LA TOP 10 DEI DISEGNATORI CLASSICI DELLA MARVEL

top 10 dei disegnatori della Marvel

Ebbene sì, questa è una classifica dei disegnatori della Marvel. A tanti non piacerà. “Non si possono fare classifiche in materia artistica”, diranno in molti. “Tutto si basa sul gusto personale”, aggiungeranno altri. Noi che la pensiamo diversamente abbiamo messo del tutto da parte il nostro gusto personale nel compilare questa graduatoria e ci siamo affidati il più possibile a dati oggettivi. In particolare ne abbiamo tenuti in considerazione quattro.

1 – TECNICA
Questa categoria copre gli elementi di base del buon disegno. Tra la miriade di qualità che cerchiamo ci sono: disegno, rendering, uso di luci e ombre, linguaggio del corpo ed espressività dei personaggi, individualità dello stile e in che modo ciascuno di essi viene messo su carta. I disegnatori illustrativi come Neal Adams, ovviamente, sono stati giudicati in base a criteri piuttosto diversi rispetto a quelli “cartooneschi” come Jack Kirby.

2 – STORYTELLING
I fumetti hanno un proprio linguaggio visivo: è imperativo utilizzarlo correttamente ed espanderlo. La messa in scena, la comunicazione di azione ed emozione, la leggibilità, il flusso delle vignette e l’applicazione complessiva della tecnica al servizio della storia sono fondamentali. La maggior parte dei disegnatori in questo elenco è così abile in questo senso che i lettori non notano quasi mai i meccanismi alla base del loro lavoro.

3 – REALIZZAZIONI
In questa categoria siamo andati alla ricerca della pura creatività. Di quello che di più innovativo e originale è uscito dalla fertile mente di questi disegnatori. Personaggi interessanti, luoghi, disegni, storie e invenzioni visive hanno meritato da parte nostra un’attenzione speciale.

4 – LONGEVITÀ
Quanto è durata la loro influenza o la loro epoca di popolarità? Quanto a lungo sono stati attivi? Seppure dieci anni di intensa applicazione possano contare di più di trenta anni di lavoro competente ma non spettacolare, molti dei disegnatori selezionati sono durati anche più a lungo.

Decima posizione – DON HECK

Don Heck arriva alla Atlas nel 1954. Negli anni 1960 diventa uno dei pilastri della Marvel, anche se un po’ discosto. Nel 1963, su Tales of Suspense n. 39, lavorando sopra gli schizzi di Jack Kirby disegna la prima avventura di Iron Man. Partecipa cioè a uno dei momenti fondanti nella storia della casa delle idee. In realtà la sua partecipazione a questo storico albo è ben poca cosa, essendo il costume di Iron Man e l’intero storytelling opera di Jack Kirby.
Nell’aprile del 1964, su Tales of Suspense n. 52, Don Heck cura graficamente l’immagine di una nuova fortunata antieroina, la Vedova Nera. Madame Natasha è una classica spia “alla Mata Hari” che cerca di sedurre Tony Stark per conto dell’Unione Sovietica, ancora non ha un costume vero e proprio e la sua caratterizzazione risulta piuttosto convenzionale.
Heck è già più personale nel delineare graficamente un nuovo “nemico” di Iron Man, che appare per la prima volta su Tales of Suspense n. 57, del settembre 1964. Si tratta del ribelle Occhio di Falco, personaggio chiaramente ispirato a Freccia Verde (Green Arrow) della Dc Comics.

LA TOP 10 DEI DISEGNATORI CLASSICI DELLA MARVEL


Con il n. 9 di The Avengers, dell’ottobre 1964, Don Heck prende in mano il supergruppo Marvel per eccellenza: i Vendicatori, titolo di cui realizzerà ben 41 numeri.
Nel n. 64 di Tales of Suspense, dell’aprile 1965, Occhio di Falco e Vedova Nera ritornano: madame Natasha si presenta in un costume superaderente che rende giustizia alle sue forme sinuose. Prima dell’arrivo di John Romita le donne più affascinanti in Marvel erano quelle di Don Heck, che le tratteggiava in modo da metterne in evidenza la femminilità e l’eleganza. Riguardo al metodo di lavoro alla Marvel, Don Heck disse: “Stan ti dava le prime tre pagine, ti diceva chi era il personaggio con cui l’eroe avrebbe combattuto, e ti dava le ultime due pagine così sapevi come andava a finire. Le altre 15 pagine erano affar tuo”.

