20 DONNE NELLA STORIA DEL FUMETTO

Le donne cambiano, nel loro aspetto e nel loro modo di porsi, e i fumetti nel corso dell’ultimo secolo hanno cercato di rappresentarle in questa evoluzione… il più delle volte, soprattutto sotto l’aspetto erotico.
Negli ultimi anni sono sempre più numerosi i dibattiti fra gli addetti ai lavori sul ruolo che le donne hanno impersonato nella storia del fumetto. La tesi più accreditata è che gli autori abbiano proposto una figura femminile succube a quella maschile, una donna imbranata sempre in pericolo e bisognosa dell’intervento maschile.
D’altra parte la rappresentazione delle donne nei fumetti non si discosta molto da quella che altri media, come il cinema, i romanzi, la televisione, mettevano in scena negli stessi anni.
Vediamo insieme come sono stati sviluppati i personaggi femminili nel corso del tempo in 20 esempi.
ANNI TRENTA
Le prime donne nel fumetto avventuroso hanno un ruolo di primo piano. Non rivestono un ruolo da protagonista, che è riservato al genere maschile, ma comunque sono delle indispensabili co-protagoniste. Con la loro presenza movimentano le storie e spesso le indirizzano verso soluzioni sorprendenti.
Sono donne eleganti e sofisticate sulla falsariga delle dive del cinema di quegli anni, come Greta Garbo e Marlene Dietrich.
Dale Arden
Tra gli ingredienti che hanno reso Flash Gordon celebre ci sono le bellissime regine desiderose di conquistarlo che suscitano la gelosia di Dale Arden. Tutto ciò succede anche se alla stessa Dale non mancano i corteggiatori altolocati.
Ispirandosi alle fascinose ragazze che John La Gatta dipingeva sulle copertine del Saturday Evening Post, con Dale Arden Alex Raymond si inventò uno splendido esemplare di donna avventurosa che fece innamorare generazioni di lettori.
Dragon Lady
A differenza delle donne di Alex Raymond, che sembrano algide modelle uscite dalle pagine di Vogue, quelle di Milton Caniff sono calde ed espressive. L’autore di donne ne ha disegnate tante, tutte sono belle e sexy, ma anche intelligenti ed emancipate.
Come non citare la ambigua Burma, indecisa tra essere una bad girl o una brava ragazza? E che dire della splendida Miss Lace, protagonista della striscia Male Call, una delle pin-up più belle del mondo del fumetto.
Una però spicca su tutte: è la Dragon Lady della striscia Terry e i pirati, la dark lady per eccellenza, una donna autonoma e seducente che nello stesso tempo attira e impaurisce gli uomini.
È un modello di donna fatale che vive negli anni trenta i suoi ultimi momenti di gloria.
ANNI QUARANTA E CINQUANTA
La prima metà degli anni quaranta sono gli anni della guerra: con una parte rilevante della popolazione maschile impegnata sotto le armi: c‘è bisogno di mano d’opera femminile per portare avanti le normali attività produttive.
In questi anni le donne americane entrano in massa nel mondo del lavoro dimostrandosi decise, intraprendenti e laboriose. Si delinea così una nuova immagine femminile, nasce una donna diversa, moderna, attiva e autonoma.
Nel fumetto queste nuove donne diventano protagoniste, dando il loro nome a diversi titoli di comic book. La tendenza subirà un brusco stop solo a metà anni cinquanta, dopo l’uscita del famigerato saggio dello psicologo Frederik Wertham, “Seduction of the innocent”, sulla presunta influenza negativa dei fumetti sui giovani.
Wonder Woman
Wonder Woman compare per la prima volta sulle pagine dell’antologico Sensation Comics, poi anche su All-Star Comics e su Comic Cavalcade. Finalmente nel luglio 1942 divenne la seconda supereroina femminile ad avere un albo a fumetti dedicato a lei (dopo la tarzanide Sheena).
Spinto dal successo, l’autore delle storie venne allo scoperto: era lo psicologo William Moulton Marston, uno degli inventori della macchina della verità, all’epoca usata da alcuni tribunali.
Marston era appassionato di bondage, tanto che la sua eroina viene spesso incatenata, legata, imbavagliata, legata al laccio, costretta e ammanettata, infilata in una camicia di forza, gli occhi e la bocca chiusi con del nastro adesivo.
