I FAMOSI CARTONI ANIMATI RAZZISTI – LA POSTA

Iconoclastia 2021
Caro Direttore,
come mai oggi tutti parlano e si scandalizzano della cancel culture come fosse una cosa nuova, quando questa è attiva fin dagli anni sessanta? Già allora gli americani, sempre loro, cancellavano riferimenti troppo nipponici dai cartoni di Astroboy di Osamu Tezuka. Negli anni ottanta, ma forse prima, le tavole di Gottfredson e Barks per la Disney erano già state modificate nei disegni dove venivano rappresentati graficamente i neri con le “black faces” alla “Tintin in Congo”. Persino in Giappone, nel 1989, un gruppo di famiglie del Kansai fece un gran chiasso per come venivano rappresentate le minoranze etniche nei manga, in particolar modo quelli degli anni cinquanta. Da allora i manga di Tezuka e di Ishinomori riportano delle avvertenze sui contenuti nella prima pagina degli albi (anche nelle versioni italiane!), non dissimili dai recenti disclaimer di Disney+. Ma nessuno sembra averci mai fatto caso, nonostante la prima edizione italiana di Kimba risalga al 1998.
Un politicamente corretto che dura da allora fino a oggi: guardatevi un qualsiasi film Disney/Pixar degli ultimi decenni e ditemi dove vedete fumare, bere alcolici, usare un’arma da fuoco, o mostrare un qualsiasi simbolo religioso o edificio di culto. La magia dei social, però, sembra avere ridato la vista a molti ciechi.
Lenin

Dagli Aristogatti agli Aristocratici: quanti stereotipi razziali!
Gentile Lenin,
lei mette insieme cose diverse e non tutte pertinenti con quanto accade oggi. Secondo me occorre guardare alla storia dei movimenti politici e religiosi per capire quello che sta succedendo.
Parto dal lontano VIII secolo, quando si diffuse l’iconoclastia, un movimento che si poneva l’obiettivo di distruggere qualsiasi immagine della propria religione. Dal mondo islamico l’iconoclastia è ben presto arrivata in quello cristiano. Gli iconoclasti erano dei puristi che volevano impedire l’adorazione delle figure religiose attraverso dipinti o statue, per inaugurare una nuova era fatta di astratta purezza, bene assoluto e luminoso splendore.
In anni recenti questo movimento è riemerso inizialmente per cancellare le culture altrui, con il fanatismo islamico che, da parte dei talebani, ha portato alla distruzione dei giganteschi Buddha in Afghanistan, e dei monumenti antichi da parte del cosiddetto califfato in Siria.
Questa cultura della distruzione purificatrice ha finito per affascinare e fare breccia nei paesi anglosassasoni attraverso il web, dove qualsiasi moda paranoica si espande rapidamente.
Abbiamo avuto così la distruzione o la rimozione di statue di Cristoforo Colombo, perché colonialista; di George Washington, perché la sua famiglia aveva degli schiavi; di Ghandi, perché avrebbe parlato male degli africani, e così via.
Come al tempo del nazismo si cerca di togliere dall’insegnamento certi libri, come l’Odissea, perché sarebbe permeata da non so quali pregiudizi.
Fino ad arrivare ai grotteschi avvisi nei “cartoni animati razzisti” della Disney, dove ci si scusa perché il gatto cinese degli Aristogatti ha fattezze comiche (a questo punto non si potrà più fare nemmeno dell’umorismo sugli italiani caciaroni o gli americani pacchiani).
Nei paesi anglosassoni persino gli intellettuali dell’estrema sinistra, come Noam Chomsky, sono dovuti intervenire per avvisare questi fighetti esaltati sui pericoli di “una nuova serie di standard morali e schieramenti politici che tendono a indebolire il dibattito aperto in favore del conformismo ideologico”. Ma gli esaltati li hanno riempiti di insulti e adesso, come nei regimi totalitari, nessun intellettuale osa più fiatare.
In Italia, se escludiamo qualche sfigato privo di seguito, nessuno si è ancora mobilitato per sforbiciare la nostra cultura, che, per quanti limiti possa avere, è l’unica che abbiamo. Ma sono pessimista, perché le mode americane prima o poi arrivano sempre a contagiare noi nativi europei.
Poca musica e niente sport
Gentile Direttore:
1) Lei è anche un giornalista musicale? Che ne pensa del metal e degli Iron Maiden?
2) A lei non piacciono gli anime e i fumetti sportivi, ma lo sport in tv lo segue o lo pratica?
Maurizio
Gentile Maurizio:
1) No, ho intervistato qualche cantante e musicista per motivi di lavoro, ma non sono un esperto. Il metal l’ho trovato sempre troppo pesante, anche se amo un rock sicuramente non soft.
2) Essendo caduto da piccolo nel pentolone di Panoramix non ho bisogno di farmi i muscoli: li ho già (e nemmeno seguo lo sport in tv).
Satanik contro Lady Lovely
Caro direttore:
1) Satanik ha una continuity o gli episodi sono autoconclusivi? Merita ancora? E un fumetto molto vecchio (1964/1973).
2) Da bambine tutte andavamo matte per Lady Lovely: ebbe un successo strepitoso per 5 anni (cartoni, fumetti, bambole, quaderni, zaini e altri 1000 gadget), perchè non l’hanno mai rilanciata?
Sara
Gentile Sara,
le storie di Satanik, pur avendo una leggera continuity, sono autoconclusive, quindi le si possono leggere in maniera indipendente. Per orientarsi le consiglierei di leggere su Giornale POP il mio articolo su questo personaggio, cliccando qui.
