COSA RIMANE DI MOEBIUS, IL DISEGNATORE CHE DOVEVA RIVOLUZIONARE IL FUMETTO

COSA RIMANE DI MOEBIUS, IL DISEGNATORE CHE DOVEVA RIVOLUZIONARE IL FUMETTO

Chi c’era, non può non ricordare l’eccitazione scatenata nella seconda metà degli anni settanta dalle opere rivoluzionarie di Moebius, l’autore francese che teorizzava la realizzazione di storie “a forma d’elefante, di campo di grano o di fiammella di cerino”, pubblicate dalla rivista francese “Metal Hurlant” e in Italia da “Alter Alter”.

L’operazione compiuta da Jean Giraud (1938-2012) con lo pseudonimo di Moebius era il tentativo velleitario di un autore che, sentendosi limitato nelle bellissime storie western realizzate su testi di Jean Charlier per la rivista “Pilote”, voleva portare il fumetto a un livello artistico ancora più alto. L’autore di Blueberry era però solo un disegnatore. Bravo, bravissimo, forse eccelso. Ma solo un disegnatore. E questo gli ha impedito di vedere la strada che portava a quell’altro fumetto da lui solo intuito oltre il muro dei suoi limiti.

a10d11693248d4b5eb1623b98af426baLa strada dal punto di vista del testo la vedeva invece, e con grande chiarezza, un altro autore nato di là dall’Oceano ventun anni prima del collega europeo, Will Eisner. Eisner, costretto a lavorare dentro la gabbia di un personaggio in maschera, The Spirit, aveva cercato soddisfazione nello sperimentare ogni genere di tecnica narrativa e grafica, esplorando il pur vasto spazio del fumetto tradizionale fin nei più riposti recessi, impadronendosi così di tutti i suoi segreti. Sparito dalla scena fumettistica all’inizio degli anni cinquanta, ci è tornato solo nel 1978 con la raccolta di racconti a fumetti “Contratto con Dio e altre storie”.

moebius-arzac-19Il lavoro di Moebius che più pienamente rappresenta il risultato della sua ricerca puramente grafica è di due anni prima. Rodato il suo pseudonimo con qualche storiella uscita negli anni Sessanta su “Hara-Kiri”, “Charlie” e “L’Echo des Savanes” e all’inizio dei Settanta sulla stessa “Pilote”, Giraud lo consolida nel 1975 nei brevi racconti di Harzack/Harzac/Arzach/Harzak/Arzak/Harzakc/Arrzak, dove, a cominciare dalla fluttuante grafia del nome del protagonista, manca qualsiasi consistenza che non sia quella di un disegno che esplode liberandosi dai tradizionali limiti delle anguste vignette del fumetto francofono come nei colori, facendosi spesso pura illustrazione. Narrativamente, non si va oltre lo scherzo. La teoria che sottiene al nuovo percorso artistico dell’autore è chiara: per suscitare emozioni il fumetto non ha bisogno di storia. Ed è rivelatrice della natura psicanalitica della ricerca: l’uccisione del padre-sceneggiatore per potere amare liberamente la madre-grafica. Figlio del sessantotto, sognatore di improbabili rivoluzioni che cambino la natura stessa delle cose, Moebius/Hide si dimostra incapace di concepire un altro fumetto, o meglio un fumetto altro, in cui testo e disegno vadano avanti insieme crescendo/cambiando contemporaneamente per ascendere a un più elevato valore narrativo.

moebius-harzak6Limitato dalla sua natura mentale prettamente “disegnativa”, l’autore si applica dunque l’anno successivo alla sua opera più ambiziosa, “Il garage ermetico di Jerry Cornelius”, dove affastella in totale libertà situazioni incongruenti e una pletora di personaggi uno meno giustificato dell’altro, anche se sul finale, quasi presentendo la propria inevitabile resa, sembra voler cercare una “quadra” del caos fin lì lasciato libero di fluire disorganicamente. La ricerca, per il suo stesso limite teorico, non riesce ad andare più in là di un accumulo di sterili e spesso stilisticamente incoerenti, anche se talvolta bellissimi grafismi fini a sé stessi.

