si fa largo la brama della ricchezza e del relativo potere, scopi perseguiti con ogni mezzo senza tener conto del principio dell’onestà e del rispetto per i diritti altrui! Il diavolo mette lo zampino nelle società degli uomini e produce l’avidità di molti per la ricchezza, “lo sterco”, appunto, del Diavolo!! Jacovitti nelle sue storie si erge spesso a moralista, e indossa le vesti dell’avvocato accusatore e la toga del giudice, senza mezzi termini condanna delinquenti di ogni tipo, a volte li perdona per interposta persona, Pippo, Cip e così via! Però io penso che questa sua vocazione di fustigatore dei costumi, sia il pretesto per scodellarci storie divertenti, spesso fantastiche e surreali, di genere “Giallo” oppure più genericamente di avventura! Ma Jacovitti, ne ha mai parlato di tutto questo con i suoi molteplici intervistatori?? Non mi pare!! Oppure si??
    Parte terza
    Termino la mia fatica tripartita in chiave storica analitica con Corrado Caesar e dintorni . Voce esterna:“L’eterno dibattito su Vitt e Fascismo, poi, ha alimentato molte pagine delle nostre riviste, e pochi numeri fa un lavoro di Bruno Maggi ha dato bacchettate severe a quegli anni del Vittorioso”.
    Beh, il fascismo non è certo nato per caso e se è durato venti anni non fu certo una situazione effimera, Monarchia, forze armate, nobiltà, borghesia, latifondisti e parte del clero e degli intellettuali gli erano favorevoli. Il quinto potere, la carta stampata, non poteva mettersi di traverso se voleva essere tale, cioè stampata e presente nelle librerie ed edicole. Questo in sintesi. Poi almeno inizialmente ci furono persone e istituzioni che si opposero, ma la dittatura fascista agiva come tale, e senza remora alcuna furono messe a tacere con il confino, la galera o peggio ancora!!
    “Il Vittorioso” se voleva nascere e durare doveva fare l’inchino: a mio parere lo fece allineandosi ai comportamenti degli altri giornali a fumetti per ragazzi. Poi, il comportamento dei singoli appartenenti all’Azione Cattolica non fu univoco, così come quello della chiesa.
    Comunque impensabile che potesse esistere un giornale in odore di antifascismo!! Maggi ha scritto un intervento senza forse avere il senso del contesto di allora, dove chi non si metteva la camicia nera ogni sabato poteva tranquillamente perdere il lavoro e fare morire di fame la propria famiglia.
    Poi dalla caduta di Mussolini e del Fascismo, si apre un altro periodo con il quale chi ebbe coraggio si contrappose ai nazifascisti anche con la lotta armata, ma dalla fine 1943 e parte del 1945 la stampa a fumetti per ragazzi ci fu oppure no a seconda delle circostanze.
    Anche su Caesar i giudizi sul suo stile e sulle sue storie, non è mai apparso uniforme: ognuno diceva la sua.
    E parecchio altro.
    A proposito di Caesar è molto interessante il capoverso che chiude la tua mail di qualche giorno fa, ed è il mestiere che la redazione di V&D dovrebbe promuovere: questa analisi comparata sullo stesso tema tra gli approcci di altre realtà, nella stessa epoca, o in un’altra, ecc..
    Il problema sono i collaboratori e le competenze. Per stare a me, ad esempio, la mia cultura fumettistica è limitatissima, praticamente marginale. Per altri ci sono altri problemi …
    Su Caesar è stato scritto molto, ma qualcosa di esaustivo non esiste e forse non è stato e sarà anche impossibile raccogliere tutti i documenti atti a sviscerare cause ed effetti della vita professionale di Caesar intrecciata a doppio filo com’è con la sua vita privata: il suo stile era discontinuo, però se all’occorrenza il Nostro in una notte disegnava più tavole di una stessa storia a velocità sovrumana, eeh, si può intuire che il risultato potesse poi evidenziare qualche caratteristica criticabile! Faccio solo un esempio, ma la vita di Caesar specialmente fra il 1940 e il 1946 non fu lineare e nemmeno facile: poi dal 1947 lavorò con più tranquillità, anche se poi con la morte prematura della moglie Elfie, il benservito di Mondadori e così via, Caesar non ebbe una esistenza facile, con un bambinetto, Rolf, da crescere. Pochi poi parlano del fatto che si risposò e dalla nuova moglie ebbe altri due figli. Morì relativamente giovane, non fu dunque in questa prospettiva fortunato.
    Io non sono un collezionista, mi son tenuto quello che avevo da ragazzo, senza impazzire per cercare quello che poi in parte ho letto nelle ristampa anche in volume.
    Diciamo poi anche che il fumetto degli ultimi decenni proprio non lo conosco e anche poco mi piace da quello che ho visto: sono ormai fuori tempo, ho altri pensieri per la testa, il fatto di essere più volte nonno mi ha molto impegnato, preferisco impiegare le mie energie residue in questo campo che nel cercare di usare tempo ed energie nello scrivere su argomenti sui quali dovrei faticosamente documentarmi! Ho un poco rimediato scrivendo a ruota libera su temi per me piacevoli che anche mi divertono e non mi stancano tanto: comunque ormai sono in generale in stato di affaticamento e devo tirare i remi in barca! Pazienza, nessuno dura in eterno.
    Postfazione : Beh, credo che sugli anni nei quali acquistavo ”Linus” inizialmente, fino al 1970, c’era in edicola pure “Il Vitt”, che almeno nei primissimi anni aveva collaboratori del calibro di Jacovitti, Landolfi, Giovannini, Sciotti, Caprioli e così via, che poi in parte emigrarono su “Il Giornalino” e ci restarono a lungo: quindi in un certo senso le atmosfere dei fumetti del Vittorioso ebbero un seguito, anche perché gli scrittori delle storie erano vecchie conoscenze, come Basari, Nizzi, Geraldini Signora, poi anche lo stesso Jacovitti, che poi nel 1979/80 con la scelta di illustrare il “Kamasultra” e collaborare con “Playboy”, si diede ingenuamente la zappa sui piedi, creando il caso della sua esclusione sia dal “Diario Vitt dal 1980 in poi e dallo stesso “Giornalino” con lo stop di sue storie già disegnata dal 1978! Ma lo stesso Jac intervistato a proposito più volte, ha sempre ribadito che la sua intenzione nel disegnare storie o semplici tavole di questa sua visione del mondo a luci rosse, è stata quella di demitizzare in senso burlesco la visione del sesso stravolta e ingigantita sia attraverso film a luci rosse o racconti e romanzi, anche fumetti, con personaggi femminili chiaramente proiezione di un immaginario tutto maschile e invero assolutamente illusorio. Si potrebbe dire che Jacovitti fece satira su questo aspetto dei medium che trattava le problematiche sessuali strumentalizzate al fine di vendere, con il palese inganno, perpetrato da i produttori ed editori o cineasti vari che deformavano il reale a solo scopo di far abboccare all’amo i vari pesci dello stagno delle illusioni. Io penso possibile se non probabile, che anche nel 1982 con la seconda storia di Joe Balordo, Jacovitti possa aver pensato di fare satira sul mondo editoriale o cinematografico a luci rosse, usando strumenti narrativi e visivi del fumetto poco opportuni nel contesto, di una rivista come “Linus”, che teneva molto all’apparenza delle cose, specialmente quando gestita il tutto la signora Fulvia Serra che era in sintonia con la redazione tutta al femminile, quella che l’ex direttore Oreste del Buono aveva a argutamente battezzato con il soprannome di “Banda aerea” numero due, mutuando il tutto da alcuni episodi de “L’Uomo Mascherato” alias Phanton nell’originale made in USA! Qui i ricordi sono più chiari, ma certamente non sono più i tempi gloriosi del “Vittorioso degli anni 1940/50 e del coevo modo del classico fumetto americano di avventura dal quale non si può prescindere. Ecco qui ben chiaro ( spero) l’importanza dei famosi “dintorni”, che in questo caso specifico, sono indispensabili per capire l’evoluzione del fumetto italiano avvenuto da guerra finita in poi, fumetto in senso generale compreso il “Vittorioso” e tutti i giornali e albi a fumetti in attività in quel periodo di rinascita, dopo l’egemonia del mondo fascista anche sulla cultura figurativa dei ragazzi durata un ventennio e poco più.
    2.
    Questo sotto gli auspici favorevoli della Chiesa, degli Industriali, del potere bancario e di gran parte della borghesia previlegiata da condizioni di vita che non intendeva cambiare a favore dei più poveri, ma non solo, in una Italia analfabeta e ignorante anche le masse dei lavoratori cittadini e dei contadini guardano con speranza al Duce del fascismo!
    Gli oppositori ci sono, il parlamento e i partiti esistono ancora, ma la violenza fascista con l’aito delle forze armata e dei carabinieri non ha remore a caricare, sciabolare a morte e sparare sulle folle di dimostranti! La Chiesa sorniona aspetta il concordato per poter sistemare l’annosa questione dello Stato Vaticano e tirar acqua al proprio mulino!
    Ehh, questa era la situazione, Certo ci furono persone coraggiose che si opposero e per questo pagarono di persona con la morte, il confino, l’esilio, la perdita del lavoro e la conseguente vita grama. Non tutti leccarono il deretano al Duce!
    A queste persone io anche guardo come esempio, casomai in Italia qualche populista facinoroso potesse in qualche modo andare al potere per potere poi iniziare a perseguitare tutti i diversi per idee, religione, “razza” e quant’altro!
    Hergè nel 1940 fu certamente parte della maggioranza che leccò la mano al tedesco invasore, non rischiò nulla per difendere un ideale di libertà che forse non aveva, fu una mosca grigia in una moltitudine di persone simili a lui.

    Viene ora naturale , almeno per me, desiderare di poter scrivere due righe su qualche disegnatore italiano o attivo in Italia nel campo dei fumetti negli anni trenta e successivo quindicennio. Cominciamo con la strana coppia Jacovitti, classe 1923 e sommerso or ora ai festeggiamenti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua nascita, fra i quali mi ha stralunato quella dovuta alla “La cultura Cattolica” per il sistema di basarsi su quanto scritto da altri anche se tutto viene regolarmente notificato! Poi Kurt Caesar nato nel 1908 in Alsazia Lorena allora tedesca. Caesar giunge in Italia nel (1930 ) con la moglie berlinese perseguitata in patria per ragioni politiche ( era proprietaria , direttrice e redattrice di una rivista di moda femminile all’avanguardia con sede a Berlino, Kurt Caesar ne era illustratore e corrispondente anche dall’estero).Allora, che cosa faccia esattamente Caesar in Italia dal 1930 al 35 quando iniziò a collaborare con storie a fumetti sia all’ “Intrepido” che alla “Risata”, si sa poco e nulla, se non che era corrispondente di settimanali stranierei quali il “London news” e che per conto di questa testata viaggiava di paese in paese, giungendo perfino a seguire in Groenlandia una spedizione di una flotta di navi baleniere alla caccia dei poveri cetacei: la moglie non so se lo seguisse o rimanesse a casa a far la calza.
    Già nel 1936 Caesar collabora con Mondadori e con il giornale francese “Adventureux” con una storia a fumetti di fantascienza tutta farina del suo sacco intitolata ” Les conquerants de l’avenir”, ambientata sul pianeta Marte, ispirata al Gordon raymondiano ma più fantastica ed incoerente nella trama ( ancora inedita in Italia nonostante sia disponibile interamente su alcuni siti francesi insieme a tutte le annate del giornale prima citato). Ahi, ahi, qui si tratta ora di parlare di “Romano il legionario ” aviatore fascista ( eh, lo so che in molti mi tireranno le pietre, ma era proprio fascista e naturalmente volontario!) in terra di Spagna; beh, quindi siamo nel 1938 , e la sua collaborazione iniziale con ” Il Vittorioso”, insieme ad altre storie di carattere storico scritte da Gian Luigi Bonelli, era di quella fatta.
    Io mi son sempre chiesto e l’ho scritto fin dall’inizio degli anni ’90 sul periodo “InformaVitt”, perchè mai al cattolico “Il Vittorioso” venne in mente di affidare a Caesar una storia di attualità sulla guerra civile spagnola. Per schiararsi pubblicamente dalla parte della “falange” fascista del generale poi dittatore Franco? che con un colpo di stato iniziò con le armi il tentativo di annientare il legale governo della Repubblica spagnola, governo eletto a seguito di regolari votazioni. Io credo proprio di si, la proprietà del Vittorioso e il movimento di l’Azione Cattolica – pupilla del papa Pio XI°- in questo caso si palesarono come convinti guerrafondai, manifestando un odio poco cristiano nei confronti di tutti gli spagnoli che non erano fascisti.
    Ma Caesar perchè disegnò quella storia se era, come si dice, nemico delle dittature e specialmente del nazismo, regime che subito inviò già alla fine del 1936 mezzi, uomini e materiali, pensiamo alla legione Condor, l’aviazione della quale insieme alla regia ala fascista, bombardò la cittadina di Guernica, non obiettivo militare, ma abitata solo da civili?
    Si, Sauro punta il dito accusatore contro quel fesso di Hergè ( perché da tale nel 1940 si comportò), ma due anni prima in Italia disegnatori e scrittori anche se non obbligati e in una situazione e clima storico diverso ( c’era la dittatura) presero posizione in un avvenimento che non era comodamente patriottico ( alibi dell’amor di Patria), ma trattava una guerra civile che si svolgeva oltre i confini, ossia in Spagna!
    Male comune mezzo gaudio? erano tutti quanti o quasi più o meno fascisti, quindi perchè meravigliarsi? Io non credo ad una semplificazione del genere, le scelte si potevano fare, tanto che furono parecchi gli italiani antifascisti che da volontari combatterono in Spagna contro le falangi del generalissimi Franco.
    Quindi si poteva scegliere, anche di morire per l’ideale della libertà.
    Mi fermo qui.
    3.
    In effetti la tua analisi mi sembra corretta. I sostenitori di Hergé, tuttavia, tirano spesso in ballo la storia “Il drago blu”, dove l’autore prende le difese della Cina invasa dai giapponesi (sembra che in quel periodo il papà di Tintin avrebbe fatto amicizia con uno cinese venuto a Bruxelles per studiare belle arti). Però all’epoca in Cina a combattere i nazisti c’erano tanto i nazionalisti di Chang Kai-Shek (quelli che poi creeranno uno stato-fantoccio a Taiwan) che i comunisti di Mao. Suppongo le vere simpatie di Hergé andassero ai primi. Non capisco invece da dove salta fuori il personaggio del generale Tapioca, un rivoluzionario sudamericano che somiglia un po’ a Fidel Castro. Qualcuno ne sa qualcosa?
    4.
    Naturalmente l’opera di Hergé andrebbe valutata nel suo complesso e il personaggio di Tintin non stigmatizzato in toto e definito “nazista” perché nell’avventura dell’Isola Misteriosa ci sono situazioni dalle quali emergono pregiudizi antiebraici, assai comuni in quell’epoca. Non solo in Belgio, Germania e Francia, ma pure in Italia serpeggiava questo atteggiamento di tipo culturale in senso antropologico. L’odio verso il diverso, poiché la diversità non viene quasi mai accettata, anche se è la regola che è onnipresente in tutti gli esseri viventi a partire da quelli microscopici in sù.
    Il generale Tapioca , per quanto ne so, salta fuori nella storia sudamericana de” L’orecchio spezzato” ( L’oreille cassée”, prima versione a puntate in bianco e nero su “Le Petit Vingtième” a partire dalla fine del 1935.
    5. Tomaso Prospero 21 Settembre 2016, 19:13 Rispondi
    Pardon, un lapsus verniano: ho critto “L’isola misterisa” al posto de “La stella….”
    Come farmi perdonare dai centomila lettori??
    Paolo Motta 23 Settembre 2022, 9:55 Rispondi
    X Tommaso Prospero: grazie dell’informazione. Ho scoperto il personaggio di Tapioca grazie alla serie animata. Il fumetto da te citato non l’avevo mai letto.
    Un’ultima postilla: in fondo ci lamentiamo di Tintin e di Hergé, ma persino il pittore Salvador Dalì fu un simpatizzante del fascismo, all’opposto del suo grande amico, il regista Luis Bunuel, e del resto del gruppo dei surrealisti.

