I 10 MIGLIORI DISEGNATORI MARVEL ANNI ’80
Siamo alla terza classifica dei disegnatori e come era previsto sono arrivate le polemiche (le due classifiche sugli anni sessanta e settanta sonoquiequi). Non staremo a prendere in considerazione le critiche basate sui gusti personali, quelli sono indiscutibili e non ha molto senso parlarne. Piuttosto ci saremmo aspettati obiezioni più motivate, considerazioni articolate che spiegassero i motivi per cui un disegnatore avrebbe dovuto stare più in alto in classifica e un altro più in basso. Non sono pervenute, ma confidiamo nel futuro. Due parole infine sull’impostazione basata sui decenni. È ovvio che si tratti di una forzatura, necessaria però a dare un impianto al lavoro di compilazione. Se è vero che la maggior parte dei disegnatori elencati ha lavorato in più decenni è anche vero che è sempre possibile individuare il decennio dove hanno dato il meglio di sé. Per esempio, il John Byrne di Iron Fist è già un disegnatore notevole, ma non è paragonabile al John Byrne degli anni ottanta. Quindi Byrne lo troverete qui, nella classifica che riguarda quel decennio. Se questi elenchi dei disegnatori che sono riusciti a scaldarci il cuore riusciranno a stimolare discussioni positive avranno senz’altro raggiunto il loro scopo. Decima posizione: MIKE ZECK Mike Zeck lavorava per la piccola casa editrice Charlton prima di iniziare la sua run suShang Chi, Master of Kung Fu. Il suo lavoro alla Marvel è rimasto legato al personaggio diThe Punisher,anche se molti considerano il suo capolavoro “L’ultima caccia di Kraven”, con l’Uomo Ragno.Mike Zeck è molto scrupoloso e finisce per impiegare più tempo del disegnatore medio per produrre le sue tavole. Per questo è stato impiegato soprattutto come illustratore delle copertine. Il suo lavoro è noto per la tendenza di mettere in posa i personaggi in modo da drammatizzare la storia. Jim Thompson, storico e studioso di fumetti, definisce questa qualità “operistica”:“I personaggi fanno un sacco di smorfie, recitano, si esibiscono, le loro azioni sono esplicite”. Le composizioni di Mike Zeck tendono a essere orientate all’azione. A volte utilizza una linea più spessa, che compensa con dettagli strazianti e meravigliosi. Sa utilizzare in modo magistrale l’illuminazione per mettere in risalto i muscoli dei suoi eroi. Ha una reale comprensione del disegno al tratto necessario per muovere i capelli, e sa come rendere i muscoli sul viso di un soggetto per ottenere l’espressione desiderata.La sua resa delle figure è potente e audace, influenzata dal classico stile Marvel basato sulle deformazioni prospettiche inventate da Jack Kirby. Mike Zeck sembra sempre catturare i propri personaggi in punti di estrema tensione con muscoli facciali tesi e posture contratte. Dal punto di vista narrativo “L’ultima caccia di Kraven” è un racconto interamente costruito sulle sequenze. È composto da una serie di gruppi di vignette che si succedono le une alle altre, a volte intersecandosi e altre sovrapponendosi, in una specie di fuoco d’artificio lungo 132 pagine.Mike Zeck fa sfoggio di bravura ricorrendo a una impaginazione dei gruppi di vignette sempre diversa, ci sono sequenze di vignette lunghe, corte, verticali, orizzontali, crescenti e decrescenti in un gioco di specchi e rimandi che affascina e cattura. Nona posizione: GENE DAY Gene Day è uno di quei disegnatori che oggi pochi ricordano, soprattutto perché è morto molto giovane e prima dell’avvento di internet. Questo è un peccato, perché la qualità del suo lavoro era eccezionale. Nato in Canada nel 1951, Gene Day è morto alla fine del 1982 per un attacco di cuore nel sonno all’età di 31 anni. Proveniente dal fumetto underground, inizia alla Marvel inchiostrando le matite di Mike Zeck su Master Of Kung Fu, per poi diventare il disegnatore della serie quando Zeck lascia. Gene