LA GUERRA DELLE VIPERE

LA GUERRA DELLE VIPERE

Firenze, Campo di Marte, 22 settembre 1965. Un drappello di una trentina di uomini è pronto all’azione: sono operai, vigili del fuoco, militari armati di lanciafiamme. Contro di loro, un nemico silenzioso e micidiale: la vipera!
I lanciafiamme colpiscono veloci e inesorabili e nel giro di qualche ora le erbacce sono ridotte a un cumulo di cenere. Ma con grande sorpresa, delle vipere non c’è neanche l’ombra. Tuttavia, osservano le autorità, l’incendio non è stato inutile: prevenire è meglio che curare.

LA GUERRA DELLE VIPERE

Genieri con lanciafiamme in azione al Campo di Marte (La Stampa, 23 settembre 1965)

 

L’allarme era stato dato qualche giorno prima: tra le sterpaglie della zona erano stati avvistati due rettili ed era stato deciso l’intervento. C’era stato anche un ritrovamento in pieno centro città, a piazza Santa Maria Novella, rivelatosi però un’innocua biscia, forse trasportata accidentalmente da un autobus proveniente dalla provincia.
La situazione di Firenze non è isolata, a partire dalla metà degli anni sessanta da varie parti d’Italia giungono notizie di avvistamenti sempre più frequenti di vipere e gli ospedali segnalano un aumento delle persone che dichiarano di essere state morse.

Gli esperti scendono in campo e prontamente esce un volumetto che spiega come difendersi dalle vipere, a cura di due studiosi facenti capo al Laboratorio di Zoologia applicata alla Caccia di Bologna, Lamberto Leporati (in seguito ne diventerà il direttore) ed Ettore Bassini. Dell’opera usciranno sei edizioni, dal 1967 fino al 1974.

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“Vipere: lotta e difesa” di L. Leporati e E. Bassini, edizioni del 1967 e del 1974

 

Dopo aver esposto la biologia delle vipere italiane, gli autori cercano di dare una spiegazione per l’aumento dei rettili che viene individuato in due cause.
Primo, l’abbandono dell’agricoltura, quindi l’aumento delle aree incolte dove i roditori e i loro predatori, come le vipere, proliferano indisturbati.
Secondo, la riduzione dei predatori dei rettili, come gli uccelli rapaci, conseguente all’aumento dei cacciatori che spesso non rispettano regole e divieti e sparano a falchi, poiane e nibbi pensando di fare cosa utile perché questi animali sono ritenuti nocivi per gli allevamenti.
Infine, si offrono soluzioni al problema: 1) regolamentare la caccia e reintrodurre i nemici naturali delle vipere, come rapaci, fagiani e cinghiali; 2) vestirsi adeguatamente proteggendo le estremità e 3) portare con sé il siero antiofidico, disponibile in farmacia.

Negli stessi anni opera l’Istituto Erpetologico Italiano, fondato a Verona da Luigi Castellani e Franco Gentili. Il quale redige un opuscolo sulla “Difesa dal morso di vipera”, in cui si parla esplicitamente di “aumento veramente allarmante” e di “Campagna Antivipera” e si auspica l’istituzione di una legge nazionale che assegni premi in denaro per ogni vipera uccisa.
Anche in questo caso, per proteggersi dal veleno si raccomanda l’uso del siero antiofidico, di cui si fa il nome della ditta produttrice. La quale ha sponsorizzato l’opuscolo, come si legge in seconda di copertina.

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L’opuscolo “Difesa dal morso di vipera” di F. Gentili, con sponsorizzazione della Sclavo in seconda di copertina

 

Nel periodo estivo (quando di solito scarseggiano le notizie) sui giornali iniziano a comparire articoli dal tenore allarmante sul pericolo delle vipere, corredati da immagini inquietanti (poco importa se la specie di vipera raffigurata in questo articolo non si trovi sul territorio italiano).

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Articolo sulle vipere con il preoccupante primo piano del capo di una vipera ceraste africana (La Stampa, 22 luglio 1967)

 

Gli articolisti ripetono le tesi degli esperti sulle cause della proliferazione e concludono invariabilmente con il consiglio di portarsi dietro il siero antiofidico. Anche i giovani lettori del Corriere dei Piccoli, allarmati, chiedono consiglio al direttore.

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Lettera di un lettore preoccupato dalle vipere e risposta del direttore Carlo Triberti (Corriere dei Piccoli, 23 agosto 1970)

 

Al volgere degli anni settanta il caso “invasione delle vipere” si arricchisce di due novità. La prima è che le vipere ora si spingono fino alle periferie delle città. La seconda è che dietro la loro proliferazione ci sia la mano dell’uomo, addirittura un complotto.