Nona posizione: JOHN ROMITA SR.

Qualcuno protesterà per la posizione piuttosto bassa che John Romita Sr. occupa in questa classifica.
Ha utilizzato una tecnica sopraffina con cui ha illustrato le avventure dell’Uomo Ragno nel suo periodo di maggior successo.
Per molti anni il suo stile è stato considerato la quintessenza del cosiddetto Marvel style, tanto che per un lungo periodo fu l’art director della Casa delle Idee. Il suo tratto dinamico, semplice e nello stesso tempo espressivo, ha conquistato generazioni di lettori. Le figure di Romita Sr. hanno una plasticità innegabile e sono valorizzate da un’impostazione naturalistica encomiabile. Anche dal punto di vista dello storytelling il disegnatore di origine italiana non sembra aver niente da imparare da nessuno. È quando si parla di creatività che Romita paga più di un pegno.
La galleria dei nemici dell’Uomo Ragno da lui creati è quanto di più scialbo e anonimo si possa immaginare. Le ambientazioni si assomigliano un po’ tutte e in generale mancano di suggestione e atmosfera. Di invenzioni visive, poi, manco a parlarne.

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Comunque sia, John Romita rimane famoso soprattutto per come ha realizzato graficamente due tra le donne più belle e sexy della storia del fumetto: la rossa Mary Jane e la bionda Gwen Stacy. Romita le disegna con grande passione e consumata esperienza di ex disegnatore di storie sentimentali. Dedica loro le attenzioni di uno stilista verso le proprie modelle o di un regista alle prese con due dive, consapevole di star facendo sognare migliaia di lettori.
I volti e i corpi di queste sinuose protagoniste sono una esplosione di glamour che determina la svolta pop dell’Uomo Ragno. I toni da soap opera prendono il sopravvento e le vicende personali di Peter Parker diventano il centro delle attenzioni dei lettori. Alla fine il suo stile, per quanto accattivante fosse, non ha generato legioni di imitatori e al di là della sua run su Spider-Man non ha disegnato nulla di memorabile.

Ottava posizione: GIL KANE

Il posizionamento mediocre di Gil Kane in questa classifica è dovuta al fatto che è stato preso in considerazione solo il suo lavoro alla Marvel durante gli anni sessanta, quando non aveva ancora raggiunto l’apice della sua arte come avverrà nel decennio successivo.
Quando Gil Kane arriva alla Marvel nel 1966 è già uno dei disegnatori più amati della Dc Comics soprattutto per il suo lavoro su Lanterna Verde. Non era dinamico come Carmine Infantino e nemmeno così personale come Joe Kubert, ma la sua profonda sapienza anatomica rimaneva impressa nella mente dei lettori.
Il suo disegno era accurato e limpido, le sue figure morbide assumevano pose di una plasticità unica, che molti cercheranno di copiare senza mai arrivare alla stessa fluidità. Gil Kane inizia a collaborare con la Marvel su Tales to Astonish n. 76, dove disegna una storia di Hulk usando il nome di Scott Edward, poiché era ancora sotto contratto con la Dc.
I disegni, come succedeva spesso in quegli anni, vennero realizzati su schizzi di Jack Kirby per introdurre il nuovo disegnatore al mondo Marvel. Kane realizza altre quattro storie per questo titolo, dal numero 88 al 91, ma il suo stile, fatto di corpi slanciati e affusolati, non funziona bene con un fisico massiccio come quello di Hulk.

