BARRY SMITH, UN INGLESE ALLA MARVEL

BARRY SMITH, UN INGLESE ALLA MARVEL

Chi ricorda Barry Smith, il primo giovane disegnatore tra i titani della vecchia guardia?
La Marvel dei primi anni sessanta era costituita da due disegnatori principali, Jack Kirby e Steve Ditko, più due “secondari”: Bill Everett e Don Heck. Lavoravano tutti per un solo sceneggiatore: Stan Lee.
Dal 1961 Jack Kirby disegnò il grosso dei fumetti, dai Fantastici Quattro a Hulk, Ant-Man e Wasp, Thor, i Vendicatori, gli X-Men e Nick Fury dello Shield. Steve Ditko fece l’Uomo Ragno e il Dottor Strange. Don Heck lavorò su Iron Man e Bill Everett su Devil.
Nel 1964 inoltrato arrivò un altro disegnatore, Wally Wood. L’anno dopo ecco John Romita e Gene Colan. Nel 1966 John Buscema, Jim Steranko e Gil Kane. Si tratta di un gruppo di stimati professionisti, da tempo attivi nel mondo del fumetto. Il più giovane del mazzo è Steranko, nato nel 1938.

Bisogna arrivare al 1969 perché un disegnatore senza esperienze precedenti venga accettato tra gli straordinari talenti della Casa delle idee. Non ha nemmeno 20 anni, essendo nato nel maggio del 1949, e per di più non è nemmeno americano essendo nato a Forest Gate, un sobborgo di Londra. Ma quanto a talento non è inferiore a nessuno. Si chiama Barry Smith (solo in seguito modificherà il nome in Barry Windsor-Smith).

Analizziamo il suo lavoro per la Marvel dagli inizi fino a metà anni settanta, quando lascia temporaneamente il fumetto per dedicarsi all’illustrazione.

 

Western Gunfighters

Il primo fumetto disegnato da Barry Smith per la Marvel risale al 1968, anche se sarà pubblicato soltanto nel 1971 sul n. 4 dell’albo Western Gunfighters. Uno dei tre o quattro western che la Marvel aveva lanciato negli anni cinquanta, che pubblica durante i sessanta e chiuderà nella metà degli anni settanta.

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Il disegno è già interessante. Le pose non sono convenzionali e le inquadrature sono molto dinamiche. Un’energia selvaggia sprigiona dalle vignette e si diffonde per tutto l’albo. Siamo di fronte a un promettente disegnatore, questo è certo, anche se nessuno sa ancora in che direzione evolverà il suo stile.

 

X-Men

Barry Smith arriva sulle pagine di X-Men quando il titolo era tra i meno venduti della Marvel. Ci arriva su iniziativa di Stan Lee, che ne ammira lo stile visibilmente derivato da quello del grande Jack Kirby.
“Hai fatto un buon lavoro, a Stan è piaciuto molto”, furono le uniche parole che gli rivolse il sempre poco loquace Kirby.

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Si tratta del n. 53 degli X-Men del febbraio 1969, l’episodio si intitola “The rage of Blastarr”, ed è scritto da Arnold Drake.
La prima tavola di Barry Smith pubblicata dalla Marvel raffigura Blastarr, il cattivo della “zona negativa”, che si libra nell’aria grazie ai poteri dell’antimateria. A uno sguardo superficiale potrebbe apparire una imitazione più o meno riuscita dello stile di Kirby, ma c’è già molto di più.

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In America senza un permesso di soggiorno, senza uno studio dove lavorare, senza nemmeno più una camera d’albergo dopo che aveva finito i soldi, Barry Smith disegnò questo numero seduto su una  panchina di Central Park. La figura di Blastarr, sinuosa e contorta, ricorda certe cose di Steranko.

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Le inquadrature sono poco riuscite, anche se si sforzano di essere personali. La narrazione per immagini non scorre così fluida come dovrebbe, qua e là si notano incertezze e dimenticanze. La costruzione della pagina è ancora acerba, anche se non mancano sequenze di vignette di una certa efficacia.

