QUALE HULK VUOI SCEGLIERE? – POSTA

QUALE HULK VUOI SCEGLIERE? – POSTA

L’immortale Hulk

Caro Direttore,
cosa ne pensa di Immortal Hulk? Le piace? O quale altra incarnazione del Gigante di giada preferisce?
Teresa

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Gentile Teresa,
Carlo Goldoni oltre a essere stato il più grande autore della commedia dell’arte (quella di Arlecchino, Pantalone e Colombina) ne è stato pure il killer, allineandosi pian piano al teatro realistico del francese Moliere. Io, invece, preferisco il teatro stilizzato precedente: questo per dire, a premessa della mia risposta, quanto sia reazionario.
Venendo quindi all’Immortale Hulk devo ammettere che Al Ewing è, come quasi tutti gli inglesi usciti dal settimanale 2000 AD, un ottimo sceneggiatore. Ma a leggerlo ho avuto l’impressione di guardare un telefilm o un film, non un fumetto. D’altra parte pure nelle serie tv preferisco la stilizzazione tipica dei telefilm americani degli anni sessanta. Per il cinema uguale, anche se si deve andare indietro di almeno un altro decennio.
Oh, a me il realismo non piace proprio. Mi va bene il falso realismo di Alan Moore e di Frank Miller, ma il realismo-realistico di Al Ewing o Brian Michael Bendis proprio no. Anche se Ewing è pure fantasioso e inventivo: tanto di cappello.
Di conseguenza per me la specifica personalità di questo “nuovo” Hulk ha un’importanza relativa, dato che in primo piano metto lo stile di scrittura.
Peraltro Hulk ha sempre avuto un grave problema. I personaggi avventurosi possono essere come Achille nell’Iliade, in un’ambientazione statica dove tutti i coprotagonisti interagiscono tra loro (come, nei fumetti, l’Uomo Ragno con Zia May, le sue fidanzate eccetera). Oppure, seconda opzione, i personaggi possono essere come Ulisse nell’Odissea: in continuo viaggio tra un’avventura e l’altra, senza relazioni fisse. Come, appunto, Hulk.
(Tra parentesi, anche tutta la narrativa mondiale dopo le due opere di Omero non ha fatto altro che andare indietro).
Per la verità, all’inizio Stan Lee e Jack Kirby avevano inserito Bruce Banner in un contesto militare ben definito con lui scienziato, il generale isterico, la figlia del generale sua fidanzata, un rivale in amore e un ragazzo che gli faceva da aiutante (Rick Jones). Poi, siccome il personaggio non vendeva, hanno stravolto tutto.
Quando si è risaputo che era Hulk, Bruce Banner ha dovuto lasciare la base militare e iniziare la vita da vagabondo. Secondo me questo è stato l’errore di base: Bruce Banner sarebbe dovuto rimanere nella base del New Mexico a fare il dottor Jekyll e il signor Hyde. Insomma, per i fumetti meglio la struttura stabile dell’Iliade che quella mutevole dell’Odissea.
Un po’ il Carlo Goldoni di Hulk è stato Peter David, sceneggiatore molto bravo pure lui, che ha iniziato a scrivere le storie in un contesto sempre più realistico.
Una volta nutrivo la speranza che Paul Dini e Bruce Timm prendessero in mano la Marvel per farla tornare alla sua stilizzazione classica, ma ormai è troppo tardi. Tutti gli editori di fumetti del mondo, dalla Marvel alla Bonelli, hanno intrapreso la strada senza uscita del realismo imposta dalle mode che si sono affermate tra gli intellettuali negli ultimi decenni.

 

Minacciata la libertà di espressione?

Egregio direttore,
che ne pensa della bocciatura della legge Zan?
Bruce

Gentile Bruce,
la maggioranza dei senatori ha bocciato la legge presentata da Alessandro Zan ritenendola, in alcuni punti, illiberale. Questo non significa che non ci siano tutele per gli omosessuali e i trans: le leggi esistenti sono uguali per tutti i cittadini, anche nell’applicazione del reato di diffamazione.
Pochi giorni fa, per esempio, il Garante delle Comunicazioni ha multato Radio 105 senza la necessità della legge Zan. La radio dovrà pagare 125mila euro a causa dello show Lo Zoo di 105, accusato di avere usato in due puntate
“espressioni volgari e denigratorie rivolte in particolar modo contro donne e omosessuali”.
Certo, quello dello Zoo è un umorismo volgare che può non piacere a tutti. Ma invece di censurare alcune battute specifiche sarebbe stato più opportuno, per esempio, chiedere di spostare il programma a tarda ora, quando non si corre il rischio che i bambini ascoltino volgarità di ogni genere. Di questo passo, quando arriverà la condanna all’ergastolo per i redattori de Il Vernacoliere di Livorno?
 
