ONOFRIO CATACCHIO IL BONELLIANO – POSTA

Joe Petrosino di Onofrio Catacchio
Caro Direttore,
l’Onofrio Catacchio che ogni giovedì disegna una vignetta per Giornale POP è lo stesso che lavora per la Bonelli?
Fedora
Gentile Fedora,
ovviamente sì, l’autore delle Matite Blu è un noto sceneggiatore e disegnatore con una lunga carriera alle spalle e, a giudicare da “La mano nera”, l’episodio one-shot scritto per Le Storie bonelliane che ho appena letto (in ritardo) nella versione cartonata, ha anche un notevole futuro davanti a sè.
Questa storia di Onofrio Catacchio incentrata su Joe Petrosino, il famoso sbirro americano d’inizio Novecento, è la dimostrazione di come si possa scrivere in perfetto stile bonelliano e allo stesso tempo in maniera coinvolgente per il pubblico odierno.
Essenzialmente perché è una storia scritta e disegnata bene, che non si perde in virtuosismi e va al sodo. L’attenzione del lettore viene catturata dal ritmo e dalle cose interessanti che vengono dette senza la necessità di pesanti spiegoni.
Un difetto de “La mano nera” è che non sia il primo numero di una serie, o almeno di una miniserie. L’inizio del Novecento è anche un periodo poco sfruttato, pur essendo ricco di spunti sospesi tra passato e contemporaneità.
La pesante leggerezza di Mark Millar
Buongiorno Direttore,
vorrei sapere il suo parere su Mark Millar. Io l’ho conosciuto da poco, nella mia perenne ricerca dei Alan Moore e dei Frank Miller dei nostri giorni. Non ho trovato un nuovo Moore, ma comunque uno sceneggiatore brillante, avvincente, forse un po’ leggero ma pieno di brio.
In particolare l’ultimo suo fumetto che ho letto, Prodigy, mi sembra il manifesto di quegli eroi positivi e non depressi da lei spesso invocati.
Claudio P.
Gentile Claudio,
non ho mai invocato eroi positivi, dato che tra i miei personaggi preferiti ci sono Kriminal e Torpedo. Invece non depressi tutto il giorno, sì.
Credo che Mark Millar sia uno sceneggiatore bravissimo, salvo per pochi errori di percorso, come il difficoltoso The Magic Order. Le sue storie, a parte alcune rappresentazioni un po’ troppo crude e dettagliate della violenza (comunque minori rispetto a quelle del conterraneo Garth Ennis), mi hanno entusiasmato da Wanted in poi.
Fatto strano, dopo il primo ciclo narrativo i suoi personaggi non hanno mai più niente da dire, si esauriscono. Evidentemente Mark Millar non è portato per le serie durevoli, ma per storie autoconclusive nelle quali i suoi personaggi sono solo degli elementi tra tanti. La stessa cosa accade nei film che ha ispirato, interessanti solo nel primo capitolo.
Mark Millar ha stile e ironia, va seguito.
Il successo di The Walking Dead
Gentile Direttore,
mi sembra di aver letto che lei non è un estimatore degli zombie, quindi non so se potrà (o vorrà) rispondere alla mia domanda: che ne pensa di The Walking Dead?
L’ho scoperto casualmente in edicola alcuni anni fa nel mensile in formato bonellide, grazie all’ottima iniziativa di Salda Press: quattro episodi raccolti in un unico numero (e perciò narrativamente denso di eventi) e per di più a prezzo popolare.
Da parte mia ho scoperto un fumetto caratterizzato da personaggi interessanti, con un “cast” in continua evoluzione (chiunque può lasciarci le penne), colpi di scena, continuity; niente piagnistei, né autoreferenzialità, né “citazioni”.
In sintesi, la serialità come dovrebbe essere fatta, almeno secondo me. In più gli zombie non hanno un vero e proprio ruolo centrale nella narrazione, con il procedere degli eventi diventano quasi uno sfondo alle vicende.
