MITRAGLIATRICE KELLY ERA UN BRAVO RAGAZZO

MITRAGLIATRICE KELLY

Nel luglio del 1933 alcuni uomini mascherati penetrano nella bella casa di Charles Urschel, un ricchissimo petroliere dell’Oklahoma di 43 anni. Quegli uomini sono venuti per rapirlo, ma, da veri dilettanti quali sono, non si sono preoccupati di osservare bene una foto dell’imprenditore per riconoscerlo.

Così, quando in sala vedono due tizi giocare a carte, puntano le pistole su entrambi e li spingono nel loro furgoncino. Arrivati in aperta campagna, i rapitori frugano nei portafogli dei due uomini e, finalmente, scoprono che uno è quello che cercano, mentre il suo amico si chiama Walter Jarret. Abbandonano Jarret in mezzo ai campi e ripartono con il petroliere.

Per capire come si è arrivati fin qui bisogna partire da lontano. Nella città di Memphis, nello stato del Tennessee, il 18 luglio 1895 nasce Geoge Barnes. Quella dei Barnes è una normale famiglia della classe media, anche se George non riceve l’affetto del padre, un uomo dal carattere freddo. Si vendicherà da adolescente, quando, scoprendolo a letto con l’amante, gli chiederò di aumentargli la paghetta per non dirlo alla madre.

Alcuni mesi dopo, proprio alla morte dell’amata madre, George tenta di suicidarsi ingerendo del bicloruro di mercurio. “La prossima volta sparati con la pistola, se vuoi fare un lavoro preciso”, gli dice il padre con il suo solito cinismo. Ripresosi, il ragazzo si iscrive alla facoltà di Agraria, ma ben presto deve gettare la spugna per scarso rendimento.

Trova lavoro come taxista e inizia a frequentare la figlia di una famiglia agiata, Geneva Ramsey, e la sposa. Il suocero, che si chiama George come il genero, lo assume nella sua azienda che costruisce argini lungo il fiume Mississippi. Per il giovane, George Ramsey diventa il padre che non ha mai veramente avuto e tra i due nasce un grande affiatamento.

Nel 1925, Ramsey muore per l’esplosione accidentale di un candelotto di dinamite. La vedova vende l’azienda e, con parte del ricavato, cerca di aiutare il genero ad avviare un’attività commerciale, ma dopo rapidi fallimenti nel business delle auto, dell’allevamento e delle assicurazioni, George Barnes deve arrendersi. A questo punto, non disponendo più di capitali, cerca di capire dove sbattere la testa, anche per tirare su Sonny, il figlio appena avuto da Geneva.

Negli anni venti vige negli Stati Uniti il divieto di produrre alcolici. Le autorità pensano, in questo modo, di riportare ordine nelle numerose famiglie rovinate da genitori alcolizzati. Il risultato è che gli americani continuano a bere attraverso il mercato illegale. Anche George, alla fine, decide di approfittarne, aprendo una distilleria clandestina di whisky insieme a un socio.

L’attività gli procura diversi arresti, così la moglie deve continuamente chiedere soldi alla madre per pagare le cauzioni, finché si arriva al divorzio. Per allontanarsi dalle attenzioni della polizia, George Barnes, tornato single, decide di trasferirsi in Oklahoma, dove cambia il suo cognome in Kelly e riprende l’attività illegale.

L’11 febbraio 1928 viene arrestato a Tulsa mentre contrabbanda whisky in una riserva indiana. Condannato a tre anni di detenzione, finisce nel penitenziario di Leavenworth, in Kansas. Siccome si comporta da detenuto modello, lo scarcerano dopo un solo anno.

Uscito di prigione, sposa Kathryn Thorne, un’irrequieta ragazza che ha nove anni meno di lui e che sogna di diventare la donna di un pericoloso gangster. Cerca quindi di trasformare Kelly, che fino a quel momento si era limitato a commerciare illegalmente whisky fatto in casa, in un vero criminale.

Per prima cosa, gli procura un fucile mitragliatore Thompson. Poi, facendogli da “agente”, va a offrire le sue prestazioni ad alcune bande di rapinatori. Dispone di buoni contatti con la malavita perché i suoi genitori gestiscono una sorta di pensione per latitanti in un piccolo ranch del Texas.