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Nel 1967 disegna anche quattro numeri di Tales of Suspense, dal n. 88 al 91, dove si occupa di Capitan America subentrando a Jack Kirby. Nemmeno su queste pagine Gil Kane riesce a dare il meglio. A parte due notevoli splash page, il suo elegante disegno si perde in una sequenza di vignette ordinarie. La Marvel non è la Dc e Gil Kane se ne sta accorgendo a proprie spese.
Alla Marvel i lettori si aspettano qualcosa di più. Qualcosa che arriverà solo nel 1969, quando il disegnatore nato in Lettonia prende in mano il personaggio di Capitan Marvel. Quando Roy Thomas vide la splash page iniziale del n. 17 fu elettrizzato. In seguito Kane gliela regalò e Thomas ancora oggi la possiede. Capitan Marvel che fluttua nell’iperspazio, ripreso dall’alto, immobile ma con tutti i muscoli del corpo in tensione.
Finalmente il disegnatore lettone si rivela per quello che è: un genio della matita che fa un uso estremo, ma coerente, della prospettiva, con molte figure inquadrate di scorcio o da punti di vista anomali. C’è una esasperazione delle posture plastiche, sempre diverse e originali, a rimarcare la tensione dei corpi. Tutto ciò esalta la drammaticità dei personaggi e contribuisce a creare un’atmosfera inquietante. 

Settima posizione: GENE COLAN

Su Tales to Astonish n. 70, dell’agosto 1965, facendo seguito alle insistenze dei lettori, Stan Lee aveva assegnato una nuova serie autonoma a Namor, il Sub-Mariner, dopo la chiusura della precedente avvenuta un decennio prima.
Ai testi della nuova serie c’era naturalmente Stan Lee, e ai disegni, cui nemmeno Vince Colletta con i suoi inchiostri sghembi riusciva a togliere magnificenza, un mostro del fumetto che nessuno conosceva, un certo Adam Austin. Lo pseudonimo l’aveva pensato Stan Lee, che amava inventare nomi e cognomi con la stessa lettera (Peter Parker, Matt Murdock…), per permettere a Gene Colan di collaborare alla Marvel nonostante i divieti imposti dalla concorrente Dc Comics, per la quale lavorava. A un certo punto lo stile di Colan fu riconosciuto dagli editor della Dc comics che gli imposero una scelta tra le due case editrici. Lee, che non voleva perderlo, offrì a Colan cinque dollari a tavola in più di quanto gli davano alla Dc.

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Iniziò così un periodo denso di soddisfazioni dove il disegnatore nato nel Bronx soprannominato “il decano”, raggiunse l’apice della sua produzione artistica firmando (con il suo vero nome) una serie di capolavori. Tra questi spicca la sua lunga run su Devil, dove Gene Colan si conferma il più cinematico tra gli artisti della casa delle idee, arrivando a dare dei punti persino a Kirby.
Devil diventò la testata dove era possibile ammirare i salti e le capriole più spericolati dell’epoca. Colan puntò molto sull’aspetto acrobatico del personaggio, concentrandosi soprattutto su inquadrature e coreografie. Distorcendo, comprimendo e dilatando ogni muscolo e ogni segmento anatomico con l’unico scopo di coinvolgere il più possibile i lettori nell’azione.
Il malinconico tratto chiaroscurale di Gene Colan aggiunse inoltre al personaggio uno spessore che non aveva avuto con Wally Wood e con John Romita. Il ritmo narrativo, invece, non era esattamente il suo forte. Gene Colan aveva l’abitudine di partire alla grande disegnando pagine mozzafiato di una o due vignette, per poi accorgersi verso metà storia che avrebbe dovuto comprimere tutta la seconda parte dell’episodio nelle pagine finali.

Sesta posizione: JOHN BUSCEMA

John Buscema è stato definito: “il Michelangelo del fumetto” per il suo stile classico e rispettoso delle proporzioni canoniche. È anche autore insieme a Stan Lee del famoso libro Come disegnare in stile Marvel. I suoi disegni hanno rappresentato per anni l’immagine ufficiale dei supereroi della casa delle idee. Allora perché in questa classifica lo troviamo soltanto al sesto posto?
La risposta sta forse nelle sue stesse parole quando, parlando dell’atteggiamento di Jack Kirby verso i fumetti, dice: “Kirby ci viveva dentro, li respirava, erano la sua vita. Tutto quello che faceva aveva a che fare con i fumetti. Non faceva che pensare alle trame e ai personaggi”.
Per lui, invece, i fumetti erano un ripiego perché avrebbe voluto fare altro. Servivano solo per far soldi, mantenere la famiglia e pagarsi il mutuo. Nel 1966, Buscema torna a collaborare con la Marvel dopo averla abbandonata negli anni cinquanta, quando si chiamava Atlas. Il primo lavoro che gli viene commissionato è una storia di Nick Fury agente dello Shield.