    Va beh, laggiù in fondo di surrealisti ne vedo solo uno, che si avvicina barcollando, a causa certamente dell’emozione di incontrare un personaggio di tale risonanza ( io, naturalmente).
    Un coraggioso aspirante jacovittomane surrealista e assolutamente non qualunquista,, fra i milioni di frequentatori di questo blog e in particolare dei post(s) dedicati al nostro amato “Lisca di pesce” ( che si stanno moltiplicando fra l’orrore generale come conigli australiani) si avvicina dunque e, bramoso di notizie pettegole, mi guarda supplichevole e chiede sibilando leggermente a causa della dentiera ballerina:” Ma Jacovitti, nel mese di Marzo 1945 e precisamente il giorno 31 si trovava a Roma per partecipare insieme a Zaccaria Negroni, Dino Bertolotti, Natale Bertocco, Alberto Perrini ed altri ancora, ad una riunione per definire come e cosa pubblicare sul futuro giornale cattolico dedicato agli universitari l’intitolazione del quale avrebbe dovuto essere “Tavola Rotonda??”
    Allora, a questo ipotetico curioso rispondo:” Certo, lo so perché io pure ero presente in transfert, anche se vivevo a Carpi (Mo) e avevo otto anni. Caro inguaribile curioso ti posso dire anche che in quello stesso giorno sul periodico “Gioventù Nova” si poteva leggere quanto segue:”Lettori e collaboratori, come i cavalieri di Artù, dove ognuno avrà l’impressione di svolgere il ruolo di capotavola. Una voce libera quindi, che esaminerà con giovanile freschezza, non disgiunta da un profondo impegno morale, tutti gli aspetti della nostra tragica epoca”. Le persone prima citate si troveranno assisi ad una simbolica mensa insieme a Jacovitti per definire le caratteristiche di quello che poi si chiamerà “Intervallo”. Da “Tavola rotonda“ ad “Intervallo”, perché?? Leggo a pagina 19 di “Vitt & Dintorni” di Ottobre 2008 estrapolando dall’articolo di Antonio Cadoni “Un amico chiamato Intervallo” che cita l’editoriale del primo numero: desideriamo entrare nelle aule tra un’ora e l’altra di latino e , magari, di matematica. La pensata intitolazione” La tavola rotonda”, diventò una rubrica che occupava le pagine centrali del giornale.Per farla breve, sul n°2 di “Intervallo” Jacovitti debutta con il “satirico grottesco” Pippo e il Dittatore”, a tutta pagina e in bianco e nero, come tutto il resto. Niente colore, la guerra non era ancora finita, il nord occupato dai nazifascisti, le città bombardate e in rovina, la fame che regnava ovunque!
    6. Piolo piuli 22 Settembre 2016, 15:26 Rispondi
    Bell articolo e commenti all altezza , aggiungerei una piccola bibliografia , se possibile
    7. Tomaso Prospero 22 Settembre 2016, 20:49 Rispondi
    Una bibliografia?? Articoli su Tintin in italiano ce ne sono stati, saggi in forma di libro non credo.
    Io per quanto riguarda i saggi in francese mi sono foraggiato dal volume edito da Casterman e scritto da Benoit Peetwrs ” Le Monde d’Hergé”, 1983, che secondo me rimane il più completo; poi è anche molto interessante “”Hergé et Tintin”reporters” di Philippe Goddin, editions du Lombard, 1986.
    Per gli articoli segnalo un terzetto di interventi su “Fumetto” dell’ANAFI di Manfredo Gittardi, con cronologie accuratissime non ricordo l’anno ma si trova cercando in rete. Un altro biografo di Hergé e della “Linea chiara” in generale è di Andrea Sani, professore di filosofia in un liceo fiorentino, facente parte della “banda ” dei toscani, Boschi, Bellacci e Leonardo Gori . Sani da giovincello era il bello del gruppo, tutte le volte che mia moglie ne vedeva una qualche immagine fotografica diceva:” Carinoooo…”.
    POi, buon ultimo c’è anche il vecchio e canuto sottoscritto autore di un articolo su “Tintin e l’isola nera”, nell’ambito del quale ne esamino e faccio un confronto fra le tre diverse edizioni. Fu pubblicato su “Informavitt” mi pare nel 1993, quando ero giovane ed aitante, ma non quanto Sani!!
    8. Tomaso Prospero 22 Settembre 2022, 20:51 Rispondi
    Correggo: Benoit Peeters, perbacco!!
    9. tomaso Prospero 8 Ottobre 2016, 9:53 Rispondi
    Benoit Peeters, poveraccio, ho letto in in blog francese, che è morto quest’anno all’età di 57 anni!! Sono rattristato.
    Salvator Dalì era spagnolo e evidentemente un franchista, ossia un simpatizzante della falange fascista del generalissimo Franco.
    Per quanto riguarda il suo atteggiamento politico durante la seconda guerra mondiale non saprei dire, poichè le sue biografie che ho letto erano di topo selettivo, previlegiavano cioè la sua produzione artistica.
    Comunque ora proverò a fare una ricerca, poi se ne varrà la pena, interverrò a proposito.
    Paolo Motta 8 Ottobre 2022, 10:24 Rispondi
    Io ho sentito che negli anni ’30 ebbe Dalì ebbe contrasti con André Breton e il gruppo dei surrealisti (che erano tutti di sinistra, anche se in maniera molto settaria), perché aveva detto “sono affascinato da quell’uomo” riferito a Adolf Hitler. Poi magari è solo una diceria. Invece le buone relazioni con Franco sono documentate: infatti lui, a differenza di Picasso che aveva dipinto Guernica, poteva senza problemi tornare in patria e avere anche un suo museo personale nella sua città natale.

    10. tomaso Prospero 8 Ottobre 2016, 10:00 Rispondi
    Interessante il lapsus “topo selettivo”, Ma Freud non c’entra, si tratta di un errore di battitura dovuto al fatto che pur possedendo due occhi di fatto ne uso quasi sempre automaticamente uno solo a causa di un difetto di comunicazione cervello, nervi e muscoli ottici. Mi manca quasi del tutto il senso della distanza delle cose e loro posizione e dato che batto sulla tastiera a memoria, spesso batto “i” per “o” oppure viceversa. Mah? C’è una cura?? Purtroppo no!!! Se avessi due anni forse, ma essendo “un poco” più vecchio non ho speranza alcuna.
    11. tomaso Prospero 8 Ottobre 2023, 10:18 Rispondi
    Volevo anche aggiungere una cosa a proposito di “Tintin nazista” : quanti sono i quadretti incriminati di antisemitismo nel contesto della storia della “Stella misteriosa”? Edizione anteguerra naturalmente, perchè poi Hergé correrà ai ripari cambiando nomi, bandiere e togliendo parti di vignette .
    Allora, quanti saranno i quadretti incriminati?? Dieci, venti??
    Vogliamo fare un confronto con i quadretti componenti l tuttee storie anteguerra di Tintin, per vedere se l’atteggiamento antisemita di Hergè era una regola fissa oppure un’eccezione??
    Beh, insomma, è chiaro che i quadretti antisemiti della “Stella misteriosa” sono una minoranza esegua!
    Però, bisogna pur che io lo dica poichè lo penso: l’educazione di Hergé era di stretta osservanza cattolica conservatrice, il che comportava quasi automaticamente radicati pregiudizi anti ebraici! Nel linguaggio colloquiale della mia infanzia -fine anni trenta inizio quaranta e cinquanta poi-, dire ” rabbino [ rabein in dialetto] . equivaleva a dire avaro, strozzino: era un retaggio-inconscio per me- di pregiudizi antiebraici assai comuni negli anni trenta e con radici lontane nel tempo, assimilati dal sottoscritto dal clima culturale e linguistico del tempo. Ma io ero ,fin dall’età della ragione, svisceratamente anti nazifascista!!!
    IO spero che Hergè dal 1945 in poi si sia sinceramente pentito e ravveduto in fatto di pregiudizi antiebraici: di fronte all’orrore dell’Olocausto se non l’avesso fatto, se non avesse ammesso la coòpa dei nazisti e riconosciuta l’innocenza degli ebrei( trucidati a milioni), beh, allora io sarei il primo a condannare Hergé.
    Voi che ne pensate?
    12. Viaggio al termine della notte con Mortimer: Sos meteore 8 Dicembre 2023Il ponte fu scenario di numerosi film di successo: Ultimo tango a Parigi, Ascensore per il patibolo, Zazie nel metrò, Il poliziotto della brigata criminale, Ronin, Taxxi 2, Il mistero delle pagine perdute – National Treasure, La Belle Personne, Un indiano in città, Munich, Inception, Dexter, Il prezzo dell’arte, e venne utilizzato inoltre da Marcus Miller per la copertina dell’album Renaissance (2012). , 9:40 Rispondi
    […] Anche Hergé avrebbe potuto lavorare per questo giornalino prendendo un compenso modesto, ma onesto, invece di collaborare con il principale quotidiano belga controllato dai tedeschi per avidità e aderenza ideologica al nazismo trionfante: vedi “Il filonazismo di Tintin”. […]
    13. tomaso Prospero 1 Gennaio 2017, 10:38 Rispondi
    Sauro con la riproposizione a non lungo termine del suo intervento su Tintin supposto giovane nazista, butta benzina sul fuoco!
    Purtroppo di scritti coevi alla storia”La stella misteriosa” dovuti a Hergé ed amici io non ne conosco: sarebbe interessante poter sentire dallo stesso creatore di Tintin che cosa pensava negli anni dell’occupazione tedesco/nazista del Belgio e Francia.
    Era veramente convinto che Hitler avrebbe vinto la guerra e nazistizzato tutta l’Europa? Un “Ordine nuovo” ? una dittatura gestita da pazzoidi assassini!!! Omicidio di massa con milioni, centinaia e forse migliaia di milioni di morti? Dopo gli ebrei,zingari e dissidenti, gli uomini di colore, neri africani, arabi, cinesi ecc, tutti nei forni crematori per la gloria del nuovo terzo Reich millenario!! UNa visione demoniaca. E quel povero fesso di Benito Mussolini che per megalomania, desiderio di potenza e grandezza, si mette al servizio di Hitler!! Mah, come fare a capire che cosa pensava veramente Hergé in quegli anni?
    Io sono propenso a credere che fosse un opportunista, che non gli interessasse poi tanto che era al potere, quindi un egocentrico; in questo quadro che configura Hergè come un conformista che educato in un clima di destra cattolico conservatrice vede gli ebrei con un occhio fortemente permeato di odio/avversione di etnia , classe e cultura! Non era una cosa inconsueta questo atteggiamento di forti pregiudizi verso il “diverso”, aveva solide radici nel passato a partire dal tempo dei tempi.
    Ancor oggi non sono poche le persone, anche in Italia, che facendo di tutte le erbe un fascio, se potessero si darebbero ad azioni di violenta repressione nei confronti di ebrei, musulmani, animisti, induisti e cos’ via, solo perché non appartengono antropologicamente alla nostra cultura cattolica e di occidentali in genere..
    Il mondo è fatto in tale maniera, purtroppo.

