I 10 MIGLIORI DISEGNATORI MARVEL ANNI ’70
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Ora che ci abbiamo preso gusto, dopo quella dei migliori disegnatori Marvel degli anni sessanta continuiamo con le nostre classifiche: questa volta analizziamo il decennio che va dal 1970 al 1979. Naturalmente molti dei disegnatori che caratterizzarono gli anni sessanta continuavano a lavorare anche nel decennio successivo, ma la loro produzione non verrà presa in considerazione in questo articolo.
Ci occuperemo di una generazione più giovane di disegnatori che muove i suoi primi passi in questi anni e che quindi, salvo alcuni casi, non era attiva negli anni sessanta. Diremo subito che i dieci selezionati non sono paragonabili ai dieci che li hanno preceduti. Un po’ per il talento personale, un po’ per la crisi che affliggerà l’industria del fumetto in questi anni i loro risultati, non raggiungono i livelli degli artisti della generazione precedente.
Al di là di questo ci sono tra loro molti disegnatori personali che con il loro lavoro hanno saputo incarnare al meglio lo spirito del tempo. Come al solito abbiamo cercato di affidarci il più possibile a dati oggettivi nella compilazione di questa classifica, prendendo in considerazione i seguenti fattori: tecnica personale, storytelling, creatività e influsso sulle generazioni successive. Cominciamo.
Decima posizione: SAL BUSCEMA
Nel corso della sua lunghissima carriera, Sal Buscema, fratello minore del grande John, ha legato a doppio filo il proprio nome a quello della Marvel, per la quale ha disegnato praticamente tutti i personaggi. Durante la sua collaborazione ha adottato diversi stili, passando da quello realistico del fratello, che ne caratterizzò gli inizi della carriera, al tratto più stilizzato e nervoso adottato per il ciclo narrativo su Hulk, fino a quello crepuscolare e ruvido utilizzato sulla serie Peter Parker the Spectacular Spider-Man.
Disegnatore essenziale, del tutto privo di fronzoli, più abile del fratello nello storytelling e velocissimo, Sal Buscema ha spesso svolto il ruolo del tappabuchi, sostenendo il lavoro dei suoi colleghi più lenti per garantire alle pubblicazioni della Marvel la puntualità dell’appuntamento con le edicole. Il suo primo incarico di rilievo, negli anni settanta, avviene sulle pagine degli Avengers con i primi quattro numeri della mitica Guerra Kree-Skrull, prima di cedere le matite a Neal Adams.

Passa poi ai Difensori, dove produce le sue cose migliori nei numeri dall’otto all’undici. Sono gli episodi dell’epico scontro tra Difensori e Vendicatori, che Sal Buscema sa rendere epico. In particolare illustra in modo molto dinamico la battaglia senza esclusione di colpi tra Thor e Hulk. Nel 1975 Sal Buscema comincia a disegnare l’incredibile Hulk, è l’inizio di una storia che durerà dieci anni. Proprio sulle pagine di Hulk si compirà il distacco dallo stile del fratello, con il raggiungimento di un segno personale. Il suo stile maturo, né realistico né cartoonistico, ma veloce, dinamico e narrativo lo metterà in mostra sulle pagine di Peter Parker the Spectacular Spider-Man, la testata alla quale Sal ha maggiormente legato il proprio nome, arrivando a disegnarne ben 123 numeri.
Nona posizione: ROSS ANDRU
In questo caso non si tratta di un giovane. Dopo una lunga militanza alla Dc Comics, all’inizio degli anni settanta Ross Andru approda alla Marvel. Inizialmente lavora su titoli minori come Marvel Feature e Marvel Team-Up per poi arrivare, a partire dal n. 125 dell’ottobre 1973, niente meno sulle pagine di Amazing Spider-Man dove rimarrà per ben cinque anni.
Come mai la Marvel affidò il suo titolo più venduto all’ultimo arrivato è un mistero, anche se c’è da dire che alla Dc Ross Andru lavorava già su serie importanti.
Comunque sia, il disegnatore di origine russa (nato Rostislav Androuchkevitch) caratterizzò l’immagine del tessiragnatele durante l’intera Bronze Age. L’Uomo Ragno di Ross Andru ha raggiunto una statura di un certo rilievo e conta ancora dei fan, sebbene non sia mai riuscito a entrare nell’Olimpo dei disegnatori Marvel. Il suo Uomo Ragno è muscoloso come quello di Romita e allo stesso tempo nervoso come quello di Ditko.