Lady Lovely era una bambola della Mattel della seconda metà degli anni ottanta. L’azienda americana di Barbie quando lancia un personaggio lo fa sempre con grandi investimenti: si vede che ritiene più vantaggioso creare qualcosa di nuovo piuttosto di tornare su un prodotto fuori catalogo. Neppure He-Man, il bambolotto della Mattel che aveva avuto grandissimo successo negli stessi anni, è stato mai rilanciato, se non con versioni a bassa tiratura per appassionati.
Un grande settimanale di fumetti
Caro Direttore,
secondo lei c’è un modo per far tornare il fumetto un genere popolare? Se le dessero carta bianca, cosa farebbe?
Giorgia
Gentile Giorgia,
farei un settimanale da vendere a un solo euro indirizzato ai bambini, con fumetti classici come i Puffi di Peyo e moderni come i Chronokids di Zep & Stan & Vince, che pubblicizzerei nelle reti televisive dedicate ai cartoni animati.
Lei pensa che i bambini non lo leggerebbero, perché presi dai videogiochi? Io no, se il settimanale costasse un euro le mamme comprerebbero un numero e poi una parte dei bambini continuerebbe a seguirlo.
Ancora sulla fine della Corno
Gentile direttore,
pongo una domanda non sapendo se le è già stata rivolta da qualcun altro prima.
Quali furono in definitiva le reali cause del fallimento dell’Editoriale Corno?
Sull’argomento negli anni ho letto le più disparate versioni: esiste una versione attendibile e definitiva?
Stefano
Gentile Stefano,
ne ho parlato assai, qui e in vari articoli di Giornale POP dedicati alla rivista Eureka.
La Corno inizialmente era Luciano Secchi + Magnus, che insieme producevano materiale anticonvenzionale apprezzato in un’epoca storica rivoluzionaria come quella degli anni sessanta. A un certo punto Magnus venne di fatto emarginato, inducendolo ad andarsene, e la Corno divenne Luciano Secchi + Maria Grazia Perini, trasformandosi nel tempo in una casa editrice come le altre che sfornava materiale sempre più convenzionale. I motivi della catastrofe finale sono essenzialmente due.
1) I fumetti Marvel già dalla seconda metà degli anni settanta venivano seguiti distrattamente, vedi l’esempio del Corriere della Paura cliccando qui. Quando le scorte delle serie americane mensili si esaurirono, nei quattordicinali italiani si fecero ruotare personaggi diversi sotto la stessa testata o si alternarono storie dell’Uomo Ragno pensate in origine per target d’età differenti. Mentre le serie di gran lunga migliori, come i nuovi X-Men di Claremont e il Devil di Miller, non vennero pubblicate o furono pubblicate divise in tre puntate per episodio. Per non dire dei formati strani, come quello tascabile, e di nuove rubriche generiche che con i supereroi c’entravano come i cavoli a merenda. Alla fine, disorientati, i lettori se ne andarono.
2) Il grosso investimento per un fallimentare settimanale di un centinaio di pagine chiamato Adamo Pop, con fumetti convenzionali e rubriche musicali, pesò gravemente sui conti. L’impressione è che Secchi non avesse mai visto un numero di Skorpio, altrimenti ci avrebbe infilato dentro Kriminal, fumetti “maturi” delle riviste Marvel in bianco e nero e altra roba buona che aveva a disposizione.
Inoltre, a un certo punto, l’editore Andrea Corno sembrava forse più interessato al suo nuovo ruolo di dirigente della squadra del Milan e Luciano Secchi alla sua nuova esperienza di produttore e regista di film per badare all’azienda, e comunque anche queste loro attività collaterali non andarono bene.
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Sauro Pennacchioli
Ho sempre detestato qualsiasi tipo di censura, sia moralistico-religiosa che sinistroide-politically-correct. Anzi, in tutti questi anni ho “salvato” (purtroppo solo per mio uso personale, quale “archivio” privato) vari film o video poi censurati, scaricandoli e facendomi copie. Molti video che “erano” presenti su Youtube anni fa e poi li hanno tolti per motivi censori o di copyright, io li ho “salvati” prima che li eliminassero e li conservo gelosamente.
no politica
Già l’uso dispregiativo di sinistroide si commenta da sè, dalla parte di chi la censura l’ha praticata non rimuovendo alcune situazioni in fiction ma eliminando fisicamente gli autori.
no politica
E’ risaputo che la Disney ha da sempre eliminato la religione e i suoi luoghi di culto da ogni fumetto e cartone animato per non offendere gente di credo diversi.
Non mi sembra quindi tanto strano che abbia allungato la mano anche nelle rappresentazioni grafiche considerate “razziste”, tema molto sensibile in USA.
Faccio notare che in quel Paese, Tezuka è considerato un autore razzista , per via appunto di come disegnava i neri.
Da qui gli avvisi della Tezuka Pro. a inizio di ogni volume .
In Italia , orma 15 anni fa , si sono stati censurati tutti gli episodi di Tom e Jerry in occasione della rimasterizzazione delle pellicole, usando i nuovi master americani che censuravano tutte le rare “black face ” che vi apparivano.
Trovo cmq una fortuna che Disney si sia limitata a mettere degli avvisi, piuttosto che modificare , o peggio eliminare , come accaduto con Fantasia , intere scene dei suoi cartoni ( e anche qui, tutti a lamentarsi del disclaimer su Disney +, ma della censura di Fantasia che va avanti da 50 anni nessuno parla ).
Anche l’eliminazione di libri dalle librerie americane non è cosa nuova : mi ricordo che negli anni 90, molte biblioteche e scuole bandirono Tom Sawyer perché considerato dannoso alla morale dei giovani americani.
Insomma, nulla di nuovo a l’ orizzonte .