  5. Caro Pani,
    La mia tremula ombra ondeggia, mi guarda aggrottando la fronte: silenzio assoluto.
    Sta bevendo un bicchierone di spremuta di arancia corretta all’acqua minerale, si ferma un attimo e smettendo di bere si limita a bofonchiare qualcosa relativo a “Il Vittorioso”. Si muove ed insieme a me si sposta.
    Sprofondata in una accogliente poltrona di vimini ora pare sonnecchiare: poi un sussurrio, parole a mala pena percettibili: ”la prima storia di Jac con la data 1945 appare su “Intervallo”- giornale universitario romano – è “Pippo e il Dittatore”, seguita da una lunga peripezia a fumetti che porta come titolo “La famiglia Spaccabue” (e questa secondo me è la prima storia disegnata dopo “Pinocchio”, anche se il suo stile con il passare delle puntate cambia un poco , specialmente nella seconda parte intitolata “Ghigno il Maligno”. Quindi c’è stata di certo per un periodo di contemporaneità di esecuzione con le altre storie di quei mesi del 1945), poi sul n.22 del 17 Giugno 1945 de “Il Vittorioso” ecco “Pippo sulla Luna”, storia intrigante, dai numerosi risvolti psichiatrici!. Un sogno lunare di Pippo carico di simbologia con rimandi al surreale, che si diluisce in stato di veglia e che attraverso una sorta di esperienza di sonnambulismo rientra nella realtà senza rendersene conto. Jacovitti reduce dagli studi artistici e dalla frequentazione universitaria del primo anno di architettura, aveva presumibilmente una solida cultura in fatto di storia della pittura, compresa quella “moderna” del 1900, secolo per noi passato ma nel quale Jac stava allora vivendo. Probabilmente gli venne naturale pensare che la vicenda onirica di Pippo e compagnia bella, potesse essere narrata figurativamente attraverso il mondo surreale dei pittori metafisici dei quali De Chirico era ed è il caposcuola e massimo rappresentante, anche poi a ben guardare c’è il belga Magritte che non gli è da meno. Non si tratta di “surrealismo”, in modo stretto, ma di qualcosa di marca italiana, con peculiari caratteristiche di genere onirico. Jacovitti quindi utilizza le atmosfere metafisiche di De Chirico per confezionare una storia “per ragazzi” che ha un substrato colto. Poi la storia jacovittesca si evolve e bruscamente passa dal sogno al sonnambulismo e inconsciamente alla realtà, periodo nel quale il nostro Pippo credendo ancora di sognare esce di casa dalla finestra del primo piano, cadendo dentro una botte piena di acqua posta a fine grondaia: che combina allora? Ehh, di tutti colori. Ma a questo punto la storia occorre vederla e leggerla; contemporaneamente sul settimanale di Roma, il cattolico e studentesco “Intervalllo”, c’era ancora “Pippo e il dittatore”.
    “Intervallo, Intervallo”… siamo sempre all’inizio del mese di Maggio di quello stesso anno.
    Che cosa disegnò mai Jacovitti nei primi quattro mesi di quel periodo fatale, mentre ancora al nord infuriava la guerra ed io di pomeriggio al cinema comunale ospitato dall’ex palazzo della G.I.L., mi deliziavo con la visione di vecchie comiche mute, mentre la notte la passavo nell’improvvisato rifugio sotterraneo di tipo casalingo (una cantina) quando poi dal cielo il misterioso aereo inglese, soprannominato “Pippo”, sganciava bombe a casaccio con evidente scopo terroristico?
    Nessuno risponde.
    Va beh, le storie che poi furono pubblicate dopo, che si identificano osservando bene lo stile del disegno che appare inizialmente precedente a quello delle prime tavole di “Pippo e il dittatore”: “La famiglia Spaccabue” ad esempio (a mio parere Jac iniziò per prima proprio questa storia, che poi ebbe una coda assai lunga e “spezzata”), oppure la breve storia “Giove il bove” o “Oreste il guastafeste”.
    Il fatto che l’epopea degli Spaccatovi sia stata pubblicata dopo quella del Dittatore (Oreste addirittura tre anni dopo, Giove il bove decenni dopo!”) sempre su “Intervallo”, non vuol dire nulla, lo stile del disegno rivela che probabilmente Jac iniziò a disegnare le due storie in contemporanea mentre metteva mano anche ad altri lavori destinati a “Il Vittorioso”. Per questo non è possibile ordinare tutti questi lavori in data di esecuzione, perché di fatto Jacovitti li accavallò! La stranezza è che questa messe di storie hanno avuto come precedente il solo “Pinocchio” disegnato nel corso dell’anno precedente. Vera fucina jacovittesca: su questa storia sono stati versati fiumi d’inchiostro, quindi mi pare saggio evitare di ribattere sul chiodo dalla testa consunta. Ora son molte ombre, mi osservano con espressione di incertezza. Qualcuna si schiarisce la gola e sospirando apre la bocca per parlare, la richiude, la riapre per infilarci la pipa, che intanto si è ingloriosamente spenta.
    Io estraggo dal capace zaino che sempre mi tiro dietro il volume “Jacovitti 60 anni di surrealismo a fumetti “ e lo apro a pagina 76 leggendo le prime righe in alto: …il cambiamento si nota bene nel passaggio da Cin Cin (disegnata nel 1943 e non nel 1944, n.d.r.) pubblicato nel 1944 su “Il Vittorioso”, confrontandolo con le storie successive (qui si allude a “Pinocchio” disegnato del corso del 1944? Parrebbe che invece l’invito al confronto venga fatto fra Cin-Cin e Ciak, infatti…). Il cambiamento si nota bene nella sognante favola di Cin-Cin confrontata con “Ciak”, storia dal disegno meno barocco, più organizzato e coerente, basta ricostruire, al di là delle date di pubblicazione, l’autentico ordine in cui Jacovitti disegna questi capolavori, fra il suo nascondiglio fiorentino e la piena luce del sole dell’Italia liberata.
    Questa è la parte finale del capitolo “Jacovitti sulla Luna” inserito ex novo nella nuova edizione 2010 del saggio in questione, edito da Nicola Pesce e che in pratica sostituisce quella del 1992 dovuta a Granata Press. Voi che ne dite? Non c’è un poco di involontario depistaggio?
    Provate a fare un confronto su come sono disegnati rispettivamente “Pippo e la pesca” del 1943 e “Pippo sulla luna”, vi renderete conto che i due anni che li separano sono stati forieri di essenziali cambiamenti. Pensate alla storia del Nostro intitolata “Ciak”, disegnata nella metà del 1945: sarebbe stata pensabile una storia felliniana ante-lettera di tal genere solo un anno prima?
    Il mondo cambia, non solo per quanto concerne Jacovitti.
    Inizia un’altra epoca, stanno per arrivare nuovi eroi.
    Mi sbaglio?
    Poi alla fine la guerra finì.
    , la mia tremula ombra ondeggia, perchè tale sono ormai ridotto, mi guarda aggrottando la fronte: silenzio assoluto.
    Sta bevendo un bicchierone di spremuta di arancia corretta all’acqua minerale, si ferma un attimo e smettendo di bere si limita a bofonchiare qualcosa relativo a “Il Vittorioso”. Si muove ed insieme a me si sposta.
    Sprofondata in una accogliente poltrona di vimini ora pare sonnecchiare: poi un sussurrio, parole a mala pena percettibili: ”la prima storia di Jac “dopoguerra”con la data 1945 appare su “Intervallo”- giornale universitario romano – è “Pippo e il Dittatore”, seguita da una lunga peripezia a fumetti che porta come titolo “La famiglia Spaccabue” (e questa secondo me è la prima storia disegnata dopo “Pinocchio”, anche se il suo stile con il passare delle puntate cambia un poco , specialmente nella seconda parte intitolata “Ghigno il Maligno”. Quindi c’è stata di certo per un periodo di contemporaneità di esecuzione con le altre storie di quei mesi del 1945), poi sul n.22 del 17 Giugno 1945 de “Il Vittorioso” ecco “Pippo sulla Luna”, storia intrigante, dai numerosi risvolti psichiatrici!. Un sogno lunare di Pippo carico di simbologia con rimandi al surreale, che si diluisce in stato di veglia e che attraverso una sorta di esperienza di sonnambulismo rientra nella realtà senza rendersene conto. Jacovitti reduce dagli studi artistici e dalla frequentazione universitaria del primo anno di architettura, aveva presumibilmente una solida cultura in fatto di storia della pittura, compresa quella “moderna” del 1900, secolo per noi passato ma nel quale Jac stava allora vivendo. Probabilmente gli venne naturale pensare che la vicenda onirica di Pippo e compagnia bella, potesse essere narrata figurativamente attraverso il mondo surreale dei pittori metafisici dei quali De Chirico era ed è il caposcuola e massimo rappresentante, anche poi a ben guardare c’è il belga Magritte che non gli è da meno. Non si tratta di “surrealismo”, in modo stretto, ma di qualcosa di marca italiana, con peculiari caratteristiche di genere onirico. Jacovitti quindi utilizza le atmosfere metafisiche di De Chirico per confezionare una storia “per ragazzi” che ha un substrato colto. Poi la storia jacovittesca si evolve e bruscamente passa dal sogno al sonnambulismo e inconsciamente alla realtà, periodo nel quale il nostro Pippo credendo ancora di sognare esce di casa dalla finestra del primo piano, cadendo dentro una botte piena di acqua posta a fine grondaia: che combina allora? Ehh, di tutti colori. Ma a questo punto la storia occorre vederla e leggerla; contemporaneamente sul settimanale di Roma, il cattolico e studentesco “Intervalllo”, c’era ancora “Pippo e il dittatore”.
    “Intervallo, Intervallo”… siamo sempre all’inizio del mese di Maggio di quello stesso anno.
    Che cosa disegnò mai Jacovitti nei primi quattro mesi di quel periodo fatale, mentre ancora al nord infuriava la guerra ed io di pomeriggio al cinema comunale ospitato dall’ex palazzo della G.I.L., mi deliziavo con la visione di vecchie comiche mute, mentre la notte la passavo nell’improvvisato rifugio sotterraneo di tipo casalingo (una cantina) quando poi dal cielo il misterioso aereo inglese, soprannominato “Pippo”, sganciava bombe a casaccio con evidente scopo terroristico?
    Nessuno risponde.
    Va beh, le storie che poi furono pubblicate dopo, che si identificano osservando bene lo stile del disegno che appare inizialmente precedente a quello delle prime tavole di “Pippo e il dittatore”: “La famiglia Spaccabue” ad esempio (a mio parere Jac iniziò per prima proprio questa storia, che poi ebbe una coda assai lunga e “spezzata”), oppure la breve storia “Giove il bove” o “Oreste il guastafeste”.
    Il fatto che l’epopea degli Spaccatovi sia stata pubblicata dopo quella del Dittatore (Oreste addirittura tre anni dopo, Giove il bove decenni dopo!”) sempre su “Intervallo”, non vuol dire nulla, lo stile del disegno rivela che probabilmente Jac iniziò a disegnare le due storie in contemporanea mentre metteva mano anche ad altri lavori destinati a “Il Vittorioso”. Per questo non è possibile ordinare tutti questi lavori in data di esecuzione, perché di fatto Jacovitti li accavallò! La stranezza è che questa messe di storie hanno avuto come precedente il solo “Pinocchio” disegnato nel corso dell’anno precedente. Vera fucina jacovittesca: su questa storia sono stati versati fiumi d’inchiostro, quindi mi pare saggio evitare di ribattere sul chiodo dalla testa consunta. Ora son molte ombre, mi osservano con espressione di incertezza. Qualcuna si schiarisce la gola e sospirando apre la bocca per parlare, la richiude, la riapre per infilarci la pipa, che intanto si è ingloriosamente spenta.
    Io estraggo dal capace zaino che sempre mi tiro dietro il volume “Jacovitti 60 anni di surrealismo a fumetti “ e lo apro a pagina 76 leggendo le prime righe in alto: …il cambiamento si nota bene nel passaggio da Cin Cin (disegnata nel 1943 e non nel 1944, n.d.r.) pubblicato nel 1944 su “Il Vittorioso”, confrontandolo con le storie successive (qui si allude a “Pinocchio” disegnato del corso del 1944? Parrebbe che invece l’invito al confronto venga fatto fra Cin-Cin e Ciak, infatti…). Il cambiamento si nota bene nella sognante favola di Cin-Cin confrontata con “Ciak”, storia dal disegno meno barocco, più organizzato e coerente, basta ricostruire, al di là delle date di pubblicazione, l’autentico ordine in cui Jacovitti disegna questi capolavori, fra il suo nascondiglio fiorentino e la piena luce del sole dell’Italia liberata.
    Questa è la parte finale del capitolo “Jacovitti sulla Luna” inserito ex novo nella nuova edizione 2010 del saggio in questione, edito da Nicola Pesce e che in pratica sostituisce quella del 1992 dovuta a Granata Press. Voi che ne dite? Non c’è un poco di involontario depistaggio?
    Provate a fare un confronto su come sono disegnati rispettivamente “Pippo e la pesca” del 1943 e “Pippo sulla luna”, vi renderete conto che i due anni che li separano sono stati forieri di essenziali cambiamenti. Pensate alla storia del Nostro intitolata “Ciak”, disegnata nella metà del 1945: sarebbe stata pensabile una storia felliniana ante-lettera di tal genere solo un anno prima?
    Il mondo cambia, non solo per quanto concerne Jacovitti.
    Inizia un’altra epoca, stanno per arrivare nuovi eroi.
    Mi sbaglio?
    Poi alla fine la guerra finì. Arrivata la pace, fra il 1945 e il 1948 l’Italia fu preda di partiti politici assai variopinti, con protagonisti pittoreschi! Fra di Loro ci fu Giannini non uomo politico ma semplicemente qualunque, con il quale Jacovitti non ebbe mai a che fare!! Ora a cento anni dalla sua nascita, il buon vecchio lisca di pesce vien impropriamente preso di mira dai padri gesuiti di “La cutura cattolica” , quindicinale dove nel numero 4146 di fine Aprile 2023, padre Gianfranco Pani, docente di “Storia della Chiesa” all’università romana “La Sapienza”, si è trovato il compito immane di riassumere quanto prodotto da Jacovitti dalla nascita alla morte avvenuta nel Dicembre 1997: compito inaffrontabile se si intende discettare, e probabilmente impossibile, tanto che alla fine io intravedo uno scivolone da stanchezza: Jacovitti per voce di un suo personaggio , Baby Tarallo nel 1973 su “Linus” e nel 1974 trasformatosi in siculo verace , Gionni Lupara., scatena le ire della sinistra militante che alligna anche all’interno di “Linus” stesso! Il direttore Oreste del buono di fronte allo scandalo della “P2” nel quale è coinvolto Rizzoli editore di “Linus”, si dimette e quindi “Linus” rimane in balia delle onde!! Le storie su Linus del 1973/74 non hanno più assolutamente nulla a che fare con quelle partorite sul “Vittorioso” da Jacovitti schiacciato ancora dal tallone fascista, ma paradossalmente in grado di produrre storie spontaneamente, senza punguli e pressioni di una Italia libera e democratica!! Paragone assurdo??, mah, a me pare di no1 Il cambiamento si nota bene nella sognante favola di Cin-Cin confrontata con “Ciak”, storia dal disegno meno barocco, più organizzato e coerente, basta ricostruire, al di là delle date di pubblicazione, l’autentico ordine in cui Jacovitti disegna questi capolavori, fra il suo nascondiglio fiorentino su “Via Bolognese” e la piena luce del sole dell’Italia liberata.
    Questa è la parte finale del capitolo “Jacovitti sulla Luna” inserito ex novo nella nuova edizione 2010 del saggio in questione del quale non ridico l’Intitolazione,, edito da Nicola Pesce e che in pratica sostituisce quella del 1992 dovuta a Granata Press. Voi che ne dite? Non c’è un poco di involontario depistaggio? Qui si sono ingarbugliati i gesuiti con a capo Gianfranco Pani, a capo degli studiosi che devono far luce su decenni di lavoro ininterrotto, nel quale non c’è verosimilmente traccia alcuna di “qualunquismo” essendo Jacovitti adepto della “corrente” individualista, con tendenze al centro destra, quindi “impegnato”politicamente”!Insomma, son cose verificate e riverificate da tutti gli studiosi del settore, autori di saggi enciclopedici!! Jacovitti nel tempo si trasforma?, Ma certamente, questo è nella natura delle cose!! Niente è immobile, il tempo al presene quanto dura?? un secondo???
    Provate, facendo un salto all’indietro, e a fare un confronto su come sono disegnati rispettivamente “Pippo e la pesca” del 1943 e “Pippo sulla luna”, vi renderete conto che i due anni che li separano sono stati forieri di essenziali cambiamenti. Pensate alla storia del Nostro intitolata “Ciak”, disegnata nella metà del 1945: sarebbe stata pensabile una storia felliniana ante-lettera di tal genere solo un anno prima?
    Il mondo cambia, non solo per quanto concerne Jacovitti.
    Inizia un’altra epoca, stanno per arrivare nuovi eroi.
    Mi sbaglio?
    Poi alla fine la guerra finì. Arrivò nel 1965 il mensile “Linus” di Gandini e compari acculturati e un poco snob, e nel 1973 dopo 8 anni di direttori quali del Buono, balza al comando della redazione di “Linus” facendo veci del direttore scomparso, l’esagitata Fulvia Serra che non ama Jacovitti per questioni di “pelle”, lei insieme a tutta la redazione al femminile che da “femminista” pruriginosa vede Jac come il fumo negli occhi!! Dal 1974 son passati 50 anni e più, al giorno di oggi sarebbe impensabile una tale caccia alla strega, anzi, allo Stregone Lisca di pesce, innocente disegnatore intento a lavorare per campare, con moglie e figlia a carico!! Mi sbaglio? Non impossibile !