A Roma, la scuola “Malaspina” alla Garbatella è cinta d’assedio dai pericolosi rettili. Al punto che il Comune di Roma per salvaguardare l’incolumità di docenti e alunni arruola esperti serpari dall’Abruzzo.

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Le vipere assaltano la scuola “Malaspina” a Roma, ma i serpari e i loro cani intervengono e salvano le scolaresche (sullo sfondo), tavola di Mario Uggeri (Corriere dei Ragazzi, 25 giugno 1972)

 

A Pesaro, i serpenti si spingono addirittura in centro.

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Le vipere mordono persino nel centro di Pesaro (La Stampa 23 agosto 1973)

 

I giornali si riempiono di titoli sempre più allarmistici, parlando senza mezzi termini di invasione contro cui l’uomo non può nulla.

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Articolo allarmistico sulle vipere, l’uomo nella foto è il serparo ossolano Diovuole Proletti (Epoca, 26 gosto 1973)

 

Qualcuno arriva addirittura a soffrire di “psicosi da vipera” e gira armato per difendersi, o almeno questa è la versione data ai giudici (con scarso successo) dal cacciatore sorpreso a sparare in epoca non consentita.

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Un cacciatore condannato per caccia fuori stagione prova a convincere i giudici che girava armato per paura delle vipere (La Stampa, 5 dicembre 1973)

 

L’idea che ci sia un vero e proprio piano di reintroduzione delle vipere sembra nascere in Francia, per poi passare nel Canton Ticino (Svizzera). Come si può leggere cliccando qui.

il 7 settembre del 1970 il deputato Paolo Poma fa un’interpellanza al Gran Consiglio (il parlamento dei cantoni svizzeri), chiedendo conferma sulla liberazione di vipere in varie aree del cantone. Egli non riesce a comprendere i motivi dell’iniziativa, sapendo che in Italia in diverse regioni il numero dei rettili sta aumentando in modo preoccupante.
I giornali ticinesi si appropriano della notizia e cominciano a fare ipotesi su chi possano essere gli autori del gesto, sospettando dapprima i movimenti ambientalisti e poi le case farmaceutiche per poter vendere i sieri antiofidici. In seguito, nasce l’idea che le vipere siano immesse in natura attraverso il lancio da elicotteri e per evitare l’impatto traumatico con il suolo siano persino dotate di un piccolo paracadute!

Infine, i congiurati escono allo scoperto: a Reggio Emilia una sedicente Organizzazione clandestina per la difesa dell’ambiente rivela di essere la responsabile dell’aumento delle vipere, liberate per intimorire i cacciatori e salvare la povera selvaggina.
La notizia non sarà mai confermata, né si troveranno tracce dell’attività della fantomatica organizzazione. D’altra parte, in un periodo in cui l’Italia faceva drammaticamente i conti con i veri gruppi terroristici, erano molti i mitomani che ne approfittavano per avere cinque minuti di gloria.

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Un presunto terrorista dell’Organizzazione clandestina per la difesa dell’ambiente libera ceste di vipere nei boschi per allontanare i cacciatori, tavola di Mario Uggeri (Domenica del Corriere, 16 settembre 1976)

 

Pressate dall’opinione pubblica, le amministrazioni iniziano a organizzare campagne di cattura. Nel 1969 la Camera di Commercio di Cuneo offre cinquecento lire (circa cinque euro attuali) per ogni esemplare catturato. Gli esperti assicurano che nella zona il fenomeno non è preoccupante, ma come i loro colleghi fiorentini concludono che la prevenzione è preferibile alla cura.

Per ogni vipera catturata la Provincia di Cuneo paga 500 lire (La Stampa, 23 luglio 1969)

 

In seguito, la taglia raddoppia a mille lire. L’idea è imitata dal Consiglio Provinciale di Imperia, che aggiunge anche una taglia di tremila lire per ogni volpe catturata “perché mette in pericolo la selvaggina”, dimenticando, però, che la volpe può predare anche le vipere e quindi potrebbe contenerne il numero…

Oltre alle vipere, la Provincia di Imperia premia anche la cattura delle volpi (La Stampa 10 ottobre 1973)

 

A molti piace l’idea di lotta biologica, cioè l’immissione in natura dei nemici naturali delle vipere. Si propone di introdurre le manguste, come è stato fatto in vari paesi del mondo, compresa la ex-Jugoslavia. L’idea viene accantonata, in quanto la cura si è rivelata peggiore del male perché le manguste hanno proliferato provocando seri danni a tutta la fauna locale e agli allevamenti di animali da cortile, come si può leggere qui.
All’Euratom di Ispra (Varese) e a Tolè (Vergato, Bologna) si rilasciano centinaia di tacchini. Gli ambienti venatori caldeggiano il rilascio di fauna cacciabile, come fagiani e cinghiali. Così, sulle colline del Vergante, presso il Lago Maggiore, si liberano settanta cinghiali (tra le giuste rimostranze dei contadini, timorosi di danni alle colture).