H.G. Peter la disegnava con una tiara dorata, un bustino rosso, calzoncini blu e stivali di pelle rossi fino al ginocchio. Era già una mistress, e a essere sempre salvato stavolta era il suo fidanzato.
Phantom Lady
Una delle più sexy tra le eroine della golden age era Phantom Lady. Nasce già dotata di notevole sex appeal nella versione creata da Arthur Peddy, dello studio Eisner e Iger, per il numero 1 di Police Comics (1941).
Indossa costume giallo e mantello verde, ed è armata di “proiettore a raggio di luce nera” che acceca gli avversari e la rende invisibile. Diventa ancora più sexy nella versione di Frank Borth, che le rimpicciolisce il mantello e le apre il costume sul davanti.
Si trasforma in una minaccia sessuale nella versione di Matt Baker, che ne fa una vera e propria esplosione di curve contenute a fatica da un costume ancora più succinto.
Frederick Wertham, nel suo citato saggio “The seduction of the innocent” pubblicò alcune tavole di questa eroina come esempio della “pericolosità” dei comics per le giovani menti.
Pantera Bionda
Nell’immediato secondo dopoguerra lo sceneggiatore Gian Giacomo Dalmasso e il disegnatore Enzo Magni provano ad introdurre in Italia una tarzanide: Pantera bionda.
Enzo Magni e un ventenne Mario Cubbino si superano nel disegnare in tutta la sua sensualità questa specie di svedesona alta quanto un uomo e dalle gambe che non finiscono più.
Quello che fece imbestialire i censori dell’epoca fu l’abbigliamento succinto che la caratterizzava: un bikini leopardato. Dopo l’ennesimo sequestro fu deciso che l’eroina avrebbe potuto tornare nelle edicole solo se si fosse vestita in maniera “più consona”, coprendosi non solo le gambe e il busto, ma anche i piedi.
ANNI SESSANTA E SETTANTA
Durante la contestazione giovanile la “società dei consumi” e i suoi valori individualistici vengono messi sotto accusa. Sono anche gli anni della cosiddetta rivoluzione sessuale, nata sull’onda della diffusione della pillola anticoncezionale, che modificherà i costumi sessuali togliendo alle donne l’incubo delle gravidanze indesiderate.
Intanto il movimento femminista si batte per il miglioramento delle condizioni sociali, politiche e giuridiche della donna arrivando ad ottenere le leggi sul divorzio e sull’aborto.
Nei fumetti questa rivoluzione si realizza attraverso la comparsa di figure femminili libere, trasgressive e carismatiche. Queste eroine complesse e accattivanti esprimono il cambiamento attraverso la loro nudità.
Barbarella
Nel 1962 l’autore francese Jean-Claude Forest prende a prestito i lineamenti di Brigitte Bardot, simbolo dello spirito ribelle del cinema di quegli anni, per creare una nuova eroina, selvaggia, molto femminile e sexy, perfettamente in linea coi tempi: Barbarella.
Barbarella non apparve sulle pagine di un fumetto per ragazzini, ma su quelle di un periodico per adulti: V-Magazine.
Del suo personaggio Forest diceva che “è una donna finalmente libera, padrona delle sue azioni e del suo corpo“. L’artista crea un personaggio positivo e generoso, che si getta nella mischia per combattere gli oppressori, pur ripudiando la violenza.
La sensualità di Barbarella non è mai volgare, ma sempre genuina e pura come genuini e puri sono i suoi nudi.
Little Annie Fanny
Little Annie Fanny è la controparte americana di Barbarella. Anche lei nasce su una rivista per adulti, nientemeno che su Playboy, anche lei è a suo modo portabandiera della nascente rivoluzione sessuale. Infine, anche lei spesso e volentieri gira senza vestiti addosso.
Nel 1962 Hugh Hefner in persona incarica Harvey Kurtzman (già fondatore di della rivista Mad) e Will Elder di realizzare un fumetto in linea con i contenuti e la filosofia della rivista.
Kurtzman prende la richiesta alla lettera: Little Annie Fanny sembra uscita dal paginone centrale di Playboy. Se a prima vista potrebbe trattarsi solo di una bonona tante curve e poco cervello, in realtà, attraverso Annie, Kurtzman affonda il suo tagliente bisturi satirico nel cuore stesso della società americana mettendone in luce i difetti.
Valentina
Valentina Rosselli rappresenta la scoperta dell’ inconscio delle donne che anche alcuni film (come Repulsion di Roman Polansky) stavano compiendo in quegli anni.