moebius15Come un moscone che intravede la libertà oltre la finestra e continua a sbattere contro il vetro che non vede, per pagine e pagine, episodio dopo episodio, Moebius destruttura la narrazione della sua opera, la sbeffeggia, la stravolge cercando di riunire, come nel nastro da cui l’autore prende il nome, in un unico percorso le due facce del fumetto, ma riuscendo in realtà soltanto a eliminarne una. La finestra rimane di conseguenza chiusa e, abbandonate le velleità rivoluzionarie, ben presto l’autore rientrerà con entrambe le sue personalità artistiche nei percorsi tradizionali, arrivando da un lato a ereditare da Jean-Michel Charlier, prematuramente scomparso nel 1989, anche i testi del suo Blueberry, e affidandosi dall’altro alle sceneggiature del visionario ma tecnicamente tradizionalissimo Alejandro Jodorowsky.

15424577_1633336260025889_1133385908_nUna nuova strada riesce invece a trovarla Will Eisner nel genere realistico e parabiografico, non confrontabile con quello assolutamente fantastico di Moebius. Da sempre narratore completo, nella gabbia di Spirit ha compiuto, come abbiamo visto, i suoi esperimenti sia sul fronte grafico che su quello della sceneggiatura. E quando sente il bisogno di portare il fumetto da un’altra parte non si getta contro il vetro della finestra, ma esce semplicemente da uno spiraglio della porta. Lo ha aiutato, certo, la sua storia personale di ebreo figlio d’immigrati, di persona vissuta durante gli anni della Grande Depressione americana e poi a cavallo della devastante Seconda Guerra Mondiale. L’urgenza di testimoniare la sua realtà e la sua storia, senz’altro più ricca e profonda di quella del più giovane e aproblematico collega europeo, lo ha sostenuto, sospinto e motivato nella ricerca del metodo e della misura del nuovo fumetto che andava cercando, ma che non avrebbe mai trovato senza mantenerne l’unione di testo e disegno.

Alla verifica del tempo i percorsi artistici dei due grandi autori hanno dunque avuto esiti opposti. Fallimento per il “disegnatore” Giraud, la cui rivoluzione non ha avuto alcun seguito positivo, giacché anche gli autori comunemente indicati come “segnati” dalle sue opere (Andrea Pazienza, Frank Miller e Katsuhiro Otomo) hanno percorso strade narrativamente tradizionali. Successo invece per Eisner, nella indicazione (se non “creazione”) di un nuovo modo di fare fumetto che, al di là delle più o meno sterili polemiche sul graphic novel, ha mostrato il cammino a un numero sempre crescente di autori (Art Spiegelman, David B., Marjane Satrapi e Gipi per non citare che i più noti), aprendo nuove frontiere narrative ed editoriali al medium.

La vicenda si conclude mestamente con l’uscita del volume “Arzak: L’arpenteur” dove, trentatré anni dopo la prima apparizione in volume del personaggio, il “rivoluzionario” Moebius rinuncia a ogni sua velleità, fa la pace con l’alter ego Jean Giraud e fa confluire le proprie due anime in questa westernizzazione della sua creatura fantascientifica, restituendole quella parola senza la quale l’aveva provocatoriamente fatta nascere. Il risultato è un’avventura progettata in tre volumi coprodotta dalle case editrici Moebius Productions e Glénat. Il primo tomo, rimasto anche l’unico per la morte dell’autore, apre su due scenari apparentemente slegati: lo spazio profondo, dove un vascello della Confederazione Dessmez è attaccato dal terribile pirata Kimorg Barbax, e Tassili, il pianeta d’origine dei Werg colonizzato dalla Confederazione, dove l’agrimensore (!) Arzak svolge il suo compito censendo senza fine quel territorio caotico e cercando al contempo di scovarne le anomalie per stabilirvi l’ordine umano. Ideologicamente, una restaurazione in piena regola.

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11 commenti

  1. Mai trovato noioso il Garage Ermetico o le altre opere “ermetiche”. Anzi, ogni volta mi diverto a scoprire nuovi particolari e inventarmi nuove sottotrame in mezzo alle tavole
    Il primo merito di Moebius è quello di essere andato “oltre” il fumetto, oltre lo schema narrazione – immagine, coinvolgendo il fruitore a un livello nuovo rispetto alla semplice lettura, quello della lettura creativamente partecipata. Quindi in effetti Moebius *ha* rivoluzionato il fumetto. Ma non tutti se ne sono accorti 😀

    • Giustissimo, ottima analisi !!!!