Sempre Kathryn, per motivi “promozionali”, dà al marito il melodrammatico soprannome di “Machine Gun” Kelly (“Mitragliatrice” Kelly). Proprio a lui, che non ha mai sparato un colpo in vita sua! Kelly, così, finisce per partecipare ad alcune rapine dal bottino scarso. Finché, nel 1933, Kathryn spinge George a realizzare un colpo molto più remunerativo. Si tratterebbe di rapire un ricco petroliere…

Dopo aver sequestrato Charles Urschel, i gangster nominalmente guidati da George Kelly, ma di fatto dalla moglie Kathryn, raggiungono il loro covo e, nel giro di nove giorni, ottengono un riscatto di 200mila dollari. Appena messe le mani sui soldi, Kathryn grida in preda all’euforia: “E adesso ammazziamo come un cane quel bastardo di Urschel!”. Per la prima volta, George Kelly le dice di no e libera il sequestrato.

A occuparsi del caso vengono mobilitati gli efficienti agenti della polizia federale, l’Fbi, chiamati G-Man (“Government Man”: “uomo del governo”, per distinguerli dai poliziotti delle amministrazioni locali). Ai G-Man, l’appena liberato Urschel fornice una testimonianza stupefacente: i suoi occhi erano bendati, ma le orecchie funzionavano benissimo. Avendo sentito che due volte al giorno alcuni aerei sorvolavano la zona, aveva domandato l’ora ai suoi rapinatori: le 9,45 del mattino e le 5,45 del pomeriggio. Si tenga presente che nel 1933 gli aerei sono ancora rari e volano piuttosto basso, quindi vengono sentiti solo in zone ristrette.

Urschel aveva menzionato anche altri rumori, oltre al caratteristico sapore dell’acqua minerale naturale tratta dal pozzo, di cui sentiva azionare la pompa. Dai discorsi dei rapitori, poi, aveva capito di trovarsi più o meno in una certa zona isolata del Texas. Infine, aveva toccato sistematicamente tutto l’apparamento per lasciare le proprie impronte digitali.

Grazie alle precise indicazioni di Urschel, i G-Man scoprono che il covo si trova nella cittadina di Paradise, in Texas, e all’interno rinvengono le impronte digitali lasciate dal rapito. Si tratta di un’ala del ranch dei genitori di Kathryn, quello che serve come albergo per i latitanti.

Risaliti ai nomi dei rapitori, gli agenti arrivano a Kelly e alla sua complice, che si sono trasferiti a Memphis. Nelle prime ore del mattino del 26 settembre, li arrestano senza che i due oppongano la minima resistenza. “Non sparate, per favore… G-Man, non sparate!”, si limitano a gridare alzando le braccia. Parole che, riportate dai giornali, fanno grande pubblicità alla Fbi guidata da J. Edgar Hoover.

Il 12 ottobre 1933 la coppia viene condannata all’ergastolo, mentre i complici ricevono pene meno pesanti. “Machine Gun” Kelly viene rinchiuso ad Alcatraz, il penitenziario di massima scurezza costruito su un’isola della baia di San Francisco. Gli altri detenuti lo prendono in giro, chiamandolo “Pop Gun” (pistola giocattolo), per la sua estrema gentilezza con tutti.

Intanto, fuori dal carcere, la stampa costruisce il suo mito di terribile e brutale gangster a seguito delle continue invenzioni di Kathryn. Nell’immaginario collettivo, la donna diventa il prototipo della “pupa del gangster”, anche se, in questo caso, il “pupo” era l’uomo.

Non essendo considerato pericoloso per le autorità carcerarie, Kelly viene di nuovo trasferito in Kansas, nel penitenziario di Leavenworth, dove muore di infarto il 18 luglio 1954, giorno del suo 59esimo compleanno.
Kathryn Thorne viene liberata nel 1958, dopo che la madre ha pagato la cauzione. Morirà nel 1985.

Anche se non aveva mai sparato a nessuno, e nonostante prima del rapimento non avesse realizzato colpi eclatanti, George Kelly, forse anche per il soprannome di “Machine Gun” impostogli dalla moglie, ha acceso la fantasia popolare.

Nel 1958, il regista Roger Corman ricostruisce con estrema libertà la sua vita nel film La legge del mitra, dove un giovane Charles Bronson veste i panni del “pericoloso” gangster. In un altro film lo vediamo addirittura a fianco di John Dillinger, uno spietato criminale che non ha mai conosciuto. Persino Quentin Tarantino lo cita indirettamente in una scena del suo celebre film Pulp Fiction.


Leggiamo in una biografia americana: “Sua moglie Kathryn e il direttore dellFbi, J. Edgar Hoover, hanno fatto di George Kelly il nemico pubblico numero uno, ma questo è un affronto per centinaia di criminali veramente pericolosi”.



(Immagine in apertura dell’articolo tratta dal film La legge del mitra, di Roger Corman con Charles Bronson)


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