Il Maresciallo Vidmar del Corpo Forestale di Gignese annuncia orgogliosamente la liberazione di settanta cinghiali per combattere le vipere e richiamare i turisti (La Stampa 10 agosto 1974)

 

La lezione delle manguste purtroppo non ha insegnato niente: i risultati delle ripetute liberazioni di cinghiali in Italia per scopi antiofidici o venatori sono attualmente sotto gli occhi di tutti. Come si può vedere cliccando qui.

Il consumo di siero antiofidico cresce, dato che tutti gli articoli dei giornali e gli esperti consigliano di portarselo dietro. Il siero è disponibile in pratiche confezioni con corredo di laccio emostatico, siringa e pompetta succhia veleno per potersi curare da soli sul posto in caso di morso.

Il kit antiofidico Sclavo, dall’opuscolo “Vipere italiane”

 

Tra i produttori del siero, i principali sono l’Istituto Sieroterapico Milanese e l’Istituto Sieroterapico Sclavo di Siena. Quest’ultimo, come già visto, sponsorizza pubblicazioni sulle vipere e lancia una vasta campagna pubblicitaria sui giornali.

Pubblicità del Siero Antiofidico Sclavo apparse su periodici illustrati

 

Come si vede, si usano immagini inquietanti (dettaglio dei denti e ghiandole velenifere della vipera) e toni alquanto allarmistici (“la realtà di un pericolo”). Spedendo il tagliando, si ottiene gratuitamente un opuscolo sulle vipere.

Opuscolo Sclavo a diffusione gratuita

 

Nel libretto si ripetono i toni allarmistici, con frasi come “Le vipere: un’insidia della natura” o “La vipera berus (o marasso palustre) di estrema irritabilità e sempre pronta all’aggressione” e si magnificano le qualità del siero. Si passa poi a spiegare come automedicarsi: si applica un laccio emostatico a monte del morso, poi si inietta parte del siero nel punto del morso e il resto in punti via via più distanti.

Istruzioni di automedicazione con il siero antiofidico, dall’opuscolo Sclavo “Vipere italiane”

 

Come si spiega qui, il siero è prodotto iniettando il veleno a cavalli da cui poi si estraggono e purificano gli anticorpi così ottenuti. Nell’ultima pagina dell’opuscolo c’è un avvertimento: il siero va conservato a 4 °C, altrimenti perde efficacia, da cui si deduce che per portarselo dietro in escursione occorrerebbe una borsa termica, per non rischiarne l’alterazione.

Nel frattempo, alcuni esperti provano a ridimensionare il problema: le vipere ci sono, ma non sono così frequenti come la campagna di stampa vuol far credere.
Dall’Università di Firenze Il prof. Benedetto Lanza, uno dei più autorevoli erpetologi a livello internazionale, osserva che “L’aumento del numero delle persone morse da vipere non è necessariamente proporzionale all’aumento delle vipere stesse. Infatti, bisogna tener presente che oggi, con lo sviluppo della motorizzazione, un numero sempre crescente di persone raggiunge luoghi che prima non erano praticamente frequentati, e quindi le occasioni d’incontro accidentale tra uomo e vipera sono aumentate”.
Gli studiosi riuniti nell’Unione Erpetologica Italiana di Roma confermano l’opinione di Lanza e non rilevano lo sbandierato aumento di vipere.

Gli studiosi dell’Unione Erpetologica annunciano che le vipere non stanno aumentando (La Stampa, 13 luglio 1974)

 

Anche l’invasione delle periferie potrebbe essere solo apparente: non sono le vipere che entrano in città, ma le città che sono in rapida espansione, occupando le campagne circostanti. Ancora una volta, non è la vipera che va dall’uomo, ma l’uomo che va dalla vipera. Inoltre, le vipere non sono così aggressive come si pensa, i morsi sono conseguenza di contatti accidentali, come quando ad esempio si calpesta involontariamente l’animale.
L’Unione Erpetologica sottolinea che anche le vipere, come tutti gli altri serpenti, rivestono un importante ruolo ecologico in quanto controllano le popolazioni di roditori. A fare le spese della campagna contro le vipere sono anche i serpenti non velenosi per l’uomo, che in Italia sono la maggior parte (di oltre una ventina di specie note per l’Italia, solo cinque sono vipere e quindi potenzialmente pericolose). Spesso, infatti, essi sono scambiati per vipere e uccisi.