A parte questa limitazione della libertà d’espressione dettata dal “politicamente corretto”, in genere oggi le leggi sono troppo permissive: se qualcuno insulta (veramente, non per scherzo come lo Zoo di 105) o picchia qualcuno, non viene processato e condannato. Siccome ad alcuni attivisti queste leggi sembrano troppo permissive solo quando vengono puniti i reati contro gli omosessuali, i neri e le donne, si cerca di inasprirle unicamente per queste categorie.
In realtà, se diffamati o picchiati, soffrono allo stesso modo anche gli eterosessuali, i bianchi e i maschi. Quindi, secondo me, i reati contro la persona andrebbero puniti più severamente in qualsiasi caso, senza fare distinzioni. Naturalmente senza mai ledere la libertà d’espressione.

 

Il ritorno di Nick Raider

S.E. Direttore,
Lei comprerà la nuova edizione di Nick Raider, in uscita a fine mese? Se sì, perché ? E se no, perché?
Jerry

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Gentile Jerry,
benché abbia creato Ronny Balboa, trovo che il genere investigativo, per quanto nella versione poliziesca, sia più adatto alla televisione che al fumetto. Il fumetto è fatto di azione, le investigazioni soprattutto di “espressioni pensose”. Inoltre, per i miei gusti Nick Raider è un personaggio troppo serioso senza avere l’epicità di Tex Willer.
Quello che più mi dispiace è che pure un autore interessante come Giancarlo Berardi da decenni sia concentrato sulla piuttosto insignificante e televisiva detective Julia.

 

Forma e contenuto dei “bonellidi”

Egregio Direttore,
cosa pensa dei fumetti pubblicati in formato bonellide, ma non bonelliani, come Samuel Stern di Bugs comics, Dago di Aurea editoriale, The Professor di Garage 11, ed edizioni in bonellide come quelle di Cosmo editoriale?
Ritiene che ci possa essere in futuro uno sviluppo che porti un nuovo modo di vedere il fumetto, non propriamente bonelliano, ma pur sempre di tipo popolare? E se no, quali iniziative prenderebbe al posto di questi editori per ravvivare l’offerta in edicola?
Daniele

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Gentile Daniele,
ne penso benissimo dal punto di vista del formato, dato che è l’unico a tirare in Italia, ne penso abbastanza male per i contenuti: le nuove serie dovrebbero essere diverse nello stile, alternative a quelle della Bonelli. Che senso ha pubblicare dei doppioni?
Da questo punto di vista si salva solo Dago, il giannizzero nero del compianto Robin Wood. A proposito di Dago, ci fosse stata in Italia una casa editrice di fumetti aperta a tutti i generi come la Columba

Quanto alla casa editrice Cosmo, che mi pare da tempo ridimensionata, trovo discutibile presentare come bonellidi fumetti pensati per formati diversi… spero almeno che serva per farli conoscere di più.

 

L’aumento del costo della carta

Gentile Direttore,
nell’Italia post Covid pare che l’editoria in generale e il fumetto in particolare siano tornati a vendere di più. Come vede la minaccia di un aumento del costo della carta? Potrà vanificare questa crescita dopo anni di flessione nelle vendite?
Ivo

Gentile Ivo,
a quanto pare l’opportuno declino della plastica nelle confenzioni delle merci ha aumentato l’uso della carta, rendendola più richiesta e, di conseguenza, più costosa.
Ma il prezzo più alto dei fumetti deriva soprattutto dalla tendenza a pubblicare sempre più titoli con basse tirature e da quella di non chiudere nessuna serie, per quanto venda poco.
Quanto al Covid, purtroppo non siamo ancora arrivati alla fase del “dopo”.