L’autore, Guido Crepax, era appassionato di psicoanalisi. Sono in particolare le pulsioni nascoste come il masochismo e l’esibizionismo ad attrarlo e a fornirgli spunti per le storie.
Il disegnatore milanese era bravissimo a raffigurare il corpo flessuoso della sua disinibita eroina. Più che per le avventure contorte, arruffate e anche bislacche che la vedono protagonista, ci si ricorda di Valentina soprattutto per i trionfali momenti dove espone il suo attributo più apprezzato: il fondoschiena.
Satanik
Kriminal aveva rivelato al mondo la premiata coppia formata da Max Bunker e Magnus. Uno sceneggiatore al vetriolo e un giovane maestro del disegno ossessionato dalla lingerie.
Satanik è una donna fin troppo emancipata emancipata, che usa la propria bellezza con spregiudicatezza per ottenere potere e denaro. Magnus si spinge fino ai limiti concessi dal periodo, disegnandola a volte completamente nuda con i punti strategici nascosti da oggetti o coperti da ombre.
Satanik aveva anche un nutrito seguito di lettrici: si dice che la sua trasformazione da bruttissima a bellissima accendesse la speranza di una sorta di riscatto nelle ragazze timide.
Paulette
Se Valentina associava il corpo delle donne alla psicoanalisi, Paulette, la creatura di Georges Wolinsky e Georges Pichard, lo associa alla politica. Sì, perché Paulette è comunista. In quel tempo del resto, come diceva Giorgio Gaber, “tutti erano comunisti”.
Paulette poteva permetterselo, essendo una giovane ereditiera parigina. Era una delle più carnali eroine del fumetto: nelle storie, uscite a partire dal 1970 sulle pagine del mensile Charlie, viene costantemente concupita, palpata e coinvolta in amplessi vari.
Al centro delle storie c’è sempre il corpo di Paulette. È una presenza sicuramente ingombrante, forse ineludibile.
Come hanno detto i critici, nei disegni di Pichard la carne si mostra in tutta la sua possanza in un tripudio di pieghe, efelidi, nei, peli e imperfezioni. Paulette è fatta di sangue, sudore e lacrime: “I corpi di Pichard emanano odori così intensi da far girar la testa al lettore”.
ANNI OTTANTA
Gli anni ottanta furono caratterizzati della caduta degli ideali che avevano imperato nei due decenni precedenti a favore di una visione pratica, concreta e utilitaristica della vita. Furono gli anni dell’elezione del primo premier donna inglese, Margaret Thatcher, che si impose all’attenzione internazionale come esempio di emancipazione femminile.
Si afferma la figura della donna attiva nel mondo del lavoro, capace, influente, autorevole e a volte autoritaria. Il fumetto si riempie di donne forti dai comportamenti estremi, non controllabili dall’uomo.
Elektra
Elettra, il personaggio del mito greco, fa uccidere il suo sposo e la sua stessa madre. Secondo la definizione dello psicoanalista Carl Gustav Jung, il complesso di Elettra si definisce come il desiderio della bambina di possedere il pene. In effetti l’Elektra di Frank Miller è, per così dire, una donna cazzuta.
Per creare la sexy-ninja amata da Matt Murdock, Miller mischia la modella Lisa Lyon, una bodybuilder professionista già musa del fotografo Robert Mapplethorpe, e Katherine Hepburne, i cui zigomi alti ispirarono l’inchiostratore Klaus Janson.
Frank Miller dichiarò: “Quando ho creato Elektra volevo solo cavarmela, riuscire a fare un personaggio che fosse interessante. Pensate che era il mio primo incarico come sceneggiatore di una serie: fui molto colpito quando quel personaggio diventò addirittura più famoso del protagonista della serie, di Devil”.
Elektra era una spietata assassina, anche se poi rinunciò alla sua missione di morte per amore di Matt. Si tratta di una cruda donna fatale senza gli orpelli del passato.
She-Hulk
John Byrne ha fatto del ribelle Wolverine una superstar. E ha trasformato le eroine Marvel dando libero sfogo alla loro sessualità nascosta.
Trasforma Jean Grey in Fenice Nera, un personaggio che si sente perennemente un fuoco dentro. Esplora la parte oscura di Sue Storm, la Donna Invisibile, trasformandola nella dominatrice Malizia.