Poi, per vari motivi, la foliazione e la periodicità in edicola sono cambiati, ma il livello nel complesso non è decaduto troppo, anche perché nel frattempo Robert Kirkman ha capito che era arrivato il momento di fermarsi.
Ora che la serie è conclusa, potrebbe esprimerne un giudizio? Nel caso non l’abbia letta, le consiglierei di recuperarla, eventualmente nei volumi omnibus, poco maneggevoli ma con un buon compromesso tra qualità, quantità e portafogli.
Non le propongo la visione della serie tv perché, pur presentando lo stesso canovaccio del fumetto, è un prodotto differente e, a mio parere, riuscito meno bene.
Templeton
Gentile Templeton,
mi fa sempre piacere vedere tanto entusiasmo per un fumetto. Ho in giro per casa qualche albo di The Walking Dead e quindi prima o poi li leggerò. Per tutto questo tempo mi aveva frenato, oltre alla mia avversione per gli zombi (con l’esclusione di Simon Garth di Steve Gerber e Pablo Marcos), il realismo di Robert Kirkman come sceneggiatore.
La lettura del suo supereroe Invicible, tanto apprezzato nella recente versione animata, mi aveva provocato solo qualche sbadiglio.
Saviano in Dune
Gentile Direttore:
1) Che ne pensa del libro a fumetti di Saviano?
2) I due film di Dune (1984 e 2021) sono entrambi dei mattoni. Lo è anche il libro?
Marco
Gentile Marco,
di Roberto Saviano ho letto svariati articoli, dove ho notato il suo sforzo spasmodico verso una “scrittura creativa” degna dei tempi di Curzio Malaparte, e una spiccata convenzionalità (o conformismo) nelle opinioni.
Apprezzo la sua lotta alla camorra, non so perché contestata da alcuni. Credo che i politici eletti in zone ad alta densità mafiosa dovrebbero imitarlo, ma stranamente non lo fanno.
Il suo libro a fumetti, con una illustrazione di copertina e un titolo che rendono bene tutto il suo narcisismo, lo leggerò a breve.
Non capirò mai il patologico interesse che molti nutrono per il romanzo di Dune, a partire da quell’editore che, molti anni fa, me lo fece leggere chiedendomi di scrivere una serie a fumetti sullo stesso genere (cosa che rifiutai inorridito, dopo essermi spaccato la testa sul volumazzo edito dalla Nord).
Il primo film di Dune lo trovai incomprensibile, pur avendo letto il romanzo. Dati questi due precedenti negativi, non credo proprio che andrò a vedere questa sorta di remake filmico. Fosse anche stupendo, il che, con una storia simile, mi sembra difficile.
Non mi sorprende che in origine avesse voluto trarne una versione cinematografica proprio Alejandro Jodorowsky, il re dell’ermetismo (che purtroppo ha portato anche nei fumetti): Dune attiene più alla magia che alla fantascienza.
Libri di fumetti grandi come enciclopedie
Agile Direttore,
ho visto poco fa i piani Panini Marvel per il 2022. Beh, si potrebbe riassumere tutto in “volumi, volumi e ancora volumi”. Ovvio, si potrebbe dire, dato che le storie attuali sono già pensate per essere pubblicate in volume.
Eppure questi volumi sono sempre più grandi, sempre più pesanti e con un numero di pagine sempre maggiore. Un messale medievale probabilmente è più maneggevole dell’Omnibus contenente tutto il Thor di Simonson!
Leggere le storie di questi ciclopici volumi è quantomeno malagevole, quindi mi chiedo: perché ha così successo il titanismo editoriale?
Fabio S.
Gentile Fabio,
secondo me un volume che raccoglie comic book non dovrebbe avere più di 400 pagine.
Vedo anch’io la tendenza ai volumi con un migliaio di pagine e pure io li trovo scomodi. Quel numero di pagine possono averlo solo i volumi delle enciclopedie.