Per questo qualcuno definisce il suo stile come una specie di sintesi tra i due big del decennio precedente, ma francamente sembra una esagerazione. Oggettivamente i suoi disegni sono senza lode e senza infamia. Possiamo definirlo come un bravo professionista incapace però di mettere in mostra uno stile veramente originale.
Oggi lo si ricorda soprattutto per aver contribuito a mettere a punto il fortunato personaggio di Frank Castle, ovvero il Punitore, che appare per la prima volta nel n. 129 di Amazing Spider-Man. A causa del suo scarso impatto grafico, nei cinque anni che disegna l’Uomo Ragno le copertine sono realizzate da John Romita e Gil Kane.
Nel 1976, Ross Andru, a quei tempi uno dei pochi disegnatori ad avere lavorato sia su Superman sia sull’Uomo Ragno, disegna il primo crossover Marvel-Dc: Superman vs. the Amazing Spider-Man, una storia scritta da Gerry Conway.
Ottava posizione: FRANK THORNE
Nata come personaggio minore dalla fertile fantasia di Robert E. Howard e sviluppata poi nei fumetti da Roy Thomas e Barry Smith, il personaggio di Red Sonja, la rossa “diavolessa” armata di spada, è uno dei più affascinanti e famosi tra quelli appartenenti al mondo di Conan il barbaro.
Nell’universo Marvel debutta su Conan n. 23 del febbraio 1973. Sonja la rossa diventa immediatamente l’archetipo di quello che è un punto fermo del genere fantasy: la guerriera straordinariamente bella, aggressiva e poco vestita.
I lettori le tributarono immediatamente il loro favore, portandola ben presto a diventare un personaggio in grado di reggere una pubblicazione propria. A disegnarla venne chiamato Frank Thorne, che su Marvel Feature e poi su Red Sonja realizzò diciassette albi tra il 1976 e il 1978. Questa run, realizzata al meglio delle capacità dell’autore, con un perfetto equilibrio tra realismo e sintesi cartoonesca che ricorda il lavoro di Alex Toth, è un oggetto di culto per schiere di fan entusiasti.

Fan che si sarebbero radunati a schiere alle prime convention fumettistiche contribuendo a far affermare il cosplay come moda, anche se era già esistente. Thorne stesso, nelle vesti di “stregone” dalla barba lunga, faceva il giudice in concorsi dove sfilavano decine di modelle dai capelli rossi, molto formose e poco vestite.
Alla domanda se avesse un genere preferito, Frank Thorne rispondeva con entusiasmo: “Adoro disegnare le donne!”. Con il suo stile molto ammirato negli anni settanta, che nel segno ricorda anche Joe Kubert, disegnò la rossa con il perizoma metallico in linea con la sua visione libera e disinvolta, ma per niente in linea con i canoni più misurati che vigevano alla Marvel. Quando Stan Lee glielo fece notare, Frank Thorne disse: “Forse è ora che io vada”. E se ne andò.
Settima posizione: DAVE COCKRUM
Prima degli X-Men, Dave Cockrum era già un disegnatore conosciuto per il suo lavoro alla Dc sulla Legione dei Supereroi. La sua specialità è la creazione di nuovi personaggi, che risultano sempre molto riusciti nell’aspetto grafico. Alla Marvel lo dimostra creando insieme a Len Wein la nuova serie degli X-Men e i suoi membri: Colossus, Nightcrawler, Storm e Thunderbird. I membri sono basati direttamente su personaggi che Cockrum aveva schizzato sul suo scketch-book e che intendeva introdurre nelle storie della Legione dei Supereroi se fosse rimasto alla Dc.
Successivamente, Dave Cockrum e Chris Claremont creano l’identità di Phoenix per Jean Grey, la Marvel Girl del quintetto originale.
Cockrum è anche responsabile degli Starjammers, la squadra di avventurieri galattici introdotta nel numero 107.