 

Film italiani fantastici

Egregio Direttore,
che ne pensa del ritorno del genere fantastico nel cinema italiano dopo almeno due decenni di commedie e drammoni adolescenziali e di 35enni non cresciuti?
Penso ai film di Garrone e a quelli di Mainetti (Freak Out, ora nei cinema), ma anche Diabolik.
Eugenio

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Gentile Eugenio,
non ho mai apprezzato il tanto decantato cinema italiano, che in passato era sempre troppo popolare o troppo elitario, senza mai scegliere una linea mediana come facevano gli americani. Eppure film “mediani”, sia pure per sbaglio, qualcuno ne è stato fatto, come L’armata Brancaleone. Negli ultimi decenni, infine, mi sembra ci si sia indirizzati verso un cinema semplicemente modesto.
Peraltro forse più che italiano dovremmo chiamarlo “cinema romano”, nel senso che quasi sempre è immerso in una prospettiva sociale e mentale tipica dei romani. Non ho nulla contro i romani, mi sarebbe stato sulle scatole pure un cinema italiano solo ligure o friulano.
E poi ultimamente dei romani non si è neppure sempre preso il meglio, per esempio un genio come Gigi Proietti quasi non ha lavorato per il cinema.
Mi pare che abbiano un sapore romano perfino i film milanesi, forse perché condizionati dalla tradizione cinematografica imperante nel nostro Paese.
Speriamo che il genere fantastico (grazie ai progressi tecnici oggi può essere realizzato anche con un budget relativamente basso) porti qualcosa di nuovo. Amo i film “di genere”, anche se trovo la definizione priva di senso: perché, quelli di Fellini non possono essere inseriti anch’essi in un genere? Davvero sono così creativi da essere degli unicum?
Peraltro una volta gli italiani li sapevano fare questi film di genere, per esempio i mitologici (che non abbiamo saputo riprendere e rilanciare dopo il successo cinematografico di Conan il barbaro), i western spaghetti, i poliziotteschi, la commedia erotica… poi solo la noia.
Colpevoli sono anche i produttori, che, invece di sviluppare il mercato cinematografico europeo con finanziamenti adeguati, hanno investito i fiumi di denaro ricavati dai film del passato chissà dove, producendo quelli attuali con due lire.

Oltre a nuovi generi al cinema italiano mancano anche nuovi autori, perché se rimangono quelli di sempre si corre il rischio di appiccicare il fantastico alle tipiche situazioni del nostro cinema. Tra parentesi, Freak Out non l’ho ancora visto.

 

Dalla rivista al volume

Gentile direttore,
quali fumetti italiani usciti solo su rivista meriterebbero più di altri una prima ristampa in volume?
Michele


Gentile Michele,
credo che i fumetti delle vecchie riviste siano stati stati ristampati praticamente tutti in volume, anche se in maniera piuttosto discontinua, fuori tempo massimo e spesso in modo quasi amatoriale. Mentre di riviste nuove a fumetti purtroppo non ce ne sono.
Un grande errore dell’editoria italiana è stato quello di non avere spinto abbastanza per creare un mercato librario ristampando i fumetti usciti a puntate nelle riviste, così come hanno fatto da parecchi decenni i francesi e i giapponesi. E dire che avevamo cominciato così bene negli anni trenta, con gli albi monotematici delle strisce in precedenza pubblicate sull’Avventuroso di Nerbini.
Tra l’altro, nelle riviste non si capisce mai bene quali serie funzionino e quali no: le vendite degli albi monografici avrebbero dato un’idea precisa, contribuendo a migliorarle.

 

I fumetti sentimentali

Caro Direttore.
Il fumetto si presenta spesso come controparte disegnata di generi narrativi popolari quali il giallo, il poliziesco, la fantascienza eccetera. Tra tutti, almeno in Italia, mi sembra che il genere meno trasposto in fumetto sia il “rosa”. Per quale motivo, secondo lei?
Andrea


Gentile Andrea,
in Italia il fumetto sentimentale è quello dei fotoromanzi, che peraltro all’inizio non erano fatti con le foto, ma venivano disegnati da Walter Molino e altri. Direi quindi che la produzione sia stata cospicua a partire dal 1946, con settimanali a larghissima diffusione come Grand Hotel, Bolero e Sogno.
Tra l’altro, l’impostazione sentimentale è parzialmente tracimata da Grand Hotel ai due settimanali “maschili” della Casa editrice Universo, Intrepido e Il Monello. Anche negli episodi di Diabolik, pur essendo anche questo personaggio pensato per il pubblico maschile, oltre al trucco usato per la rapina e quello per la fuga in auto, c’era sempre un intreccio amoroso in stile Liala.
Insomma, mi pare che al genere sentimentale il fumetto italiano abbia dato abbastanza. Forse troppo.