 

Devil

Il mese successivo già qualcosa cambia. Il nostro viene spostato su Devil, in un periodo in cui Gene Colan stava disegnando i Vendicatori.
Gli viene affidata una storia che si espande su tre numeri, la cosiddetta trilogia di Starr Saxon, iniziata da Stan Lee e conclusa da Roy Thomas.
Il n. 50 è il primo della serie e serve a Smith per mettere a fuoco il proprio stile. Deve ancora molto al suo idolo Jack Kirby, ma già si notano qua e là gli inequivocabili presagi dell’artista che verrà.

BARRY SMITH: UN INGLESE ALLA MARVELLa plasticità delle figure si rifà a Kirby nelle deformazioni prospettiche, che ne aumentano la dinamicità. Braccia e gambe in primo piano vengono ingrandite e quelle sul fondo rimpicciolite in modo da esasperare il movimento e la tridimensionalità.
I corpi si contorcono all’interno delle vignette, assumendo posizioni sempre nuove. Le silhouette però sono prive dell’imponenza kirbyana. Sono più slanciate, contorte e nervose, assomigliano a quelle di Jim Steranko, che pure era partito da Kirby, come tutti alla Marvel dell’epoca.

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Il n. 51 testimonia un’ulteriore crescita del nostro artista. Ci sono numerose vignette con pose inusuali e inquadrature ricercate. La costruzione della pagina fa decisivi passi in avanti prendendo a modello quella dinamica e innovativa di Steranko.
Ci sono pagine dove le vignette sono sovrapposte, dove i riquadri sono sfalsati per dare al lettore la sensazione che l’intera pagina ruoti seguendo i movimenti del protagonista.

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Lo stile di Steranko è manifestatamente omaggiato da Barry Smith, che a pagina 15 cita una pagina del suo Capitan America, con un ritratto del capitano su un muro di mattoni. La storia prosegue incalzante, mentre le immagini la sostengono e la assecondano.
Siamo già al livello dei migliori storyteller della Marvel.

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Nel n. 52 si conclude l’esperienza di Barry Smith su Devil (tornerà per una breve apparizione sul n. 83).
L’albo si apre con una splendida splash page che ritrae una complessa scena urbana disposta su una diagonale.

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Seguono otto vignette orizzontali che preparano l’arrivo di Pantera Nera, il quale si muove sinuosamente in una notte stilizzata e pop, dove le finestre dei grattacieli diventano quadrati azzurri che giocano un’ardita partita al limite tra rappresentatività e astrazione.

BARRY SMITH: UN INGLESE ALLA MARVEL BARRY SMITH: UN INGLESE ALLA MARVEL

Tutto l’episodio si muove su questa falsariga, attraversato da onde di tensione interna che seguono le evoluzioni plastiche dei due protagonisti fino all’apoteosi di pagina 17.

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Nick Fury

Jim Steranko aveva scritto e disegnato “Al battito di mezzanotte”, la storia iniziale del primo numero di Tower of Shadows. Steranko ci teneva molto a questo gioiello, che aveva costruito con estrema meticolosità ottenendo un perfetto meccanismo dove testo e immagini si incastravano alla perfezione.

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Per questo aveva chiesto a Stan Lee, come favore personale, di non modificare nulla. Lee però non riuscì a non toccare alcune frasi nelle didascalie e nei balloon, e ciò fu la causa di un litigio con Steranko, che abbandonò la Marvel sbattendo la porta e lasciando Nick Fury senza un disegnatore.

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Per qualche numero ci si affidò a Frank Springer, ma la differenza con Steranko era troppa. Quando Barry Smith ebbe terminato la trilogia su Devil, alla Marvel si accorsero di avere tra le mani un nuovo Steranko e lo dirottarono subito su Nick Fury Agent of Shield n.12.


Barry Smith realizzò le matite di “Hell hat no Fury!”, ma quando prese visione delle tavole inchiostrate da Sid Greene per poco non gli venne un colpo!
Riteneva il risultato finale decisamente insoddisfacente. Allora prese un nastro adesivo speciale e lo applicò su tutte le figure principali, poi passò gli inchiostri sul nastro adesivo ritoccando le immagini una per una. Un lavoro certosino che almeno in parte lo ripagò.