Però se li fanno vorrà dire che vendono. Si tenga inoltre presente che contengono storie già pubblicate in volumi di dimensioni ridotte. Evidentemente c’è tutto un ciclo di sfruttamento che parte da volumi piccoli fino a quelli sempre più grandi, comunque tutti con tirature assai basse.
Fumetti digitali
Caro direttore,
per quanto sia bello tenere un libro in mano e sfogliarlo, non pensa sia meglio lasciare definitavamente la carta stampata e concentrarsi solo sul digitale, contenendo i costi?
Considerato il fatto che è quella la strada che si sta percorrendo, sempre più velocemente, ormai.
John
Gentile John,
la mia risposta è sempre la seguente: quando faranno un dispositivo leggero, non rigido, pratico e con lo schermo meno luminoso, cioè qualcosa di identico a un giornale, i giornali spariranno o saranno stampati in pochissime copie solo per i collezionisti.
Prima o poi ci arriveremo, inutile farsi fretta. Tanto più che la maggioranza dei lettori di fumetti preferisce ancora il cartaceo.
Edicole o fumetterie?
Direttore,
secondo lei le edicole sopravvivranno, oppure dobbiamo rassegnarci all’idea che i fumetti cartacei si compreranno solo in fumetteria o in libreria? Avevo letto un articolo in cui illustravano la situazione in Brasile e lì le edicole sono praticamente sparite, con ovvie ripercussioni sui settori fumetti e periodici.
Jason
Gentile Jason,
se sparissero i fumetti dalle edicole italiane rimarrebbero solo quelli carissimi da fumetteria/libreria, e sarebbero pochissimi i fumetti italiani inediti. Questo perché, salvo per un pugno di autori famosissimi, solo le edicole fanno guadagnare abbastanza da poterci vivere.
Non so se in Brasile le edicole si siano riprese dopo i problemi distributivi di qualche anno fa, comunque lì la produzione autoctona di fumetti è piuttosto limitata, e quindi la situazione sarebbe meno disastrosa rispetto all’Italia.
Tecniche moderne
Caro Direttore,
mi piacerebbe sapere perché i disegnatori di comics di oggi usano così pochi tratti e parecchio approssimati nei loro lavori. A parte poche eccezioni, mi sembra un trend imperante.
Mentre, per quel che riguarda chi scrive le storie, vedo che ormai da un decennio o forse due non si usa più la “voce fuori campo” per raccontare le avventure, è forse una tecnica obsoleta?
Marco
Gentile Marco,
un tempo i tratteggi erano pure troppi. Derivavano dallo stile degli incisori ottocenteschi come quelli delle famose tavole di Gustave Doré, che erano costretti a utilizzare per motivi legati al tipo di stampa dell’epoca. I primi autori di fumetti realistici italiani degli anni trenta, come Walter Molino (nell’immagine), Kurt Caesar, Galep e Rino Albertarelli, ne erano maestri.
Io, però, sono per un tratto sintetico e deciso. Invece di esibirsi in virtuosismi fini a se stessi, i disegnatori dovrebbero riempire le vignette di tanti particolari. Tipo le strisce dei quotidiani americani degli anni trenta o i vecchi comic book di Jack Kirby.
La voce narrante fuori campo alla Frank Miller funziona quando si vuole ricreare il clima dei romanzi hard boiled, altrimenti risulta un po’ stucchevole. Anzi, secondo me è stucchevole anche in quei casi. Perché mettere “una voce” quando tu sceneggiatore potresti dire al disegnatore di inserire nella vignetta tutti gli elementi utili per la storia e aggiungere i dialoghi?
Sinistra-destra
Gentile direttore,
forse glielo hanno già chiesto: ma lei è di sinistra o di destra?
Comunque da ragazzo sarà stato sicuramente di sinistra.
Milly
Gentile Milly,
da ragazzi si è quello che impone la moda del momento. In certi lontani periodi anche la politica è stata di tendenza tra i giovani.
Per esempio, nei primi anni quaranta molti di quelli che sarebbero diventati gli attori più famosi del nostro cinema erano intransigenti come nazisti, mentre gli adulti intorno a loro erano fascisti tiepidi e provvisori.