Soprattutto ristruttura il personaggio di She-Hulk, che Stan Lee e John Buscema avevano creato senza un grande appeal, in una bomba del sesso capace di autoironia e con un lavoro “serio” da avvocato.
She-Hulk di Byrne ama essere sensuale per se stessa, rifiutando le attenzioni che gli uomini le dedicano incautamente.
Druuna
Se la ipersessualizzazione delle forme delle eroine dei fumetti è un indice di maschilismo da parte degli autori, allora non c’è nessuno più “maschilista” di Paolo Eleuteri Serpieri.
Druuna è l’apoteosi della donna latina dalle forme arrotondate e abbondanti.
Nel crearla l’autore si ispirò all’attrice francese Valérie Kaprisky, famosa negli anni ottanta. In uno dei progetti cinematografici su Druuna, mai andati in porto, la parte era stata offerta a Jennifer Lopez.
Druuna è apparentemente figlia della postmodernità, della transavanguardia, del pensiero debole, l’incarnazione a fumetti del programma televisivo Drive-In. Una ragazza fast food sopravvissuta in un mondo post-atomico.
Al di là di questi aspetti superficiali, sia pure in maniera completamente diversa da Valentina (anche per quello che il suo fisico rappresenta), Druuna esplora il mondo del sadomasochismo in una dimensione priva di speranza.
Lubna
Come tutto ciò che venne creato dai ragazzacci della rivista Cannibale, anche Lubna era in anticipo sui tempi. Sono le cronache dei giorni nostri, più che quelle degli anni ottanta, a mettere sotto i riflettori ragazze simili alla girlfriend di Ranxerox.
Lubna è una dodicenne tutta sesso, droga e capricci.
Con Lubna, Stefano Tamburini e Tanino Liberatore ci mettono di fronte a una figura femminile portatrice di una sessualità viziosa e malata. I due danzano con classe sul sottile limite tra desiderio e depravazione.
È troppa per i tempi che stanno arrivando, e, infatti, a un certo punto l’età della coprotagonista viene glissata. Certe trasgressioni, sia pure appartenenti solo alla finzione, sono sempre meno tollerate dal nuovo perbenismo.
La Bionda
L’impacciata e sensualissima ladra conosciuta come La Bionda offre all’autore, Franco Saudelli, l’occasione per dare libero sfogo a due sue passioni: il foot fetish e il barefoot bondage.
Le avventure della Bionda brulicano di piedi, invadenti e onnipresenti, che siano nudi o appena velati da seducenti calze nere. I piedi si conquistano il primo piano in tutte le tavole, diventando a tutti gli effetti una splendida ossessione.
L’altra ossessione che Saudelli mette in mostra in questa sua esplorazione della sessualità di nicchia, è quella legata alla pratica del bondage. La sua eroina lega o viene legata facendo abbondante uso di corde, legacci, cerotti e bavagli.
Le storie, malgrado questi particolari puramente visivi, potrebbero essere considerate avventure per bambini, a causa della loro innocenza.
ANNI NOVANTA E DUEMILA
Oggi non esiste più un solo tipo di donna. Esistono diverse donne. C’è la working girl, la donna in carriera, la donna trasgressiva, l’alphamom (donna-madre multitasking che ha trovato la quadratura del cerchio tra lavoro e famiglia), la velina-letterina-paperina, la selfista seriale e tantissime altre.
Quello che le accomuna è il fatto che, forse per la prima volta nella storia, siano così per libera scelta personale.
Chiara di notte
Jordi Bernet è un grande conoscitore di donne, che disegna da Dio e di cui sulle pagine di Torpedo ci offre una sequenza quasi infinita. Le sue donne non sono certo delle educande. Men che meno Chiara di notte.
Chiara pratica il mestiere più antico del mondo, ma lo fa con impegno e dedizione. Come per la Bocca di Rosa di Fabrizio De André, di lei si può dire: “C’è chi l’amore lo fa per noia, chi se lo sceglie per professione, Bocca di rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione”.
Da una parte il suo è semplicemente un lavoro e dall’altra una forma di psicoterapia per i clienti, che si aprono con lei dimenticando i problemi di tutti i giorni.
Fathom
Fathom è l’opera del dotato Michael Turner. Aspen, il suo alter-ego, è una ragazza bellissima dotata di poteri legati all’acqua, che in un certo qual modo rinnova il mito seduttivo della sirena.