  6. Jacovitti si aggira nel garage ermetico e si smarrisce tra la folla di Alieni che al mercato delle pulci di Saint Ouan cercano “L’affare”!! Dietro al suo Banco di articoli in vendita Lupus denari scruta Jacovitti e sorride furbescamente!!
    Denari e Ezechiel sono seduti al Bistrot “ Chez lupo in fabula” , qui in place “Contrescarpe” ospiti della linea letteraria inaugurata nel saggio commemorativo di”100 anni con Jacovitti”, già bestseller in Cappadocia nel monastoro dei frati sordomuti che hanno fatto anche il voto di non esprimere mai un parere al di fuori dei fioretti di San. Francesco, all’interno di una storia straordinaria di Caprioli quale è “Rose fra le torri” risalente al 1944!!!La storia da riassumere sarebbe piuttosto lunga, quindi mi limiterò a fare una premessa di tipo cronologico partendo dalla lontana, per spiegare la fuga in Irlanda, braccati ( io, Luca Boschi e Leonardo Gori e mi pare Sani travestito da pellegrino circense accompagnato dal suo mentore in fatto di avvenimenti di genere poliziesco, mister Sherlock Holmes, “retired” da decenni, dedito all’allevamento di api nel suo eremo ubicato in una landa quasi irraggiungibile del Sussex e tornato in attività per supportare una strana indagine dell’alter – ego di Gori, un certo Arcieri……che spesso si può contattare nei panni di lavapiatti e cuoco nei momenti di estro a Parigi in rue Guisarde nel ristorante situato al n°13, Chez Fernand. Gori dopo aver jetto “ Cento anni con Jacovitti” é rimasto apparentemente impassibile: si gratta la zucca e chiude gli occhi! Dorme???’ Mah, e chi lo sa!! Forse pensa ai primo fumetto,storia, di Jacovitti?? Primi anni sessanta??Quanti anni avevo la prima volta che mi capitò di guardare una storia a fumetti? Non posso ricordarlo, poiché nel 1937 quando ebbi la ventura di venire al mondo, mio fratello maggiore Franco, allora di anni sette, già aveva fra le mani Albi e giornali a a fumetti quali !i Corriere dei Piccoli, l’Avventuroso, Topolino giornale e relativi albi e anche Il Vittorioso allora appena uscito nelle edicole; arrivato all’età di anni cinque, nel 1942, le cose viste e poi successivamente lette, rimasero nella mia memoria. Quindi i ricordi iniziarono a sedimentarsi in qualche parte del mio cervello preposto a tale funzione! Di allora di altro ricordo Dick Fulmine Albogiornale e Jacovitti autore di storie per me allora straordinarie, quali quelle di “Cucu” e successivamente le avventure di Pippo, Pertica e Palla più cane Tom, alle prese con spie e villain vari, fra i quali l’impnotizzatore circense Putifarre!! Poi la folgorazione di Mandrake e L’Uomo Mascherato sulle pubblicazioni Nerbini!
    Una formazione quindi pluralistica, nella quale convivevano anime del fumetto assai diverse fra di loro, con origini eterogenee e lagate ad Immaginari fra di loro estremamente differenziati!
    Personalmente iniziai ad acquistare fumetti a dieci anni, nel 1947, “Il Vittorioso” per Jacovitti soprattutto, poi qualche albo di Mandrake e Phantom anche nell’edizione del romano Capriotti.
    Da allora non ho mai abbandonato il fumetto. Anche ora da vecchio guardo le edicole che ritengo un mondo alieno,o quasi!!, anche se sono rimasto molto legato ai fumetti del passato come Blake e Mortimer di Jacobs, anche se le storie apocrife non le trovo sempre di mio gusto!

  7. Leggo solo ora la risposta di Tiziana D’Amico su “Javovitti e il qualunquismo”: quindi non ne potevo tenere conto nel mio intervento delle ore 21,23(?) di ieri primo Maggio 2023! Non è la prima volta che accade un fatto simile, dipende dal sistema automatico che ordina gli interventi. Così mi rivolgo ora subito a padre Pani :” Grazie per la sua risposta che mi ha chiarito, spero, il meccanismo di indagine da lei praticato su questa confusa faccenda di Jacovitti nel 1973 e 1974, con sue due nuove storie a fumetti frutto di un possibile accordo con il direttore del Buono, in un momento nel quale i lettori del mensile “Linus” sulla scia del 1968, anno della “rivoluzione” studentesca, erano in parte studenti politicizzati sia di sinistra che destra extraparlamentare!
    Io cerco sempre quando possibile di contestualizzare il testo,  specialmente nei periodi relativi all’operato di Jacovitti  sottoposto a pesanti pressioni esterne e dalla stessa redazione del giornale per il quale sta lavorando!! In questo caso di “Linus”! Così ho letto più volte in differenti interventi su questa ancor confusa faccenda! Il periodo trascorso a lavorare per “Linus” è quasi un avvenimento a parte nella carriera di Jac, la proprietà del giornale, Rizzoli, per il  quale sta lavorando il direttore Del Buono, con il suo comportamento pubblico impelagato con la bruttissima storia della “P2”, lo induce poi alla fine per una questione di serietà professionale, a dare forfait! I Lettori studenti sono schierati anche in gruppi politicamente extraparlamentari scatenati!! Estremisti quindi penso io, non molto portati a considerare Jacovitti un lavoratore che disegna per campare e mantenere in tale maniera la famiglia!. Jacovitti, secondo me, fa quello che può sollecitato da persone che scrivono a “Linus” chiedendo la sua testa per motivi opposti, o lo tacciono di essere un fascista o un comunista, forse a dir poco, esagerando!! Alla fine Jac messo alle strette spara in tutte le direzioni poiché si sente circondato, e come conseguenza, ci rimette praticamente le penne!! Il fatto dell’uso del termine “ qualunquista” e derivati, al giorno di oggi è poco usato, essendo il tempo un buon livellatore di elementi linguistici che, se legati a fatti specifici e transitori, in genere non durano tanto !! Gli stessi vocabolari della lingua italiana, attualmente sono cauti nel definire il senso della parola qui in disamina, propendendo anche per un uso non negativo e anche più blando ancora! Ci vorrebbe un “linguista” all’opera…..
    Mi fermo qui per non diventare pesante! Aggiungo solo che io Jacovitti lo peso come fumettista, le sue peripezie più personali non le voglio considerare se non parte della sua vita privata!
    Cordialissimi saluti, grazie anche da parte di mia moglie ( classe 1944) che con mia figlia e due nipoti ormai maggiorenni, danno molto al senso della mia vita.
    Tomaso Prospero, Clara moglie premurosa!

    Cara D’Amico, sei più o meno coetanea di mia figlia, quindi posso tentare di immaginare quelle che sono state le tue letture di bimba e ragazza. Mia figlia in verità nell’età della frequentazione delle scuole elementari prediligeva gli albi Corno dei Supereroi e di Jacovitti non si interessava. Ovviamente la regola è sempre quella della diversità, anche in fatto delle letture di evasione delle fanciulle, quindi il fatto di avere una figlia tua coetanea non vuol dire che io possa pensare di sapere come eri tu da ragazzina o ragazza.

    Beh, ora passo a un discorso generale sulle valenze del fumetto, anche diviso in decenni per usare un metodo di approccio cronologico “ordinato”, non è cosa da poco, poiché la materia fumetto è di una vastità e complessità a volte sconcertante.
    Ti auguro buon lavoro e, se ne sentirai l’esigenza, nel limite delle mie possibilità sarò disponibile a mettere a tua disposizione le mie conoscenze.
    In bocca al lupo!
    Tiziana D’Amico,
    Gentile Tomaso Prospero, sono lusingata e onorata della tua disponibilità. Considero un patrimonio inestimabile la conoscenza e l’esperienza di chi, come te, sia profondo conoscitore di un argomento e lo abbia esplorato in un ampio spazio temporale. Chi può dirlo? Sarebbe bello se nascesse un progetto in tal senso e nel caso, sapere di poter contare sulla tua disponibilità sarebbe un grande motivo di orgoglio e un vero conforto. Grazie per la fiducia.