Scorrendo le pagine di questo numero sembra quasi di rivedere il tocco psichedelico di Steranko. Purtroppo Smith fu sostituito nel numero successivo, perché la sua carta verde era scaduta e fu costretto con breve preavviso a tornare in Inghilterra.

 

I Vendicatori

Barry Smith disegna le tavole dei numeri 66 e 67 dei Vendicatori direttamente dall’Inghilterra, dove è ritornato dopo la scadenza del visto. Apparentemente si tratta di un passo indietro. Qui manca la funambolica costruzione della pagina messa in mostra nei lavori precedenti. L’autore sembra concentrarsi su altro. Sulla struttura delle figure, per esempio.

Il Thor che campeggia in bella vista sulla pagina iniziale è ancora completamente kirbyano, la mano sinistra che si proietta verso di noi è quasi un marchio di fabbrica. Solo il volto in proporzione è più piccolo di come l’avrebbe disegnato il re.


A pagina 13 abbiamo una bellissima splash page che ritrae la visione, disegnata a matita e inchiostrata dall’artista inglese. Il fumetto dà a Syd Shores i crediti di inchiostrazione, ma è stato confermato da alcune fonti che questo fantastico pezzo è stato inchiostrato da Barry Smith.

La Visione sembra imitare una delle classiche pose di Batman mentre tiene il proprio mantello con la mano sinistra. Una splash page con Golia e Thor in posizioni inconsuete abbellisce il n. 67.
Nel 1972 realizzerà anche i numeri 98, 99 e 100 della serie.

 

Tower of Shadows

All’inizio del 1970, Barry Smith disegna tre episodi per l’albo bimestrale Tower of Shadows (“Torre delle ombre”) che venne pubblicato dal 1969 al 1971 dalla Marvel Comics. Torre delle ombre è un albo antologico dedicato a brevi fumetti horror senza personaggio fisso. Le storie vengono presentate da Digger, uno scavafosse dal ruolo simile a quello di Zio Tibia nelle riviste in bianco e nero della Warren.


Sul n. 3 viene pubblicata “The Terrible Old Man”, una storia di Roy Thomas che è la versione a fumetti di un brevissimo racconto di H.P. Lovecraft pubblicato nel 1921.
Protagonista è uno strano vecchio, “così vecchio che nessuno può ricordare quando era giovane, e così taciturno che pochi conoscono il suo vero nome”.

Sul n. 5 Barry Smith realizza “The Demons that devoured Hollywood”, la storia di un attore che si trasforma in una specie di mostro della laguna nera.
Sul n. 7 appare “The scream of things”, una interessante variante sul tema delle case possedute.
In queste storie Smith non dà il meglio di se. La costruzione di un’atmosfera horror sembra ancora al di là delle sue capacità. Si limita a fare un lavoro professionale senza particolari acuti.

Gli inchiostratori John Verpoorten, Dan Adkins e Vince Colletta cercano di aggiungere chiarezza all’insieme, riuscendoci solo in parte.
Tuttavia, i layout sperimentali e i punti di vista insoliti utilizzati da Smith nella realizzazione di queste tavole ci confermano che ci troviamo di fronte a un artista di livello superiore.

 

Chamber of Darkness

La “Stanza delle tenebre” è l’albo gemello di Tower of Shadows. Anch’esso è un bimestrale dell’orrore. Entrambi erano nati nel tentativo di emulare il successo degli albi gemelli della Dc Comics House of Mistery e House of Secrets. La collaborazione dell’autore inglese con Chamber si limita a due fumetti.
Il primo si intitola “The warlock tree”. In cui un uomo si fa beffe della leggenda di un albero maledetto da uno stregone morente, finché la maledizione non lo colpisce personalmente.

Ben più importante è il secondo fumetto dal titolo “The sword and the sorcerer” scritto da Roy Thomas, dove appare un prototipo piuttosto somigliante di Conan il barbaro, l’eroe creato da Robert E. Howard che vedrà la luce nella versione a fumetti solo sei mesi dopo.
Qui si chiama Starr the Slayer, ma è un barbaro dai fluenti capelli corvini che indossa un elmo dotato di corna, due bracciali ai polsi e una spada infallibile, proprio come Conan.

