LA POSTA – CANCEL CULTURE E FUMETTO

Le censure pensate per il “nostro bene”
Caro Direttore,
le censure vanno per la maggiore. Il movimento “cancel culture” vorrebbe rimuovere dall’insegnamento molti testi considerati “razzisti”, dall’Odissea di Omero in poi. Altri vogliono censurare la lingua italiana mettendo gli asterischi alla fine dell* parol* per privarle del “sesso” eccetera. Anche il fumetto viene preso di mira, con accuse di “sessismo” e via dicendo. Intanto negli adattamenti cinematografici e televisivi i personaggi dei fumetti subiscono cambiamenti di razza, di inclinazione sessuale e così via.
Che fare?
Laura
Gentile Laura,
una volta la censura era voluta da destra: abbiamo lottato per eliminarla. Oggi è invocata da sinistra: lotteremo di nuovo.
Daniel non era solo di Max Bunker
Salve Direttore,
un giorno sarà possibile leggere un articolo o un servizio critico su Giornale POP dedicato a un personaggio minore di Max Bunker, Daniel, che uscì in edicola dal 1975 al 1978?
Stefano
Gentile Stefano,
io non lo scriverò, anche perché non ho voglia di rileggermi tutti i 30 numeri del tascabile, ma, se qualche collaboratore ce lo mandasse, un articolo su Daniel lo pubblicheremmo molto volentieri.
Daniel è solo parzialmente un personaggio di Luciano Secchi, che firmava con il suo solito pseudonimo Max Bunker, in quanto soltanto i soggetti, ovvero le trame, erano suoi: mentre le sceneggiature, cioè la descrizione delle vignette per il disegnatore e i dialoghi che deve trascrivere il calligrafo nelle nuvolette (lettering), le scriveva la sua assistente Maria Grazia Perini.
Lo stile della Perini era piuttosto convenzionale, ricordava fin troppo quello dei film e dei telefilm polizieschi. Del resto le trame non le lasciavano altra scelta e anche il disegnatore della serie Frank Verola aveva un tratto molto realistico, lontanissimo dall’impronta “grottesca” di Magnus (Roberto Raviola), autore dei precedenti successi di Luciano Secchi come Kriminal e Satanik (per non parlare di Alan Ford, che comunque è di genere comico).
Invece l’anticonformista El Gringo, un tascabile degli anni sessanta disegnato e sceneggiato da Paolo Piffarerio su soggetti di Luciano Secchi, pur nell’eccessiva asciuttezza dei dialoghi aveva una forza espressiva notevole che lo avvicinava agli spaghetti western del periodo.
Questo vuol dire che, sceneggiature della Perini a parte, non solo Daniel aveva risentito della mancanza di un disegnatore geniale come Magnus, ma che lo stesso Max Bunker/Luciano Secchi aveva cambiato stile, diventando da rivoluzionario a “borghese”, come si sarebbe detto una volta.
Il Galep migliore?
Gentile direttore:
1) Meglio L’Uomo Tigre o Rocky Joe?
2) Che voto darebbe ad Aurelio Galeppini nel suo miglior periodo? (Tex dal 100 al 200).
3) Quando inizia il declino del Corriere dei Piccoli?
4) Che ne pensa delle Giovani Marmotte?
Franco
Gentile Franco:
1) I due più famosi personaggi dello sceneggiatore Ikki Kajiwara, cioè L’Uomo Tigre e Rocky Joe, hanno risvolti sociali non trascurabili che forse non tutti hanno colto, concentrandosi sugli aspetti sportivi delle due serie, il wrestling e la boxe.
A essere sincero io ho letto solo un po’ i manga e non ho visto quasi per niente la versione degli anime perché ho una idiosincrasia verso il genere sportivo. Ma a chi non ha questo mio limite ed è appassionato di fumetti giapponesi consiglierei senz’altro la lettura di entrambi. Chi sia meglio dei due personaggi non saprei.
2) Galep lo apprezzo soprattutto perché, a differenza dei molti disegnatori odierni, non era per nulla fotografico (malgrado qualche ricalco per le copertine).
Il periodo da lei indicato di Tex è il migliore per la maturità artistica raggiunta da Galep, ma il voto più alto lo darei allo stile che utilizzava al tempo della guerra, molto vicino a quello di Alex Raymond. Anche se, certo, dal punto di vista tecnico il disegno era decisamente acerbo.
3) Il Corriere dei Piccoli declina quando diventa Corriere dei Ragazzi nel 1972, perdendo via via le ottime serie francobelghe per riempirsi di fumetti italiani dai testi spesso tirati via e dai disegni quasi sempre ricalcati da foto.
In realtà il Corriere dei Piccoli ritorna in edicola con questo nome poco dopo e se vogliamo considerare “quel” CdP, direi che solo i primi anni sono abbastanza buoni malgrado il formato povero, con personaggi azzeccati come Gianconiglio di Carlo Triberti e Carlo Peroni, e più avanti i Ronfi di Adriano Carnevali.
Peggiora fino all’inverosimile nel corso degli anni ottanta, pubblicando le foto sgranate dei cartoni animati giapponesi munite di balloon posticci. Infine migliora un poco, ma non abbastanza, con la versione di Maria Grazia Perini, da tempo transfuga dall’Editoriale Corno, con fumetti italiani spesso di scarsa qualità e troppo “pucciosi”.
In sostanza, questa seconda serie del Corriere dei Piccoli è tutta un declino, anche se i primi anni non sono privi d’interesse.
4) Le Giovani Marmotte non mi sono mai piaciute, per non dire dei loro manuali pubblicati a suo tempo dalla Mondadori, che pure avevo. L’atmosfera scoutistica mi ha sempre ricordato quella militare e le Giovani Marmotte mi sembrano dei soldatini privi dell’ironia delle Sturmtruppen.

Sauro Pennacchioli
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be le Giovani Marmotte di Carl Barks erano note come parodia del militarismo con il gran mogol che era un’ottuso sergente con ridicole onorificenze(scemo, asino fanatico, smargiasso) che stavano per Superbo Conoscitore Eccellente Mogol Onorario e così via. Un’altra caratteristica delle Giovani Marmotte è la loro passione per le inverosimili decorazioni al merito,(centinaia di medaglie) spesso fonte di litigi con lo zio Paperino, che le giudica un’inutile ostentazione. Poi in mano agli altri autori sia americani che italiani sono diventati dei semplici scout.