Ovunque siano collocati politicamente, i giovani amano prendere posizioni estremistiche per semplicismo (“idealismo”), voglia di fare casino e infastidire gli adulti, anche quando sono più o meno sulla stessa barca.
Negli anni settanta, per esempio, un comunista del Partito comunista e un comunista del movimento studentesco erano tra le cose più diverse che potessero esistere in natura. Per quello che riguarda la mia esperienza, ne parlo qui.
Quanto agli adulti, essere di sinistra o di destra è come essere interista o milanista. Personalmente non voglio essere proprietà di nessuno, nemmeno di uno schieramento politico. Capisco che questo possa apparire disorientante in Italia, dove la gente si riconosce nei guelfi e nei ghibellini per abbracciare gli uni e disprezzare gli altri, ma nei paesi civili le differenze non sono così drastiche.
Se abitassi in un civile Paese del Nord Europa voterei ora un partito ora l’altro, sia per non lasciare nessuno troppo attaccato al potere, sia per migliorare laddove il predecessore non ha fatto bene. In ogni caso, avrei comunque la sicurezza di votare un partito affidabile come in genere sono affidabili i nordeuropei.
Invece in Italia non voto nessuno perché sono tutti inaffidabili. Qui affidabili sono solo alcuni tecnici, come Mario Draghi, chiamati quando i partiti entrano in crisi.
Come ho detto qualche settimana fa, questo è il Paese dove da un parte dicono che “Mussolini ha fatto anche delle cose buone” e dall’altra “Castro ha fatto anche delle cose buone”.

Sauro Pennacchioli
Scrivete le vostre lettere come “commenti” in fondo alla pagina: saranno rese visibili e riceveranno risposta nel prossimo appuntamento con la posta.
Una volta tanto che faccio una domanda c’è una sgrammatticatura “… la perenne ricerca degli Alan Moore e dei Frank Miller dei giorni nostri.”. Una altra cosa che colpisce di Millar è che sia allievo o sodale dell’invece sempre più pesante Grant Morrison. Sul fatto che le sue idee siano buone solo per pochi volumi (Kick-ass è quello durato di più e mi pare arrivi a cinque) a me non disturba per niente in un panorama di autori, anche al cinema e nelle serie Tv che tentano di spremere al massimo le poche idee buone avute in carriera.
Caro direttore,
non ce la faccio più ad leggere questa sua posa tecnocratica. Anche perché non ci credo nemmeno un po’. La tecnica è solo efficienza, produttività, calcolo fine a se stesso. Tutto ciò che è “umano” è un elemento di disturbo. Il modellino della società tecnocratica – lo sa meglio di me – è stato il nazismo. Come non accorgersi che stiamo vivendo proprio in questo momento in una società distopica come quelle dipinte da autori di fumetto e di science-fiction?
Gli elementi del totalitarismo ci sono tutti (un leader non eletto, propaganda, controllo, censura, privazione dei diritti costituzionali, autorità militari a “gestire” aspetti del paese, odio orizzontale, ricerca del capro espiatorio, clima generale di terrore e repressione). Lei dice che Draghi è affidabile. Sicuramente: nell’affamare la Grecia è stato bravissimo.
Lei è ancora di sinistra proprio come in Darth Vader c’era ancora del buono. Ha solo rivestito il tutto.
Un caro saluto
Le risponderò domenica prossima, sempre se continuerò questa palla al piede di rubrica.
Caro Pensaurus, ho sempre considerato una palla al piede la zavorra del tempo che passa e che ci obbliga ad innovare come ha fatto Catacchio da Fantomas in poi, lasciandosi alle spalle il tratto sbarazzino di Coliandro e quello liquido di Gregory Hunter e Nathan Never , ma pazienza. Nel Crepascolaverso Onofrio disegnerà una storia di Mark Millar piena di draghi digitali a sinistra e di invincibili zombie a destra. Ciao ciao