Sembra che quel personaggio riposasse nell’inconscio di Smith in attesa di essere riportato alla luce. Chissà se, senza questo fumetto, Roy Thomas sarebbe mai riuscito a convincere Stan Lee ad affidare a Smith la serie di Conan.

 

Conan the Barbarian

A Barry Smith venne assegnato Conan il barbaro perché era il disegnatore che costava meno. Sicuramente molto meno di John Buscema. Il disegnatore di origini italiane era il più pagato alla Marvel e, aggiungendo al suo cachet i costi dei diritti per il personaggio di Robert E. Howard, si sarebbe arrivati a una cifra troppo alta per una testata che Stan Lee pensava avrebbe comunque chiuso prima del decimo numero.

Non andò così. Smith disegnò 21 albi del cimmero, contribuendo in modo determinante al più grande successo editoriale della Marvel degli anni settanta.
Come il vero Uomo Ragno è quello timido e nevrotico di Steve Ditko, così il vero Conan è quello introverso e psichedelico di Barry Smith.
L’arco narrativo che lo vede protagonista ha oggi raggiunto le dimensioni di una leggenda. Le circa 400 tavole disegnate da lui sono diventate oggetto di culto per gli appassionati in tutto il mondo. Cerchiamo di capire perché analizzando due delle storie più riuscite.

Cominciamo con “La torre dell’elefante”, apparsa sul n. 4.
Barry Smith disegna una città di ladri immersa nella notte. Uno scantinato zeppo di strani avventori, tra i quali spicca un viscido ladro grasso e prepotente. Sarà la prima vittima di Conan. Quindi insieme a Taurus di Nemedia ucciderà i leoni che fanno la guardia alla torre dell’elefante. Poi arriva l’immenso ragno che protegge il tesoro. In un tripudio di immagini uniche e geniali.

Ma è nel finale della storia che il livello dei disegni si innalza ulteriormente, consegnando ai posteri un capolavoro. La narrazione mischia toni surreali a dialoghi capaci di emozionare. Il disegno asseconda la trama diventando sempre più spirituale e lisergico.
Il commovente racconto dell’alieno-elefante imprigionato nella torre tocca l’animo del barbaro che lo aiuterà a vendicarsi dello stregone Yara, in un’esplosione di forme e colori che sa di psichedelia.

Chiudiamo con l’ultimo numero disegnato dall’artista inglese: il n. 24, che contiene “The song of Red Sonja”.
“Sapevo che sarebbe stato il mio episodio finale della serie”, racconta Smith. “In quel periodo ero disgustato dai metodi di lavoro da catena di montaggio in vigore alla Marvel. Ancora una volta Dan Adkins avrebbe dovuto inchiostrare il mio lavoro, ma decisi che per il mio ultimo numero mi sarei inchiostrato da solo”.


“Feci il lavoro mentre stavo a Londra, dove ero tornato, è interamente inchiostrato con una penna stilografica Mont Blanc che ruppi verso la fine”.
Lo stile ricco di linee ricorda le stampe di inizio novecento. Il personaggio di Red Sonja, che aveva fatto la sua prima apparizione nel numero precedente, appare qui carismatico e affascinante, lontano anni luce dalle insipide donnine Marvel style che avevano imperversato negli anni sessanta.

Barry Smith la ritrae in pose seducenti e anticonvenzionali, come ben si addice a questa rossa di fuoco. Il disegnatore appare qui al massimo delle sue possibilità e piange il cuore pensare che stava per passare il testimone.

 

Astonishing Tales

Nell’agosto del 1970 viene data alle stampe una testata che pubblica contemporaneamente le opere di due pezzi da novanta del fumetto americano: Jack Kirby e Wally Wood. L’albo, che si chiama Astonishing Tales, contiene un episodio di Ka-Zar di una decina di pagine realizzato da Jack Kirby, accoppiato a un episodio di Dr. Doom (Dottor Destino) firmato da Wally Wood. Il lavoro di Kirby sui primi due numeri è una festa per gli occhi, ma è chiaro che ha poco interesse per il titolo essendo in procinto di lasciare la Marvel per la Dc.