In questa storia Stan Lee lo fa disegnare sopra gli schizzi di Jack Kirby, nella speranza che ne assorba un poco lo stile. All’inizio Buscema fatica parecchio: è un disegnatore classico che conosce nei dettagli il corpo umano, si trova a disagio con le invenzioni anatomiche di Kirby. Alla fine, per disperazione, Buscema prova un po’ a scopiazzare le inquadrature di Kirby senza porsi il problema di capirle. In questo modo, il dinamismo del re comincia a fluire a poco a poco nelle sue matite piuttosto convenzionali.
Tra le prime serie di Kirby che eredita, ci sono i Vendicatori. Più congeniale a Buscema è però Sub-Mariner, il principe di Atlantide. Con i supereroi mascherati Buscema si sentirà sempre a a disagio: preferisce disegnare i corpi seminudi della tradizione artistica classico-rinascimentale.
Buscema raggiunge l’apice nel 1968 con Silver Surfer, l’araldo di Galactus. In questa indimenticata run il suo stile “espressionistico-muscolare” riesce a coniugarsi per la prima volta a un’inventiva (quasi) kirbiana che gli aveva sempre fatto difetto. Ben presto però si attesterà su uno standard piuttosto prevedibile che offre alta qualità e poche sorprese. Come dice il buon Sauro, una ”monotonia di lusso”.

Quinta posizione: JIM STERANKO

“Dopo aver visto Wally Wood, non sono più stato lo stesso”, disse Jim Steranko a una convention nel 2014. “Woody poteva fare tutto e farlo in modo superbo”. Copiando i disegni di Wally Wood ben presto Steranko imparò a disegnare da solo.
All’età di ventotto anni portò il suo portfolio alla Marvel Comics. Stan Lee, eccitato dalla “energia grezza” di Steranko, lo arruolò immediatamente e gli offrì qualunque serie volesse. Il disegnatore scelse la superspia Nick Fury agente dello Shield, come aveva fatto John Buscema prima di lui.
All’inizio Steranko lavora inchiostrando gli schizzi di Jack Kirby, creatore grafico della serie, per cercare di assorbirne lo spirito rivoluzionario. Steranko, a differenza di Buscema, capisce Kirby sin dall’inizio. Capisce che l’anatomia inventata può essere più bella di quella corretta. Anche perché, proprio come Kirby, non ha una preparazione accademica e deve fare di necessità virtù.


Capisce anche che le attrezzature tecnologiche possono diventare dipinti di arte astratta. Che i collage possono elevare il fumetto a un livello superiore. Parte da Kirby, ma va oltre. “Gli albi a fumetti sono stati ispirati dal cinema sin dagli anni quaranta, come si può vedere nel lavoro di Will Eisner e Jack Kirby”, afferma il critico di fumetti Greg Tate, “ma Steranko ha anche mescolato influenze pop, psichedelia, op(tical) art, surrealismo e graphic design”. Ha portato finezza, lucentezza e raffinatezza nuove.
Oltre a Kirby si è ispirato e ha omaggiato artisti estranei al fumetto come Salvador Dali, Escher e Peter Max. Le pagine del suo Nick Fury hanno affascinato un’intera generazione di lettori, con i suoi robot assassini, i cattivi dell’Hydra, le pin-up fasciate di latex e le armi più fantastiche del pianeta.
Lo storico di fumetti Arlen Schumer ha definito Steranko “il Jimi Hendrix dei fumetti” e, considerando la sua audacia grafica e il suo approccio non convenzionale, siamo perfettamente d’accordo. Certamente, possiamo vedere la sua influenza sulle generazioni successive, in disegnatori come Paul Gulacy, Bill Sienkiewicz e Mike Mignola.