Fisicamente rappresenta il look la donna degli anni novanta: spilungona, volto grande, occhioni e labbra carnose. Senza dimenticare le gambe di lunghezza superiore alla media.
Purtroppo i testi delle storie, estremamente deboli, non sostengono a sufficienza un personaggio con tante potenzialità.
Questo è un po’ il destino di un po’ tutte le vistose donne protagoniste nei comic book degli anni novanta, che fanno il paio con gli ipermuscolosi eroi dello stesso periodo.
Catwoman
Catwoman ha passato gli ottanta anni, ma non li dimostra affatto. È improbabile che Bob Kane e Bill Finger, quando inventarono il personaggio di Selina Kyle nel 1940, si siano resi conto di aver dato vita a una delle eroine più iconiche del fumetto. Loro avevano solo cercato di mettere un po’ di sex appeal nelle avventure del crociato incappucciato.
Cat woman è un personaggio che è cresciuto negli anni fino a diventare importante quasi quanto Batman, che a un certo punto è arrivata persino a portare sull’altare, dopo aver dato l’addio ai propri trascorsi burrascosi.
Frank Miller e David Mazzucchelli negli anni ottanta le hanno dato spessore psicologico, ma dal punto di vista visivo nella versione disegnata da Adam Hughes è davvero felina e irresistibile.
Power Girl
Quando il grande Wally Wood creò Power Girl nel 1976 ci mise un po’ di malizia.
Primo quesito: perché si inventò quell’ampia apertura tondeggiante del costume all’altezza del seno? Secondo quesito: perché ad ogni numero aumentava le dimensioni del seno della sua eroina?
Fatto sta che Power Girl è diventata famosa per essere la supermaggiorata per eccellenza nel mondo dei comic book.
Power Girl, pur essendo così per natura, rappresenta la “donna iper rifatta” di oggi, che vince le proprie insicurezze cercando l’approvazione maschile con le sue forme generosissime.
Tra tutti coloro che l’hanno disegnata nessuno ha saputo entrare in sintonia con il personaggio come Frank Cho. Se è vero che strong is the new skinny, allora Cho è il disegnatore più adatto a rappresentare questa nuova tendenza.
Spider-Woman
Milo Manara sulle donne attraenti ci ha costruito la carriera. Ne ha disegnate migliaia nelle posizioni più diverse, tutte piuttosto esplicite.
È un tipo di donna che piace non solo agli uomini, ma anche, e forse soprattutto, alle donne. Questo perché sono donne sempre eleganti e sicure del proprio fascino come modelle delle riviste femminili.
Eppure non fu mai così criticato come per una copertina di Spider-Woman commissionatagli dalla Marvel nel 2014. In America le grandi case editrici probabilmente non gli chiederanno più dei disegni per evitare altre polemiche.
Chissà se, invece, in Europa donne provocanti come questa potranno continuare a circolare nei fumetti, portando l’attenzione sui continui cambiamenti della società…
il mio sogno erotico è un personaggio simile ma non proprio uguale a Pantera Bionda, diciamo una donna che si muove in un contesto sì selvaggio, come può essere una foresta, ma che vada però a caccia di uomini “cattivi”, come un’amazzone punitrice… 😈
purtroppo le eroine del fumetto saranno ridotte a delle citazioni di quelle passate perchè la nuova dabbenaggine basata sul ricatto morale nega addirittura le differenze sessuali e condanna qualunque modello non allineato, quindi l’erotismo delle super pulzelle in body sgambati verrà bollato come l’opera di un tardo-maniaco priva di qualunque parossismo erotico-sessuale. I vecchiacci come me continueranno a ricordare con nostalgia i supercalci volanti di bonazze incazzate con spaccate in cui la tuta aderentissima penetrava tra i glutei.
Mi è piaciuto molto il tuo articolo sulle donne nel fumetto. Per questo vorrei segnalarti una produzione mia con i disegni di Nives Manara, realizzata con un certo antagonismo verso il fratello, autore della discussa della Spider Woman. L’eroina Alis presentata in Italia è stata lanciata in Francia. Se ti interessa posso mandartene un PDF. (sei tu il medico di Bollate ?)
Buon anno da Franco Ressa – Milano
Ottima disamina, ma per importanza storica aggiungerei altre 4 bédé: Yoko Tsuno, Aria, Natacha, Laureline (di Valerian) e un paio di italiane: Frieda Boher di Magnus e Valentina Mela Verde (con sua sorella Stefi) della Nidasio.