    tomaso prospero
    Mah, folle di adolescenti cresciute in età scolastica con il il Diario Vitt di giorno in cartella e di notte sotto al cuscino??? io non ci penso tanto, sono scettico, sono un povero miscredente in odore di lapidazione: è l’aura che circonda gli interventi scritti di Tiziana d’Amico che mi fa strigere lo stomaco e un poco raggela il mio sgangherato entusiasmo: è come se quelle parole, quelle frasi fossero dette a denti stretti per qualche incomprensibile rabbia. Ma comunque l’epopea trentennale (1949/1980) del Diario Vitt ufficiale, resta. Ripercorrerne la storia – come in un sogno ad occhi aperti fece Goffredo Fofi nelle puntuali chiose alle varie edizioni – che vuol dire??
    Mah, io ho letto con piacere i Diari che contengono storie complete, a partire da (Pi,Pi,Pi a Parlachiaro) per finire con l’abusato Cocco Bill.
    tomaso prospero 9 Novembre 2016, 11:43 Rispondi
    Un bel salto all’indietro nel tempo, insomma, sette anni circa, quando ancora le mie energie erano più o meno integre!! Topor mi guarda con espressione incerta, ripone il bel volume or ora uscito nelle librerie francesi “ Topor Voyageue du livre”, parte seconda 1981/88, edizione “ Les cahiers/Dessiés. Fuma con voluttà, sorride, ridacchia. ” Si si, sarebbe interessante sentire quello che sa e che ha da dire Tiziana sugli anni sttanta e 80 con Jacovitti alle strette, le sue visite in Francia dove la critica lo apprezzava e Wolinsky che lo odorava . Mentre il mensile “Charlie” finto clone di “Linus” andava a ruba senza che nessun lettore abbia protestato in qualsiasi modo contro Jacovitti visto come !Qualunquista”. Tor sospira e sorridwe a Jacovitti che seduto è intento a fumare il solito sigaro!!”Io invece non avevo problemi, abituato ad una grande popolarità a molto lavoro ma a pochi soldi in saccoccia…. Jacovitti non fu superato, non era questa la causa delle sue difficoltà con l’editoria italiana, checché ne dica il nostro impetuoso Sauro, non è stato mai in ritardo sui tempi, perché la sua arte era ed è ancor oggi atemporale. Percorre una corsia parallela ma zigzagante che solo lui è in grado di vedere. Quando ci incontrammo a Milano e poi a Bologna mi disse sempre le stesse cose: ” mi piacerebbe tornare a Parigi e insieme a te ritornare in quella brasserie dalle parti di Montparnasse”. Poi si lamentava che la sua salute declinava, che la moglie poveretta era messa peggio di lui….e guardandomi beffardo mi bisbigliava all’orecchio:” Roland, tu sei sempre stato in anticipo sull’avanguardia, ti dovevi fermare e aspettare il resto della brigata, e ogni volta quelli poi ti superavano. Chi crede di conoscere la cultura del Novecento dovrà riconsiderare le proprie certezze riguardando le tue opere. I manuali, le storie dell’arte hanno perpetuato il malinteso. Una mistificazione epocale ci ha tenuti all’oscuro della verità!!”. Due uomini solamente possiedono il bandolo della matassa, due autentici geni. Io, caro il mio Tomaso, che sono -nonostante tutto e gli insuccessi dei miei interventi sulla morale comune- sempre con te e ti appoggio nei tuoi insensati interventi che hanno proprio nel nonsense il loro significato (!!). Poi, lo ripeto a tutti, con pazienza, che dovete tener conto che esiste l’eminenza grigia, il marionettista che opera dietro tutte le quinte, che tira colpi mancini, che ci spinge di lato e ci fa precipitare giù per la tromba dell’ascensore; così, senza nessun motivo apparente. Quindi non vi illudete, il Fato, o il caso se volete, non è quasi mai benigno”.
    Io sono d’accordo, poiché Topor è nelle mie mani un “simulacro” dickensiano ( Philip K. Dick) che poi si anima , prende vita e mi mette da parte per recitarla lui la sua “parte”. Questo Tiziana certamente lo sa, e sarebbe interessante sentirlo dire e vederlo scritto da lei stessa.”
    Ma Tiziana mi suggerisce anche qualcosa di indecifrabile, qualcosa profferito a denti stretti, come per contenere una rabbia congenita. Ma di certo son io che come al solito vaneggio.
    Topor e Jacovitti assentono sorridendo e intonano una strana cantilena nell’argot del nono arrondissement, una sorta di ninna nanna che intercala con costanza la parola “rififì”, che fa rima con bibì, mimì, ici…… che bello dormire. L’orologio della Gare scocca sonoramente le sue ore, ma io non odo i rintocchi perchè le finestre dell’albergo hanno tripli vetri, qui a lato della piazza delle nuvole vaganti . Poi, è vero, da qui alla gare di Saint Lazare ora rimodernata e con il sottosuolo diventato un grande mercato quindi colmo di brusii di ogni natura, ci saranno in linea d’aria quattro o cinque chilometri: difficile anche volendo sentire quei rintocchi. Dice: ( ma chi parla non si sa) “Jacovitti!!”. E subito, a meno di essere teen-agers, appaiono immagini che rimandano agli spazi colmi all’inverosimile di pittori fiamminghi prezzolati dalla borghesia mercantile, ma perseguitati da visioni di apocalittici castighi infernali. Ne fissiamo alcune: un paio di scarpe abbandonate e il suo proprietario che vola mollemente anticipando le figure di un Chagall ispirato.. Uomini tagliati nel mezzo a metà, indipendenti l’una dall’altra, nei movimenti così come nella volontà.
    O ancora innumerevoli giochi lessicali legati all’Immaginario dell’epoca.
    Gente che vola ancor oggi?? cresciuta con certezze in età scolastica – il Diario Vitt??? Sempre nella cartella e di notte sotto al cuscino io non ci sento molto da questo orecchio destro, che comunque è in pratica sordo, sono scettico anche per quello”. Jacovitti ride e Topor dormicchia, io sono contento , di che cosa non saprei dire, ma l’importante è essere serenamente beato!!!
    FINE

  8. Il Pont de Bir-Hakeim è un ponte di Parigi che attraversa la Senna nel lussuoso quartiere di Passy, nel XVI arrondissement, e che collega quest’ultimo con il XV arrondissement. In particolare collega l’avenue du Président-Kennedy, sulla riva destra della Senna, nel quartiere della Muette, ai quai Branly e de Grenelle sulla riva sinistra, nel quartiere di Grenelle. Prende il nome dalla battaglia di Bir Hacheim, combattuta in Nordafrica durante la seconda guerra mondiale.

    Dal 10 luglio 1986 è iscritto nel registro dei monumenti storici di Francia.[1]
    Indice

    1 Il ponte di Bir-Hakeim nella cultura di massa
    2 Note
    3 Altri progetti
    4 Collegamenti esterni

    Il ponte di Bir-Hakeim nella cultura di massa
    Viaduc de Passy

    Il ponte fu scenario di numerosi film di successo: Ultimo tango a Parigi, Ascensore per il patibolo, Zazie nel metrò, Il poliziotto della brigata criminale, Ronin, Taxxi 2, Il mistero delle pagine perdute – National Treasure, La Belle Personne, Un indiano in città, Munich, Inception, Dexter, Il prezzo dell’arte, e venne utilizzato inoltre da Marcus Miller per la copertina dell’album Renaissance (2012). Anche Jacovitti e Zazie sono stati una o sue volte sul metro che trnsita sul metro che passa sul ponte già citato! Me lo disse proprio Jac quando a Roma fu premiato in occasione della sua nomina a Cavaliere!! Mah, Jacovitti era molto felice, io veramente rimasi sorpreso!!

  9. Cip il Poliziotto disegnato fra la fine del 1943 e l’inizio del successivo 1944, è una storia straordinarie e la prima della vera e propria serie di avventure di questi personaggi, subito a partire nel 1945 con “Ghigno il Maligno” e “ Cip contro Zagar”!! Poi leggendo ho trovato di fronte a me una valanga di recensioni relative ai “Cento anni dalla nascita di Jacovitti”!!Bisogna pur dire che affrontare l’opera globale di Jacovitti è proposito quasi impraticabilesia chi inizia la lettura delle sue stori ordinate in senso cronologico, sia per chi deve orizzontarsi leggendo i vari saggi sul Nostro usciti dal 1992 ad oggi!! Lo scoglio che ha alla fine messo in “confusione” molti ricercatori mi pare sia stato quello sociale della contestazione giovanile studentesca !!! Possiamo partire dal Maggio 1968 con il Maggio parigino e stare sulle piste lasciate da Jacovitti dal “Corriere dei Piccoli” dei Ragazzi che ha come ultimo anno di Jacovitti collaboratore il 1973, in quasi contemporanea sua entrata a “Linus” nel pieno della contestazione che travolge un poco tutti!! Jacovitti con “Gionni Peppe” rimane invischiato con i contestatori lettori di “Linus” che sono arrabbiati con tutto e tutti, non sono molti che scrivono in rapporto ai 400mila lettori di “Linus”, ma fanno più notizia di chi sta zitto e vengono messi al centro della posta, quindi Jacovitti si trova apparentemente sommerso da critiche indiscriminate da parte di contestatori di estrema destra e sinistra, autodefinitesi “extraparlamentari”, che contestano per partito preso!! Direzione e redazione di “Linus” composta in maggioranza da donne non gradisce Jacovitti considerandolo “Popolar volgare” , poco raffinato per le loro aspettative radical sic considerate all’avanguardia!! Almeno, l’impressione è questa, con epicentro la capo redattrice signora o signorina Serra ,che si è messa sotto ai piedi Il Direttore Oreste del Buono, che pare poco combattivo, forse impegnato anche con altri lavori su diverse testate!! Quindi Jacovitti incontra la contestazione giovanile formata da ragazzi che hanno verosimilmente alle spalle chissà quali esperienze di lettura di fumetti, che di “Pippo, Pertica e Palla “con cane Tom che nati nel 1940 sono ancora in ballo anche sul “Diario Vitt” con “PIPIPI a parlachiaro”, non sanno niente, che evidentemente non è stata la loro lettura prediletta!! “Ehi, Jac” – urlo – “tu che ne pensi??”
    Jacovitti si ferma, smonta dalla bici Bianchi da corsa, ritorna sui suoi passi dirigendosi di nuovo al Bistrot, si risiede e subito il cameriere avventizio Claudio Lestofants lo serve con la mano sinistra, mentre con la destra gli sfila il voluminoso portafoglio dalla tasca posteriore! Zazie che ha visto tutto, colpisce con un calcio agli zigomi il lestofante di fatto e di nome!!Jac ride e con il ramo di ulivo che gli ho prima regalato di fronte a Padre PANI, fa il solletico sotto al naso del cameriere dalla mano lunga, poi rintasca il portafoglio e sorbisce rumorosamente il suo mezzo litro di café au lait e con un sospiro di soddisfazione senza nulla dire ( ma mi fa l’ occhiolino) scruta Zazie che come al solito è imbronciata. Con fiero cipiglio la ragazzina sta osservando la fotocopia di copertina del nuovo albo Bonelli intitolato ” Martin Mystere contro Za-la-Mort- Le nuove avventure a colori- Numero 1, ” Il ritorno all’impossibile” pagine 100 colorate con un computer daltonico, scritte da un gruppo di ben sei scrittori sceneggiatori supervisionati dal fantasma di non so quale castello danese!! Prezzo? beh, a parte quello scontato del primo numero, sarà di euro 4,90 cadauno!!
    “Ma sono pazzi??4,90 euro in tempo di vacche magre! ; 4,90 euro ‘ste palle (mon cul, nell’originale francese)!!”
    Zazie è una bambina ma è aggiornatissima sulla situazione economica e soprattutto segue con interesse l’editoria dei saggi sul fumetto e relative novità editoriali. Io intervengo per calmare la piccola ribelle: “eh, sei quasi peggio di quella baccante che poco fa volteggiava fra le nubi! Zazie, non sei obbligata ad acquistarlo, tanto più che contiene una storia frutto di un bel frullato del già visto Non so tu….. ” Zazie digrigna i dentini: ” ma si, ma si, ormai chi non le conosce quel genere di vecchie storie bacucche!! Sauro Pennach ( di origini bretoni) l‘ ha egregiamente scannerizzate per me”, dice con un sorriseto sornione: è carino Sauruccio!!
    Guardo Zazie in tralice: ” ma vuoi vedere che….”
    Ma la fanciulla non sta zitta un attimo: “invece benissimo per l’articolo da te scritto su l’albo di Walter Faccini (Attraverso l’equatore, seguito da “Il leone bianco” ), ospitato su due numeri di “Vitt & Dintorni” e che costituisce il recupero di due pezzi introvabili, farà probabilmente la felicità di Leonardo Gori, ammesso che l’ormai noto scrittore di gialli e del recentissimo “Eccetto Topolino”, abbia il tempo per vederlo, visti i suoi numerosissimi impegni”. Ma Tiziana D’Amico ne sarà a conoscenza, se si come mai non sono stato incenerito dai suoi strali o eviscerato dai suoi artigli??
    Zazie che mi ha letto nel pensiero ride di gusto:” Tiziana “mon cul”, grida ai quatro venti qui su questo cucuzzolo parigino della “Butte aux cailles”, dove le quaglie sono state messe allo spiedo già al finire del 1800. Mamma mia, penso io ad alta voce, ma questa pulzella in erba oltre ad essere aggiornatissima possiede poteri telepatici! Chissà mai come avrà fatto Raymond Queneau a gestirla?? E il regista… chi era mai, Louis Malle??!
    Zazie che ha sempre l’orecchio ben aperto nonostante il suo impegno a ingurgitare le pizzette dopo le numerose brioches, bofonchia a bocca mezza piena: “so tutto di quegli albi, ma non ho idea di chi fosse mai questo Facchini. Uno di quelli che alla stazione porta i bagagli?”. Poi ride beffardamente alzando ignominiosamente in alto il dito indice ben teso.
    Beh, poveretta – penso io rivedendo al ribasso le mie precedenti valutazioni su di lei – ha solo undici anni e certamente non ha avuto modo di avere fra le mani gli albi del “Vittorioso” serie ROMA risalenti al lontanissimo 1942. “Tiziana baccantuccia mia, tu che ne pensi??
    “Zazie intuisce i miei pensieri e sorbendosi la bocca con la mano impasticciata( o impastricciata, scegliete voi!) di crema mi sbircia con evidente compatimento: “Tomaso mio bello, tu sei un gran casinista ed un illuso , la tua Tizianuccia si fa beffe di te approfittando del fatto che sei tardo di cervello e rimbambito dalla tarda età, che se non sbaglio si conta ormai sui gli 85 ; ricordo tutte le fanfaluche che hai scritto sul rapporto Dubout /Jacovitti/ Topor, quindi prima di criticarmi pensa al trave che hai nell’occhio”.
    Ohè, promette bene questa ragazzina!!
    Ma alla sua età, ( 11 anni) chissà com’era Tiziana. Faccio i conti : nel 1973?? “Su “Il Corriere dei Ragazzi” che lei leggeva, Jacovitti impazzava con Jac Mandolino e compagnia bella!! Storie brevi ma effervescenti!! Però le storie dei decenni 1940 e 1950 erano un’altra cosa, ovviamente, direte voi miei centomila followers! I milioni di lettori di “Vitt& Dintorni” ruggiscono come belve assetate di sangue!! Ma, ma, che volete, tornate allo zoo che il capo domatore Vito Mastrorocco vi accarezzerà il fondo della schiena con lo scudiscio di ordinanza!! Il ruggito generale sale di tono! Io sudo freddo.
    Pietà, pietà, ci sono anche i soliti errori di battitura!! Che ne sarà di me?? NON mi mandate al Ricovero comunale, pietà, pietà!!” .Interviene la gatta Micia che non vuole che qualcuno mi maltratti, al suo fianco una grande lupa bianca sua sorella di latte si guarda intorno per vedere chi castigare come esempio e in mia difesa!!
    Il silenzio è totale, il bistrot è deserto a parte il padre gesuita Pani che seduto in sedia a sdraio legge il mio ultimo articolo dedicato a Jacovitti e Pasqualino Rififì!! Va beh, sono stanco, con Micia e la Lupa Bianca mi ritiro nelle catacombe alle quali si accede dalla cantina del Bistrot, ciao a tutti!

