PINKU EIGA, IL PORNO SOFT GIAPPONESE

PINKU EIGA, IL PORNO SOFT GIAPPONESE

Sulle rive di un lago remoto in cima alle montagne, una tribù di vispe adolescenti in topless armate di mitragliatrici saltella intorno a un soldato legato.
Un’impiegata in uniforme su un affollato treno di pendolari mugola in estasi mentre un tipo viscido e baffuto armeggia sotto la sua gonna.
Un emarginato sociale vestito da marinaio attira studentesse in un container abbandonato, dove fa scorrere un ronzante congegno sessuale sui loro corpi nudi e imbratta la loro pelle di porcellana con varie tonalità di vernice spray, prima di ucciderle brutalmente e smaltire i loro cadaveri in un bagno acido.
ln una stalla fangosa nella campagna di Nagano, un contadino si siede al suo sgabello da mungitura per occuparsi di una ragazza nuda a quattro zampe.
Su un tetto di un grattacielo di Tokyo, una giovane donna si contorce in beatitudine con la replica gommosa di un dito del Presidente degli Stati Uniti, mentre immagini di guerra si susseguono su uno schermo televisivo alle sue spalle.

Queste sono solo alcune delle immagini che provengono dal mondo selvaggio e “malato” dei pinku eiga, traducibile in “film rosa” (anche se non c’entrano niente con le nostre pellicole sentimentali).

PINKU EIGA, IL PORNO SOFT GIAPPONESE



L’espressione pinku eiga (ピンク映画) indica un sotto genere cinematografico giapponese dai contenuti erotici softcore nato alla fine degli anni sessanta e prodotto ancora oggi, caratterizzato dal basso costo di produzione e dai tempi brevissimi di realizzazione (solitamente una settimana di riprese).

Si tratta di film prodotti in modo indipendente, girati su pellicola 35mm da cast e troupe professionisti o semi-professionisti, la cui attrattiva principale è costituita dai contenuti sessuali.

I pinku eiga hanno una durata prefissata di circa 60 minuti e vengono proiettati all’interno di un circuito di sale cinematografiche che offrono due o tre spettacoli. Il confine con l’hard-core non viene mai superato, in quanto in Giappone la legge vieta di mostrare organi genitali e rapporti sessuali reali sul grande schermo.

PINKU EIGA, IL PORNO SOFT GIAPPONESE



“L’Occidente non sa nulla di queste immagini, né dovrebbe”, ha affermato Donald Richie, il decano della critica cinematografica giapponese. Ma è una bugia. Queste bizzarrie di celluloide sono riuscite a trascendere i confini del tempo e della cultura finendo per raggiungere un nuovo pubblico. Un numero crescente di questi titoli, infatti, si sta facendo strada verso gli spettatori occidentali e viene visto in contesti diversi da quelli per le quali queste pellicole sono nate.

Dall’esigua manciata di quattro titoli del 1962, la popolarità del genere ha raggiunto il picco nel 1965 con l’incredibile numero di 213 pinku eiga proiettati nei cinema giapponesi. Anche attualmente circa un terzo dei film di produzione nazionale è costituito da “film rosa”.

Poche industrie nazionali in Europa e in America possono vantare situazioni simili, nemmeno nei gloriosi anni settanta, prima dell’avvento delle videocassette. Il fatto che oggi, con internet che ha il monopolio del porno, ci siano ancora film di sesso effettivamente girati su pellicola 35mm e proiettati nei cinema può essere vista come un anacronismo, specialmente in un paese come il Giappone che è spesso visto come un pioniere tecnologico.

PINKU EIGA, IL PORNO SOFT GIAPPONESE



Gli stessi commentatori giapponesi trovano il fenomeno sconcertante. Pur rientrando nella categoria dei film per adulti (seijin eiga) e quindi vietati ai minori, i pinku eiga possono avere molto di più da offrire oltre alle scene sesso. Se l’obiettivo principale è fornire un determinato numero di situazioni erotiche o di nudo, tutto il resto rimane nelle mani degli autori.

Questi hanno la più grande libertà di esplorare idee, temi e strade stilistiche particolari, generalmente non trattate nei film a budget più alti. Con il loro contenuto che comprende il perverso, il comico, il grottesco e il decisamente bizzarro, i pinku eiga hanno la capacità di catturare l’attenzione dello spettatore occasionale e coprire una vasta gamma di chiavi emotive.

Molti pinku eiga sembrano a malapena conformi alle nozioni standard del cinema erotico, andando decisamente oltre. Poiché le immagini si rivolgono principalmente a un pubblico le cui aspettative sono generalmente basse, rimangono praticamente a prova di critica. Vale a dire che i recensori tradizionali tendono a ignorarli e i loro titoli sono esclusi dagli elenchi delle riviste specializzate.

Tuttavia, per una piccola parte di appassionati di cinema più intrepidi, disposti a esplorare le oscure profondità della produzione per il grande schermo, questi film sono visti come la rappresentazione della creatività  cinematografica nella sua forma più ferocemente indipendente.
Nella migliore delle ipotesi, il genere rappresenta un focolaio di energia vitale a disposizione di creativi dalla mente aperta.

Per i cineasti giapponesi che vi lavorano, i pinku eiga possono fornire un campo di formazione prima che inizino produzioni più grandi.
La maggior parte dei creativi sono laureati, un requisito fondamentale per chiunque desideri entrare nell’industria cinematografica in Giappone, e tutti sono accomunati dalla convinzione che se il cinema deve essere la professione scelta, allora i film di sesso possono essere un buon punto di partenza.



La produzione di un pinku eiga medio costa 35mila euro circa. Questa modesta somma costringe i registi ad adottare tattiche di guerriglia quando girano in esterni in assenza di permessi ufficiali per le riprese.

Lo stile senza fronzoli del moderno pinku eiga, caratterizzato da una prevalenza di riprese lunghe e statiche da una posizione fissa della telecamera, con un minimo di inserti, primi piani o spaccati, deriva più dalla necessità di sprecare meno rullini possibili che dalla cosiddetta estetica giapponese.

A causa del rumore creato dalla telecamera Arriflex, il suono viene registrato e doppiato in post-produzione, con i vari sussurri, gemiti, sospiri, grida e piagnucolii amplificati per conferire un’aria vagamente surreale al tutto.

Per decenni i cineasti si sono trovati limitati dalle leggi di censura relativamente rigide vigenti in Giappone. Per esempio, era vietata qualsiasi rappresentazione di pelo pubico. La situazione si è in parte attenuata intorno alla metà degli anni novanta, anche se permane molta confusione su ciò che può e non può essere mostrato.

Generalmente nella pornografia softcore il sesso è simulato, a differenza di quella hardcore dove il rapporto sessuale avviene realmente. I pinku eiga sono definiti dei soft-porno anche se spesso i registi esigono che i loro attori facciano realmente sesso.



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