 

Il successo dei Maneskin

Distinto Direttore,
i Maneskin apriranno il concerto losangelino dei Rolling Stones, la première del loro tour.
È una conferma del “nemo propheta in patria”, considerando le aspre critiche che sanno di invidia dei tanti autopatentati critici musicali del Bel Paese?
Giuseppe

Gentile Giuseppe,
seguo da anni i Maneskin, che mi sono piaciuti da subito. Bravi, semplici anche nella loro trasgressione di maniera, ed efficaci. Fanno del rock un po’ classico e un po’ alternativo, soprattutto hanno idee musicali interessanti che allo stesso tempo sono popolari. Vanno bene per vecchi e bambini, come succedeva ai cantanti degli anni sessanta.
Con il loro intellettualismo i critici musicali sono in parte colpevoli del decadimento della nostra tradizione musicale, quindi meglio lasciar perdere i loro giudizi.
E speriamo che i Maneskin riescano a soppiantare l’estetica tamarra e poco ispirata dei cantanti rap che si limitano a ripetere ossessivamente “sono nato in periferia, ma voglio diventare milionario”.

 

Sauro Pennacchioli

 

 

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7 commenti

  1. I fumetti usciti su magic boy non sono mai stati ristampati su un libro. Quelli di capitan power e di he man nello spazio meriterebbero.

  2. In questi ultimi anni sia la Cosmo che Nona Arte e Allagalla stanno recuperando e stampando in preziosi (qualitativamente)
    volumi serie mai editate precedentemente. Punti fermi del fumetto italiano – basta dare un’occhiata ai cataloghi e alle proposte già in calendario -.
    Certo, andava fatto un po’ prima, anche per “incentivare” la creatività dei giovani autori. Avrebbe aiutato a diversificare lo stile oggi imperante dei comic all’americana/ingleseintrasferta o giapponese.

  3. Condivido abbastanza il discorso sui gialli… In questi giorni mi sono letto un paio di libri di Michael Connelly e mi è sembrato di vedere un film, proprio lo stesso stile di situazioni e di linguaggio…
    Comunque Claudio Nizzi è un autore che mi piace, il vero problema semmai è un altro, una marea di gente farà video su YouTube per parlare del ritorno di Nick Raider e molto probabilmente, anche stavolta, andrà a finire che non lo prenderò 😕
    Vorrei riassaporare un certo gusto del leggere fumetti che internet ha, tristemente, spazzato via…

  4. Caro Pensaurus, credo ancora che la tua idea per un fumetto SBEllico nomato Man Skin sia interessante, ma troppo in anticipo sui tempi. Il tuo detective Nick Zan che nottetempo si trasforma in Lady Julia ( chiaro omaggio al celebre Julius Schwarz della DC Comics ndr ) metaumana vendicatrice dei soprusi commessi ai danni del popolo del crepuscolo è uno zinzino Almodovar ed uno zinzino Cruising di Friedkin, ma le notte sono sette anche per chi fa rock e non rap. Non so , se in via Buonarroti la tua proposta si fosse concretizzata, come avrebbe reagito il lettore davanti alla tua versione del Joker che ricorda il rapper Chiello o una parodia dello Shade di Ditko ai tempi di Milligan, ma abbiamo retto dopo 4 Hoodz ed immagino che anche il tuo Qvestorm non ci avrebbe danneggiato. Chissà. Ti dico in confidenza che il papà di Mercurio Loi sta lavorando ad un graphic novel che rilegge Riflessi in un occhio d’oro ambientato su Marte in una colonia di Musk con personaggi che fisicamente ricordano Orietta Berti, lo chef Cannavacciuolo e Damiano la rockstar. Ciao ciao

  5. Ciao Sauro ti scrivo quì una domanda per la prossima posta perchè non uso Facebook:

    Buongiorno Direttore
    Vorrei sapere il suo parere su Mark Millar. Io l’ho conosciuto da poco nella mia perenne ricerca dei Moore o dei Miller dei nostri giorni, non ho trovato un nuovo Moore ma comunque uno scrittore brillante, avvincente, forse un po’ leggero ma pieno di brio. In particolare l’ultimo suo fumetto che ho letto “Prodigy” mi sembra il manifesto di quegli eroi positi e non depressi da lei spesso invocati.

    Saluti
    Claudio P.

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