Quarta posizione: STEVE DITKO

Steve Ditko è uno dei disegnatori che rese grande la Marvel. Se la Marvel è “strana” è perché Steve Ditko era strano. Se la Marvel è “problematica” è perché Steve Ditko era problematico. Qualsiasi serie abbia disegnato, il suo peculiare stile artistico, nitido, dettagliato e immediatamente riconoscibile, capace di enfatizzare gli stati d’animo e di costruire un continuo stato di tensione, ha incontrato il favore dei lettori.
Ditko disse in un’intervista: “Non parlo mai di me stesso. Il mio lavoro sono io. Faccio del mio meglio, e se mi piace, spero che piaccia anche a qualcun altro”. Lui era il suo lavoro. E il suo lavoro ci dice che era un soggetto che navigava sempre in direzione ostinata e contraria rispetto alle mode fumettistiche del momento. Laddove tutti i suoi colleghi che disegnavano super-eroi si concentravano sulle scene d’azione, lui preferiva dedicarsi alla tormentata vita di Peter Parker.


Eppure sapeva meglio di chiunque altro ciò che funzionava e ciò che non funzionava in un comic book. L’aveva imparato dai grandi artisti che lo avevano preceduto, come Will Eisner, Jerry Robinson e Mort Meskin. Come loro era in grado di delineare figure, forme, ambienti e persone che denotavano una profonda conoscenza del mondo reale.
Steve Ditko sapeva alla perfezione come l’abbigliamento si posiziona in un corpo in movimento e conosceva forse meglio di qualunque altro l’estrema complessità delle mani disegnate, per non parlare di tutte quelle strane posizioni che può assumere una struttura muscolare. Al pari di Alex Toth, Ditko è stato in grado di rendere semplice il complesso sapendo sempre cosa includere e cosa omettere.
Un altro aspetto dell’arte di Ditko che vale la pena di sottolineare è la sua natura stravagante, accentuata da una chiarezza quasi da cinema muto che esaspera le espressioni facciali e il linguaggio del corpo.

Terza posizione: WALLY WOOD

Quando si parla di Wally Wood alla Marvel degli anni sessanta si parla ovviamente di Devil. Si parla di soli sette numeri, realizzati tra il 1964 e il 1965. Ma allora come è possibile che Wallace Wood si trovi così in alto in questa classifica? Perché con quei sette numeri ha realizzato una run di un’intensità unica, dove tutti gli elementi grafici convivono tra loro in un magico equilibrio che rasenta la perfezione.
Wally Wood fa il suo ingresso alla Marvel in pompa magna, preceduto dalla sua fama, viene annunciato con uno “strillo” sulla copertina del n. 5: “Grazie alla brillante capacità artistica del famoso illustratore Wally Wood, Devil raggiunge ulteriori livelli di gloria”. Non era mai stata fatta una cosa del genere per un disegnatore.
La posa plastica del diavolo ancora con il costume giallo, sulla prima pagina di Devil n. 5, ci fa capire immediatamente che siamo di fronte a un notevole anatomista. Devil è reso in modo naturale, una persona con una muscolatura tipica di un ginnasta acrobata quale egli è.


Wally Wood fece a meno, in questa run, della massiccia presenza di dettagli che affollavano i suoi fumetti di fantascienza per la Ec, rendendo le scene di combattimento in uno stile molto pulito. Gli unici limiti di quelle pagine sono che Devil viene sempre rappresentato a figura intera e sempre inquadrato dalla stessa distanza. Jack Kirby e Steve Ditko erano maestri nell’alternare campi lunghi e primi piani, mentre le pagine di Wood da questo punto di vista offrono meno varietà.
Nel n. 7, “Devil contro Sub-mariner”, Wally Wood raggiunge uno dei suoi apici artistici. In questa lotta impari contro il signore degli abissi oceanici viene definito una volta per tutte il personaggio di Devil, riconoscendo la sua grandezza proprio nella mancanza di potere fisico abbinata all’eccesso di coraggio.
Wally Wood prende il via da un’idea di Stan Lee descrivendo con immagini stupende ogni piccola emozione senza mai sacrificare quel profondo senso di moderazione che caratterizza il suo stile. Devil cade, ma non vediamo mai la sua espressione, Namor lo osserva dall’alto ma non esulta mai. Disegnatore dallo stile classico, Wood era soprattutto un maestro delle inquadrature, per mezzo delle quali descriveva lo svolgimento degli avvenimenti nel modo più chiaro possibile.