Proprio con il n. 107 la serie da bimestrale diventa mensile e Dave Cockrum, non disposto ad assumere una mole raddoppiata di lavoro, cede il proprio ruolo a John Byrne. A sua volta Byrne lascia gli X-Men per i Fantastici Quattro dopo il numero 143, quindi Cockrum riprende in mano il gruppo guidato dal dottor Xavier arrivando a disegnarne un totale di 30 numeri.
Come ha scritto il critico Tom Spurgeon: “I disegni dei primi numeri degli X-Men di Cockrum sono oscuri e piacevolmente drammatici. Cockrum qui ha utilizzato un sontuoso stile cinematografico tipico della fine degli anni settanta facendo sì che il titolo si distinguesse dal resto della linea Marvel e dai fumetti di supereroi in generale. Leggere quei fumetti è stato come intrufolarsi in un film interpretato da Sean Connery e Sigourney Weaver, non semplicemente in uno sceneggiato televisivo. Uncanny X-Men era davvero qualcosa di nuovo e diverso e l’arte di Cockrum ne era una componente essenziale”.
Sesta posizione: GEORGE PEREZ
Dopo aver iniziato a lavorare nel mondo del fumetto all’inizio degli anni settanta come assistente del disegnatore Rich Buckler, il portoricano George Perez fece il suo esordio professionale per la Marvel nel 1974 su Astonishing Tales 25, con una breve storia del cyborg Deathlok.
Il suo primo incarico importante arrivò un anno dopo, quando divenne il disegnatore regolare dei Vendicatori su testi di Steve Englehart. Poi, a partire dal n. 160, si forma l’accoppiata con lo sceneggiatore Jim Shooter, assieme a cui realizza la “Saga di Korvac”, un racconto che si è meritato un posto nella Hall of Fame della Marvel.
George Pérez fece un lavoro strepitoso, apportando il suo stile meticoloso soprattutto nelle scene corali, vero e proprio punto di forza del disegnatore noto per la sua grande abilità nel disegnare tavole piene di personaggi, tutti sempre molto ben riconoscibili e dettagliati.

George Pérez è un disegnatore di talento a cui non è mai interessato sviluppare uno stile molto personale. Si è sempre “accontentato” di disegnare bene, cosa che gli riusciva naturale e non gli è mai costata fatica. Mentre la maggior parte dei fumettisti parte da uno stile elaborato e lavora per sottrazione per arrivare a una sintesi, George Perez inverte questo principio riempiendo le sue tavole di sempre più numerosi dettagli, magari perdendosi in una sorta di autocompiacimento grafico. I suoi disegni sono belli e accurati, ma le pose dei personaggi sono già note e non escono mai dagli schemi. Guardando i suoi bellissimi disegni viene da chiedersi se non avrebbe potuto fare di più.
Quinta posizione: FRANK BRUNNER
Quando Steve Ditko abbandonò la Marvel nel 1966 non lasciò orfani solo i fan dell’Uomo Ragno, ma anche quelli dell’altro prestigioso personaggio da lui creato: Dottor Strange, il signore delle arti mistiche. Il miglior Strange dopo quello di Ditko è quello di Frank Brunner, che esordisce sull’albo senza personaggio fisso Marvel Premiere n. 4 del luglio 1972.
Il disegnatore dà il meglio di sé in coppia con lo sceneggiatore Steve Englehart, i due realizzano una run rimasta nel cuore dei fan. Riescono davvero a riportare Dottor Strange ai caleidoscopici fasti psichedelici dell’era di Lee e Ditko.
“Ci ritrovavamo ogni due mesi, mangiavamo, bevevamo e ci facevamo di acido. Le idee ci venivano in successione, una dopo l’altra”. Le storie grondano del misticismo di quegli anni, i disegni sono ricchi di trovate fantasiose ispirate a una poetica vena surrealista.

La maggior parte delle situazioni provenivano dalla vita quotidiana dei due autori. Una notte di luglio vanno a vedere il film animato Alice nel paese delle meraviglie della Disney e subito dopo concepiscono una storia del Dottor Strange in cui compare un bruco che fuma un narghilè.
A Rutland, nello stato settentrionale del Vermont, seduti sotto una cascata con la mente “completamente aperta” dagli allucinogeni, discutono per ore dell’argomento preferito di ogni allucinato: Dio. Poco dopo sulle pagine del Dottor Strange compare un mago del trentunesimo secolo di nome Sise-Neg, il quale aveva scoperto che muovendosi all’indietro nel tempo poteva assorbire le energie magiche di Cagliostro, di Merlino e dei sacerdoti di Sodoma e Gomorra, ottenendo potere a sufficienza per arrivare fino all’inizio dei tempi diventando Dio.
Quarta posizione: MIKE PLOOG
Mike Ploog, nato nel 1940 nel Minnesota, è un disegnatore che agli inizi della carriera ha collaborato con il grande Will Eisner assorbendone lo stile dinamico e allo stesso tempo morbido e ricco di ombre, che aveva caratterizzato Spirit.
Già con Marvel Spotlight n. 4, del giugno 1972, Ploog si afferma come la stella nascente del revival horror della Marvel. Il genere gli è confacente per il suo approccio viscerale che lo portava a riempire le vignette di vivaci cadaveri in decomposizione, vittime sbavanti, pazzi scatenati e orde di creature deformi che un tempo erano state umane. Nelle sue tavole ci sono larve umane che si trascinano e vagano attraverso cantine umide, in sotterranei imbrattati di melma dove si stanno svolgendo esperimenti proibiti. Con Werewolf by Night, il lupo mannaro ribattezzato Licantropus in Italia, Ploog definisce l’aspetto visivo degli albi horror della Marvel.