Come distinguere una vipera da un serpente innocuo (Selezione dal Reader’s Digest, settembre 1971)

 

Come si può capire, molti degli avvistamenti riportati sui giornali (come l’animale trovato a Firenze in Piazza Santa Maria Novella) sono in realtà riferiti a queste specie. In Val d’Aosta l’assessorato regionale alla Sanità promuove una campagna di sensibilizzazione a cura di Aldo Poletti, per informare i turisti ed educarli a distinguere i serpenti non velenosi dalle vipere e quindi risparmiarli.

In Val D’Aosta parte una campagna per salvare i serpenti non velenosi (La Stampa, 4 agosto 1973)

 

Si potrebbe pensare a questo punto che anche le associazioni per la protezione della natura scendano in campo per difendere le vipere e gli altri serpenti. Sorprendentemente, però, la principale di esse cavalca l’onda del terrore per promuovere una raccolta fondi a favore dei rapaci, che dei rettili sono predatori.

Il WWF contro le vipere. Corriere dei Ragazzi, 18 agosto1974

 

A partire dagli anni ottanta anche l’automedicazione con il siero antiofidico sarà messa in discussione perché il metodo si rivelerà rischioso: il numero di morti per shock anafilattico da siero supererà quello degli avvelenati (3% contro 1-2%: fonte: Corso Base – Brevetto Europeo di Primo Soccorso B.E.P.S.), per cui dal 2001 (D.M. 21 giugno 2001) il siero non sarà più disponibile al pubblico in farmacia. Il trattamento attualmente è effettuato da personale medico in ambito ospedaliero.

L’uso del laccio emostatico e la pratica di succhiare il veleno sono ormai superati. Attualmente, in caso di morso si consiglia di mantenere la calma (agitarsi aumenta il battito cardiaco e accelera la diffusione del veleno in circolo), immobilizzare la parte morsa con delle stecche e delle bende (come se ci fosse una frattura) e poi recarsi subito presso un presidio medico. Per ulteriori dettagli sul primo soccorso in caso di morso di vipera ci si può riferire ad esempio qui.

Dopo gli anni settanta si ridimensioneranno anche i dati sulla frequenza e la pericolosità dei morsi. Un vasto studio epidemiologico sui casi registrati tra il 1970 e il 2010 in tutta Europa, compresa l’Italia, la Russia europea e la Turchia, indica che ci sono stati 7992 casi di morso sicuramente accertati (circa 1 per 100.000 abitanti) di cui mediamente 4 all’anno mortali.

Articolo uscito nel 2012 sulla rivista scientifica Toxicon in cui J.P. Chippaux ridimensiona il fenomeno dei morsi da serpenti velenosi in Europa

 

Un altro studio del 2020 (vedi qui) riporta per l’Italia 34 casi di morso tra il 1970 e il 2018 su un totale di 3574 casi accertati per l’Europa, con una mortalità complessiva dello 0.9%.

Nei decenni successivi la sensibilità verso i problemi ambientali aumenterà, così come il numero degli operatori coinvolti nello studio e la conservazione della natura e nell’educazione ambientale. Nasceranno nuove associazioni con lo scopo di studiare e tutelare l’erpetofauna, come la Societas Herpetologica Italica, che si occuperà anche di dare informazioni corrette sui serpenti italiani, vipere comprese. Come spesso capita, la guerra alle vipere non sarà più al centro dell’attenzione dei giornali e progressivamente sparirà dalle pagine della stampa, o per lo meno sarà molto ridimensionata. Salvo riemergere di tanto in tanto:

Si riparla dell’allarme vipera (Taranto Oggi, 29 maggio 2013)

 

Cui, per fortuna, rispondono prontamente gli esperti:

La replica degli esperti della Societas Herpetologica Italica che ricorda il rischio dell’uso del siero antiofidico (Taranto Oggi, 4 giugno 2013)

 

 

 

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1 commento

  1. Da appassionato ofiologo mi fa piacere leggere un articolo ben documentato su questo tormentato argomento. Forse si contribuisce a dare un’idea dei pregiudizi e degli errori compiuti in Italia (e non solo) nei confronti delle vipere e di altri serpenti (spesso in realtà innocui o meno pericolosi di quanto alcuni sostengano). Mi stupisce un po’ che in questo pezzo tu non abbia citato il ridicolo e deleterio libro “Tutto sulle vipere italiane” di Romano Vecchi (Edizioni Paoline, 1979: io l’ho sempre chiamato, scherzando, il “Fantozzi” dell’erpetologia) insieme agli altri qui raffigurati.

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