Seconda posizione: NEAL ADAMS

Nemmeno il grande Neal Adams ha lavorato molto per la Marvel negli anni sessanta. Solo otto numeri realizzati nel 1969. Abbastanza però per farsi ricordare. Adams arriva alla Marvel grazie alla intercessione di Steranko che lo stuzzica magnificandogli il cosiddetto “metodo Marvel”.
Prima i disegni e poi i balloon…”, a Neal sembra impossibile avere la possibilità di disegnare prima che siano scritti i dialoghi, e quindi di incidere in modo determinante sulla sceneggiatura.
Davanti a uno Stan Lee entusiasta sceglie di debuttare sulle pagine del titolo Marvel che vende meno: Uncanny X-Men. Da quel momento, nel bene e nel male, le cose alla Marvel non furono più le stesse. Il breve passaggio di Adams produsse uno sconvolgimento mai visto prima. Un’epoca fumettistica si chiuse (la Silver age) e una nuova si aprì (la Bronze age). Fin dalle prime pagine tutti si accorsero che qualcosa nella rappresentazione grafica dei super-eroi Marvel era cambiata per sempre: i volti erano pieni di ombre per creare i volumi, rendere realistiche le espressioni e aumentare la drammaticità.


Un classico disegnatore della Silver age come Jack Kirby non aveva mai inserito così tante ombre sui volti, limitandosi a delineare i tratti essenziali: un po’ come nella linea chiara francofona. Anche le prospettive di Neal Adams non erano quelle a cui i lettori dell’epoca erano abituati. Sulle pagine di Uncanny X-Men le prospettive inusuali e insolite diventavano uno strumento per aumentare l’espressività e la drammaticità delle scene. Persino i punti di vista variavano in continuazione.
Mentre Jack Kirby disegnava quasi sempre ad altezza uomo, Adams preferiva le riprese dall’alto o dal basso che distorcevano le anatomie e aumentavano la tensione intrinseca del racconto. I personaggi venivano mostrati da Adams soprattutto da tre quarti, per evidenziare meglio i volumi. Jack Kirby preferiva mostrarli di fronte o di lato per semplificare il loro riconoscimento da parte del lettore. Le anatomie di Adams erano ultrarealistiche. Jack Kirby le distorceva a suo piacimento per fini espressivi.
L’estetica Marvel cominciò a virare decisamente da una dimensione stilizzata che ha infuenzato la pop art degli anni sessanta, a un realismo ancora non completamente fotografico che influenzerà praticamente tutti i disegnatori a venire. Il disegno ultrarealistico di Adams e il suo segno cupo e tormentato furono funzionali al passaggio verso tematiche più complesse e adulte.

Prima posizione: JACK KIRBY

Alla Marvel si diceva che Jack Kirby fosse il re del fumetto. Se si può accogliere qualche obiezione per quanto riguarda gli anni cinquanta e settanta, è davvero difficile negare quanto corrispondesse alla verità questa frase negli anni sessanta. In quel decennio Kirby lavora come un matto mantenendo livelli qualitativi di eccellenza. Un’impresa incredibile riuscita a lui solo.
Nel 1961 disegna lo storico primo numero dei Fantastici Quattro. Nel 1962 la Marvel pubblica 1158 sue pagine disegnate. Nel 1964 vengono pubblicate 102 copertine di albi Marvel realizzate da lui.
Nel 1965 Kirby, oltre ai Fantastici Quattro e Thor disegna Hulk (su Tales to Astonish), Capitan America (su Tales of Suspense), Nick Fury agente dello Shield (su Strange Tales) e realizza gli schizzi a matita per Don Heck (Vendicatori) e Werner Roth (X-Men).
Nel 1966 raggiunge il suo apice con la trilogia di Galactus sui Fantastici Quattro e la creazione, nella stessa testata, dei personaggi di Silver Surfer e Black Panther.