  10. Ma dove mi trovo? Nelle viscere lunari?? Incredibile il sottosuolo che vedo e la sua somiglianza con quello di Parigi!! Non ci credete, pensate che spari balle?’ Sotto le strade di Parigi, c’è un altro lato più oscuro dove Sauro Penn Acchio impera nella città che pochi riescono a vedere. Venti metri (e più) sotto il livello stradale, le gallerie delle Catacombe di Parigi son tali e quali quella della Luna, me lo confidò Jacovitti al Bistrot dopo aver bevuto un a decina di aperitivi corretti al Gin!! La figlia era di fronte a lui e confidò tutto al gesuita Pani di “La cultura cattolica”, che anche di catacombe sebbene romane, se ne intende assai!!Si estendono, quelle di Parigi e lunari, per oltre 200 miglia, circa 3200 chilometri!!: un labirinto sotterraneo di cui molti non si rendono conto mentre passeggiano lungo le strade soprastanti.
    Inizialmente estratte per fornire calcare per la costruzione dei famosi edifici e ponti parigini e passaggi sospese nel sottosuolo lunare, le Catacombe di Parigi ospitano ora le ossa di oltre 6 milioni di ex parigini. Ahh, sono risalito di corsa e ora guardandomi intorno che vedo oltre al sogno di Jacovitti in forma di estoplasmo e il ciarlatano astronomo con Pippo, Pertica, Palla e il cane Tom??: !Il paesaggio parigino è cambiato, sembra tale quello selenita, si distorce sotto ai miei occhi, Pippo, Pertica e Palla vagano fra scenografie metafisiche. In lontananza scorgo papà Craveri che sta conducendo i suoi animali dello zoo verso il cometino utilitario in partenza per non si sa bene dove. Anche il bestiario zoolandino sulla Luna!! Incredibile? Beh, non poi tanto, pensando a quanti personaggi del mondo della finzione letteraria ( e dei comics) fino dall’antichità hanno calcato il suolo della pallida Selene. Jacovitti in forma di spettro ora mi ha riconosciuto, mi sorride bonario: “e beh, sai, se l’Ego è fortemente “centrico”, tende per sua naturale essenza ad essere nello stesso tempo il centro di tutto e il tutto di ogni cosa”. “Maestro, Maestro, imploro, cerchi di stringere e venire al sodo, provi una volta tanto a non essere inconcludente e confusamente comunicativo come spesso faccio io”. Niente da fare, il sogno di Jac, detto “Lisca di pesce”, sta distribuendo ad una torma di seleniti curiosi e festanti centinaia di copie di ” Il Vittorioso & dintorni” fresco di stampa e datato Giugno 2023 ”, non ha più tempo da perdere con me. Quindi a passo svelto mi dirigo verso il monumentale ingresso della “Moon Railways Station”: la Terra sta per apparire all’orizzonte e non posso più aspettare, perché il mio biglietto a tempo, dopo, non avrebbe più valore.”Presto, presto”, mi incita Bruno Arceri ( Alias Brick Bradford). Al suo fianco Bellaccious e Zazie, sudati e trafelati mi incitano:” fra tre secondi, parte l’ultimo vagone della metro della linea 7, “Cratere di Copernico – Porte des Lilas”. Guardo esterrefatto la piccola Zazie:” ma Bartezzaghi mi aveva assicurato che eri in vacanza in Normandia insieme a tua cugina, che fai qui sulla Luna??”. Zazie, che sta sorbendo un enorme cono gelato borbotta qualcosa di inintelligibile ( forse è meglio non aver capito). Bellacci non dice nulla, mi osserva serio serio e scuote la testa: Mah?? Da tempo Franco è così, poco comunicativo. Bat Star mi osserva con curiosità:” ah, saresti tu il fanatico di quel mezzo matto di Roland Topor e Raymond Queneau, quel bel tipo di scrittore francese che ficca la povera Zazie nei posti più strani e disagiati??” Io alzo le spalle: ” che hai da dire tu che con quell’ impossibile cronosfera sei stato avanti ed indietro nel tempo; ricordo che sul settimanale “L’Avventura”del 1947, io che allora avevo solo 10 anni, già avevo intuito che era tutto un imbroglio, uno stratagemma per tirare di lungo, all’infinito, le tue strampalate avventure”. Arceri ride:” ma quello ero io di domenica, giorno di festa, tutto a colori per la gioia di grandi e piccini”.”Ma che cosa è questa discussione?” Bellaccious è corrucciato e palesemente nervoso, “su andiamo, che altrimenti perdiamo il métro”. Ahh, ce l’abbiamo fatta, siamo in viaggio!! Chiusi nel vagone interplanetario che in questo caso è strettamente utilitario ( con buona pace degli animali zoolandini [ Vedere “Il Vittorioso” 1946]) tiriamo tutti un sospiro di sollievo. Con uno stridore prolungato di freni il metro ormai non più interplanetario utilmente si arresta. Ahh, eccomi qua, di nuovo con i piedi per terra, si fa per dire. In realtà Zazie mi prende per mano e appena il metrò si ferma mi trascina fuori dal vagone. “Tomaso, dai andiamo, fuori splende il sole e a Porte des Lilas cinguettano gli usignoli: siamo in primavera, usciamo all’aperto e andiamo a passeggiare. Lascia perdere fantasmi e sogni bizzarri, pensa un poco a divertirti, lo zio Gabriel ci aspetta nel suo locale! Beh, per arrivare a Pigalle dove Gabriel si esibisce di notte travestito da ballerina, abbiamo impiegato tre ore di pedibus calcantibus, poiché Zazie si voleva a tutti costi per prima cosa sgranchirsi i piedini!! Di fronte al locale notturno di Gabril scorgo con somma sorpresa Jacovitti ritornato in carne e ossa e il gesuita padre Pani che sorridendo all’unisono ci salutano!! Tomaso, Tomaso, Gabriel se l’è data a gambe con il metro. Ha ricevuto un appello urgentissimo da Sauro Pennacchioli che ha impellente necessità di alcune lezioni di flamenco!! Zazie sputa per terra e entra nel locale, si avvicina alla zona Bar e arraffa meringhe al burro di arachidi!! Che fa, la mangia tutte?? Macchè, le infila in una capace bisaccia e facendomi segno di seguirlo mi dice ringhiando:” Tomaso, Sauro Pennacchioli mi ha rotto gli zebedei con la sua smania di spadroneggiare, non posso dimenticare che ha fatto sparire almeno tre tuoi interventi scritti su Craveri, Walter Faccini e , mon cul, “Pippo e il Dittatore”!!!!!! Quindici minuti dopo sbuffando per la salita siamo tutti riuniti ad Abbesesse,mentre una marmaglia di studenti vocianti entrano nel metro scansando Topor e Gandini appena giunti che, scorgendomi, agitano con le mani in aria l’albo di vecchia data “Caccia grossissima” a colori nella trasposizione in francese voluta da Hachette!! Insieme a Jacovitti e ora anche Topor sono alla fermata del metro Abbesesse su a Montmartre e sto per essere travolto dallo scontro fra un migliaio di Flics e altrettanti studenti inviperiti per la contestazione sul decreto Macron che li costringerà a lavorare cento anni per poter andare in pensione!! Con la coda scodinzolante dell’occhio destro, mi giro appena in tempo per ricevere una scarica di manganellate che mi mandano KO!! Buio totale!! Apro l’occhio destro e n mi ritrovo all’interno delle Catacombe!! Devo rifare lo stesso percorso, sono condannato a vivere in questo cupo labirinto e poi uscire sulla Luna!! Chiedo aiuto sall redazione di “Vitt & Dintorni, se voglio sperare di uscire sano e salvo, help. Help, help!!

  11. Il Cane parlante Ezechiel legge “Vitt & Dintorni n°° 26” di Giugno 2023 e dai suoi occhi canini sgorgano lacrime copiose accompagnate da lunghi sospiri!!

    Mastrorocco in gramaglie impressionato mi guarda con una domanda muta fra le labbra semiaperte!! Zazie invece che sta sbafando pasticcini al miele e cioccolata, fra due bocconi e l’altro ridacchia e a bocca piena bofonchia: ”Ma che cosa ti aspettavi cane del cavolo, tutta colpa di quel salame ammuffito di Tomaso Prospero con il cervello in tilt che ti ha indottrinato a “Vittorioso”, Jacovitti e bistecche al sangue! Mon cul, voi e tutte queste scagazzate di quel “Vitt e dintorni”, contenente interventi indecisi e nebulosi sempre con sul gobbone quelle chiavate di Diabolik fumetto fatto per i coglioni!! “ Poi sospira e diventando seria abbassa e modera il tono guardandomi fissamente. “ Siete due, anzi tre sciocchi che credono alle fanfaluche di chi oggi parla e sparla di avvenimenti di cento anni fa quando nessuno di noi era ancora nato!! Poi bisogna aspettare il 1923 per partire dalla nascita di Jacovitti, la formazione del quale iniziò di certo da bambino piccolissimo nel suo Abruzzo forte e misterioso, in un contesto di povertà e famiglia numerosissima! Libri ne poteva esaminare pochissimi, l’edicola non offriva giornali e albi a fumetti. Quindi lasciatelo in pace, che poveretto è morto da quasi trenta anni e oggi che scocano cento anni dalla sua nascita, da destra e manca sboccati incompetenti de dicono su di lui di cotte e di crude!! Solamente giunto a Macerata da grandicello ebbe modo di guardare e leggere in modo esaustivo. Si può presumere che il Nostro avesse immense potenzialità che poterono trovare terreno fecondo attingendo da mille fonti, compreso la visione di comiche mute inclusive di “cartoni animati”, compresi quelli di Braccio di ferro by fratelli Fleischer!”,
    Siamo tutto stupefatti dall’eloquio di Zazie, che di certo si è preparata la lezioncina andando a ripetizione da padre Pani, gesuita ottantenne che scrive su “La Cultura Cattolica” che si è ben preparato leggendo saggi dul Nostro!!”. Già, è per questo che oggi tutti i Santi vegliano sui poveri mortali, o viceversa i poveri mortali ricordano i Santi nella speranza che qualcosa possa migliorare e che le opere scritte su Jacovitti in giro in questi giorni non ci colpiscano come meteore mattoni sul nostro povero cranio! ”.!! Sauro che probabilmente dormiva fra le braccia premurose della compagna, apre gli occhi e guardando in tralice Zazie ruggisce come un leone incatenato e ingabbiato!1
    Sauro sei troppo insofferente, non è la prima volta che immagino che Jacovitti possa essere intrappolato e bersagliato da un luogo dal quale cerca di evadere. E’ una situazione che con subdole varianti lui di cero sogna spesso! Io viceversa di chi scrive fesserie su du lui me ne infischio, poiché sno io stesso il primo a farla seguendo la sua esplicità volontà esternata quando parecchie volte lui liberamente ha confessato di essere stato un buffone alle corti di tanti editori incompetenti e disonesti!! Io gli credo, e incomincio a pensarlo quando mi sveglio e mi alzo anche se è prima mattina e cerco di farmi passare il malumore facendo il caffè! Diciamo che l’affanno quotidiano del vivere si riflette in una situazione che fra l’altro è stata sfruttata in parecchi romanzi o film dove la persona in preda a pensieri come questi – quasi sempre innocentemete prodotti dal cervello, si deve poi ingegnarsi per cavarsela in un susseguirsi di situazioni per lui scabrosissime, messo alle srette da falsi amici del “Vittorioso” o di altre amene letture per ragazzi!.
    E’ un classico, che ha come variante il presunto eroe in genere presidente di qualche associazione tipo”Gli Amici dell’Avventuroso e di Topolino”, settimanali gestiti entrambi da Mondadori !! L’eroe del momento che insegue una preda tipo Jacovitti o Caesar oppure Walter Molino e altri artisti di tal fatta, finge subdolamente comunque di dever raggiungere una meta etica per salvare qualcuno o qualcosa. ( penso al film “Pellegrinaggio a Lourdes” dove Vito Gallinari
    entrando spesso nel campo della fantascienza fa sì le cose si complicano perchè così in tale maniera non c’è limite alle variabili delle sue sporche intenzioni .
    Il romanzo che raffigura questo losco o più loschi figuri, che ora per me anziano lettore è al centro del mio interesse e delle mie fantasie è “L’uomo nell’alto castello ” di Philip K Dick abbinato a “Pippo e il dittatore”, che è sì semplicemente una storia a fumetti, ma con l’intenzione di colpire le coscienze, cosa abituale in Jacovitti!! Altro che qualunquista!!