Con il n. 3 debutta un nuovo team creativo: Gerry Conway ai testi e il giovane Barry Smith alle matite. Conway riporta Ka-Zar alla Terra Selvaggia, dando alle storie un tono pulp che ricorda i romanzi di Edgar Rice Burroughs: regine bellissime e letali, tribù perdute, dinosauri…
Questo si adattava alla perfezione allo stile evocativo di Barry Smith.

Il disegnatore inglese in quel periodo stava rapidamente liberandosi dalle sue prime influenze, abbandonando l’iperbole anatomica a favore di una linea delicata e preziosa e avventurandosi in una narrazione più elaborata. Ka-Zar diventa un Conan biondo primitivo e selvaggio.
Deve ancora nascondere il più possibile i suoi difetti. Per esempio, non è in grado di disegnare correttamente Zabù, la tigre dai denti a sciabola di Ka-Zar, quindi la rimuove dall’azione posizionandola sullo sfondo e agli angoli delle vignette.

Inoltre non è ancora molto abile a rendere le diverse espressioni facciali, ma le sue figure si stanno evolvendo albo dopo albo. D’altra parte, le sue matite dettagliate ed eleganti riescono a infondere nelle storie un’atmosfera a metà tra l’avventura classica e il fantasy che porta Ka-Zar a distinguersi dai vari tarzanidi.
In effetti, gli episodi per Astonishing Tales sono migliori dei primi Conan, che disegna in contemporanea.

 

Savage Tales

All’inizio degli anni settanta la Marvel inizia a pubblicare fumetti nel formato delle riviste in bianco e nero (magazine) che, essendo rivolte a un pubblico più “maturo” rispetto a quello degli albi a colori (comic book), possono presentare situazioni più crude in fatto di violenza e di blando erotismo.
La prima ad apparire nelle edicole, nel 1971, è l’inizialmente curatissima Savage Tales che, trainata dal personaggio di Conan, ebbe un lancio promettente.


Barry Smith disegna per la rivista sei episodi, il primo dei quali è “The frost giant’s daughter”.
In una immensa distesa innevata, giacciono ammucchiati sul terreno i corpi di numerosi guerrieri. Conan uccide il suo ultimo avversario, poi se ne va volgendo le spalle a quel macabro campo di battaglia insanguinato.
Poco dopo incontra una donna bellissima, che lo attira in una trappola mortale dalla quale il cimmero riuscirà comunque a salvarsi.

Il disegno è ormai totalmente personale. Nei crediti non compare il nome dell’inchiostratore perché nessuno inchiostrò quelle tavole. C’erano problemi di scadenze. Le alternative erano fare inchiostrare due pagine ciascuno a Verpoorten, Giacoia, Trimpe e Romita, il che avrebbe portato a un risultato finale diseguale, o pubblicare direttamente le matite, che per fortuna erano piuttosto dettagliate.


Barry Smith rinforzò alcune linee e inserì qualche chiazza nera e il gioco era fatto. Nel risultato finale cominciano a intravedersi le influenze dei pittori prerafaelliti e dall’art nouveau che diventeranno il suo marchio di fabbrica.

 

Iron Man

Nel 1972 Barry Smith si confronta con il vendicatore d’oro. Illustra il n. 47 di Iron Man, dove vengono raccontate di nuovo le origini dell’alter ego di Tony Stark.
Non si tratta di un lavoro del tutto riuscito. I layout di Barry Smith sono un po’ goffi e le sue figure risultano rigide, non appare una prova in linea con i suoi standard del periodo.

Le matite, inoltre, non sono per niente valorizzate dall’inchiostrazione piatta e tradizionale di Jim Mooney. Tuttavia, ci sono alcune scene in cui il disegnatore viene fuori in tutta la sua potenza.

A pagina 20, Iron Man pensa al proprio passato mentre il suo riflesso appare sovrapposto alla vecchia armatura. Nella splash page di pagina 9 Smith riproduce il momento in cui l’armatura si attiva per la prima volta, creando un’immagine indelebile.