Il secondo personaggio ideato graficamente da Mike Ploog era un centauro notturno dal teschio fiammeggiante, dall’animo triste e tormentato che rispondeva al nome di Ghost Rider. Qualcuno afferma che il successivo Frankenstein rappresenti l’apice qualitativo del lavoro che Ploog fece per la Marvel. Indubbiamente il suo tratto qui si arricchisce nei dettagli e assume un’impostazione più classica, quasi ottocentesca. Il suo segno risulta abbastanza flessibile da riuscire a rendere con estrema fedeltà quello che rappresenta il vero nucleo della saga: le relazioni emotive che esistono tra i protagonisti intrappolati in un circolo vizioso di ambizione, odio e vendetta.
Infine con il suo arrivo sulle pagine di Man-Thing, in Italia l’Uomo Cosa, si crea una delle più belle alchimie artista-personaggio di sempre. I problemi legati alla raffigurazione di Man-Thing erano molteplici. Non è facile mettere vita e umanità in un ammasso di fango e di putride erbacce di palude, ma Mike Ploog ci riuscì benissimo.
Terza posizione: PAUL GULACY
A lungo considerata da alcuni una serie minore, Shang-Chi maestro del kung fu è oggi ritenuto uno dei picchi qualitativi della Marvel degli anni settanta. Paul Gulacy prende il posto di Jim Starlin alle matite con la quarta storia, ma è solo dopo il n. 23, con l’arrivo di Doug Moench ai testi, che darà il suo meglio.
Il lavoro di Gulacy paga più di un debito a quello di Jim Steranko. Da lui mutua l’approccio cinematografico e la grande attenzione agli aspetti grafici che derivava dal mondo della pubblicità. Gulacy riusciva al meglio sia nella rappresentazione degli spazi di riflessione misticheggiante sia nei momenti di combattimento di arti marziali, che costituivano il nocciolo duro della serie. L’impostazione delle storie riusciva anche a fare coesistere due generi cinematografici all’epoca di grande successo: lo spionistico alla James Bond e i film di kung fu, permettendo a Gulacy di mettersi in mostra con innovazioni di sicuro effetto.

Inoltre, da buon discepolo di Steranko, Paul Gulacy ne ripropone non soltanto lo stile complessivo di disegno ma anche il modo di narrare. Come lui, Gulacy utilizza una tecnica narrativa basata sulle sequenze soprattutto per dare ritmo alla narrazione, alternando sapientemente campi e controcampi, facendo scorrere in questo modo la trama con estrema fluidità. Altre volte la scomposizione della immagine in sequenze è uno stratagemma, mutuato dai film di karate, per fare aumentare la tensione ai massimi livelli prima dell’esplosione di violenza finale.
Sempre come Steranko, Gulacy narra per blocchi di sequenze giustapposti che a volte sconfinano gli uni negli altri. Per questo nei suoi lavori troviamo sequenze di tutti i tipi: statiche, dinamiche, silenziose, rumorose, lunghe, brevi.
Seconda posizione: JIM STARLIN
All’inizio del 1973 Jim Starlin, un giovane reduce dal Vietnam, approda alla Marvel degli anni settanta: una specie di giostra variopinta che sembra girare sempre più veloce, malgrado la crisi delle vendite. Viene catapultato sulle pagine di Capitan Marvel, un titolo che non aveva mai venduto molto. Era l’ideale per mettere alla prova un semiesordiente.
Immediatamente tra il personaggio e l’autore sembra realizzarsi una connessione speciale, quasi unica nel mondo del fumetto. Jim Starlin riversa in Capitan Marvel tutto quello che ha dentro. Le sue conoscenze di psicoanalisi, il suo interesse per le religioni orientali, le sue idee sulla società e sulla cultura americana “alternativa” di quegli anni.
Su queste pagine Starlin mette in mostra una visione particolarmente originale, come per esempio nel duello tra Thanos e Drax il Distruttore, dove sembra prendere forma un universo autonomo dominato dalle allucinazioni e dalle distorsioni del tessuto stesso della realtà.