    Parte seconda ma non finale!!
    Ora che sono riuscito a trovare quanto a proposito scrisse la signora Patricia Warrick e che fa parte di un lungo carteggio fra lei e Jacovitti con aiutante Topor, mi sono convinto che certe spiegazioni a proposito di questa o quella cosa del romanzo e fumetto prima citato, sono nate a posteriori, pensate con il senno di poi dallo stesso autore, compreso il senso dell’intitolazione stessa: L’uomo senza baffi nell’alto castello di Flittonia.
    Il fatto che Dick abbia tentato più volte di scrivere un seguito a questo romanzo senza mai portare a termine il progetto e facendo confluire quanto a proposito scritto in altri suoi romanzi di fantascienza dove i nazisti riescono ad entrare nell’unuverso alternativo dove Flitt è scpmparso ma in Flitonia regna il caos più assoluto!!, mi ha fatto pensare che il romanzo e la storia a fumetti del Ditatore con Pippo e Pertica, palla e il cane Tom e la signora Carlomagno come generica nella folla, ha senso aperto anche perché il finale è tale. Cercarne un seguito che ne sciolga i nodi sarebbe cosa ardua, poiché meglio forse lasciare i protagonista in uno stato di sospensione, situazione che corrisponde molto a quanto si verifica nella realtà per tutti noi.
    Io che ne so di quello che mi accadrà domani. Nella finzione posso immaginare che i nazisti ucronici non mi cattureranno, che con il cane sapiente al mio fianco e una lupa bianca, presa in prestito da un romanzo di Williamson, che di giorno diventa una bella giornalista dai capelli rossi, uscirò dalla prigione immaginaria che è il vivere quotidiano. Vorrei anche abbattere i recinti di filo spinato che Sauro Pennacchioli intravede intorno a noi, ma come fare se tutto il mondo ne è pieno?
    Mah, quante sciocchezze!!! O forse no???’
    Buona giornata festiva, domani è il 2 Giugno, buona festa della Repubblica, a tutti!

  12. Per la cronaca, Il film Zazie nel metró, del 1960, è tratto dall’omonimo romanzo di Raymond Queneau, autore molto in voga in quegli anni. La trama, come in tutti gli scritti di Queneau, è semplice ma per chi ha orecchio per il francese in argot particolarmente avvincente: un’impertinente e sveglia bambina di dieci anni viene accompagnata a Parigi dalla madre (la quale ha un appuntamento galante con il proprio ganzo) e affidata a una stramba coppia di zii: lui, in particolare, è un originale e un elegantone profumato sospettosamente, che di notte lavora in un locale notturno vestendo i panni di una danzatrice di flamenco, in un locola notturno di Pigalle dove io Tomaso con Topor ci sono stato un paio di volte, poi alla fine coinvolto in una fuga alle prime luci dell’alba attraverso le cosidette Catacombe per uscire alla fermata del metro “Opera” con il Maggiore Grubert e Moebius con in braccio Zazie addormentata, per trovarci tutti quanti una volta ancora nelle Catacombe ma questa volta quelle lunari, simili a quelle di Parigi ma parte di un satellite lunare Luna Park desunto da un racconto di Philip K. Dicx!!

  13. Storia vera, verissima!!
    Succede anche questo: due (illustri) frequentatori di questo blog Cartoonist Globale si scambiano opinioni, nella sezione dei commenti, su un’opera di grande rilevanza “fumetto7artistica” e poi la recensiscono ciascuno in base alla propria sensibilità.
    Peraltro, ve lo confesso, chi sta scrivendo è un sosia del blogger di Cartoonist Globale: siccome gli hanno tolto la scorta, a volte usciamo io e i miei analoghi per svolgere qualche mansione.
    Il fumetto è il ciclo di Koma, di Pierre Wazem e Frederik Peeters (sotto in una foto mentre è al lavoro nel suo studio, e quindi in un autoritratto sottoforma di zombie).
    Questo commento è dell’esperto di fumetti, onnivoro collezionista e redattore di Vitt e dintorni Tomaso Turchi.
    In prossimo sarà del fumettista e pittore Nestore del Boccio.

    Penso alla bimba Addidas, di professione spazzacamino, che apparentamente vaga nei meandri claustrofobici di una vita sognata, dominata dal re del’ Inconscio (chiamiamolo così): un mostro che crede di essere il creatore di ogni cosa. Non avete ancora letto la saga disegnata da Peeters e scritta da Wazem?? In origine son stati ben sei tomi usciti nell’arco di altrettanti anni – 2003/2008 – editi dall’editrice cosiddetta indipendente Humanoides Associée, poi in Italia in tre soli volumi da Renoir editore ed ora ripropoposti integralmente in solo volume in bianco e nero.
    Addidas, già: la storia di una bambina senza la mamma scomparsa in circostanze misteriose, che ha la sfortuna di soffrire di una strana malattia che ogni tanto, improvvisamente e senza cause apparenti, la fa cadere in uno stato di incoscienza. Insomma, uno scenario apparentemente da romanzo d’appendice.
    In realtà la sua storia evolverà verso altri orizzonti narrativi, fra il metafisico e la parabola etico/morale finalizzata alla liberatoria catarsi finale con la sconfitta di quello che apparentemente potrebbe rappresentare il male.
    La caduta della nel fondo di un camino mentre è intenta a farne la pulizia pulizia, perché tale è la sua professione al seguito del padre (per associazione di idee una situazione che ricorda i bambini utilizzati nelle miniere per infilarsi in stretti cunicoli impraticabili dagli adulti), la porta nel sottosuolo: il rimando al classico di Lewis Carrol è – da un punto di vista letterario – a mio parere palese: come l’alter ego Alice che sotto terra trova il suo paese delle meraviglie, Addidas in una sorta di distorcimento speculare si ritrova in seguito alla caduta verso il basso di certo in un altro “paese”, ma forse non proprio meraviglioso.

    A questo punto il gioco dei rimandi, delle citazioni si fa sempre più illusorio e in un certo senso estraniante.
    Come poter dimenticare la prefazione di Stefano Bartezzaghi alla versione fumettista di Zazie nel metro (anche lei una ragazzina che vorrebbe andare nei meandri sotterranei ma non ci riesce [anche se – è risaputo – esiste una precedente versione di Raymond Queneau nell’ambito della quale Zazie insieme alla nonna esplora per più giorni la rete metropolitana parigina] dovuta a Clément Oubrerie (In Italia Lizard/Rizzoli 2011), nel contesto della quale Zazie viene accostata ad Alice e persino all’impudica ninfetta Lolita di Nabokov?
    Vabbe’, per ora lasciamo perdere queste derive letterarie e torniamo alla nostra Addidas.
    Nelle profondità della terra si muovono esseri di wellsiana ( The time machine, ricordate?’) memoria che accudiscono macchine le quali controllano i simulacri(??) degli umani che popolano la dimensione onirica (se tale è, ma certezze non ce ne sono) del mondo.
    Ma l’imprevedibile accade.
    Aiutata da uno dei “mostri”, quello che dovrebbe accudire alla macchina in simbiosi con la sua esistenza e che rivela una inaspettata umanità e capacità di libero arbitrio, Addidas accompagnata e aiutata da questa sorta di “guida”, decide di affrontare l’entità che tira i fili del destino.

    Anche in questo caso la narrazione ha elementi di classicità, perché molti sono stati i personaggi che accompagnati da animali amichevoli, da esseri non umani (vedi Il mago di OZ) o da vere e proprie guide con forte connotazione simbolica (Virgilio [chiedo venia agli studiosi di Dante]), affrontano pericoli di ogni genere e tipo.
    La volontà della piccola Addidas sarà più forte di quella del supposto Creatore. Il trionfo della sua innocenza infantile? Il suo amico mostro che modifica in positivo il delicato equilibrio che regola la sua macchina vitale??
    Dal mondo fortemente industrializzato rappresentato da una città formalmente clonata dal periodo storico collocabile fra le due grandi guerre del 1900 o forse anche prima, con tanto di stato poliziesco e novella Gestapo, Addidas vuole fuggire per andare/tornare alla campagna.
    La campagna come simbolo oppositivo alla rivoluzione industriale?
    Pervicacemente, senza remora alcuna, Addidas attirerà il Padrone nel suo mondo interiore e lo trasformerà annientandone l’individualità e la volontà. Una sorta di discesa nel Nirvana per il Creatore??? Che in tale situazione palesa i suoi limiti e si rivela essere non onnipotente.
    Alla fine, in pratica, inizia la vera storia con Addidas libera ma sola, che i creatori del fumetto, Wazem e Peeters non possono ovviamente raccontare, poiché tutto è già stato scritto e disegnato.

    Il dato dell’inspiegabilità regna sovrano.
    A meno che l’interpretazione di Koma non sia basato su parametri meno concettuali, con Addidas simbolo dell’innocenza infantile, che proprio per questo suo dato di naivitè affronta e sconfigge il male, che contro lo sguardo puro di un bambino appare assolutamente impotente.
    Non so, fate voi. tomaso prospero | 20 Febbraio 2012 alle 12:31Per Elisa (senza accompagnamento musicale).
    Quale il senso del finale di “Koma”? la ragazzina Addidas vinto il mostro tuttofare impone la sua realtà – che sarebbe poi quella nella quale tutti viviamo – e in un mondo azzurro e verde lontano dalle tonalità cupe delle tavole precedenti, sola, guarda dall’alto il paesaggio sottostante.
    Ehh, il ritorno alla realtà dopo l’incubo, il trionfo della volontà di sopravvivere contro le avversità dell’esistenza??
    Metto il punto interrogativo, poiché il mostro creatore trasformato in una massa brulicante di vermi in effetti non è morto.
    L’ultima vignetta che ritorna all’uso tonale del colore e raffigura il sottosuolo come un groviglio di radici(?) allude alla forma tentacolare del mostro creatore: Wazem, dacci la luce!!

    I miei due ultimi commenti non sono ancora apparsi: dispersi nella rete?? O nella neve? che anche questa mattina scende a larghe falde!!
    Va beh: avevo solo fatto delle considerazioni sull’uso del colore in “Koma”, storia concepita per l’uso del colore e disegnata certamente tenendo conto di questo dato.
    Peeters, Wazem e la colorista hanno lavorato sicuramente in sintonia per raggiungere certi effetti .
    Quindi non è colore aggiunto a caso, come a volte può capitare, penso alle strisce giornaliere di Topolino anni trenta, ma anche a lavori di Jacovitti con i “Tre Pi” nati in bianco e nero , poi successivamente colorati pensando solo all’uso della cromia come riempitivo di aree.
    “Pippo e la guerra” e “Pippo e la pace ” ad esempio….
    Ma anche alla ricolorature di avventure di “Blake e Mortimer” di Jacobs, apparse su “Tintin”settimanalmente colorate in modo naturalistico, con azzurri, verdi e rosa, poi stampati in albun in quel modo ma ristampati poi, a morte di Jacobs avvenuta, con una scelTa tonale dei colori, previlegiando la gamma dei viola e dei gialli: un falso filologico, insomma.
    Con “Koma” invece non sono stati fatti questi “giochetti”: semmai è l’integrale in bianco e nero che sbilancia tutta la storia.
    Per me è stato necessario confrontare le due versioni, ed alla fine pur apprezzando il solo bianco e nero per la concisione del disegno, preferisco la versione a colori che crea la giusta – secondo me- atmosfera.
    Va beh, passo speranzosamente la parola ad eventuali esperti in grado di approfondire questo aspetto; con l’auspicio che i letterati poeti del surreale/assurdo risparmino questo post:
    Thank you in advance!!!

  14. Queneau parlava bene ed era comprensibilissimo! Zazie , ragazzina cresiuta in provincia a Parigi si trovava a disagio, dalle parti del quartiere di Pigalle dove il francese si mescolava con molte altre lingue!! Anche Jacovitti con Pasqualino Rififì parlava in dialetto di Termoli, non si capivano ed erano felici e contenti!! Il linguaggio parlato poi, se trascritto alla lettera, a volte non ha quasi senso. Una questione di codice!! Guardo Capac in compagnia di Giorgio Ventura del 1947 su “L’Avventura” edita dal romano Capriotti che non era poliglotta , l’italiano non lo capiva quasi, in romanesco quartiere Prati se la cavava! Guardo lo Zio di Ventura e dico:” tu dovresti sapere qualcosa, che al posto delle parole scritte annodi cordicelle!! Su questo aspetto famosi scrittori hanno giocato le loro carte, non ultimo il prima citato Raymond Quenau. I suoi giochi linguistici hanno fatto scuola. Certo, difficile assomigliare anche lontanamente a Queneau, oppure a Calvino che tradusse del maestro francese l’intraducibile ! “Lisca di pesce” sbadiglia , apre bene gli occhi e mi guarda dando segno di far finta di non conoscermi! si alza e ci saluta dicendo:” devo andare alla galleria del teatro Odeon dove Corteggiani insieme a Gianni Brunoro – il quale mi ha ricevuto ieri mattina alla gare de Lyon con Turchi Tomaso Prospero – e Wolinsky mi aspettano per inaugurare una mia personale, non solo Cocco Bill richiesto a gran voce, ma con ben 500 tavole originali, comprese tutte le puntate di Caramba, Cucu, Chicchirichi e Cin Cin . Quest’ultima storia poi, risalente alla fine del 1943 la terminai contemporaneamente alle illustrazioni di “Pinocchio” fatte per l’editrice La Scuola. Ricordo ancora bene quando fui contattato da Vittorino Chizzolini, anima dell’editrice bresciana. Il Nostro sospira e ci saluta agitando la mano. Va beh, penso io, Jacovitti ne avrebbe da raccontare! Già,

  15. tomasoprospero | 23 Gennaio 2013 alle 21:50

    io partirei con le immagini della prima pagina di topolino 1949 c0n la storia “Topolino e il cobra bianco”, il n°730, ad esempio. Storia che finirà sul n° 1 libretto. A pagina 6 La tigre di Sumatra di caprioli, puntata 18.
    Poi con qualcosa del Vittorioso 1949 : Craveri, Caprioli, Jacovitti. Non male
    Io però posso scannerizzare mezza pagina alla volta. Che ne dici?’