 

Dottor Strange

Nel mercato impazzito per la grave crisi fumettistica dei primi anni settanta nacque l’idea dei cosiddetti tryout book, letteralmente “albi di prova”. Cioè serie che pubblicavano per alcuni numeri, o anche un numero solo, di nuovi personaggi per vedere se potessero attrarre abbastanza lettori da giustificare il lancio di serie a loro dedicate.
Il vantaggio di queste testate con personaggi a rotazione era che consentivano all’editore di valutarne la popolarità senza l’investimento di marketing richiesto per il lancio di una nuova serie, e senza subire danni di immagine se la nuova serie chiudeva.

Nel 1972 uscì Marvel Premiere, la più fortunata di queste testate. Sul n. 3 di Marvel Premiere fa il suo ritorno il Dottor Strange, personaggio creato nel 1963 da Stan Lee e Steve Ditko, in una bellissima storia in cui Barry Smith si occupa anche della sceneggiatura. I dialoghi però furono rifatti da Stan Lee.

“Tra me e Stan non ci fu alcuna collaborazione”, ricorda Smith. “Lui mise i dialoghi sulla storia che avevo creato ignorandone completamente la trama e riscrivendo tutta un’altra storia sui miei disegni. Un’impresa notevole, in effetti”.
Sia come sia, si tratta di un capolavoro dove Smith ci presenta pagine dallo straordinario layout. La pioggia mistica delle prime sequenze, le inquietanti decorazioni interne della abitazione di Strange, l’arcano colloquio spirituale con l’Antico, il psichedelico incontro con il suo doppio, un mondo impazzito che assomiglia a un incubo diventato realtà.

 

The savage sword of Conan

Nel 1974, vista la popolarità sempre crescente del barbaro creato da Robert E. Howard, le sue avventure in bianco e nero vennero trasferite da Savage Tales, che pubblicava vari personaggi, a una nuova rivista interamente dedicata al cimmero: The savage sword of Conan.
Le storie in bianco e nero erano, rispetto a quelle a colori, erano decisamente più fedeli alle atmosfere create da Howard.

Avevano uno stile più crudo e violento rispetto alla collana indirizzata ai ragazzini. Si percepisce che Roy Thomas, scrittore di entrambe le testate, poteva lasciarsi andare, mollare il freno a mano e divertirsi di più con il suo Barbaro preferito. Su questa rivista ci sono tre storie disegnate da Barry Smith. La più particolare appare sul n.16, con il titolo “Worms of the earth”.

Roy Thomas negli anni ha cannibalizzato qualsiasi storia di Robert E. Howard, anche quelle che non avevano Conan come protagonista, riadattandole in storie del barbaro, il quale si trovava così ad avere a che fare con cavalieri, spadaccini, pirati, predoni e quant’altro.
Solo una volta non si sentì di mettere Conan al posto del personaggio originale. Era una storia ambientata nella Caledonia (Scozia) dei tempi dell’antica Roma, che aveva come protagonista il guerriero pitto Bran Mak Morn. Un personaggio che andava rispettato.

La storia venne affidata alle matite di Barry Smith e alla inchiostrazione di Tim Conrad, un allievo del disegnatore inglese che seppe infondere a questa avventura un cupo senso di durezza che, forse, a Smith mancava.
A rileggerla oggi ci si rende conto del tempo passato per l’eccessivo testo pseudo-poetico, eppure il personaggio ha ancora la forza di allora: Bran Mak Morn, l’unico barbaro più barbaro di Conan.

 

 

3 commenti

  1. Complimenti per il bellissimo articolo, pieno di preziose informazioni per i TRUE BELIEVERS e corredato da splendide immagini.

  2. Bellissimo.

  3. Ho sempre pensato che BWS nobiliti i personaggi che disegna. Seguire l’evoluzione dell’artista, cosa che questo puntuale articolo ci permette di fare, è come visitare un’esposizione personale.
    Ora aspettiamo la seconda parte: il ritorno alla Marvel negli anni 80. Machine Man, Vitamorte, Lupo ferito, Nemici intimi, le poche (meravigliose) pagine di Fantastic Four 296…

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