Le braccia e le gambe dei due contendenti si allungano e si deformano incessantemente, come in una complessa danza rituale dal significato sconosciuto. Le cose raggiungono un livello ancora superiore quando Starlin prende in mano il personaggio di Warlock su Strange Tales n. 178. Questa volta siamo di fronte a un vero capolavoro.
Il tema è quello della lotta contro un destino già scritto: ogni personaggio è predestinato a qualcosa, ognuno è stato scelto per giocare un ruolo nella scacchiera universale. L’unico che può cambiare il proprio destino è Warlock, anche se per farlo dovrà uccidere se stesso. Starlin accompagna questi temi complessi con un disegno che unisce la “consapevolezza cosmica” di un Jack Kirby alla “mistica quotidiana” di uno Steve Ditko, raggiungendo risultati stupefacenti.
Prima posizione: BARRY WINDSOR SMITH
L’inglese Barry Smith, che in seguito aggiunse “Windsor” al proprio cognome, arrivò alla Marvel a 19 anni. Fu il primo giovane disegnatore senza esperienze precedenti a essere accettato tra i titani della vecchia guardia. Questo successe perché quanto a talento non era inferiore a nessuno. Le sue prime prove mettono in mostra un disegno già interessante. Le pose di Barry Smith non sono convenzionali e le inquadrature sono molto dinamiche. Un’energia selvaggia sprigiona dalle vignette e si diffonde per tutto l’albo. Siamo di fronte a un promettente disegnatore, questo è certo, anche se nessuno sa ancora in che direzione evolverà il suo stile.
Stan Lee ammira Barry Smith particolarmente poiché il suo stile in questo periodo appare visibilmente derivato da quello di Jack Kirby. Quando disegna tre numeri di Devil all’inizio del 1969 già qualcosa è cambiato. Deve ancora molto al suo idolo Jack Kirby, ma si notano qua e là gli inequivocabili presagi dell’artista originale che diverrà.

La plasticità delle figure di Barry Smith si rifà a Jack Kirby nelle deformazioni prospettiche, che ne aumentano la dinamicità. Braccia e gambe in primo piano vengono ingrandite e quelle sullo sfondo rimpicciolite in modo da esasperare il movimento e la tridimensionalità. I corpi si contorcono all’interno delle vignette, assumendo posizioni sempre nuove. Le silhouette però sono prive dell’imponenza kirbyana. Sono più slanciate, contorte e nervose, assomigliano a quelle di Jim Steranko, che pure era partito da Kirby, come tutti alla Marvel dell’epoca.
Nel 1970 viene affidato a Barry Smith un nuovo personaggio: Conan il Barbaro, solo perché lo pagano molto meno di John Buscema. È l’inizio di un arco narrativo che diventerà leggenda. Il disegno di Smith, spirituale, nervoso e lisergico, asseconda perfettamente le trame in un tripudio di forme e colori. Contemporaneamente cominciano a intravedersi le influenze dei pittori prerafaelliti e dall’art nouveau che in seguito diventeranno il suo marchio di fabbrica.
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Ross Andru nel crossover spiderman vs Superman è insuperabile. In questi 10 vi sono almeno tre artisti scadenti. Strana classifica. Fortunatamente non compare quella mezza pippa di Byrne.Con l’Asia comparsa smisi di leggere Marvel.
Errore nel primo commento. Con la comparsa di Byrne smisi di leggere la Marvel.
Secondo me lo fate apposta ! Se quella degli anni 60 era totalmente sballata per la sottovalutazione dei due superbig Romita e Buscema qui invece si sottovalutano i due big di fine anni 70 : Perez e Byrne ! Addirittura Byrne neppure appare nella top ten mentre trovano posto Thorne e Ploog la cui importanza è decisamente irrisoria….
Magari Trogi lo vorrà mettere negli anni ottanta.
Byrne avevo in programma di metterlo negli anni 80…
Come avete potuto dimenticare artisti del calibro di John Buscema (Sal non regge minimamente il confronto col fratello maggiore), Gene Colan e Gil Kane?
Giusto! Gene Colan!
Broze Age, l classifica della silver Age è stata già fatta
Perez, Windsor-Smith, Starlin, Gulacy, Sal Buscema e Ross Andru senz’altro. Poi però metterei John Buscema, Gil Kane, John Romita Sr. e John Byrne.