Day, però, era molto più veloce come inchiostratore che come matitista: quando divenne il disegnatore ufficiale di Master of Kung Fu dovette lavorare ancora più duramente per guadagnare gli stessi soldi. Emulo di Jim Steranko e di Paul Gulacy, infrangeva sistematicamente le regole imposte da Jim Shooter, il direttore generale dell’epoca. Shooter era un fanatico della griglia di sei vignette uguali per pagina, mentre Day se ne usciva ogni volta con splendide pagine o doppie pagine suddivise in un numero variabile di vignette disposte in modo sempre diverso. A volte prevalevano le vignette orizzontali, a volte quelle verticali e a volte una combinazione delle due. Figurativamente i suoi disegni lasciavano a bocca aperta. Statue barocche sotto una pioggia incessante, spettacolari interni decorativi, sontuosi dettagli ogni dove ci fanno capire che l’autore sta disegnando qualcosa con l’ambizione di farla durare nel tempo. Ogni piega dei vestiti è perfetta, ogni particolare è al posto giusto, le scene di combattimento sembrano coreografie di danza. Gene Day ha sempre ammesso il suo debito con Steranko:“La bellezza dei suoi disegni mi ha portato a mettere molte ombre e soluzioni grafiche simili a quelle utilizzate in pubblicità”. Riguardo al suo modo di narrare per immagini, specifica:“Penso che ogni disegnatore di fumetti avrebbe voluto essere un regista”. In effetti le sue sequenze sembrano film, vignette che si succedono come una serie di fotogrammi in modo da formare un insieme dotato di un’armonia che ha del soprannaturale. Ottava posizione: MICHAEL GOLDEN Sulle pagine della rivista antologica in bianco e nero Marvel Savage Tales, Doug Murray (testi) e Michael Golden (disegni), diretti dalla supervisione di Larry Hama, pubblicarono alcune storie brevi a sfondo bellico intitolateFifth to the 1st. La buona accoglienza riservata dai lettori a questa serie convinse Larry Hama a proporre a Jim Shooter un progetto ben più ambizioso: tentare il rilancio del genere bellico pubblicando una serie regolare mensile. Shooter fu subito entusiasta dell’idea, che approvò senza esitazioni a patto che la serie fosse la“più realistica possibile”. Doug Murray, un reduce della guerra del Vietnam, dal 1986 scrisse così storie molto realistiche per la nuova serieThe ‘Nam, che Michael Golden rese al meglio con un disegno ricco di dettagli. Golden disegnò i primi dodici numeri della serie, ancora oggi considerati oggetto di culto da schiere di fan. Il disegno di Golden, come quello di tanti grandi disegnatori, si presenta come un riuscito mix di realismo e sintesi cartoonesca, prestandosi alla rappresentazione delle svariate situazioni e stati d’animo. Quello che risalta subito dalle pagine di questi albi ambientati in Vietnam è il grande amore per il dettaglio e la cura quasi ossessiva messa nella realizzazione di ogni singola vignetta. Molte scene sono costituite da campi lunghi con paesaggi pieni di uomini, veicoli, fiumi, alberi e abitazioni: ogni cosa è riconoscibile e raffigurata con abbondanza di particolari. Tutto ciò fa si che anche l’impostazione visiva del racconto trasmetta al lettore lo stesso maniacale realismo presente nelle storie. Le scene di battaglia sono quanto di più spettacolare si fosse visto in un fumetto di guerra sino ad allora. I protagonisti assoluti di queste scene sono naturalmente gli elicotteri “Huey” della Bell, disegnati con una potenza raffigurativa che rivela una attenta visione del filmApocalypse Now. Settima posizione: ALAN DAVIS Nel 1985 Alan Davis ebbe la sua grande occasione e si trasferì dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti con il compito di disegnare Batman per la Dc Comics. Nel 1986 passò alla Marvel su richiesta dello sceneggiatore Chris Claremont, pure lui di origine inglese, che lo voleva suUncanny X-Men.Assieme a Claremont, realizza quello che