  2. Sono a malincuore d’accordo con l’analisi… -lo dico da fan di Moebius… Purtroppo è vera la sproporzione tra l’eccellenza del “visualizzatore” di altri universi e la normalità dello sceneggiatore… Ma va detto che il primo membro è troppo sperequato rispetto al primo: non si può essere geni assoluti in DUE campi contemporaneamente… Resta il rimpianto di non potere vedere mai più messa in opera la terza (?) fase di Giraud, quella forse della maturazione definitiva… un peccato, non diverso da quello che ci ha afflitto per la morte prematura di Pazienza, a metà di quel capolavoro che è “Storia di Astarte”…

  3. È solo un Narciso che si riflette in questa pura gioia di visione.???mi sembra difficile condividere ie premesse ..dello script…devo comprare degli occhiali nuovi..me li rileggo con calma..

  4. Ci sarebbero molti forse da dire invece di elargire verità assolute. Autori che amo entrambi per ragioni diverse. Eisner è stato innovativo e ha lasciato eredi? Graficamente una cippa, non ha lasciato nessuno o quasi. Narrativamente trovo difficoltà ads accostare Spiegelman o Gipi o altri, Eisner è Eisner e basta. Ha in ventato il Graphic Novel? Intanto cominciamo a mettere l’articolo giusto, perché la romanza grafica fa sganasciare dalle risate, anche qui non sono del tutto certo, è stato uno dei padri, sicuramente… ma non ha rivoluzionato nulla. Moebius pure non ha rivoluzionato, ma ho apprezzato assai l’anarchismo del Garage Ermetico, lo disse lui stesso che lo realizzò in piena libertà, senza seguire una linea retta, ma come un jazzista improvvisando ad ogni “episodio”. Forse non è rivoluzionario, ma inconsueto e stimolante sì.

    • LA graphic novel va bene. in quanto la concordanza morfologica prevale su quella lessicale

  5. Un delirio grottesco !!!!! La rivoluzione odierna del fumetto (precisando, a 40 anni dalla comparsa del più grande fumettista/grafico/illustratore/artista degli appunto ultimi 40anni…), sarebbero le Graphic Novel, Gi/Pi ?. Che Dio ci aiuti !!!!
    Un ultima cosa, tanto per precisare ancor meglio, visto che di fronte a tali parole ‘dell’articolo’ verrebbe da tacere e basta, per l’assoluto ASSURDO che fa trapelare..
    Ha presente “Blade Runner’ (spero almeno che su questo possa almeno pensare, lei, che sia un capolavoro della filmografia di fantascienza…).
    Bene, a proposito del ‘nulla’ narrativo di Moebius, conosce la sua storia:” The Long Tomorrow”, se no la vada a rileggere.
    Bene, “The Long Tomorrow”, ha anticipato, sia la Storia, sia l’ambientazione, sia le atmosfere etc.. di ‘Blade Runner’ con almeno 2anni di anticipo !!!!!. Questo era il ‘Nulla’ narrativo e poetico di Moebius…
    ps. E come il primo commentatore, MAI annoiato con le storie dell’ immenso Moebius!

  6. Concordo sopratutto con Nik Corona, Moebius immaginò Blade Runner e fu il vero autore di quella rivoluzione visiva che inaugurò una nuova stagione nel film di fantascienza. tanto é vero che Ridley Scott già col secondo capolavoro, Alien, lavorò con Jean Jiroud per l’ideazione visiva di svariati elementi del film. Io allargherei il campo visivo a tutta la stagione di Metal Hurlant, in quanto il nostro fu solo uno dei capofila di quella rivoluzione narrativa per immagini, ricordo Corben, Druillet, Caza, Bilal che si avventurarono nell’esplorazione non solo di futuri possibili, ma di realtà altre, parallele, di universi in cui il senso conosciuto delle cose era messo a dura prova, quasi sempre prive di riferimenti spaziotemporali. una vertigine borgesiana che non poteva non riguardare anche le strutture narrative. Sarebbe come contestare a Dalì che le sue invenzioni avessero poco senso. Detto questo, l’articolo mi é piaciuto perchè c’è del vero in quello che scrivi, l’inafferabilità di Moebius da un certo punto di vista era anche un suo limite, la sua autobiografia “Il mio vero io” che lessi decenni fa mi risultò irritante tanto il nostro campione si autocelebrava e Jodoroswski stesso ebbe non poche riserve sul suo conto dopo aver lungamente collaborato con lui.
    Resta il fatto che fu qualcosa di diverso da un fumettista, e se lo vogliamo considerare tale c’è stato di meglio in giro, ma un geniaccio lo fu sicuramente, antipatico, inavvicinabile, ma nei tempi in cui viviamo di un trionfale ritorno di stilemi sempre uguali (tranne poche ma eccellenti eccezioni) l’arrivo di Metal Hurlant con lui in testa fu un vero vento di cambiamento, per ora sospeso e incompiuto, ma non é detto…