    Rispondi
    Luca Boschi | 23 Gennaio 2013 alle 12:17

    Se cominci tu a commentare, okay, chiedo a Carlini di poter riprodurre qualche immagine delle sue e andiamo avanti!
    Poi, ri-evidenzio questo post, gli ultimi commenti ormai sono da tempo fuori home page e magari molta gente se li è persi!

    Rispondi
    tomasoprospero | 23 Gennaio 2013 alle 11:10

    Sul sito di Mario Carlini appaione le prime tre tavole a colori della storia di Bertolotti/Craveri, pubblicate nel 1949 su “Il Vittorioso”: potrebbe essere un bell’inizio per parlare della storia stessa e di quel particolare momento storico relativamente ai fumetti dell’AVE e dintorni:1949/50, ne accaddero delle cose in quei due anni….. Topolino, L’Avventurae L’Intrepido passano dal formato giornale a quello libretto.
    Resistono “Il corriere dei Piccoli”, il Vittorioso e in futuro “Il Pioniere” e (1957 Il Giorno dei Ragazzi”).
    Un bel poco di carne al fuoco!!!

  16. Son qui A Parigi su la “butte” delle ex quaglie con Sgarbi che stranamente è silenzioso, mentre le onde gravitazionali generate dai buchi neri macro si scontrano a miliardi di anni luce dalla terra, quindi, a noi non dovrebbero interessare! Invece l’Universo è uno per definizione, altrimenti dovrebbe essere usato una diversa denominazione! Con con Il vecchio cane Ezechiel che oggi piange perché ha compiuto 20 anni e si sente vecchio!! Io lo consolo, io di anni ne ho compiuti 86!! Ma noi siamo un granello di polvere nell’Universo, anche se tutto ha un peso, e l’insieme dei pesi non hanno fine poiché il tempo scorre mosso dalle onde gravitazionali stesse! Einstein l’aveva già scritto nel 1919!! Forse addirittura non era ancora nato!! Intanto verso la fine della storia del “Maggiore Fatale”, Mosca bianca è rimasta sola e Moebius deve risolvere la situazione narrativa!!Ma Ezechiel appena nato sull’asteroide del Maggiore Gruber, in arte mosca bianca, riesce a fuggire con il cagnolino nascosto sotto i vestiti ed entrare, attraverso una porta per gli altri invalicabile, nella metroplitana numero 6 “Opera” di Parigi!! essendo nato sull’asteroide è immortale come il maggiore Gruber, quindi posso continuare la storia senza patemi d’animo!! Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano non solo come apparentemente sembra sulla sua superficie, coinvolgendola nel loro moto, non solo a distanze diverse ma anche in profondità verso la dimensione del subconscio, con diversi effetti; il povero Lo Pazzu sprofondato sul fondo del laghetto del bois di Vincennes, con il probabile intervento della la ninfa detta anche Nereide, che lo aspetta e lo salverà dal torpore paralizzante delle acque gelide, la canna di Gori pescatore di frodo, la barchetta di carta opera sublime del diabolico Sani, il galleggiante del pescatore Bellacci che non demorde anche se da decenni la sua pesca è infruttuosa o quasi! Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, invenzioni e l’immersione nella dimensione dell’automatismo creativo e del surreale! Sono parole illuminanti, queste di Gianni Rodari e del suo occulto suggeritore a posteriori, Tomaso Prospero, che dovrebbero far capire qual è il senso profondo della sua Grammatica della Fantasia: non un manuale di istruzioni ma un serie di impulsi, che, come sassi nello stagno, generano occasioni di riflessione e di approccio espressivo sui processi che guidano la fantasia. L’espressività è alla base di quasi tutto quello che si va scrivendo, una manipolazione creativa del nostro povero cervello stimolato a non essere meramente ripetitivo!! Da un intervento, credo, di Luca Boschi , esorcizzato per ragioni occulte!
    Il primo volume che Non analizzerò, “ Dal SignorBonaventura a Saturno contro la terra” di Pier Luigi Gaspa, per farvi un favore, lettori in genere , è un saggio fondamentalmente cólto/didattico, rivolto- io credo- ad una utenza di lettori diversamente impegnati, o comunque non adusi ad affrontare simili letture, senza alcuna storia a fumetti ristampata, anche se con moltissime figure a corredo. Non che gli interventi scritti sui volumi jacovitteschi editi ad esempio da “Stampa Alternativa”, siano viceversa più “popolari”, no, tutt ‘altro, ci mancherebbe, ma la parte fondamentale è rappresentata dalle ristampe dei fumetti. Però i due volumi in questione in un certo senso si assomigliano perché ripensano in modo diverso entrambi cose già conosciute in parte in precedenza, con la stranezza di non prendere, mi pare ( se mi sbaglio chiedo scusa in anticipo) mai in considerazione alcuni fra le decine e decine di articoli scritti sul “tempo di Jacovitti” e i suoi dintorni vasti ed eterogei, pubblicati soprattutto su, “ Informavitt / Vitt & Dintorni”, anche se la bibliografia, da pagina 169/72, è veramente cospicua. Per altri versi, su differenti volumi precedenti, quanto è stato scritto è esemplare, vedi il lungo intervento di Goffredo Fofi nei riguardi del periodo storico del 1960/80 all’ interno del quale vengono a collocarsi “Gli anni d’ oro del diario Vitt”. Un intervento degno di quell’ intellettuale impegnato che Fofi è. Criticato però inopinatamente da Gori, Boschi e Sani all interno del loro remake “ Jacovitti. Sessant’anni di surrealismo a fumetti”. Penso alla parte- maggioritaria- dedicata alle storie a fumetti sui libri di Stampa Alternativa, che non di rado dal punto di vista della riproduzione grafica è scarsa: vedi Peppino il Paladino ( una cosa, secondo me, incomprensibile). Certo, il prodotto è – forse- rivolto ad un utenza non specializzata nei riguardi dell epos jacovittesco, però in questo modo, comunque, non si rende un buon servizio alla memoria del rimpianto Lisca di Pesce. Bellacci mi chiese circa 10 anni fa, se su Vitt & Dintorni ci sarebbe stata una presentazione o recensione del volume edito da Nicola Pesce, chiedendo eventualmente a me di provare a farla. Non è da tutti trovare il filo di Arianna che permette di percorrere il labirinto jacovittesco rappresentato da quanto da lui prodotto dal 1939 ad un momento imprecisato degli anni 90. E di capire bene il senso di questa sterminata produzione. Credo, penso, che il lavoro di Bellacci, Boschi, Gori e Sani miri a questo. Secondo me il progetto se è come io suppongo- è veramente ambizioso, nel senso non di una sfrenata brama di onori e casomai anche soldi, ma di un forte desiderio di raggiungere un obbiettivo importante. Sinceramente non saprei dire se poi questo in effetti è avvenuto: da che cosa nascono i miei dubbi? Dal fatto che- è ovvio, ma lo dico lo stesso- quanto scritto, specialmente dai magnifici tre toscani,( Bellacci lo tiro fuori, poiché la sua parte è tecnicamente ineccepibile) esprime spesso pareri e valutazioni storico critiche molto personali, a vote dissonanti con quello che di quelle stesse cose penso io; se la questione viene posta in tale maniera i contenuti del volume in questione sono automaticamente da considerarsi discutibili. Ovverosia cosa sulla quale si potrebbe discutere. Però una ipotesi del genere per concretizzarsi dovrebbe usufruire del dialogo fra le opposte ( in senso amichevole) parti. Ma non credo che Boschi, Gori e Sani, o anche uno solo dei tre, abbia motivazioni per farlo, con me o chiunque altro. Io ho scritto, ma non ho rivevutorisposta, a parte sul blog di Leonardo Gori Se si volessi fare una recensione approfondita del volume qui in questione – attualmente ancora stranamente latitante da molte librerie- non si potrebbe prescindere dal dialogo. Chiaramente una presentazione su Vitt & Dintorni nell’ ambito della rubrica Sullo scaffale dei libri mi pare doveroso si debba fare. Ma in quale modo??? Io a proposito in effetti qualche idea ce l ho.Nel centenario della nascita di Benito Jacovitti (Termoli, 19 marzo 1923 – Roma, 3 dicembre 1997), la prima iniziativa avviene nel comune di Sutri, nell’ultima mostra della mia sindacatura, dal titolo allusivo «Triste, solitario y final». Mi auguro che i miei concittadini si possano compiacere di questo primato nel ricordare uno degli artisti più liberi, fantasiosi e originali del nostro Novecento parallelo, che trova negli illustratori, talvolta considerati con sufficienza, dei veri maestri, liberi dall’obbligo di testimoniare le inquietudini della storia. 
    “Il mondo di Jacovitti”, mi sussura Sgarbi, “è il mondo del sogno, dei bambini, dell’infanzia che ci accompagna per tutta la vita. Alla fine potremmo rinunciare alla pizza ma non a Jacovitti, a costo di ritrovarci con un salto nel tempo di nuovo nel 1939 sul “Brivido “, giornale in vernacolo fiorentino a ripartire dalla panoramica della “Linea Maginòt”e alle successive illustrazioni di Jacovitti con i suoi “Tre PI” e gli Inglesi sul “Vittorioso, con i fumetti ancora non pubblicamnte invisi dalla cultura italana rimescolata dei pedagoghi con la testa immersa nei pregiuduzi ottocenteschi, e le loro didascalie spesso in rima, cose adatte au bambini, poiché il “baloon” contenente il discorso parlato che esce dalla bocca “pipetta” per confluire nel baloon, era”forse” un odiato parto americano, tanto che del 1908 sul gia citato “Corriere dei Piccoli” era avulso!! Da chi? Beh nel 1908 non potevano essere i “fascisti” che non esistevano, ma i “pedofoghi! purtroppo sì!! Riprende Sgarbi “: L’illustrazione sta alla grande pittura come la pittura vascolare ai dipinti dell’antichità. Il Corriere dei Piccoli, Il Vittorioso, Il giorno dei Ragazzi e tutti i loro supplementi e collane relative, Jak Mandolino in albo ( anche), resteranno a testimoniare una storia parallela senza rapporti con la realtà sempre più tragica. Il mondo di Jacovitti è il regno dell’infanzia che risponde a una realtà in cui anche le guerre sono un gioco e le armi restano giocattoli. Ne era consapevole lo stesso Jacovitti. La sua avventura umana e artistica è raccontata nel libro Cento anni con Jacovitti di Stefano Milioni e Edgardo Colabelli con l’introduzione di Vincenzo Mollica. La consapevolezza che, per ragioni politiche, Jacovitti è stato sottovalutato è anche in un intervento di Goffredo Fofi per il prossimo numero di linus dedicato al grande artista, al quale la formula «artista» sta stretta, come lui stesso chiarisce: «stare nella realtà è possibile solo se riesco a riderne».

    Un giornalista di Libération chiese a Benito Jacovitti nel 1997: «Ma lei ha avuto un’infanzia felice?». «Sì che l’ho avuta – rispose Jacovitti – ma, ahimè, l’ho perduta». Credo che il senso più autentico della verve del Nostro almeno in parte sia dovuta alla sua giovinezza mentale ! Che poi Jacovitti abbia virtualmente cercato di non crescere, di non essere mai adulto, alla ricerca sempre di un’infanzia perduta, mi pare cos dubbia, se pensiamo alla lenta metamorfosi della natura delle sue storie, che erano certamente fruttu di un a mentalotà giovanile per almeno finchè non ha iniziato ad invecchiare nel corpo e nella mente!! Con i piedi credo sia sempre stato bene per terra, con le sue paure ed annsie, lontano nella vita un da un universo, un wonderland alla Lewis Carroll di matrice storiva “vittoriana” inconcepibile nel suo tempo della sua vita durante la guerra e seguito!!, Jacovitti, nonostante le sue manifeste simpatie per i conservatori, non era stato certo troppo più tenero con gli altri.
    Io da buon parola scrittaci tengo a ribadire attraverso quanto scrivo la mia individualità. Comunque, dovrei venire a più miti consigli e non partire lancia in resta criticando questo e quello?? Non so, mi sbaglio?? Questo mi viene suggerito anche da Nato Diavoli, che dopo aver letto una bozza del mio articolo intitolato “Jacovutti senza Rififì & Dintorni”, mi ha amichevolmente tirato le orecchie. Io l’ ho poi un poco modificato. Però alla fine ho scritto quello che mi frullava per la testa e che trovate qui di seguito e in precedenza. Il lavoro è adatto per gli Amici del Vitt?? Mah?. Cordiali saluti. Tomaso .

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