molti considerano il suo capolavoro: la serie dedicata al supergruppoExcalibur, propagandato come “gli X-Men europei”.Molti considerano Alan Davis uno dei disegnatori più talentuosi che abbiano lavorato alla Marvel. Merita elogi per le sue figure aggraziate e per la sua narrazione impeccabile. Nei suoi disegni si possono cogliere le influenze di Neal Adams nella raffigurazione dei corpi e di John Byrne in quella dei volti. Alla fine, però, Alan Davis riesce a mettere in mostra uno stile meraviglioso che è tutto suo. La sua ispirazione non viene soltanto dai supereroi della Silver Age, ma anche da tutti i fumetti britannici che ha letto crescendo. Alan Davis è un maestro che combina una vasta conoscenza dell’anatomia con eccellenti capacità di composizione e, soprattutto, è dotato di una tecnica narrativa enorme. Davis ha lo stesso talento nel disegnare le scene piccole, silenziose ed emozionanti, e le scene d’azione gigantesche e frenetiche. Il suo lavoro su Excalibur è veramente degno di nota. Nessun altro era riuscito in modo così naturale a catturare le fantastiche abilità acrobatiche di Nightcrawler, facendolo sembrare veramente un demone. Il suo Captain Britain è grosso, forte e un po’ ottuso. Le donne hanno tutte le proprie peculiarità: Kitty è giovane e piena di spirito, Rachel è sexy e dura e Meggan è formosa e curiosa. Alan Davis è perfettamente in grado di utilizzare diversi tipi di corporatura e diverse espressioni facciali per rendere unico ogni personaggio che disegna dando un’idea delle loro intenzioni, abilità o poteri. Sesta posizione: JOHN ROMITA JR. Figlio d’arte, John Romita Jr. inizia a farsi notare alla fine degli anni settanta sulle pagine diIron Man, dove disegna la famosa run di “Demon in a Bottle”, sulla lotta di Tony Stark contro l’alcolismo. Negli anni ottanta lo troviamo su tre dei titoli più venduti della Marvel di allora:Amazing Spider-Man,Uncanny X-MeneDaredevil. Su queste tre serie John Romita Jr. mette in mostra tre stili di disegno diversi, o meglio tre evoluzioni dello stesso stile. Ancora legato allo stile del padre su Amazing Spider-Man, più sintetico e spigoloso su Uncanny X-men, moderno, personale e geometrico su Daredevil. La maggior parte dei fumettisti trova presto il proprio stile e lo segue continuando ad apportarvi piccole o grandi modifiche nel corso degli anni. Il percorso di John Romita Jr. è stato differente. All’inizio non ha uno stile personale, il talento si intravede ma è ancora in parte inespresso. Eppure molti fan lo preferiscono in questa fase e criticano la sua evoluzione successiva, per aver introdotto uno stile troppo cartoonesco e “strano”. Non c’è dubbio che il lavoro di John Romita Jr. sia diventato più stilizzato nel corso degli anni, ma è anche vero che è costantemente migliorato e il suo approccio spigoloso all’anatomia lo ha reso immediatamente riconoscibile. A questa evoluzione ha in parte contribuito il lavoro alle chine di un grande del fumetto comeAl Williamson. A differenza dei precedenti inchiostratori di Romita Jr. che usavano il pennello, Al Williamson usa il pennino. Il suo lavoro alle chine trasforma le matite di Romita Jr. da tipici disegni Marvel classici e puliti in qualcosa di distintivo e grintoso. Williamson fa un ampio utilizzo del tratteggio incrociato, appiattisce le vignette e fa sembrare tutto più oscuro e più ambiguo, per riflettere l’ambiguità morale delle storie di Devil in quel momento. Questo approccio all’inchiostrazione ha reso sì le figure più squadrate, ma anche più vive e personali. Lo stesso Romita Jr. ammette di essere maturato in modo significativo in quel periodo. Probabilmente non è un caso che sia stato proprio un inchiostratore spigoloso come Williamson ad aiutarlo a liberarsi dai limiti del look Marvel. Quinta posizione: WALT SIMONSON Walter Simonson da giovane voleva diventare un