  7. Quello che principalmente Moebiusvoleva fare era liberare il fumetto francofono dai suoi codici di narrazione tradizionale. Essendo un grandissimo visualizzatore, dopo aver lavorato nel fumetto tradizionale con Blueberry, su testi di Charlier ha cercato non da solo ma anche assieme ad altri artisti di Metal Hurlant, da Druillet a Caza, a Bilal e molti altri, di fare esplodere tutte le potenzialità del fumetto, anche in Francia, anche perchè si era visto col fumetto underground americano che c’era molto ancora da esplorare.
    Ha anche dato grande importanza all’immersione del lettore nella pagina a fumetti, un lettore quindi che diviene anche protagonista, perchè crea a sua volta, sia quando Moebius elimina il testo, sia quando presenta dei testi quasi fittizi o comunque misteriosi.
    Eisner sviluppa la narrazione tradizionale portandola ad altissimi livelli, di pari passo con una grande inventiva grafica. La grafica riflette la narrazione viceversa. Ma è comunque tutta narrazione tradizionale, per raccontare belle storie che potremmo leggere in un bel romanzo.
    Moebius non cerca questo, anche perchè non saprebbe farlo altrettanto bene: così si aggira sia graficamente che dal punto di vista delle storie immaginate e testi, nei territori del romanzo sperimentale, il surrealismo di un Raymond Roussel, certe invenzioni di Michael Moorcock, le storie tra sciamanesimo e onirismo di Carlos Castaneda, e in più tante cose ispirate anche dal suo amico Jodorowsky.
    Chiaramente la parte visiva nel suo lavoro è sempre la chiave più importante che permette di accedere al resto. Moebius non è certo Charlier nè Jodorowsly dato che voleva fare qualcosa di diverso dal normale, con un approccio più artistico e personale, ma ovviamente nel fumetto, che è un medium di massa, è ben difficile far capire cose al lettore senza utilizzare codici e meccanismi propri della narrazione tradizionale.
    Ecco perchè L’Incal, con Jodo ha una narrazione tradizionale accoppiata però con belle invenzioni visionarie che Moebius riesce sempre a tradurre in immagini splendide realizzando così un fumetto di fantascienza di grande successo, tanto quanto Blueberry lo fu per il western.
    The Long Tomorrow è un grande fumetto. In poche pagine Moebius visualizza un futuro che iconograficamente diventerà grazie alla passione di Ridley Scott per il suo lavoro, la base di film come Blade Runner. Ottimi i testi del grande Dan O’ Bannon, sceneggiatore effettista ed autore mai abbastanza considerato, che usa la base di una storia noir per veicolare però nuovi concetti e visioni del futuro.

  8. Mi sembra un confronto, quello con Eisner, un po’ forzato. Apprezzo entrambe gli autori, per motivi diversi. Cert è che, piaccia o no, Moebius ha effettivamente rivoluzionato la concezione di fumetto. Eisner si colloca piuttosto nella corrente degli innovatori. Due grandi che, in ogni caso, smossero le placide acque dei comics.

  9. Il colore perdio! Eisner e’ sicuramente eccelso come fumettista ma la differenza con Moebius e’ il colore! Come si fa a non vedere che l’uso del colore mette Moebius su tutt’altro piano rispetto alla maggior parte dei fumettisti? Mah, questo articolo e’ per me un mistero, come fare un paragone tra la TV in bianco e nero e quella a colori, certo ci sono capolavori in BN ma il colore’e’ la vera rivoluzione e permette di raccontare una storia semplicemente tramite l’utilizzo dei colori. Non si puo’ fare un analisi della narrativa di Moebius senza tener conto del potere della sua colorazione, c’e’ gente, come me, che si perde nei suoi disegni anche, se non , sopratutto per i colori….

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