LA POSTA – FUMETTOSO E GLI ALTRI NOSTRI GRUPPI DI FACEBOOK

Il bello di Fumettoso
Caro Direttore,
cosa ne pensa dei social? Evidentemente bene, dato che ha fondato alcuni gruppi su Facebook, come Fumettoso, per citare il più grande con i suoi ventimila iscritti. Non le pare, però, che in questi gruppi ci sia troppa rissosità?
Daniela
Gentile Daniela,
inizialmente non avevamo l’intenzione di formare gruppi sui fumetti e utilizzavamo quelli esistenti soprattutto per promuovere gli articoli di Giornale POP. A un certo punto, però, non abbiamo resistito alla tentazione.
La rissosità non dipende tanto dalle diverse visioni sul fumetto, quanto dalle differenti posizioni politiche. Nelle intenzioni Fumettoso non è né di sinistra né di destra, questo significa che gli iscritti devono avere una visione sgombra di pregiudizi, perché i fanatici di sinistra danno del fascista a tutti coloro che non la pensano come loro come i fanatici di destra danno del comunista agli altri.
Anche se su Fumettoso è vietato parlare di politica, inevitabilmente alcuni interventi sono ispirati ad essa, da qui gli scontri. Che, per dire la verità, non sono poi così numerosi. La lite spesso finisce con l’espulsione del rissoso, di destra o di sinistra che sia (può chiedere la reintegrazione per una sola volta). Insomma, si deve ancora capire che la tolleranza non è la virtù che devono avere gli altri verso le nostre idee, ma quella che dobbiamo avere noi verso le idee degli altri.
Ah, dimenticavo che all’inizio c’erano davvero delle risse enormi tutte le volte che pubblicavamo i dati in ribasso delle vendite degli albi a fumetti. Molti esagitati, che ritenevano volessimo parlare male dei loro beniamini, ci riempivano di insulti pensando di essere allo stadio: abbiamo dovuto bloccarne un migliaio. Poi questi dati sono stati più o meno confermati, indicando lo stato di crisi diffusa in cui versa il fumetto (come l’editoria in generale), e la gente ha dovuto prenderne atto.
In ogni caso, trovo che i gruppi svolgano una funzione positiva tra gli appassionati del fumetto. Anche per questo ne abbiamo fondati altri più specifici dopo Fumettoso (clicca qui per entrare direttamente), per esempio Vecchi Fumetti, Erotismo Fumettoso e Compravendita Fumettosa. Tra l’altro, nei nostri gruppi si discute anche degli articoli di Giornale POP e delle altre webzine.
Un premio dedicato a Guido Martina
Gentile Direttore,
ecco le mie domande.
1) In molti considerano Wolf Guy uno dei manga più disturbanti di sempre grazie a Dou Haguro, un antagonista mostruoso in tutti i sensi. Lei concorda?
2) Che ne pensa di Guido Martina?
3) Se Zerocalcare diventa un franchise (diari, quaderni, caramelle, biglietti per gli auguri) sarà ancora credibile come sottoproletario uscito dai centri sociali?
Dario
Gentile Dario:
1) Non ho ancora letto Wolf Guy, ma probabilmente è ottimo dato che l’iperviolenta serie precedente degli autori Yoshiaki Tabata e Yuki Yogo, Akumetsu, era interessante. Quella di affiancare uno sceneggiatore al disegnatore è una pratica che i giapponesi dovrebbero usare più spesso.
2) Da piccolo non ero un fan di Topolino, preferivo personaggi come Kriminal, Zagor, i supereroi o i fumetti francobelgi. Però ogni volta che leggevo una storia di Guido Martina ero felice. Lo riconoscevo dai dialoghi, era quello che “scriveva bene”, perché all’epoca i nomi degli autori non venivano pubblicati. Aveva uno stile cinico che ricordava un po’ quello di Alberto Sordi, ma con più fantasia. Alcuni contestano che i suoi paperi fossero troppo “italiani”. Certo, che cosa diavolo avrebbero dovuto essere? Il suo Zio Paperone non era un duro uomo d’affari come l’Uncle Scrooge del creatore Carl Barks, era un ricco taccagno come Pantalone, la maschera della commedia dell’arte, perché i letterati italiani hanno sempre faticato a capire che i soldi non servono solo per essere spesi, ma anche e soprattutto per essere investiti. Va da sé che Paperino, con Martina, diventava Arlecchino. Quando smisero di pubblicare Guido Martina, benché lui continuasse pateticamente a proporre sceneggiature alla redazione (chissà che fine avranno fatto?), perché considerato “diseducativo” dai nuovi orientamenti pedagogici, smisi di leggere Topolino. Il giorno che un mio vecchio conoscente divenne direttore generale della Walt Disney gli proposi di creare un premio intitolato a questo autore, ormai defunto. L’idea a lui piacque, ma non ebbe seguito. Forse perché Martina, avendo un carattere difficile, non aveva lasciato un buon ricordo a chi lo conosceva di persona nell’azienda.
3) Secondo me no, ma già ne abbiamo parlato: non possiamo continuare a maltrattare Zerocalcare in questa rubrica. Anche perché poi ci danno dei “rosiconi” e altri aggettivi di moda tra i coatti.
X-Files sì, Twin Peaks no
Buonasera direttore:
1) Dopo decine di remake e reboot fallimentari, sembra che nelle serie tv abbiano trovato una soluzione vincente: sequel che arrivano dopo 15, 20 o 30 anni con gli stessi attori. Abbiamo Cobra Kai (una delle serie più viste e acclamate su Netflix); ottimi successi anche per Twin Peaks, Prison Break, X-Files; sono in arrivo Dexter e altre serie eccetera. Gli unici contrari sono i progressisti che le chiamano serial senili, roba obsoleta che toglie spazio ai giovani. Lei che ne pensa di questo fenomeno?
2) Si può avere un elenco dei fumetti che ha letto per intero o che conosce comunque bene?
Cavaliere
Gentile Cavaliere:
1) Dipende. Le serie realizzate per essere autoconclusive, come Twin Peaks, non dovrebbero continuare, in quanto finite per sempre. Invece le serie con uno schema modulare, come X-Files, possono tranquillamente continuare finché c’è un pubblico che le segue.
2) Conosco bene soprattutto i fumetti vecchi, di qualsiasi genere e nazionalità.
Tutte le imitazioni del Tarzan di Jacovitti
Caro Direttore,
qual è stato il più grande genio del fumetto italiano?
Lorena
Gentile Lorena,
senza dubbio Benito Jacovitti. Il destino del genio è quello di essere depredato, e Jac fu depredato assai.
Marcello Toninelli ha già parlato su Giornale POP della Signora Carlomagno, che è diventata la famosa Nonna Abelarda. E del Nonnomo, diventato il Numero Uno di Alan Ford. Mentre io, nel microscopico blog Sauro piace alle ragazze, ho parlato della sua parodia di Tarzan, ripresa pari pari da Totò, altro genio, e dal fumettista Antonio Terenghi, quello dello sceriffo Pedrito el Drito.
La parodia originale con bombetta e coda leopardata, da L’Onorevole Tarzan di Jacovitti (1948)…
… ed ecco la parodia “rubata” ne film Totò Tarzan (1950)…
… fino al Tarzanetto di Antonio Terenghi (1954).
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Sauro Pennacchioli