paleontologo per studiare i dinosauri, furono i fumetti Marvel di Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko letti durante gli anni sessanta a cambiargli la vita, facendolo diventare un disegnatore di fumetti. Walter Simonson fu il terzo asso nella manica con cui Jim Shooter rilanciò la Marvel dopo la crisi degli anni settanta. Dopo che John Byrne rilanciò gli X-Men e Frank Miller fece altrettanto con Devil, Simonson rilanciòThorrealizzando uno degli archi narrativi più grandiosi degli anni ottanta. Da profondo conoscitore del Thor di Lee e Kirby, Simonson mise i suoi disegni al servizio dell’epica norrena e di quella dimensione mitica che avevano decretato le fortune del Dio del tuono. I migliori episodi di Thor di Kirby sembrano tratti dalla tetralogia wagneriana dell’Anello dei Nibelunghi. Simonson, più di qualsiasi disegnatore di Thor (tranne ovviamente Kirby), comprende il valore della messa in scena, e nei suoi momenti migliori è in grado di fondere questo spettacolo con un’eccellente narrazione, in modo che le emozioni che provano i personaggi non siano solo di facciata, ma diventino parte integrante del tutto. Alla fine del suo primo numero di Thor (il 337 del novembre 1983) ci regala una splash page da brividi, dove il dottor Donald Blake, privato del suo potere, in piedi sotto una pioggia battente, urla al cielo dopo che Odino per errore ha richiamato su Asgard Beta Ray Bill, l’alieno che si era impadronito di Mjollnir, il martello di Thor. C’è una disperazione così intensa in Donald Blake, così reale, così umana, che arriva ad agitare i nostri cuori.Con il suo disegno fortemente stilizzato e profondamente moderno Simonson riesce a immergerci nelle magnificenti atmosfere asgardiane così come nelle fragilità della condizione umana. Riesce in ultima analisi a farci provare delle emozioni. Cosa chiedere di più a un fumetto? Quarta posizione: BILL SIENKIEWICZ Immaginate Claude Monet, Ralph Steadman, Tex Avery e Lyonel Feininger, artisti diversissimi tra loro, che si fondono in un’unica entità… in un’opera di pura brillantezza firmata Bill Sienkiewicz. Il fumetto èMoon Knightnumero 23. Una copertina, nuda, in bianco e nero, il tratto nitido, con schizzi di inchiostro, alla maniera del nostro Dino Battaglia. Il personaggio è una figura incappucciata circondata dall’oscurità che si staglia sullo sfondo di una grintosa skyline urbana. È una delle prime prove di maturità di un disegnatore unico per senso del colore, comprensione e uso della forma, e capacità di combinare elementi disparati in un insieme coeso. Nel lavoro di Bill Sienkiewicz si può trovare l’espressione di emozioni come amore, paura, isolamento e rabbia attraverso l’uso del colore. Nella copertina del numero 22 diNew Mutants, per esempio, il protagonista è reso in stile cartoonesco, con toni caldi, mentre il cattivo è raffigurato con uno stile e una gamma cromatica diversa. Al cuore della sua arte, però, c’è una profonda comprensione della forma che diventa la base per la creazione delle immagini. Bill Sienkiewicz inizia con le sagome, quindi usa il colore per spiegare, separare e talvolta fondere le forme in un insieme coerente ed evocativo. Attraverso la deformazione tira, allunga e gonfia personaggi e altri elementi pittorici per esprimere drammaticità, umorismo, carattere ed emozione. Il suo lavoro può spesso apparire dicotomico nel senso che sembra attraversato da forze opposte. Un’immagine, o una serie di immagini, può essere allo stesso tempo terrificante e divertente, armoniosa e caotica. InElektra Assassin, c’è una vignetta in cui Elektra sta viaggiando su una jeep attraverso una foresta tropicale. Nella parte posteriore del veicolo c’è un leone. C’è un’assurdità totale in questa immagine che ricorda i vecchi film di Tarzan, ma che allo stesso tempo crea qualcosa di nuovo. Tanto di cappello, Bill.