Nella seconda metà degli anni sessanta, pur disegnando in modo sempre più meraviglioso, Jack Kirby tiene da parte le sue nuove idee non soddisfatto dal trattamento riservatogli dalla Marvel, che non gli concede la visibilità che merita come co-autore dei testi.
Oggi Jack Kirby è ricordato soprattutto come creatore di una serie incredibile di personaggi che hanno reso grande la Marvel, ma prima di tutto è stato un narratore: uno storyteller. Sapeva che le emozioni che si agitavano nella sua mente e nel suo cuore poteva trasmetterle al suo pubblico con la sua matita e un pezzo di carta. Sapeva che la fantascienza poteva svolgere nel presente la stessa funzione che la mitologia aveva svolto nel passato. Sapeva, dal tempo trascorso con la sua banda di amici nel ghetto più duro di New York City, il Lower East Side, e con i suoi commilitoni sui campi di battaglia dell’Europa durante la Seconda guerra mondiale, che il dramma e il mito ci accompagnano per tutta la vita.
Per questo oggi le sue storie fanno parte della cultura pop. Per questo è il re del fumetto.




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16 commenti

  1. Bell’articolo e più o meno d’accordo sulla classifica. forse vedo più rappresentativi Romita, Buscema e Colan, per quantità di pagine prodotte rispetto ad Adams, Wood o Steranko, però la quantità non è tutto. Il mio Gil Kane preferito è quello su Spiderman inchiostrato da Romita. Kane dava dinamismo a Romita, Romita dava densità al segno di Kane sempre un po’ schematico. Il mio Romita preferito è quello delle strisce dove si inchiostra da solo.

  2. Come non essere d’accordo con il primato del Re che non a caso si trovava maggiormente a suo agio con le storie “ mitiche” e fantascientifiche come Thor, Kamandi o gli Eterni.

  3. Non sono per nulla d’accordo. Adams e Wood hanno disegnato poche storie per la Marevl e non possono mai essere sopra a Colan e Buscema. La posizione 9 per Romita poi è incomprensibile ! Nessuno è stato “marvel style” come lui per 20 anni ! E come potete sostenere che non ha avuto imitatori (ammettendo che cio’ conti davvero qualcosa) se tutti dopo di lui hanno cercato di realizzare Spider-man allo stesso modo fino all’avvento di Mc Farlane ? E parliamo del personaggio piu’ importante della casa delle idee, non di un Ant-man qualunque

  4. Don Heck del tutto fuori luogo nei classifica dei top ten. La matita più banale in assoluto.
    Steranko bravo ma non originale, un tratto figlio naturale (quasi clone, diciamolo) di Kirby con elementi di modernità.
    Perché non Barry Windsor-Smith, a quel punto, che ha caratterizzato un Conan personalissimo e con un tratto diverso da chiunque?
    Kirby il re? Per originalità e quantità di idee, sicuramente. Ma spessissimo pacchiano (o dovrei dire ammmmericano…) nell’invenzione di costumi e fondali e nelle espressioni eccessivamente drammatiche, sempre assolutamente bidimensionale dove altri cercavano la profondità e davvero statico nell’articolare i corpi in movimento.
    Se parliamo di originalità del tratto, Steve Ditko gli è almeno alla pari, ma è molto più elegante, più intimista nei primi piani e più dinamico nelle scene di azione.
    Kirby è molto passionale e molto blues, è sicuramente il re dell’invenzione ma non del disegno.
    Manca poi un elemento di giudizio: l’influenza sugli autori successivi.
    In questo senso, l’attuale generazione di matite dedicate ai super eroi è tutta figlia di John Buscema e Gil Kane (quest’ultimo però difficilmente contenibile nell’universo Marvel), quindi questi due sono in testa a tutti, anche quando sono “belli e noiosi” (e in effetti l’ultimo Buscema lo è stato).
    Dispiace anche vedere escluso immeritatamente John Byrne, uno che ha dato molto (444 storie), per inserire Wally Wood, storia del fumetto che però in Marvel è stato solo di passaggio, c’entra con la Marvel come Milton Caniff c’entra con la storia dell’aviazione per aver realizzato la famosa Pin up “A Bit o’ Lace” sul muso del B17-G, la “Flyng Fortress” che bombardò Berlino.

  5. Barry Windsor Smith appartiene agli anni ‘80 e John Byrne agli anni ‘80…

  6. BwS ‘70

  7. Sono in totale disaccordo con questa classifica. John Romita e J. Buscema non possono restare fuori dal podio ! Loro hanno fatto la storia della marvel a differenza di Wood e Adams che sono stati sopravvalutati ben oltre il loro reale apporto. E Wood prima di Colan poi proprio non ci sta.

  8. John Romita, disegnatore simbolo della miglior marvel in nona posizione non puo’ assolutamente essere condivisibile. Anche la motivazione del redattore che ha tentato di giustificare la sua scelta e cioe’ i pochi personaggi creati è alquanto discutibile dato che sono creazioni grafiche di John alcuni tra i personaggi di maggior successo della Marvel come Wolverine, il Punitore , Luke Cage, nonchè i villain piu’ epici di Devil portati all’attenzione del grande pubblico dalla TV come Kingpin, Bullseye e il Gladiatore, poi ci sono anche Nova, Daimon Hellstrom, Satan, Tigra etc. etc. Curioso poi come questo comunque discutibile criterio sia invece stato ignorato per altri disegnatori che in marvel non hanno inventato nulla come Wally Wood ! Ah no lui ha creato il Matador e il duca di Liechtembad…

    • Stavo per commentare, poi mi sono accorto che avrei scritto esattamente quello che hai scritto tu, Marco.
      Si può mettere Romita al nono posto, anche al centesimo posto se uno vuole, ma parlare di invenzioni visive pari a zero, personaggi scialbi e anonimi…
      Romita era un vulcano di creatività, non a caso la Marvel lo fece direttore artistico quando il posto fu lasciato da Kirby. E nei suoi anni da direttore artistico, i disegnatori si rivolgevano a lui per inventare i costumi dei personaggi. Sull’Uomo Ragno inventa il nuovo costume della Vedova Nera (quello con cui la conosciamo ancora oggi), Kingpin, il Punitore… e si potrebbe continuare con quelli inventati per altre serie.

  9. Dunque, secondo me in testa è giusto che ci sia Jack Kirby, sicuramente il più grande….classico e con una cura per i dettagli, nella fase migliore della sua carriera, inarrivabile Subito dopo metterei John Buscema, che ha disegnato tanto e bene , e poi Neal Adams, che effettivamente è stato un precursore con le sue tavole futuristiche. A seguire metterei Gene Colan e Johm Romita.

  10. Romita sr così in basso non si può vedere. la mia classifica sarebbe:
    1) Kirby
    2) Ditko
    3) Neal Adams
    4) Buscema
    5) Romita
    6) Kane
    7) Steranko
    8) Colan
    9) Woods
    10) Don heck

  11. Non condivido assolutamente. La mia è del tutto diversa :
    1) John Romita
    2) John Buscema
    3) Jack Kirby
    4) Gene Colan
    5) Neal Adams
    poi Ditko, Kane, Steranko, Everett, Trimpe.
    Di certo Wood non è neppure tra i primi 15 qualunque criterio si voglia utilizzare

  12. L’Uomo Ragno era di gran lunga il personaggio piu’ importante e innovativo nonchè quello con le storie e i disegni migliori degli anni 60 ed ha consentito il successo della casa editrice trascinando anche serie meno valide ; a mio parere ne avete decisamente sottovalutato i disegnatori.
    Per me
    1) John Romita 2) Steve Ditko , e solo dopo vengono gli altri : Kane, Kirby, Colan , Adams, Buscema, Steranko, Trimpe, Heck.
    Negli anni 70 invece avete sottovalutato Perez e Byrne e tanti di questi potevano tranquillamente essere ancora nella top ten

  13. No mi spiace non è possibile che mettiate Romita al primo posto, per il semplicissimo fatto che senza Kirby e Ditko la maggior parte dei personaggi Marvel non esisterebbe proprio. Si può disegnare bene quanto si vuole, ma la creatività va messa prima di tutto. Inoltre anche il loro storytelling era innovativo, quando apparvero.

  14. I disegnatori del mio cuore saranno sempre :
    John Romita per gli anni 60
    George Perez per gli anni 70
    Frank Miller e John Byrne per gli 80
    comunque tutti grandissimi quelli inseriti in queste classifiche

  15. Che Kirby sia il primo della lista penso che sia inoppugnabile, per mille ragioni. Trovo assolutamente sopravvalutati Ditko e Wood (matite puerili), mentre Romita è l’Uomo Ragno, e soprattuto John Buscema non può scendere dal podio per tutto quello che ha disegnato e per come lo ha disegnato (Conan spettacolare, un9 dei pochi disegni che in b/n rendono anche meglio che a colori).

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